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Death Stranding 2: un gioco o un film? Sulla spiaggia della dimensione cinematografica

Death Stranding 2 fonde cinema e videogioco, con Kojima che integra influenze internazionali e italiane, grazie al valore dato da Luca Marinelli. Ma quanto cinema c'è in quest'opera?

SPECIALE di Elisa Erriu   —   19/07/2025
Sam Porter Bridges bacia un piccolo nell'immagine di copertina di Death Stranding 2
Death Stranding 2: On The Beach
Death Stranding 2: On The Beach
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Siamo sulla spiaggia ai confini dell'intrattenimento. È evidente che se a Hideo Kojima si dovesse fare la domanda "preferisci cinema o videogame?", lui risponderebbe "sì". Punto. Difficile dare una definizione (video)ludica di un titolo come Death Stranding. Ancora più difficile per un sequel. Quando è stato annunciato Death Stranding 2: On the Beach, il mondo ha risposto con un misto di trepidazione e curiosità. Dopo il primo capitolo che aveva già scardinato i confini del videogioco tradizionale, il sequel prometteva un'esperienza ancora più ambiziosa, complessa, emotiva. Ma cosa è realmente Death Stranding 2?

Si tratta di un action-adventure con componenti open world e survival? Questo è vero. Ma riduttivo. Il gioco si sviluppa in un universo post-apocalittico dove l'umanità è stata decimata da un evento misterioso chiamato "Death Stranding". Il protagonista, Sam Porter Bridges (interpretato da Norman Reedus), torna per affrontare nuove minacce, questa volta accompagnato da un cast ampliato e un orizzonte narrativo ancora più enigmatico.

Dietro la produzione, troviamo ancora una volta Kojima Productions, lo studio indipendente fondato da Hideo Kojima dopo la separazione da Konami. Il gioco è sviluppato con il Decima Engine, in collaborazione con Guerrilla Games, e prodotto con il supporto di Sony Interactive Entertainment. Tra i produttori esecutivi spiccano nomi come Yoji Shinkawa (direttore artistico storico di Kojima) e Ken Imaizumi. Ma anche tutta questa mole di informazioni non basta per capire "cosa" sia Death Stranding 2.

Death Stranding 2: Guida completa ai Trofei e al Platino Death Stranding 2: Guida completa ai Trofei e al Platino

Lì, sulla spiaggia, l'orizzonte è vasto. Ed è fatto di musica, dialoghi, riprese, regia, scenografie, colonna sonora e un vero e proprio cast di attori di calibro internazionale come Lea Seydoux, Elle Fanning, Troy Baker e, una novità d'eccezione, Luca Marinelli. Quindi prendiamo il nostro BB e andiamo oltre la spiaggia, cercando di capire la natura e l'anima di questo nuovo capitolo della storia videoludica.

Kojima e la dimensione cinematografica

Non è un segreto che Kojima si consideri un cineasta mancato. Lui stesso ha dichiarato più volte di voler fare cinema prima di approdare ai videogiochi. Questa sua tensione verso il medium cinematografico traspare in ogni frame delle sue opere, che sono un collage raffinato di suggestioni, omaggi e citazioni. In Death Stranding 2, come già nel primo, è possibile rintracciare numerose influenze, da Alien di Ridley Scott, per l'estetica biomeccanica e l'angoscia esistenziale, proseguendo con Mad Max per l'ambientazione desertica e il senso di solitudine post-civiltà.

È possibile individuare, tra le visioni simboliche e l'introspezione semiotica, anche tracce di Evangelion, l'anime di Hideaki Anno, così come La storia della Principessa Splendente (Tale of the Princess Kaguya) di Isao Takahata, per il suo approccio poetico alla perdita e all'abbandono. Ma Kojima non si limita a citare: rielabora. Crea un nuovo linguaggio, ibrido, dove il cinema incontra il videogioco senza subordinarvisi. Ogni scena è costruita per emozionare e interrogare, non solo per intrattenere.

In Death Stranding 2, come nel primo capitolo, la regia non si limita a supportare la narrativa: la guida. L'uso delle inquadrature, la costruzione della tensione, il ritmo delle scene e l'impiego della musica richiamano tecniche proprie del linguaggio filmico. Le scene di intermezzo, spesso lunghe e cariche di significato, sono pensate come atti di un dramma esistenziale.

Qualche vaga allusione a Evangelion in Death Stranding
Qualche vaga allusione a Evangelion in Death Stranding

Il coinvolgimento di attori noti, provenienti dal cinema e dalla TV, è parte integrante di questa filosofia. Norman Reedus (The Walking Dead), Mads Mikkelsen (Hannibal, Another Round), Lea Seydoux (La vita di Adele) e ora anche Luca Marinelli non sono semplici interpreti: sono elementi narrativi, corpi emotivi, volti familiari che veicolano significati anche solo con un'espressione.

L'arrivo di Luca Marinelli in Death Stranding 2 non è una mossa casuale. Kojima ha spesso dichiarato il suo amore per il cinema italiano contemporaneo. In particolare, ha espresso grande entusiasmo per Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, film che ha definito "una nuova frontiera del supereroismo metropolitano".

Luca Marinelli in Death Stranding 2: On the Beach
Luca Marinelli in Death Stranding 2: On the Beach

Marinelli, noto per la sua intensità attoriale, si è fatto amare anche per Martin Eden di Pietro Marcello, dove ha incarnato la lotta interiore di un uomo contro le sovrastrutture sociali. Questo tipo di sensibilità emotiva, mista a una fisicità potente, lo rende perfetto per l'universo di Kojima, secondo quanto lui stesso ha dichiarato: "ho scelto Luca per la sua capacità di rendere visibile l'invisibile: il dolore, la perdita, il dubbio."

Esperienza autoriale e performance capture

Se Death Stranding 2 è più un gioco o un film col controller, lo possiamo capire anche dal lavoro dietro le quinte: una delle caratteristiche più rivoluzionarie di Death Stranding 2 infatti è l'impiego massiccio della performance capture come ponte tra cinema e videogiochi. Gli attori non prestano solo il volto o la voce: offrono corpo, movimento, gestualità. Kojima lavora con loro come un regista teatrale: li guida in sessioni immersive, spesso con dialoghi scritti all'ultimo minuto, per cogliere l'autenticità dell'emozione. La tecnologia usata dallo studio permette una resa mimica sorprendente, dove un sopracciglio che si inarca o un pugno serrato raccontano più di mille parole.

Anche Elle Fanning, con la sua Tomorrow, porta il cinema in Death Stranding 2: On the Beach
Anche Elle Fanning, con la sua Tomorrow, porta il cinema in Death Stranding 2: On the Beach

Nei dietro le quinte del primo gioco, Reedus e Mikkelsen hanno più volte parlato dell'intensità del processo. Marinelli, con il suo background teatrale, sembra perfetto per questo tipo di approccio. La performance capture diventa così una forma di recitazione totale, dove la macchina non è un ostacolo ma un mezzo per amplificare.

Influenza del cinema italiano su uno sviluppo globale

Cosa c'entra il cinema italiano in tutto questo? Molto più di quanto si pensi. Kojima ha sempre nutrito una passione per il neorealismo, il cinema d'autore anni '70, il melodramma all'italiana. I suoi giochi, anche quelli più futuristici, sono sempre centrati sull'essere umano e i suoi drammi interiori. In Death Stranding 2, ritroviamo questa impronta: la psicologia dei personaggi è complessa, stratificata, spesso tormentata. Il dolore non è solo un evento narrativo, ma una condizione esistenziale. Questo approccio richiama la tradizione di registi come Fellini, Antonioni, Moretti, e più di recente Sorrentino. L'Italia fornisce a Kojima un vocabolario di emozioni intime, uno sguardo sul mondo fatto di silenzi, sguardi, pause cariche di significato.

Marinelli in una scena di Death Stranding 2
Marinelli in una scena di Death Stranding 2

Marinelli diventa allora non solo un attore, ma un portatore di questa eredità culturale. In lui convivono il pathos del cinema italiano e l'accessibilità internazionale. Kojima, ancora una volta, fonde Oriente e Occidente, blockbuster e arte d'essai.

Impatto sulla narrativa e sul gameplay

In Death Stranding 2, la narrazione non è separata dal gameplay. Anzi, le due dimensioni si intrecciano fino a diventare indistinguibili. Le sequenze cinematografiche non interrompono il gioco: lo amplificano. I momenti di cammino, spesso lenti e contemplativi, sono costruiti come sequenze filmiche. La musica di Low Roar o CHVRCHES si inserisce come colonna sonora di un film interiore.

Il cinema si può giocare in Death Stranding 2: On the Beach
Il cinema si può giocare in Death Stranding 2: On the Beach

Anche il montaggio, l'uso del tempo (con salti temporali, flashback, sogni), è pensato con logica cinematografica. Kojima struttura i capitoli come episodi, con sigle, titoli e momenti di climax. La narrazione si espande attraverso email, dialoghi secondari, oggetti ambientali, come in un film che si lascia esplorare. Il gameplay diventa così riflessione, il camminare è un atto filosofico, ogni consegna un esercizio di empatia. È la fragilità umana a dare spessore all'interazione.

Un ponte tra cinema e videogiochi

Death Stranding 2 non è solo un videogioco: è un ponte tra mondi. Un'opera che dimostra come il medium videoludico possa contenere, e trasformare, le ambizioni del cinema. Kojima non si accontenta di raccontare storie: vuole che le viviamo.

Un magistrale Troy Baker presta corpo, voce e probabilmente anima al Higgs Monaghan di Death Stranding 2: On the Beach
Un magistrale Troy Baker presta corpo, voce e probabilmente anima al Higgs Monaghan di Death Stranding 2: On the Beach

La presenza di Luca Marinelli segna un punto di svolta: il cinema italiano entra con forza in un progetto internazionale, offrendo il suo patrimonio emotivo e la sua sensibilità artistica. Death Stranding 2 è una scommessa culturale, un campo di sperimentazione dove attori, tecnologie e poetiche si fondono. In un'epoca in cui i confini tra media si fanno sempre più labili, Kojima ci invita a non scegliere tra gioco e film, ma ad abbracciarli entrambi. Perché, come il suo stesso titolo suggerisce, la vita è fatta di connessioni. E il videogioco, oggi più che mai, può essere il cinema delle anime.