La lunghissima storia di Civilization è stata costruita su un'idea di game design tanto immediata quanto efficace: all'alba di ogni nuovo capitolo, il team deve anzitutto mantenere intatto il 33% dell'essenza della serie, dopodiché gli tocca tentare di evolvere il 33% delle meccaniche più apprezzate, infine deve sforzarsi di iniettare un 33% di novità assolute. L'obiettivo ultimo perseguito dal patron Sid Meier è quello di preservare il delicato equilibrio fra tradizione e innovazione che nel corso dei decenni si è rivelato un elisir di lunga vita: un compito, questo, tutt'altro che semplice, perché ciascuna uscita richiede agli appassionati di dimenticare anni di automatismi per confrontarsi con le fondamenta del nuovo ciclo.
Se in diverse occasioni i cambiamenti hanno finito per rivelarsi piuttosto leggeri, questa settima istanza si presenta invece come un grande spartiacque: certo, gran parte delle dinamiche non sono altro che limature dell'ottima esperienza offerta dal sesto capitolo, in certi casi si assiste al ritorno di idee risalenti al quinto episodio, ma le novità studiate dalla squadra di Ed Beach si sono rivelate a dir poco sostanziali, senza mezzi termini capaci di stravolgere il funzionamento stesso di ciascuna partita. Abbiamo provato Sid Meier's Civilization 7 nella sua versione completa e possiamo finalmente raccontare cosa significa passare attraverso civiltà ed epoche, nello specifico quella Antica e quella Delle Esplorazioni.
Rivoluzione: leader e civiltà
La prima grande novità di Civilization 7 riguarda la scelta del Leader e quella della Civiltà: storici punti fermi della serie, sono passati attraverso una serie di pesanti modifiche per rinfrescare l'esperienza, secondo numerosi appassionati anche per rispondere alle recenti mosse della concorrenza. In questo capitolo si rimane sì legati al Leader che si sceglie d'incarnare all'inizio della partita, sia esso Machiavelli, Caterina di Russia o Isabella di Spagna, ma la stessa cosa non si può assolutamente dire della civiltà: ogni leader può essere liberamente associato a qualsiasi civiltà, ma ogni civiltà rimane saldamente confinata nella sua Epoca di riferimento. Ciò significa che, per esempio, Roma è disponibile esclusivamente come scelta iniziale relativa all'Epoca Antica, dopodiché toccherà abbandonarla non appena si raggiungono le porte del medioevo per abbracciare un futuro diverso.
Le implicazioni portate da questa singola novità sono talmente tante che servirebbe un papiro per trattarle tutte: lo scopo degli autori è quello di raccontare la costruzione di un'eredità millenaria destinata a passare di mano in mano fino alla nostra contemporaneità, al punto tale che sono tantissime le circostanze che potrebbero cambiare il corso della storia. Per fare un esempio, scegliendo l'Egitto si ha nativamente la possibilità di "evolversi" negli Abbasidi o nei Songhai durante l'Epoca delle Esplorazioni; ciò detto, se per caso dovesse accadere di metter mano su diverse fonti di cavalli, si aprirebbe anche l'opzione di erigere l'Impero Mongolo. In una partita, giocando con Caterina di Russia e la Grecia, è capitato che apparisse come opzione quella di passare agli Shawnee nativi nordamericani, pertanto le variabili sembrano tanto consistenti quanto all'apparenza incoerenti.
Il passaggio di consegne forzato non significa assolutamente che la cultura giunta al tramonto viene completamente dimenticata, anzi: se, con i Greci, si sviluppano politiche sociali esclusive come l'Agoghé, quelle "Tradizioni" rimarranno per sempre disponibili per tratteggiare le future forme di governo, e lo stesso discorso vale per le meraviglie che si sono erette lungo il cammino, così come per distretti cittadini unici come l'Acropoli o il Foro esclusivo dei romani. L'idea, in parole povere, è proprio quella di assistere al susseguirsi di diverse civiltà segnate da una cultura e un passato comune che ne sorreggano edifici e ideologie, mentre il futuro sarà di volta in volta tutto da scrivere.
Il Leader, dal canto suo, cresce attraverso i secoli facendo affidamento su una sorta di albero dei talenti: ciascuna azione che si compie, che sia la costruzione di una meraviglia, la vittoria di una battaglia, la scoperta di una nuova risorsa e via dicendo, potrebbe garantire un Punto Attributo da spendere in una serie di alberi che ricordano molto da vicino le vecchie politiche sociali del quinto capitolo. Scegliendo fra Cultura, Diplomazia, Economia, Espansionismo, Militarismo e Scienza, è possibile tratteggiare l'agenda e l'identità che si vuole incarnare, tentando ovviamente di spremere al massimo i suoi bonus innati e quelli della civiltà che si sta guidando. Tutto ciò detto, queste novità finiscono per passare in secondo piano dopo pochissime partite, perché a cambiare totalmente le carte in tavola ci ha pensato la revisione delle epoche.
Tre partite in una: le epoche
Il vero spartiacque rispetto alla passata generazione di Civilization si nasconde proprio nel modo in cui avviene il passaggio fra le epoche, una scelta di rottura che farà indubbiamente discutere e che di fatto finisce per spezzare la partita in tre segmenti disgiunti. Fatte salve le città fondate, le politiche sociali esclusive e il numero di unità militari addestrate, l'ingresso nell'Epoca delle Esplorazioni corrisponde in tutto e per tutto a un nuovo inizio, con tanto di sospensione e schermata di caricamento. A quel punto, gli alberi delle tecnologie e delle politiche dell'Epoca Antica svaniscono definitivamente cedendo il passo a nuove varianti uniche, le truppe vengono aggiornate secondo gli standard medievali, mentre numerosi edifici arcaici perdono la loro efficacia, di fatto appianando molte delle disparità fra le civiltà in gioco.
Oltre a puntare evidentemente a ridurre effetti a valanga che generavano spesso partite a senso unico, questa scelta vuole mettersi al servizio del sistema di evoluzione delle civiltà con l'obiettivo ultimo di trasformare ciascuna epoca in un'entità circoscritta, dotata di un inizio e un finale ben definiti. Al momento dell'avvio la differenza non si nota più di tanto: viene fornito un fondatore con il quale erigere la capitale, ci si imbarca nell'analisi dell'albero delle tecnologie, si sviluppano politiche sociali, insomma, si svolgono tutte le attività che hanno sempre segnato l'esordio di una Civiltà. L'equilibrio, tuttavia, viene incrinato dalla nuova meccanica dei Percorsi Retaggio, in sostanza vere e proprie campagne principali destinate ad assorbire la maggior parte degli sforzi del giocatore, spingendolo a "vincere" un'Epoca come fosse una mini-partita a sé stante.
Fin dalla fondazione della capitale emergono quattro Percorsi Retaggio a cui è possibile dedicarsi, ovvero quello Culturale, quello Militare, quello Scienfico e quello Economico. Ciascuno dei sentieri pone dinanzi al giocatore tre sfide di difficoltà crescente che al completamento forniscono un Punto Retaggio, mentre riuscendo a portare a termine l'intero cammino si ottiene un potentissimo beneficio destinato a influenzare l'incipit dell'epoca successiva. Per fare un esempio, il cammino scientifico dell'Epoca Antica richiede di costruire edifici come l'Accademia e ricercare uno per uno i dieci codici disseminati nell'albero delle tecnologie prima che avvenga il balzo nell'Epoca delle Esplorazioni.
Al momento dell'ingresso nell'Epoca successiva, ciascuna Civiltà ottiene una serie di bonus basati sul raggiungimento delle pietre miliari nei Percorso Retaggio: in pratica, dedicarsi ai retaggi è l'unico modo per ottenere una sorta di "partenza anticipata" quando la nuova epoca interviene per ripristinare gli equilibri. Così entrando nell'Epoca delle Esplorazioni, oltre a evolvere la propria Civiltà nella variante successiva, si raccolgono i frutti di ciò che si è seminato: si è scelto di investire nella tecnologia? Uno dei bonus disponibili consente di generare un punto Scienza aggiuntivo per ogni codice ricercato. L'intero percorso è stato completato? Le accademie ottengono un potenziamento che le mantiene rilevanti per altri mille e più anni.
Viene da sé che anche l'Epoca delle Esplorazioni mette sul piatto dei Percorsi Retaggio dedicati, nel caso specifico connessi alla traversata degli oceani e alla nascita delle religioni strutturate, alzando ufficialmente il sipario su una seconda fase di gioco che spariglia totalmente le carte in tavola. Questo è il cuore pulsante di Civilization 7: a mutare attraverso le epoche non è solamente la Civiltà utilizzata ma le stesse dinamiche di gameplay, che nelle prime fasi sono focalizzate sulla formazione della propria cultura e l'incontro con le altre, mentre nella seconda sono ricamate attorno all'esplorazione dei nuovi mondi al di là dell'oceano, alla nascita degli imperi commerciali e di quelli religiosi.
Non vi nascondiamo che questo genere di struttura ci ha lasciato tanto meravigliati quanto perplessi: se, da una parte, la volontà di rinfrescare fasi sottostimate delle partite e di stringere l'obiettivo su dinamiche caratterizzanti per ciascuna epoca è senza dubbio encomiabile, dall'altra c'è il rischio di smarrire un pizzico dell'organicità dell'esperienza Civilization. Oltre ad abbandonare il flusso ininterrotto che conduceva dall'età del bronzo alla conquista dello spazio, la sensazione è che le partite possano soffrire i paletti arbitrari posizionati dagli sviluppatori per mantenere sotto controllo l'evoluzione tecnologica e sociale. L'elemento strategico rimane centrale e determinante, a destare preoccupazione è invece l'apparente mancanza di libertà nelle tattiche di sviluppo. Inoltre, non bisogna escludere l'eventualità che l'ampliamento del sistema delle epoche si riveli l'elemento centrale dei ricchi DLC pensati da 2K, come suggerito da recenti leak.
Un mare di novità nel gameplay
Esaurite le questioni più scottanti vale la pena trattare alcune delle tantissime novità che hanno investito il flusso di gioco di Civilization 7, a partire dal funzionamento delle città. Ogni insediamento fondato successivamente alla capitale si presenta, infatti, nella forma ristretta di Paese, offrendo il medesimo livello d'interazione che s'incontrava con gli Stati Fantoccio del quinto capitolo. Se da una parte è possibile conservarli a tempo indeterminato in questa forma embrionale, specializzandoli in diverse attività per mezzo del denaro senza prendere direttamente le redini della produzione, dall'altra si può spendere una somma di oro inversamente proporzionale al numero di abitanti per assumerne totalmente il controllo in qualsiasi momento, magari per prepararsi a una guerra.
Restando in tema di centri abitati, la costruzione di miglioramenti rurali nelle caselle - come fattorie o miniere - è ora legata all'incremento della popolazione, pertanto i lavoratori, già fortemente ridimensionati nell'episodio precedente, sono stati rimossi del tutto. L'edificazione delle aree urbane, invece, ha notevolmente semplificato e a nostro avviso migliorato il vecchio sistema dei distretti: è possibile costruire due edifici in ciascuna casella sommandone i benefici senza particolari limitazioni, magari ammodernando le varianti più antiche. Ciò detto, alcune civiltà offrono la possibilità di dar vita a distretti unici composti da coppie predeterminate di strutture - come il Tempio di Giove e la Basilica che danno vita al Foro Romano - mentre determinati miglioramenti fungono da distretti fortificati che l'avversario dovrà catturare prima di potersi impadronire del centro città.
A tal proposito, le fondamenta alla base delle unità militari e delle battaglie non hanno subito grossi cambiamenti, ma a far la differenza ci pensa la nuova unità speciale Comandante. Oltre a essere l'unica pedina in grado di ottenere promozioni - dato che le altre non ottengono più esperienza combattendo - è in grado di radunare diversi plotoni nella sua casella per poi separarsene al momento opportuno, cambiando in maniera sostanziale la macchinosa fase di spostamento delle truppe e aprendo a strategie inedite nell'approccio alle città avversarie.
In ultimo non possiamo non menzionare il totale rinnovamento del sistema diplomatico, al momento l'elemento che più ci ha sorpreso in assoluto, perché tutti i rapporti con le altre civiltà - e con i succedanei delle vecchie Città Stato - sono regolati da una nuova risorsa denominata Influenza. Generata da strutture specifiche, questa permette di "forzare" accordi, sanzioni e trattati d'ogni genere sugli altri leader: si può spendere un dato ammontare di Influenza per farsi concedere il diritto di passaggio, per avviare azioni di spionaggio e controspionaggio, ma anche per interagire con le potenze indipendenti, arrivando addirittura ad assumerne il controllo fino a inglobarle nel proprio impero. Allo stesso modo, è consentito utilizzare l'Influenza per controbattere o limitare fortemente ciascuna iniziativa diplomatica degli avversari. Questa costante frizione tocca il suo apice in caso di guerra: supportando la propria causa tramite l'Influenza si arriva a ridurre considerevolmente la felicità globale e la forza di combattimento dell'avversario senza necessità di essere militaristi, anche perché in caso di guerra "ingiusta" l'offendente partirà sempre svantaggiato.
Prime impressioni
Ovviamente sono tantissimi gli elementi e le novità che non siamo riusciti a toccare in questa sede, ma trattandosi di un'opera massiccia come Civilization era inevitabile glissare su dozzine di dettagli. Abbiamo saggiato il discusso sistema di Crisi che precede il balzo nell'epoca successiva, scoprendo che non è poi così impattante, abbiamo messo alla prova l'azzeccato sistema di narrazione emergente legato a piccole scelte diegetiche che punteggiano ciascuna fase della partita, più in generale abbiamo avuto occasione di mettere alla prova gran parte del ciclo di gameplay che caratterizza le due Epoche iniziali, scoprendo un'offerta in ottimo equilibrio fra accessibilità, profondità e innovazione.
I dubbi sono davvero pochi, ma sfortunatamente investono ingranaggi essenziali nel marchingegno di Civilization 7: in primis c'è la questione delle civiltà in trasformazione, che per molti appassionati rischia di apparire come un tradimento dell'essenza della serie, mentre in secondo luogo c'è la nuova struttura generale delle epoche, probabilmente il cambio di rotta più netto che abbia investito il franchise nelle ultime quattro iterazioni. A margine, il il comparto sonoro riesce ancora una volta a elevare in maniera magistrale il valore dell'esperienza, ma la direzione artistica alla base dei leader e la progettazione di alcuni menù avrebbero potuto esprimersi meglio.
Se da una parte è costruito in continuità con i predecessori e migliora la maggior parte delle dinamiche di gestione, dall'altra Civilization 7 porta uno dei più grandi scossoni che abbiano mai investito la serie. L'attenzione si era focalizzata attorno alle civiltà che cambiano nel corso dei secoli, alle crisi e ad altri elementi mutuati dal genere 4X, ma la vera rottura si manifesta nella netta separazione fra le epoche che di fatto divide la partita classica in fasi distinte, ciascuna dotata di popoli, tecnologie e obiettivi dedicati. Le dinamiche di gioco si sono rivelate accessibili, profonde e divertenti, ma un tale cambio di rotta necessita d'essere analizzato a fondo e dovrà sottostare al giudizio del pubblico: mentre le tante piccole limature alle meccaniche potrebbero emergere come le migliori mai incontrate nel franchise, i cambiamenti più impattanti tratteggiano un risultato parecchio diverso dalla classica esperienza Civilization.
CERTEZZE
- Accessibile, profondo, divertente
- Diplomazia evoluta come mai prima d'ora
- Gestione delle città più fresca e libera
- Molta più attenzione alla singola epoca storica
DUBBI
- La divisione della partita in tre fasi separate
- Le interfacce degli alberi difficili da leggere
- L'estetica dei leader durante la diplomazia