Le grigliate di Ferragosto di quest'anno sono state accompagnate da un acceso dibattito, scaturito dalla decisione di Apple di rimuovere Fortnite da App Store con conseguente impedimento per i giocatori di installare il gioco su iPhone e iPad. Un atto che ha fatto un rumore enorme, inevitabile se consideriamo la popolarità che il gioco battle royale ha raggiunto all'interno del panorama videoludico. Le ultime cifre ufficiali parlano di 350 milioni di account registrati, non tutti attivi certo, ma in grado di accumulare una sterminata quantità di ore di gioco tra le varie piattaforme casalinghe e mobile per le quali Fortnite è disponibile. Nel solo mese di aprile 2020, tanto per dare una dimensione del fenomeno che è diventato questo titolo, i giocatori hanno passato al suo interno un totale di 3,2 miliardi di ore.
Nonostante si tratti a tutti gli effetti di un free to play, Fortnite è diventato nel corso del tempo una gallina dalle uova d'oro per Epic Games grazie agli acquisti che effettuabili nel negozio presente nel gioco. Ed è qui che è nata la serie di botta e risposta che ha visto coinvolti gli sviluppatori di Fortnite e Apple, senza dimenticare il coinvolgimento di Google del tutto analogo a quello dell'azienda di Cupertino. Passata la prima parte della bufera, approfittiamo del momento di relativa calma per fare il punto su quanto accaduto nei giorni scorsi, provando infine a immaginare dove potrà andare a parare la situazione.
Cosa è successo
Anche se l'attenzione dei media è stata attirata dalla roboante rimozione di Fortnite da App Store, in realtà il punto di partenza della vicenda è rappresentato da un'iniziativa presa in modo unilaterale da Epic Games. Pochi giorni prima che Apple prendesse la sua decisione, la società guidata da Tim Sweeney aveva infatti fatto debuttare un sistema di pagamento interno a Fortnite, tramite il quale processare in modo diretto gli acquisti degli utenti andando così a bypassare i pagamenti via App Store. Una violazione netta delle regole della piattaforma iOS, che identificano nel sistema di pagamento di Apple l'unico possibile per effettuare transazioni di tipo economico. In aggiunta, Epic Games ha anche annunciato uno sconto speciale del 20 percento sugli acquisti effettuati all'interno di Fortnite, invogliando così ulteriormente i giocatori a evitare il pagamento tramite App Store. La stessa cosa è stata fatta anche alla versione di Fortnite presente su Google Play, attirando lo stesso provvedimento da parte di Google che ha rimosso il gioco dal proprio negozio online.
Ma rimaniamo concentrati su Apple e sul momento in cui il dibattito di Ferragosto ha avuto inizio, mettendo Epic Games nella condizione ideale di godere del massimo della visibilità per operare una contromossa che non si è fatta aspettare. Ben consapevoli di quella che sarebbe stata la reazione di Apple di fronte alla violazione delle proprie regole, i creatori di Fortnite hanno infatti messo online un video di protesta, trasmettendolo su YouTube e all'interno del gioco stesso. Riprendendo il famoso spot di Apple "1984", Nineteen Eighty-Fortnite ha incalzato la protesta nei confronti di Tim Cook e dei suoi al grido di #FreeFortnite, assegnando ad Apple l'ingrata parte del Grande Fratello orwelliano e sostituendo i protagonisti del video originale con quelli del proprio videogioco. Il video è stato accompagnato da un'accusa di violazione delle regole antitrust, con tanto di causa legale avviata con un documento di sessantadue pagine consultabile anche online. Come in una partita a scacchi dunque, Epic Games si aspettava la mossa di Apple e aveva preparato in modo premeditato le sue mosse successive. Non sarebbe potuto essere altrimenti, visto che sia il video sia il documento legale sono venuti fuori in pochissime ore rispetto a quelle che sarebbero state necessarie a realizzare entrambi da zero.
Il problema dei pagamenti
Dalle dichiarazioni dei diretti interessati è apparso chiaro che il problema per Epic Games è rappresentato dalla commissione del 30 percento che Apple e Google (coinvolta anch'essa in tribunale) tengono per sé nelle transazioni effettuate attraverso i loro sistemi di pagamento. Una storia abbastanza vecchia, considerando che online si trovano testimonianze delle critiche da parte di Tim Sweeney già a partire dagli anni scorsi. Anni durante i quali Epic Games ha lanciato su PC il suo Epic Games Store, criticando anche in questo caso le commissioni del 30 percento applicate da Steam.
Scorrendo il documento della causa legale fino alla pagina numero 22, apprendiamo che Epic Games avrebbe richiesto di permettere agli utenti iOS di installare e usare il suo Epic Games Store, ricevendo un secco no da parte di Apple, ovviamente intenzionata a tenersi ben stretta la propria fetta sugli acquisti effettuati dai giocatori. Per l'azienda fondata da Steve Jobs, la commissione del 30 percento resta giustificata dalle spese necessarie per mantenere il proprio ecosistema affidabile e sicuro. Stesso discorso per la scelta di usare il solo App Store come metodo di pagamento. Per Epic Games si tratta di una "tassa" anacronistica, che Apple continua a volere mantenere in piedi in un regime di monopolio. Secondo Tim Sweeney e i suoi, le uniche commissioni analoghe a essere giustificate sarebbero quelle di Nintendo, Microsoft e Sony sulle proprie console, spesso vendute in perdita rispetto al costo dell'hardware.
Tornando ai fatti avvenuti in questi giorni, la risposta di Apple alla causa legale e al video non si è fatta aspettare. La società di Cupertino ha infatti dichiarato di non voler fare nessuna eccezione per Epic Games, accusandola di voler mettere i propri interessi economici davanti alle linee guida che proteggono gli utenti iOS. Apple ha inoltre alzato ancora di più la posta, ponendo come ultimatum il prossimo 28 agosto per fare in modo che Epic Games torni sui propri passi. In più, Apple ha minacciato di "nuclearizzare" Epic Games, cancellando la società dal suo Developer Program. Tradotto in parole povere, Epic Games potrebbe rimanere completamente fuori con tutto il suo software sia da iOS che da macOS, con possibili impatti anche sulla possibilità di supportare il motore Unreal Engine nell'ecosistema Apple per i numerosi sviluppatori esterni che ne fanno uso.
Apple e i videogiochi: un rapporto complicato
Mentre Apple annunciava di non voler fare eccezioni per Epic Games, qualcuno ha ricordato che per avere Prime Video su iOS la società guidata da Tim Cook è scesa a suo tempo a patti con Amazon. Accettando di integrare il servizio di streaming con l'assistente Siri e Apple TV, l'azienda di Jeff Bezos è infatti riuscita a spuntare un 15 percento di commissioni sugli abbonamenti sottoscritti tramite App Store, ottenendo anche il via libera per vendere contenuti on demand senza pagare commissioni ad Apple. Secondo alcuni, si tratta della prova che quando vuole l'azienda di Cupertino sa anche scendere a patti, ma soprattutto che Apple ha un vero e proprio problema nel suo rapporto coi videogiochi.
È proprio questa l'accusa di Microsoft, che nei giorni scorsi si è vista recapitare un altro no da parte di Apple. In questo caso il motivo di discordia è la richiesta da parte della società di Redmond di portare xCloud su iOS, alla quale Apple come dicevamo ha risposto picche. In questo caso la motivazione fornita è stata quella legata ai contenuti presenti sulla piattaforma di cloud gaming, non controllabili da Apple in quanto pubblicati direttamente da Microsoft. Secondo le regole di App Store infatti, tutte le applicazioni devono essere inviate per la revisione da parte di Apple, cosa che parlando di cloud gaming sarebbe per ovvi motivi impossibile. Lo stesso trattamento di xCloud è stato riservato anche a Google Stadia, attirando quindi le accuse di voler privilegiare il proprio servizio Apple Arcade (anche se non si tratta di cloud gaming) tentando di tenere fuori la concorrenza dal proprio ecosistema.
Anche se le ragioni di Microsoft e quelle di Epic Games sono ben diverse, così come quelle dei due no forniti da Apple, il rischio che corre adesso la società guidata da Tim Cook è quello di vedersi appiccicare addosso l'etichetta di nemica dei videogiocatori, attirandosi così le ire non solo da parte di chi vuole giocare a Fortnite su iOS, ma anche quelle della parte del panorama videoludico che si sente discriminato nei confronti degli altri tipi di intrattenimento. Dopotutto anche Netflix è presente su App Store, ma Apple non pretende di certo di analizzare tutti i contenuti che esso offre, per cui è chiaro che almeno nel no rifilato a Microsoft Apple debba rivedere qualcosa.
Considerazioni e possibili sviluppi
Avviandoci verso la conclusione, passiamo a fare qualche considerazione sull'accaduto. In primo luogo bisogna sempre ricordare che le aziende agiscono sempre con l'intenzione di salvaguardare il proprio profitto, quando questo ovviamente non va a violare alcuna legge. Se viste le circostanze la cosa appare abbastanza chiara per quanto riguarda Apple, bisogna tenere presente che lo stesso discorso vale anche per Epic Games. Tagliando fuori App Store per i pagamenti ed effettuando uno sconto del 20 percento sugli acquisti effettuati in Fortnite, Tim Sweeney e i suoi manterrebbero comunque in tasca il 10 percento rimanente. Lo stesso presentarsi come giocatore in grado di rompere le regole del gioco è parte di una strategia volta a pubblicizzare Epic Games Store, arrivato in un mercato ampiamente dominato da Steam. Lo diciamo perché come spesso accade in situazioni analoghe la tendenza che abbiamo visto in giro è stata quella di schierarsi in una delle due curve come si fa nel tifo, invece di ragionare sulle motivazioni reali che spingono gli attori in scena.
In attesa di quello che succederà il 28 agosto alla scadenza dell'ultimatum di Apple e nelle aule di tribunale col proseguire del procedimento, proviamo infine a immaginare come potrà evolvere la situazione. Comunque andrà, possiamo dire che Epic Games si è messa nella condizione di non avere nulla da perdere rispetto alla situazione che era in essere fino a inizio agosto: anche il peggiore dei casi, quello in cui il tribunale dia ragione ad Apple, porterebbe Fortnite ad accettare la situazione e a tornare all'antico. Una ripicca da parte della società di Tim Cook è altamente improbabile, considerando che in ballo ci sarebbe il 30 percento di introiti sui pagamenti effettuati nel gioco. Senza contare che in questo modo Apple violerebbe la propria regola di trattare tutti gli sviluppatori allo stesso modo.
In tutti gli altri casi possibili, Epic Games riuscirebbe a ottenere qualcosa. Nel caso in cui Apple decida di scendere a patti o perda la causa, ma anche nel caso in cui pur perdendo nelle aule di tribunale il rumore generato dalla faccenda spinga i legislatori di tutto il mondo ad agire sulle regole antitrust. Nel frattempo proprio oggi è arrivato un altro colpo di scena: Epic Games ha annunciato la #FreeFortnite Cup all'interno di Fortnite, promettendo tra i vari premi anche il costume Tart Tycoon dedicato alla "mela cattiva" e un cappellino anti Apple. Non proprio il modo migliore per cercare di fare la pace, diremmo. A questo punto non ci resta che aspettare una settimana esatta, per capire cosa farà davvero Apple alla scadenza del tempo concesso a Epic Games.