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Pokémon Pocket sta prolungando a dismisura le mie soste al bagno

Sempre in ritardo, sempre con il cellulare in mano, sempre con la testa da un'altra parte: come Pokémon Pocket sta attentando alla mia vita sociale

SPECIALE di Lorenzo Kobe Fazio   —   18/02/2025
Pokémon Pocket, il fenomeno degli smartphone
GCC Pokémon Pocket
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Se penso ai Pokémon, penso alla mia infanzia. Penso, soprattutto, ad un bruciante desiderio, alla prima volta che mi sono sentito veramente escluso da qualcosa. All'epoca, si parla di più di venticinque anni fa ormai, il termine F.O.M.O. non era ancora stato coniato. Eppure, quello che si viveva in Italia sul finire del 1999 era proprio quella cosa lì: o stavi tentando di battere i Superquattro, o collegavi tra loro due Game Boy con un cavo ogni volta che potevi, oppure eri una sorta di paria, un reietto che durante la ricreazione non aveva con chi parlare, né di che parlare.

Quel piccolo trauma infantile, il Game Boy mi fu regalato con una copia di Pokémon Blu con colpevole ritardo, ha sicuramente a che vedere con la mia recente, tardiva, largamente ingiustificata dipendenza da Pokémon Pocket.

Ho resistito per qualche mese, a dire il vero. I giochi di carte non mi sono mai veramente interessati. Ho qualche Magic d'epoca. Probabilmente in qualche trasloco mi sono sbarazzato di un Charizard che oggi avrebbe potuto garantirmi quantomeno un viaggio alle Mauritius. Per di più, non bazzicavo il mondo delle creature di Game Freak da un bel po'. Non conosco a memoria il Pokédex almeno da Pokémon Oro e Argento. Ci ho provato con Leggende Pokémon: Arceus, ma l'ho mollato quasi subito. Lo sguardo intontito di Fuecoco mi ha convinto a giocare a Pokémon Scarlatto fino a che non si è evoluto nell'orribile Crocalor.

Insomma, non doveva esistere essere più impermeabile di me a Pokémon Pocket. Eppure è bastato sbirciare la raccolta di un mio amico per cadere in tentazione. E dopo aver scaricato il gioco dall'App Store, per me è stato l'inizio della fine.

Peggio di un Gratta e Vinci, proprio perché gratuito

Il brivido della bustina che si apre è ancora più sinistro di quello che si arrampica sulla schiena mentre si stringe la moneta che, sicuramente, mi cambierà la vita scoprendo la combinazione vincente del Gratta e Vinci appena acquistato. Sinistro perché qualunque cosa ci si possa trovare dentro, non mi garantirà nemmeno un week-end all inclusive a Busto Arsizio. Sinistro perché completamente gratuito, a meno che non abbiate deciso di sottoscrivere il Pass Premium o di investire i vostri risparmi in Pokélingotti, come invece ha fatto il sottoscritto. Sinistro perché in fin dei conti sono solito comprare i Gratta e Vinci solo il 15 di agosto, quando tendenzialmente le mie capacità di intendere e di volere sono offuscate da una giornata di festa, passata in compagnia.

Ogni volta è la stessa storia, che è poi la stessa che mi costringe ad accedere nuovamente al gioco, come se ad ogni avvio il consueto scorrere del tempo potesse subire una modifica e influire sull'altrimenti canonico, e tendenzialmente sempre troppo lento, riempimento della barra che consente di ottenere un'altra busta gratis. Ogni volta, dicevo, ripercorro lo stesso percorso mentale, di volta in volta appesantito da un nuovo "trucco infallibile" scovato in qualche video su YouTube o suggerito sempre dall'amico di cui sopra che "fidati, con questo ci ho trovato ben due carte EX".

Salgo così sull'arcinoto ottovolante emozionale, innesco di quel rilascio di dopamina nel corpo tanto dolce quanto amaro, che è poi lo stesso processo mentale che mi convince, illusoriamente, che oggi sarà diverso, oggi andrà meglio, oggi accadrà qualcosa di nuovo, sorprendente, positivo. E questo cambiamento, mi ripeto ogni mattina durante la prima pausa bagno, partirà proprio da un semplice gesto, dalla linea retta tracciata con il dito sullo schermo con cui aprire la prima busta gratis della giornata.
Non è mai così semplice. Non è mai così diretto. I "trucchi infallibili" impongono coreografie, rituali, sequenze di movimenti ben precisi. Cerca la busta spiegazzata, vai indietro di sei, torna avanti di tre, apri solo quando compare la luce blu. Un ginepraio di cose da fare e ricordarsi, inseguendo l'illusione che possa davvero esistere un sistema con cui vincere all'Enalotto di Pokémon Pocket.

Nella mia testa, mentre sono lì con il sedere a penzoloni nella tazza del water, posa che sicuramente mi rende una preda ancora più fragile e manipolabile a certi meccanismi, si attiva poi un altro processo mentale altrettanto tossico. Come quando si scorrono le storie di Instagram e si ha la netta sensazione che tutti siano sempre in vacanza, mentre le mie ultime ferie sono ormai un ricordo sbiadito di cui c'è traccia solo scrollando, ma scrollando proprio tanto, nella galleria fotografica dello smartphone, ugualmente tra i miei contatti sembra che sia un continuo pullulare di EX, Immersive, rarità di ogni specie e genere. Sfacciate dimostrazioni di fortuna che si rincorrono su ogni social, in ogni chat di gruppo di WhatsApp. Ulteriori dimostrazioni di essere figlio di un dio minore, schifato persino dall'Altissimo che gestisce le percentuali di probabilità di sbustare un dannato Celebi che mi è stato sbattuto a ripetizione in faccia da chiunque conosca o quasi, ma che ancora manca colpevolmente nella mia collezione.

Esiste un Premium Pass che toglie la sfida di dosso?
Esiste un Premium Pass che toglie la sfida di dosso?

Al che, sempre da quella posizione tutt'altro che onorevole e dignitosa, dopo un'ulteriore sguardo carico di sdegno alla pescata di sole carte comuni, vengo puntualmente pervaso da un moto d'orgoglio, da un sentimento romantico di ribellione al destino, come se fosse finalmente giunto il momento di riscuotere il credito accumulato nei confronti del karma.

Sacrifico clessidre per azzerare il tempo di ricarica di una nuova busta gratis, ripeto il mantra fatto di linee e punti tracciati sullo schermo del telefono, e mi ritrovo, con un vago formicolio alle gambe che inizia a farsi sentire, punto e a capo. Con una nuova manciata di doppioni a dimostrare che, forse, anche oggi non cambierà proprio nulla e sarò nuovamente investito da un'ondata di scadenze non rispettate, email che si accumulano, messaggi su Whatsapp di altri amici che hanno sbustato il dannato Celebi.

Pesca misteriosa, battaglie, formicolio alle gambe

È tutto? Manco per sogno. Pokémon Pocket ha tante carte nel mazzo, scusate il gioco di parole, per prolungare ancora di qualche minuto la mia pur meritata e necessaria sosta al bagno. Tanto per cominciare perché non tentare la fortuna, nuovamente, con la Pesca Misteriosa? Anche in quel caso non mancano le correnti di pensiero, spesso molto contrastanti tra loro. Quello che cerchi è nello stesso posto in cui era prima che si mischiassero le carte. No, non è vero: c'è più probabilità di pescare bene con la carta più a sinistra, nella fila in alto. Ma cosa state dicendo, che lo sanno tutti che invece bisogna scegliere sempre la stessa posizione, è la statistica a dirlo, mica un fuffa guru di YouTube. Tutto molto bello, in teoria e sui Reddit di mezzo mondo. Ma anche in questo caso, la meccanica è intimamente assoggettata da quel dio capriccioso ed imperscrutabile che è il caso.

Le battaglie, un'altra bomba ad orologeria ingegneristicamente parlando perfetta
Le battaglie, un'altra bomba ad orologeria ingegneristicamente parlando perfetta

Qualche altro minuto, poi, viene inevitabilmente rubato dal completare le missioni giornaliere. Non che ci sia bisogno di fare nulla oltre a quanto di già fatto beninteso. Si deve solo entrare nel menu preposto, toccare le icone attive, ammirare una barra che si riempie o ottenere le ricompense previste. Dopamina pura, direttamente in vena, calda, rasserenante, effimera. Dannatamente effimera. Ti fa assaporare una progressione che quasi non esiste, ti regala l'illusione di un livello d'esperienza in più e quindi di una busta in più o di un nuovo collezionabile. Ma nella realtà si traduce quasi in un nulla di fatto. Eppure sono ancora seduto sul water e inizio a non sentire più le gambe.

Forse proprio per questo, mi dico che potrei fare un'ultima attività, un'altra ancora. Una battaglia per esempio. Con la CPU, così che magari sono (quasi) sicuro di vincere, magari ottenendo una carta. Magari nuova, speriamo, visto che anche di quelle sto accumulando i doppioni. Inizia la partita, la moneta ovviamente mostra la testa e si parte in salita, con un turno offensivo regalato all'incorporeo avversario. Eppure il ritmo delle partite è di quello giusto. Su questo Pokémon Pocket è un orologio svizzero. Se le partite durassero anche solo un turno in più si avrebbe la possibilità di calcolare il tempo speso e, magari, rendersi conto che è giunta l'ora di andare a far altro. Ma no: la trappola si chiude inesorabilmente sopra la mia testa. Perché un'altra partita, veloce, rapida, indolore, significa punti esperienza, magari una nuova carta, ancora un po' di dopamina.

Le carte oro. Se non sapessi che esistessero, starei sicuramente molto meglio
Le carte oro. Se non sapessi che esistessero, starei sicuramente molto meglio

Sono seduto da mezz'ora sul water. Le gambe non le sento più. Provare ad alzarsi è quasi inutile. E poi si è attivata l'icona degli scambi. Magari qualcuno, preso di pietà leggendo questo articolo, ha deciso di inviarmi uno dei suoi doppioni del dannato Celebi.

Oggi la giornata non migliorerà, né andrà nella direzione giusta. Io sono ancora chiuso nel vuoto pneumatico del bagno senza via di fuga. E so già che tra un paio d'ore striscerò di nuovo nell'app di Pokémon Pocket per la mia piccola dose di illusoria dopamina. Con la giusta dose di equilibrio e autocontrollo, il software di Nintendo è un divertente ed immediato trading card game. Ma il mio equilibrio, il mio autocontrollo devono essere caduti qui da qualche parte nel bagno, magari mentre mi piegavo per controllare se sotto al lavandino ci fosse una carta di quel dannato Celebi.