Nelle scorse settimane abbiamo avuto l'occasione di visitare lo studio principale di Remedy Entertainment a Helsinki, in Finlandia. Uno studio che, in seguito ai successi di Control e di Alan Wake II, ha conosciuto una fortissima crescita, tale da potare la compagnia ad accogliere più di 350 dipendenti. In mezzo a quei corridoi sta attualmente prendendo forma Control 2, sequel già annunciato dell'avventura di Jesse Faden che sta monopolizzando l'attenzione del team principale e che si trova nel pieno della fase di produzione. Ciò detto, il principale cambiamento che ha investito Remedy Entertainment sta nell'adozione di una struttura multi-progetto destinata a portare avanti lo sviluppo di più di un videogioco in contemporanea, proprio come sta accadendo a diverse società della medesima dimensione.
Annunciato nel 2021 con il nome in codice "Condor", FBC: Firebreak rappresenta proprio il primo progetto 'parallelo' sviluppato dalla casa finlandese, un titolo che imboccherà una netta deviazione rispetto al tradizionale filone creativo a causa della sua natura da multigiocatore cooperativo. Una direzione, questa, che porta inevitabilmente a interrogarsi riguardo le circostanze della sua nascita, il rapporto che sussiste con il resto delle produzioni e soprattutto il piglio con cui attaccherà un mercato contemporaneo certamente non facile: per rispondere a queste e altre domande abbiamo intervistato Mike Kayatta, game director di FBC: Firebreak che in una lunghissima chiacchierata ci ha raccontato la genesi del progetto e tutto ciò che è passato attraverso le menti dei creativi di Remedy.
La nascita di un progetto diverso
Mi rendo conto che sia una domanda banale e noiosa, ma in questo caso sembra particolarmente interessante: come è nato FBC: Firebreak?
No, non è affatto noiosa, anzi, penso sia molto corretta considerando quanto il gioco sia diverso da ciò che solitamente crea Remedy Entertainment. La risposta è... se conoscete Remedy, sapete che solitamente realizziamo un titolo per volta. Tendiamo a scomparire per qualche tempo. In giro si dice che Remedy stia facendo qualcosa, poi all'improvviso torniamo, pubblichiamo il gioco nuovo e speriamo che faccia felici molti giocatori, dopodiché scompariamo di nuovo e il ciclo ricomincia. Adesso però siamo diventati uno studio multi-progetto, il che significa che lavoriamo a più esperienze in contemporanea. A un certo punto ci siamo detti: "Davvero vogliamo produrre cinque titoli come Control o cinque come Alan Wake tutti assieme?". Quello sappiamo farlo bene, l'abbiamo già dimostrato. "Non vogliamo invece provare a espanderci e attrarre anche un diverso tipo di giocatori?".
Ci rendiamo conto che un videogioco come FBC: Firebreak non si indirizzi al pubblico tipico, voglio dire, magari lo farà, a me piace giocare ogni tipo di opera, quindi per me non c'è problema. Però so che ci sono tante altre persone che non apprezzano queste cose, e va benissimo così. Onestamente il progetto è nato da quest'idea, dal tentativo di produrre qualcosa di diverso. Pensando agli universi e ai mondi che costruisce Remedy, ci sono due tipi di narrazione: uno è lo spazio immersivo, l'altro è la narrativa momento per momento, la dimensione della storia.
Così abbiamo pensato di prendere lo spazio immersivo e di consentire a più di una persona di viverlo insieme, sottraendo un pizzico di controllo dalle nostre mani. Quando si sviluppa qualcosa come Alan Wake, ovviamente, si è in totale controllo, si decide dov'è il giocatore, cosa vede, cosa ascolta. Sono esperienze fortemente controllate e cinematografiche. Nel multigiocatore, invece, si viene gettati in uno spazio e noi non abbiamo idea di dove voi giocatori andrete, come passerete il vostro tempo, cosa faranno i vostri amici. In sostanza volevamo solamente prendere il nostro mondo, consegnarlo ai giocatori e consentirgli di essere liberi all'interno. Così è come è nato FBC: Firebreak.
Questa esplorazione ci ha portato a scegliere un'ambientazione e abbiamo rapidamente identificato Control come un setting fantastico, anche solo per il fatto che anche dopo il videogioco c'è ancora tantissimo della Oldest House che rimane un mistero di natura. C'è tantissimo in quel mondo. Ci sono così tante cose strambe che è stato estremamente facile tirarle fuori dal cilindro, proteggendo l'integrità narrativa dell'universo di riferimento e mettendone il potenziale a disposizione del pubblico. A quel punto abbiamo preso la decisione di non rientrare nella Oldest House nei panni di "supereroe" come Jesse Faden, ma di optare per una fantasia opposta anche per non svalutare la figura di Jesse, per evitare di offrire una sua versione annacquata. Così è nata la struttura da sparatutto in prima persona e la scelta di inserire persone comuni all'interno di quello strano luogo burocratico. Fa impressione quanto tutto possa cambiare attraverso la prospettiva in prima persona, come si percepisce il mondo, i nemici. Era nostra volontà cambiare molto quella percezione, non perché quella di Control fosse brutta, tutt'altro, ma proprio perché volevamo realizzare qualcosa di profondamente diverso. E diciamo che questa è la storia di come è nato FBC: Firebreak.
Diversi studi che sono diventati multi-progetto hanno immediatamente cercato di sviluppare titoli multigiocatore, spesso cooperativi. Vuoi darci la tua interpretazione del perché si verifica questo fenomeno?
Mi sembra ovvio che FromSoftware ci abbia copiato. No, no, sto scherzando... onestamente credo ci siano un paio di ragioni. Una di esse è creativa, che ci crediate o meno. Sapete, gli studi di sviluppo sono pieni di persone creative che vogliono fare cose nuove, cercando di capire cosa sia eccitante per i giocatori. Quando si parla di sviluppatori che vogliono seguire la propria passione ed essere creativi è molto facile che si dicano: "Ehi, fico, questo potrebbe essere interessante". Non voglio permettermi di parlare a nome di FromSoftware, ma ho saputo che Elden Ring Nightreign è nato più o meno allo stesso maniera, è arrivato un pitch da uno sviluppatore che voleva esplorare questa nuova dimensione e hanno scelto di dargli fiducia.
Questa, come nel nostro caso, è la ragione "sana" per cui si verificano fenomeni di questo genere. Credo che avvenga in studi che si stanno ampliando, come noi, come IO Interactive che credo stia facendo qualcosa di simile con un mondo fantasy (Project Dragon), cosa che non ci si aspetterebbe da loro. Studi indipendenti che diventano multi-progetto. Beh, credo che questa nello specifico sia una dimensione che viene naturale esplorare. Poi però c'è anche una maniera "malsana" in cui succedono queste cose. Non voglio menzionare videogiochi in particolare, ma a volte la sensazione è che si insegua una struttura di monetizzazione specifica, che si voglia diversificare il portfolio in maniera artificiale. A volte direi che è anche comprensibile. Ma per noi, e credo anche per molti altri studi che stanno realizzando cose simili, si tratta di una volontà genuina di esplorare il nuovo spazio che si ha a disposizione.
Viene naturale a questo punto chiedere quanta "expertise" serva per cambiare struttura in questo modo, soprattutto quanta esperienza si matura, perché immagino che nel vostro caso abbiate dovuto lavorare molto per costruire qualcosa di diverso come FBC: Firebreak.
Oh, non c'era assolutamente niente all'inizio. Abbiamo dovuto costruire tutto quanto. Abbiamo lavorato sul motore, serviva metterlo a punto per questa esperienza. Qui nella nostra sede abbiamo tantissima esperienza, ma stiamo imparando un sacco di cose totalmente nuove. Questa è la prima volta in assoluto che facciamo un gioco in prima persona, che facciamo un multigiocatore, che facciamo uno spin-off, che facciamo publishing e networking, tutte queste cose. La possibilità di accumulare tutta quest'esperienza per noi ha un peso enorme. Ovviamente questo è il mio semplice punto di vista, da persona che non ha responsabilità sulle decisioni di Remedy ma solo della parte creativa di questo progetto, però ci tengo a dirlo: dalla mia prospettiva l'industria è diventata abbastanza spaventosa di recente. Ci sono stati un sacco di licenziamenti e credo che ciò derivi dalla concorrenza esagerata, dalla presenza di tanti giochi fantastici che competono tutti per lo stesso spazio.
Quello che accade è che gli studi vivono o muoiono in seguito a un singolo colpo sparato. Ci sono giochi che vanno benissimo così come sono che però si presentano sul mercato e non riescono a intercettare una corrente, magari hanno il tempismo sbagliato, insomma, fronteggiano delle concomitanze e all'improvviso lo studio chiude i battenti. Una vera tragedia. Per gli studi multi-progetto queste eventualità fanno parte della strategia, no? Un progetto va davvero bene. Un altro è semplicemente ok. Un altro ancora si spera che non vada male, ma magari va male: alla fine le cose andranno bene comunque, perché si è imparato molto nel processo. Si è imparato come rivolgersi a diverse fette di pubblico e altre lezioni del genere.
Credo che molto di ciò che si vede in quest'epoca nasca dall'idea di non voler mettere tutte le uova nello stesso paniere, in un progetto che occupa sei anni di lavoro e che poi all'improvviso si scopre non essere un gran gioco. Non si vuole rischiare di investire in un'opera che semplicemente viene lanciata lo stesso giorno di uno shadow-drop a sorpresa come la remastered di Oblivion o qualcosa del genere, e coincidenze di questo tipo possono affondare uno studio. Per questa ragione credo che accumulare esperienza e assicurarsi di gestire più di un tipo di progetto diverso consenta di assumere le decisioni creative giuste nelle occasioni successive. Magari la prossima volta si sceglierà di fare 18.000 versioni di Control e la conoscenza accumulata non può certo fare male. Magari, invece, emergerà l'idea di fare qualcosa di incredibile a livello di multigiocatore e lo studio avrà maturato tutta l'esperienza necessaria per riuscirci. Credo che a conti fatti per noi sia una situazione win-win.
Tornando a FBC: Firebreak, il progetto sembra avere molto in comune con Left 4 Dead e le esperienze cooperative di quell'età dell'oro, un genere che ha conosciuto una forte esplosione, poi è sparito per un po' e adesso sembra tornato con prepotenza. Cosa ne pensate di questa ispirazione e della sua storia?
Anche in questo caso offro la mia personale prospettiva: diciamo che il "nonno" del genere è Left 4 Dead, credo che in particolare si possa ritenere Left 4 Dead 2, un titolo dal quale indubbiamente abbiamo preso molta ispirazione. Il fatto è che questo genere specifico è maturato in un periodo in cui molti publisher guardavano verso l'online come... diciamo che avevano una prospettiva molto legata al business. Una prospettiva che a volte si allineava ai valori dei giocatori, ma in molti altri casi assolutamente no. Sono convinto che molto di quello che è successo al gaming online in generale - preciso che non voglio puntare il dito contro nessuno nemmeno in questo caso - dipenda dal fatto che forse ci si è concentrati troppo sul sottrarre tempo ai giocatori e monetizzare il più possibile? Viene da sé che queste cose sono importanti: quello dei videogiochi è un mercato dunque è fondamentale potersi permettere di pagare le persone e di creare giochi. Al tempo stesso, però, ha insinuato nei giocatori una percezione negativa dell'esperienza online, come se il videogioco volesse solo sottrarre tempo e soldi, monopolizzando l'attenzione e applicando una sorta di psicologia al loro modo di giocare. Esattamente l'opposto di come dovrebbe essere: semplicemente ci si siede e ci si mette a giocare.
Giochi come Left 4 Dead erano "drop in, drop out", ci si divertiva con gli amici senza pressione. Credo che il motivo per cui quelle esperienze stanno tornando sta proprio nel fatto che, finalmente, ci si sta allontanando da quel modello che porta a pensare ai giocatori come una fonte di tempo e di soldi, entrando in competizione con dozzine di titoli simili. Adesso stanno nascendo progetti come quelli citati, come Nightreign, Den of Wolves, FBC: Firebreak: non posso parlare per gli altri sviluppatori, ma sono abbastanza certo che nessuno di questi stia cercando di competere con Fortnite, per dire. Sono progetti che escono a prezzo budget per offrire qualcosa di divertente ai giocatori e ai loro amici. Noi vogliamo tenere bassa la pressione e offrire qualcosa di divertente ai giocatori e ai loro amici. Ovviamente ogni titolo fa le cose a modo suo, non ho idea di quali siano i modelli di monetizzazione dei titoli citati. Ma parlando per noi, l'idea è quella di non utilizzare nessun genere di FOMO (Fear Of Missing Out).
Non vogliamo assolutamente competere per i minuti e i secondi dei giocatori. Vogliamo semplicemente tornare a quella vecchia idea del "Ehi, questo è un gioco divertente, un'esperienza sociale". I videogiochi devono sembrare videogiochi, non le vetrine di un negozio, in un certo senso. Proprio da questo deriva la nostra scelta di non adottare il free-to-play. Il gioco deve andare avanti quindi venderemo oggetti cosmetici, ma roba come i Battle Pass basati sulla FOMO, i check-in giornalieri e quelle strategie aggressive per creare una player retention artificiale sono cose che abbiamo allontanato fin dal primo istante. Dal mio punto di vista sto vedendo molti videogiochi che finalmente si stanno riavvicinando a quella dimensione ideale per lo sparatutto cooperativo.
Che strada avete scelto per mantenere viva l'esperienza nel tempo evitando questi fenomeni legati alla FOMO?
Penso che ci siano molti modi diversi per espandere l'universo senza ricorrere a contenuti venduti separatamente, come l'implementazione di nuove classi, di nuove missioni, di nuove funzionalità, di cose pensate per integrarsi naturalmente nelle dinamiche di gioco. Quest'anno, per esempio, rilasceremo altre due missioni gratuite e altri contenuti in modo tale da incrementare i contenuti del 40% prima della fine del 2025. L'idea è che se qualcuno dovesse iniziare a giocare il 1 gennaio si troverebbe di fronte a un'offerta più completa ma indistinguibile da quella del lancio, come se quei contenuti fossero sempre esistiti. Non ricorreremo mai a iniezioni costanti del tipo: "Ehi, guarda questo contenuto nuovo, compra questo pacchetto, eccetera." Aggiungeremo valore al gioco, come se ci fosse stato fin dal primo giorno. Diciamo che uno dei lati positivi dell'online sta proprio in questa generazione di valore nello stesso pacchetto.
Il che rappresenta una strada diversa dallo standard della nostra contemporaneità, come lo è quello di voler realizzare un gioco più arcade, "drop in e drop out", come hai detto. Come mai avete fatto questa scelta?
Beh, penso che sia perché, prima di tutto, i videogiocatori stanno cambiando. In questo caso sono super di parte perché sono un padre di mezza età con due figli e ormai non ho più tempo per giocare. E non sono l'unico che sta vivendo questa situazione. Anche le persone che hanno molto tempo a disposizione per giocare si trovano davanti a 10.000 giochi fantastici tra cui scegliere. E in un mondo di questo genere, anche se hai tanto tempo a disposizione, significa che ce l'hai poi veramente tutto quel tempo? Non lo so. È molto diverso da quando ero giovane e prendevo qualunque gioco mi capitasse davanti in un mercatino e lo provavo anche se non era niente di speciale. Ora invece ci sono 10.000 opzioni diverse.
Ho sempre pensato che con FBC: Firebreak fosse un errore partire dall'idea che dovessimo competere con tutti, che dovessimo conquistare tutti i giocatori e trattenerli per più tempo possibile, perché solo il nostro gioco conta ed è l'unica via per il successo. Sono convinto che in molti adottino questo tipo di approccio ma per me rappresenta un errore, perché anche se un singolo titolo che funziona può portare risultati straordinari, alla lunga non è sano per l'industria dei videogiochi nell'insieme. Inoltre, se ti distacchi da questo genere di approccio malsano all'industria, se non riesci ad attirare milioni di giocatori fin dall'inizio non ha molta importanza, giusto? Per noi si tratta solo di dire: "Guarda, sappiamo che questa è un'esperienza nuova. Remedy non ha ancora dimostrato di saper fare un gioco del genere. Vogliamo solo che la gente giochi alle proprie condizioni e si diverta." E so che sembra una cosa ovvia, grazie al cavolo. Ma è davvero così ovvio? Perché in giro non si vedono tanti giochi che adottano questo tipo di approccio e secondo me dovrebbero farlo.
Per noi la vera domanda è: "Come si realizza un videogioco che gli appassionati possano vivere secondo i loro ritmi?". Se vuoi giocare otto ore al giorno, tutti i giorni, è fantastico, siamo felicissimi, è bellissimo. Ma se vuoi giocare solo un'ora a settimana con gli amici, va bene lo stesso. E se vuoi staccare per un po' e giocare ad altro, e poi magari scegli di tornare perché abbiamo aggiunto una nuova missione o una nuova meccanica, beh, torna pure, gioca un altro po' e poi se vuoi smetti di nuovo. Va bene anche così, per noi è davvero ok. Il nostro desiderio è che le persone provino un titolo di questo tipo realizzato da Remedy, sperando che si riveli un'esperienza divertente. Da quel momento in avanti si vedrà come andranno le cose.
Ripensando al discorso che facevamo all'inizio dell'intervista, credo che molta della sfiducia che si vede nel pubblico riguardo le esperienze multigiocatore abbia talvolta una radice comune: quando studi di sviluppo che hanno un forte pedigree nelle esperienze per il giocatore singolo pubblicano un titolo multiplayer vengono criticate. Vi spaventa questo fenomeno?
È qualcosa che spaventa... beh, dipende da che punto di vista si osserva la situazione. Senza entrare troppo nei dettagli, perché nessuno conosce davvero la storia completa di questo genere di produzioni tranne le persone che le vivono in prima persona, in molti studi di sviluppo dove è accaduto qualcosa del genere - almeno leggendo i resoconti e parlando con le persone - sembra che queste decisioni siano arrivate quasi dal nulla, persino sul fronte creativo. Cioè, i videogiochi sono creati da persone e lo studio di sviluppo non è altro che un'infrastruttura che permette a diverse persone di unirsi verso un unico obiettivo. Se le persone non sono coinvolte e motivate è molto difficile realizzare qualcosa che abbia un impatto sul pubblico.
Alla fine questa è un'industria creativa. Il videogioco è un prodotto creativo, e c'è bisogno di passione per ciò che si realizza. Non ho assolutamente paura che ci capiti una cosa del genere, perché non è così che abbiamo iniziato. FBC: Firebreak non è nato da un'idea del tipo: "Oddio, Remedy deve fare un multiplayer per forza, per chissà quale motivo." Non è affatto così che è cominciata, abbiamo semplicemente tanta passione verso questo progetto, volevamo creare un tipo di gioco diverso e la gente si divertiva ed era entusiasta fin dall'inizio. Internamente c'erano persone che si chiedevano: "Ma è davvero una cosa che vogliamo fare?" C'era un po' di scetticismo anche nello studio, all'inizio. Poi, man mano che abbiamo iniziato a sviluppare, le persone hanno iniziato a capire. Alcuni dev sono addirittura arrivati da altri team chiedendo di unirsi a questo progetto, e questo perché c'era del cuore, della passione. Ora, questo non significa assolutamente che sarà tutto perfetto, che sarà l'esperienza migliore di sempre. Ma significa che è qualcosa di autentico, nato da videogiocatori che amano questo tipo di giochi e vogliono proporli agli altri.
Quindi, senza voler assolutamente accusare altri di non avere passione, posso affermare con certezza che noi ne abbiamo messa davvero tanta. E per questo non ho quel timore. La preoccupazione che ho, invece, viene più che altro dai preconcetti, perché magari altri tipi di esperienze hanno tradito le aspettative del pubblico, rendendolo diffidente. Ovviamente, tutti ormai amano definire ogni nuovo gioco online come "Concord 2", è diventato quasi uno slogan automatico, buttato lì senza pensarci troppo. Perché, sapete, l'atmosfera intorno a questi giochi è spesso cupa, negativa. Però credo che, una volta che il gioco uscirà, quando la gente lo vedrà e capirà cosa stiamo cercando di fare... beh, magari gli piacerà, magari no. Noi speriamo davvero che piaccia, ma non ho paura che finiremo in una di quelle trappole. Sono tempi strani.
Tornando al gioco, FBC: Firebreak è parte del vostro universo narrativo interconnesso, dunque radicato nel DNA di Remedy. Avete intenzione di sfruttare anche questo titolo per ampliare quell'universo narrativo o lo tratterete come uno spin-off a tutti gli effetti?
Ottima domanda. Vorrei affrontare la questione da una prospettiva di genere e una prospettiva di pubblico. Noi abbiamo il Remedy Connected Universe, o RCU, come lo chiamiamo spesso, e sappiamo che ci sono molte persone che s'immergono in questo universo molto narrativo, legato alla terza persona e ai generi d'azione-avventura e horror, o qualcosa a metà tra i due. Ci sono tantissime persone a cui piace questo tipo di esperienza e che sono a loro agio nel passare da un genere all'altro per ottenere una visione più ampia della storia, se lo desiderano. Ora, un gioco come FBC: Firebreak, è ovviamente qualcosa di straordinariamente diverso rispetto a qualsiasi altra produzione parte di quell'universo. Per questo motivo, dobbiamo ricordare che ci sono molte persone che si sono avvicinate all'RCU con il desiderio di assorbirne tutto il "lore" e che non si sentono troppo a loro agio nel passare a qualcosa come un cooperativo multigiocatore. È un gioco davvero, davvero molto diverso.
Per questo stiamo cercando di essere un po' più protettivi rispetto a quanto lo siamo stati con altri nostri titoli. Protettivi sia nei confronti di chi pensa qualcosa tipo: "Ehi, io voglio vivere l'intera storia di Control da una prospettiva in terza persona, in un gioco d'azione-avventura dove attraverso degli spazi e mi viene raccontata una storia in modo diretto", sia verso i fan degli sparatutto cooperativi, che magari non hanno mai avuto alcun legame con il RCU e non vogliono sentirsi dire che per godersi il gioco devono per forza viverne altri. In un certo senso sì, FBC: Firebreak fa assolutamente parte del Connected Universe, è una parte canonica della storia. Ma se mi stai chiedendo se prenderemo quei fili narrativi stabiliti in altri giochi e li svilupperemo ulteriormente la risposta è no. Control sarà direttamente connesso a Control 2. E anche se ci troviamo all'interno di quel mondo e sulla stessa linea temporale, non tocca a noi raccontare quella storia.
Abbiamo riflettuto molto su questo aspetto e ovviamente stiamo cercando di soddisfare gruppi di giocatori diversi, perché ci sono persone che amano Control alla follia e che si chiedono: "Perché diamine state facendo questo gioco? Non fa per me." Ed è assolutamente comprensibile. Quello è il modo in cui ti piace giocare, è il motivo per cui ti sei avvicinato a questo universo, e va benissimo. Vogliamo davvero tutelare quei giocatori, non devono sentire come se si stessero perdendo qualcosa solo perché questo gioco non fa per loro.
Ma, come dicevo, vale anche il contrario. Ci sono giocatori di co-op che cercano qualcosa di più immediato in stile "drop in, drop out" anziché che un enorme universo narrativo interconnesso con anni di storia e mille elementi da seguire. Abbiamo puntato su riferimenti leggeri, del tipo: "Ok, riconosco che questa è l'architettura della Oldest House", e sarà sempre vero che, se giochi a ogni singolo titolo Remedy, avrai una visione più ampia dell'insieme. Ma stiamo davvero cercando di fare del nostro meglio per mantenere l'esperienza di FBC: Firebreak stimolante nel suo isolamento.
Stiamo cercando di costruire una sorta di "bolla" intorno a FBC: Firebreak, perché il gioco dovrebbe risultare pienamente appagante anche solo entrando in quello specifico ecosistema. Si inizia a cogliere di cosa parlano i personaggi, si trovano documenti, ci si immerge in quella versione dell'FBC. Che non vuol dire che sia un FBC diverso, ma è un FBC in un tempo e in uno spazio molto, molto diverso rispetto a quello che hai conosciuto prima. In questo senso il gioco risulta autosufficiente.
A proposito di Control, accanto all'ispirazione paranormale c'era spazio anche per un elemento umoristico leggermente marcato. La struttura multigiocatore vi ha permesso di spingere l'acceleratore in quella direzione?
Assolutamente. Voglio dire, la questione è che quando ci si muove in uno spazio narrativo controllato si è portati a parlare di "canone", giusto? In un universo interconnesso come il nostro le scelte canoniche sono molto importanti; già di per sé si è portati a fare ragionamenti del tipo: "Realizzando un titolo multiplayer e giocando milioni di partite si mette il canone in discussione." Se stai giocando con i tuoi amici e vi mettete per un'ora in un angolo a fare su e giù accovacciandovi, è successo davvero nel canone della storia? Capite cosa intendo?
C'è un po' di giocosità che viene automaticamente inserita nel momento in cui si parla di esperienze sociali rigiocabili. Dunque volevamo creare uno spazio narrativo più che un'esperienza con una forte componente di storia lineare, il che d'altro canto rende difficile creare un gioco troppo serio, perché si corre il rischio di costringere tutti i giocatori a prendersi sul serio. C'è un mercato per quello, videogiochi come GTFO ne sono un esempio, la gente li apprezza molto. All'inizio abbiamo fatto alcuni esperimenti embrionali chiedendoci: "E se fosse un gioco davvero spaventoso?". Ma alla fine il numero di persone che s'immergono in un gioco isolandosi dal resto della propria vita e pensando: "Ora mi concentro, devo coordinarmi perfettamente, sono completamente immerso"... voglio dire, è fantastico quando si riesce a farlo, ma noi volevamo qualcosa di più leggero e ampio. Allargando l'esperienza le persone si comportano inevitabilmente in modo buffo, e se cerchi di farle prendere troppo sul serio l'esperienza risulta forzata.
Ciò che abbiamo cercato di fare è stato dirci: "Ok, Control è 80% esplorazione e horror atmosferico, ma il 20% è assurdità radicata nella realtà." Per FBC: Firebreak, abbiamo voluto mantenere gli stessi ingredienti ma cambiare le proporzioni. C'è ancora quel tocco inquietante. i personaggi, per esempio, sono davvero spaventati da cose come Sticky Ricky, ma noi giocatori possiamo vedere Sticky Ricky e ovviamente trovarlo un po' assurdo. E in effetti lo è, ma è anche in un certo senso concreto: in questo mondo i post-it si replicano. Cosa succede se iniziano a replicarsi in massa? Sticky Ricky segue un insieme di regole abbastanza solide... solo che poi le spingiamo al limite fino a rendere la situazione assurda. Control faceva questa cosa in maniera eccellente, come con il frigorifero per esempio, ma non era il tono generale del gioco. Abbiamo cercato di centrare il tono in un punto che risultasse più naturale per un gruppo caotico di amici che entrano insieme in questo spazio.
Questo spazio narrativo paranormale ha un potenziale straordinario e ha molto a che vedere con il successo di Control e di Alan Wake. Come mai in Remedy Entertainment siete l'unica grande compagnia a realizzare opere di questo genere oggi? Ha a che vedere con il fatto che questi uffici sembrano la Oldest House?
Già, esatto, sì. L'acqua è sospettosamente pulita e potabile, se l'avete notato. È troppo pulita e potabile... Tornando seri, penso che la cosa interessante sia che, andando a scavare a fondo su Steam, si trovano molti sviluppatori che cercano di fare cose in stile SCP Foundation, o altre cose strane, assurde, fuori di testa. Guardando al passato, invece, s'incontra tutta una corrente di creepypasta e cose del genere. Onestamente penso che molto di questo spazio sia stato esplorato e portato avanti da tanti amatori. E quando dico "amatori", non intendo assolutamente persone che non sono brave a fare giochi, ma sviluppatori non fanno parte di uno studio professionale e organizzato. La fuori c'è tanta roba del genere, ma la qualità varia tantissimo.
Guardate i giochi sulle backrooms, ce ne sono tipo diecimila, giusto? Ma quanti di quei diecimila hai davvero voglia di giocare? Credo che in fondo sia uno di quegli argomenti che forse sembrano troppo di nicchia e molti hanno paura di affrontarli. Quando si crea l'immaginario per un videogioco si tende sempre a guardare alle cose più popolari, del tipo "sono un assassino", "sono un dio", "sono un soldato". Per questo parlare di giochi come FBC: Firebreak è estremamente complicato, è una sfida enorme per noi. "Sei in una squadra di pronto intervento, ma non proprio quella tradizionale, e poi ci sono dei post-it che si moltiplicano".
Ciò detto sono convinto che se si vuole avere successo a livello creativo bisogna scegliere una sfida e farla propria, e Remedy ha fatto proprio questo: ha scelto la sfida di rendere accessibili cose che sono intrinsecamente inaccessibili. Onestamente sono convinto che ogni studio di successo abbia scelto una sfida personale, altrimenti si diventa estremamente generici. Bisogna fare qualcosa che gli altri pensano sia una stupidaggine: questa è la stupidaggine che abbiamo scelto noi e per qualche motivo siamo riusciti a creare giochi che la gente apprezza. Speriamo di migliorare sempre di più nell'affrontare questa sfida, e di trovare modi per renderla ancora più diffusa, motivo per cui nascono cose come Firebreak. Speriamo che sempre più persone capiscano cosa stiamo cercando di fare ma, ovviamente, non si può saperlo con certezza.
Direi di chiudere con un appello: perché il pubblico dovrebbe giocare FBC: Firebreak?
Rispondo dalla prospettiva di ciò che lo rende unico nel mare di esperienze che esistono sul mercato. Numero uno: FBC: Firebreak è un titolo che cerca di avere il massimo rispetto del tempo del giocatore, cosa che le esperienze multigiocatore co-op faticano a fare, per cercare di tornare indietro a quell'epoca in cui sei tu a possedere il videogioco, non devi niente a nessuno e sei libero di giocare come vuoi assieme ai tuoi amici. In questo senso abbiamo approcciato il tempo del giocatore in una maniera particolare: ogni sessione si può personalizzare tantissimo, ci sono diverse missioni nelle quali è possibile settare non solo il grado di minaccia degli avversari, ma soprattutto il livello di Clearance, che influenza la durata dell'attività; infine c'è la Corruption, che mette sul piatto modificatori e variabili RNG.
La conseguenza di questo sistema, che credo sia piuttosto unica, ti permette di creare una sessione da trenta minuti incredibilmente intensiva e immersiva, oppure una partita da cinque minuti piuttosto leggera. Per me questa possibilità è molto importante, perché molte persone hanno il tempo contato, magari hanno solo un'ora a disposizione, e si corre sempre il rischio che consumati i primi 40 minuti ne rimangano solo 20 che non saranno sufficienti per concludere alcunché. Al di là di tutto quello che abbiamo mostrato nei trailer, che è molto eccitante e spero sappia parlare per sé, abbiamo dedicato molta attenzione a questa idea, alla volontà di rimettere il controllo del tempo nelle mani dei giocatori.