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Visions of Mana, la recensione del ritorno di Seiken Densetsu, la serie di Secret of Mana

La serie Mana torna alla ribalta con un action GDR sorprendente: vi raccontiamo tutte le luci e le ombre di Visions of Mana nella nostra recensione.

RECENSIONE di Christian Colli   —   27/08/2024
Illustrazione di Visions of Mana
Visions of Mana
Visions of Mana
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La serie Mana nasce da una costola di Final Fantasy: Koichi Ishii, che aveva lavorato ai primi Final Fantasy, si smarca da Sakaguchi per dirigere il primo Seiken Densetsu, importato in occidente come Final Fantasy Adventure o Mystic Quest. È la nascita di un mondo fiabesco e straordinario, ispirato alle opere di Tolkien, Carroll e Jansson tra gli altri, ma dopo il successo dell'indimenticabile Seiken Densetsu II, meglio noto dalle nostre parti come Secret of Mana, la serie fatica a restare a galla. L'importazione in occidente è irregolare e limitata, perciò Mana, a poco a poco, sparisce dalla scena internazionale.

Sembrava che sarebbe finita così ma poi, qualche anno fa, Square Enix ha cominciato a riprendere franchise meno popolari per sondare l'interesse del pubblico: Mana risorge con un remake (Trials of Mana) che convince la software house nipponica a mettere in cantiere il primo titolo inedito della serie da dieci anni a questa parte. Una decisione importante che si rivolge soprattutto a un bacino di appassionati sempre più ristretto, anche se Visions of Mana ha tutte le carte in regola per conquistare nuovi ammiratori.

Una favola sorprendente

I Mana non si sono mai distinti per la narrativa: Ishii prima e poi tutti gli altri director e producer volevano raccontare delle fiabe divertenti da giocare, senza sprofondare in tematiche complesse e intrecci cervellotici. Era importante raccontare soprattutto il mondo - anzi, i mondi, perché i Mana sono tutti autonomi, pur condividendo concetti e suggestioni - attraverso gli abitanti, i mostri e il gameplay. Trials of Mana è stato effettivamente il primo titolo della serie a spostare l'ago della bilancia dalla parte della narrativa ma Visions of Mana ha trovato la quadra e, in questo senso, ci ha davvero sorpreso.

Val e Hinna sono i protagonisti di una favola sorprendentemente profonda
Val e Hinna sono i protagonisti di una favola sorprendentemente profonda

Ogni quattro anni, una Fata sceglie un "tributo" per ogni regione del mondo che presiede un certo elemento. I tributi viaggiano quindi fino al mistico continente di Illusia per offrire le loro anime in sacrificio all'Albero del Mana e impedire l'avverarsi di catastrofiche profezie. Una tradizione che gli abitanti del mondo rispettano con gioia e abnegazione, poiché significa garantire la sopravvivenza ai propri cari. L'amabile Hinna è scelta come tributo e parte insieme a Val, la sua guardia del corpo e il nostro protagonista: pur essendo destinati a separarsi, i due affrontano il pellegrinaggio col sorriso sul volto e incontrano sulla strada altri tributi come Morley e Careena, che si uniscono a loro.

Le prime ore di Visions of Mana sono fatte di allegre disavventure e impreviste deviazioni, mentre i nostri esplorano il mondo, imparano a conoscerlo e risolvono i problemi dei suoi abitanti. La prospettiva della morte non sembra scalfire nessuno di loro perché così è la vita... ma se esistesse un modo per interrompere questo eterno ciclo di sacrifici? E se i tributi non avessero poi tutta questa voglia di andare a morire, rinunciando al loro futuro?

La storia, che comincia su toni spensierati, prende verso metà gioco una piega insospettabilmente drammatica con un rovesciamento di prospettive insolito e inaspettato. Se i primi momenti faticano a veicolare l'importanza della posta in gioco e il valore dei legami instaurati tra i personaggi, superata la svolta si comincia ad avere molto più a cuore il destino dei protagonisti, che la sceneggiatura tratteggia con abilità pur scadendo in qualche piccolo cliché. L'eterogenea banda di eroi è composta da caratteri opposti e accattivanti, con una chimica convincente che spicca soprattutto nelle piccole gag disseminate con cautela nel tessuto narrativo.

Non è una trama trascendentale, ma si eleva ben sopra la media dei Mana, specialmente se consideriamo come metro di paragone quella raccontata nel remake di Trials of Mana, che era comunque articolata nella sua semplicità e impreziosita da una regia moderna nelle cinematiche d'intermezzo. Visions of Mana è probabilmente l'espressione migliore della serie sotto questo punto di vista: peccato solo che non sia stato localizzato in italiano, sebbene l'inglese sia scolastico e di semplice comprensione. È possibile sostituire il doppiaggio giapponese con quello inglese, che è comunque più che discreto, ma dobbiamo ammettere che il gioco avrebbe meritato davvero un adattamento nella nostra lingua.

Luci e ombre

Alla base, Visions of Mana è un'evoluzione del remake di Trials of Mana sotto ogni aspetto, ma il budget contenuto ha imposto al team nippocinese di Ouka Studios alcuni paletti che smussano le potenzialità di quello che avrebbe potuto essere un gioco anche migliore. Escludendo la componente GDR tradizionale - che si traduce nelle limitate interazioni con i venditori e gli abitanti delle città, alcuni dei quali ci assegneranno piccoli incarichi secondari da completare in giro per il mondo - il gameplay di Visions of Mana ruota intorno a due dinamiche fondamentali: l'esplorazione e il combattimento.

La campanella per richiamare i Pikul si ottiene nelle primissime ore di gioco
La campanella per richiamare i Pikul si ottiene nelle primissime ore di gioco

La prima è un po' il cuore di questa esperienza, che mette il mondo al centro di tutto, e si rifà fortemente a Dawn of Mana del 2006. Fin dal primissimo minuto è possibile saltare e scattare fino a due volte di seguito; non è data una spiegazione a queste abilità, che peraltro sono limitate nei centri abitati e nei villaggi, dov'è possibile solo saltare normalmente. Negli scenari 3D si ha invece una maggiore libertà di movimento e questo ha senso perché, a parte qualche eccezione come i dungeon al chiuso, sono mappe enormi, spaziose e geometricamente articolate in ogni direzione.

Non è un caso che si impari molto presto a chiamare i Pikul, enormi lupi che fanno da cavalcature, consentendo spostamenti molto più veloci nella mappa e garantendo una totale invulnerabilità ai nemici che la popolano. Oltre ai Pikul, è possibile accorciare le distanze ricorrendo a un pratico viaggio rapido nella stessa mappa e verso le altre mappe dello stesso continente. Gli spostamenti tra continenti avvengono invece per vie che non staremo ad anticiparvi, ma che i fan della serie possono facilmente immaginare.

Gli scenari all'aperto sono enormi e divertenti da esplorare
Gli scenari all'aperto sono enormi e divertenti da esplorare

L'esplorazione include anche una componente "metroidvania" sotto forma dei cristalli elementali attivabili con i vessel corrispondenti, manufatti speciali che sbloccano collezionabili o passaggi alternativi verso zone precedentemente precluse. Ha quindi senso tornare nelle mappe già esplorate per trovare ogni collezionabile, anche se questo è forse l'aspetto più deludente della dinamica esplorativa: i forzieri raramente contengono tesori eccitanti come armi o armature e più spesso denaro o comuni consumabili. Questo in un certo senso smorza l'entusiasmo nell'esplorazione, anche se resta comunque molto divertente combinare salti, scatti aerei e vessel solo per arrivare dove... nessuno è mai giunto prima, o quasi.

Sebbene sia evidente la cura riposta nella costruzione degli scenari - specialmente di alcuni dungeon al chiuso che tendono a essere molto più complessi e ricchi di rompicapi ambientali nella seconda metà dell'avventura - è chiaro che manca qualcosa all'aspetto esplorativo, una forma di ricompensa superiore oltre al semplice appagamento della scoperta.

Il menù ad anello è un classico della serie Mana
Il menù ad anello è un classico della serie Mana

Questa sensazione si avverte anche combattendo. Sotto questo punto di vista, la serie Mana è sempre stata all'acqua di rose, senza ambizioni particolari: il sistema di combattimento in tempo reale dev'essere funzionale e intricato solo entro una certa soglia. Visions of Mana rispetta questo canone ma lo sviluppatore ha lavorato di fino sulle fondamenta del remake di Trials of Mana, aggiungendo strati su strati di meccaniche che stare a spiegare qui sarebbe una follia: la progressione è infatti puntuale con nuove funzionalità e dinamiche che si sbloccano regolarmente nel corso dell'avventura. I vessel elementali, per esempio, non aggiungono solo nuove classi, ma anche abilità a ricarica molto specifiche che possono fare la differenza durante gli scontri.

Questo solo se giocate a un livello di difficoltà più alto di quello predefinito, che non è per nulla impegnativo: Visions of Mana include un sistema di resistenze elementali che a difficoltà Normal si può bellamente ignorare. Lo stesso vale per l'ampio campionario di abilità e incantesimi che in realtà ha poco senso esplorare se i nemici muoiono dopo pochi colpi, grazie anche a un'intelligenza artificiale dei compagni di squadra più che soddisfacente, e anche personalizzabile.

I boss sono spesso enormi e spettacolari
I boss sono spesso enormi e spettacolari

Alzando il livello di difficoltà, invece, le diverse dinamiche tendono a incrociarsi in modo più organico e a impegnare maggiormente l'attenzione del giocatore, obbligandolo a considerare la formazione del gruppo, la classe di ogni personaggio - che conferisce specifici bonus passivi oltre a cambiare le armi brandite - e le abilità equipaggiate negli appositi spazi. È interessante anche il meccanismo dell'Elemental Plot, una griglia in cui ogni personaggio sblocca le abilità e le passive conferite dai vessel elementali spendendo i punti accumulati interagendo coi cristalli: la progressione dipende quindi dall'esplorazione e tende a definire i ruoli dei personaggi, che si possono ulteriormente personalizzare grazie alle Corestone, le pietre in cui Val trasforma i nemici sconfitti e che si possono scambiare per abilità aggiuntive presso certi personaggi.

È un insieme di dinamiche e caratteristiche che funziona, e anche molto bene, ma che Visions of Mana esprime solo dopo alcune ore, quando la pletora di possibilità si fa più evidente. La risposta ai comandi è reattiva; il sistema di controllo che unisce tasti frontali, scorciatoie e menù ad anelli è intuitivo; la varietà di azioni al di fuori delle semplici combo è interessante, tra vessel, pirotecnici Class Strike e così via. Nonostante questo, il sistema di combattimento sul campo di battaglia tradisce una certa approssimazione che sminuisce le potenzialità di un gameplay che, nelle mani di uno sviluppatore più esperto, forse sarebbe sbocciato meglio.

Il cast è composto da personaggi pittoreschi e insoliti come Morley
Il cast è composto da personaggi pittoreschi e insoliti come Morley

L'impressione è che Ouka Studios abbia messo troppa carne al fuoco senza essere sicuro di saperla condire alla perfezione. Il comparto tecnico conferma questo sospetto, infatti il colpo d'occhio è fantastico - l'attenzione al dettaglio di ogni costume o scenario, la modellazione 3D dei protagonisti e dei nemici storici della serie, i panorami incantevoli che sfruttano una delicata palette a tinte pastello - ma, osservando meglio, la direzione artistica meravigliosa compensa senza troppa convinzione i singhiozzi del frame rate negli scenari più affollati, le sgraziate barriere invisibili e le collisioni imprecise durante i movimenti parkour.

La colonna sonora di Hiroshi Kikuta, fortunatamente, è una costante positiva che stupisce per la sua varietà fin da subito. Accompagna il giocatore per le circa 30 ore che servono a completare la campagna principale in tutta fretta, cui se ne aggiungono almeno dieci se si vogliono superare tutte le sfide e trovare ogni collezionabile nascosto. Nella sua durata contenuta, Visions of Mana è perfetto: non si dilunga, non ammorba con riempitivi a rilento e racconta la sua storia con puntualità, come una bella favola d'altri tempi, forse meno ambiziosi di oggi.

Conclusioni

Versione testata PlayStation 5
Digital Delivery PlayStation Store
Prezzo 69,99 €
Multiplayer.it
8.0
Lettori (17)
8.8
Il tuo voto

Se avesse avuto un budget maggiore e uno sviluppatore più esperto, Visions of Mana sarebbe stato un autentico capolavoro: invece è soltanto un ottimo titolo dai limiti appariscenti e per questo anche più frustranti. L'immaginario di Seiken Densetsu trova in questa iterazione una delle sue espressioni migliori, grazie a una direzione artistica di assoluto valore e a una narrativa riuscita. Scivola su un sistema di combattimento forse troppo ricco per le ambizioni contenute di Ouka Studios, che non è riuscito ad amalgamare alla perfezione tutti gli elementi in gioco. La strada tracciata però è quella giusta: ora serve solo percorrerla, affinarla e investire con fiducia sul suo futuro.

PRO

  • Direzione artistica superlativa
  • Storia coinvolgente e ricca di momenti brillanti
  • Il sistema di combattimento è più stratificato del previsto

CONTRO

  • Si intravedono i limiti del budget e dello sviluppatore
  • Tante meccaniche che faticano a trovare un'armonia complessiva
  • Esplorare è divertente ma sarebbe servito qualche incentivo in più