Era il 1987 quando Sega lanciò Shinobi di Yutaka Sugano, nelle sale giochi, ottenendo una certa risonanza a livello globale. Anche dalle noi riuscimmo a giocare più volte l'originale, che era molto diffuso nei locali italiani. Considerando la natura prettamente arcade del gioco, la storia che faceva da sfondo all'azione era davvero esile, completamente ignorabile a dirla tutta, considerando anche che lo spazio offerto dal gameplay per raccontarla era ridottissimo. Parlava di Joe Musashi, un ninja del clan Oboro, che da solo doveva affrontare il clan Zeed per evitare che riuscisse a riportare il Giappone nell'era Sengoku. Il tutto si traduceva in un platform a scorrimento orizzontale in cui dovevamo eliminare avversari su avversari usando degli shuriken e una spada (una specie di ultima risorsa quando qualcuno si avvicinava troppo). Il giocatore aveva anche a disposizione una magia ninja consumabile, che quando usata ripuliva lo schermo da nemici e proiettili, dandogli un po' di respiro.
Come tradizione degli arcade, parliamo di un titolo davvero arduo, con picchi di difficoltà enormi già dal secondo livello in poi (ogni livello era composto da tre o quattro stage, boss compreso). Era il classico gioco da sala in cui bisognava imparare a memoria la posizione e gli schemi d'attacco dei nemici per anticiparli.
Era anche un titolo estremamente giocabile e piacevole, con dei feedback dei colpi curati e alcune trovate notevoli come la possibilità di far cambiare piano al nostro ninja o quella di liberare dei prigionieri sparsi per la mappa, guardati a vista da dei bestioni armati di sciabole che usavano per parare i nostri colpi e che, all'occorrenza, potevano lanciare. Azzeccata anche l'idea di mostrare il boss dell'area alla fine di ogni sotto stage dei primi due livelli, creando così una certa attesa per gli scontri veri e propri. Non dimentichiamoci anche dell'iconico stage bonus in prima persona, in cui bisognava eliminare dei ninja a colpi di shuriken prima che ci raggiungessero, per vincere una vita extra.
Shinobi si diffonde
Insomma, parliamo di un titolo che guardava molto ad alcuni concorrenti, come Kung Fu Master o Ghosts 'n Goblins, e che aveva un immaginario strettamente legato a certo cinema di genere di quegli anni, pieno di ninja colorati che, più che muoversi tra le ombre, passavano il tempo a picchiarsi a cielo aperto per sventare improbabili piani di conquista del cattivo di turno. Aveva anche degli elementi di unicità nel design, che lo fecero spiccare sugli avversari diretti, oltre a una colonna sonora esaltante, che magnificava l'azione come accadeva in pochi altri giochi.
La somma di questi elementi gli fece ottenere un grande successo. Da lì a farlo diventare una serie il passo è stato breve per Sega, che all'epoca era alla ricerca di titoli identitari per la sua imminente console casalinga a 16-bit, il Mega Drive, dopo aver rincorso inutilmente Nintendo per anni con il Master System. Proprio quest'ultima, ricevette un'ottima conversione ufficiale di Shinobi nel 1988. L'anno successivo, fu convertito per una moltitudine di sistemi, come Amiga, PC IBM, Commodore 64, ZX Spectrum, MSX, Atari ST e altri ancora. Ci fu anche la curiosità di una versione non autorizzata per NES, pubblicata da Tengen (un'etichetta di Atari nata nel periodo post Atari Crash del 1983), in America del Nord.
Gli anni d'oro
Shadow Dancer, il seguito ufficiale diretto da Motoshige Hokoyama, sembrò inizialmente seguire la stessa strada. In realtà Sega già nel 1989, anno in cui fu pubblicato, aveva le idee ben chiare su come sfruttare il marchio in modo più ampio.
La versione da sala giochi di Shadow Dancer seguiva in modo abbastanza pedissequo le idee dell'originale, cui aggiungeva la presenza di un cane, utilizzabile per bloccare i nemici a comando. Il ninja protagonista non aveva più un nome ed era vestito di bianco. In giro per gli stage non c'erano più ostaggi, ma bombe da disinnescare. Per il resto era più o meno lo stesso gioco, solo più rifinito, sia a livello tecnico che di sistemi di gioco. A rappresentare una novità, fu l'approccio adottato da Sega con le versioni casalinghe, rispetto a quella arcade. Già Shinobi era stato addolcito nella versione Master System, che teneva conto del diverso contesto in cui veniva giocato aggiungendo una barra dell'energia, per rendere meno traumatico il gioco in salotto. La conversione del seguito, pubblicata su Mega Drive nel 1990, seguì una strada completamente diversa.
Chiamata Shadow Dancer: The Secret of Shinobi, diretta da Tomohiro Kondo, era praticamente un altro gioco e fu interessante anche per come mostrava il lavoro di adattamento che gli editori giapponesi facevano nelle versioni pubblicate nei diversi territori. Nel caso, in Giappone il protagonista si chiamava Hayate, il figlio di Joe Musashi, mentre nella versione occidentale era Musashi stesso. Il nemico di turno era l'associazione terroristica Union Lizard, che come nella versione coin-op voleva prendere il controllo del pianeta, ma qui i livelli erano completamente diversi: memorabili quelli della città in fiamme e il combattimento in cima alla Statua della Liberta. Il cane c'era ancora, ma al posto delle bombe erano tornati gli ostaggi e il design era stato reso più amichevole, dando al giocatore un margine d'errore maggiore rispetto alla versione arcade. Parliamo quindi di un titolo completamente diverso e unico, anche nella colonna sonora.
Interessante il fatto che le conversioni di Shadow Dancer per altri sistemi guardarono invece al coin-op. Sega fece questa scelta per un motivo ben preciso. Nel 1989, il Mega Drive aveva visto il lancio di The Revenge of Shinobi, diretto da Noriyoshi Oba, che aveva accompagnato l'arrivo della console nei negozi. Il team di sviluppo era completamente diverso da quello che si occupava degli arcade e aveva deciso di distaccarsi dall'originale, adottando una struttura meno rigida, fatta di livelli più ampi, dove non c'erano ostaggi da salvare o bombe da disinnescare, dove il numero degli shuriken era limitato, scelta che rese il gameplay più tattico, e dove la barra della vita graziava maggiormente il giocatore e aggiungeva la necessità di trovare oggetti per ricaricarla. Il protagonista era di nuovo Joe Musashi (in tutti i territori), che doveva vedersela con l'associazione terroristica Neo Zeed.
Il nostro aveva dalla sua le abilità classiche, oltre a ben quattro magie ninja, una delle quali gli permetteva di sacrificare una vita per fare una grande quantità di danni. Era anche un titolo tecnicamente impressionante per le console casalinghe dell'epoca, visto che i giocatori erano abituati agli sprite molto piccoli del NES e, in misura minore, del Master System, lì dove The Revenge of Shinobi ne offriva di grossi e dettagliati, quasi come quelli delle versioni da sala giochi.
Insomma, come uno dei primi giochi per console a 16-bit (il Super Nintendo arrivò più tardi del Mega Drive), ebbe l'onere di mostrare al mondo il salto generazionale possibile con le nuove tecnologie, impresa che gli riuscì alla perfezione. Non fu il gioco più impressionante tra quelli pubblicati per l'hardware di Sega, ma fu uno di quelli che rimasero più impressi, diventando parte integrante dell'identità della macchina. Da qui è possibile capire come mai la casa giapponese scelse di non realizzare una conversione diretta del coin-op di Shadow Dancer, cercando invece di capitalizzare sul successo di The Revenge of Shinobi.
La serie si espande
Quelli furono anche gli anni in cui la pubblicazione di nuovi Shinobi si fece davvero intensa. Tra il 1989 e il 1993 ne furono pubblicati ben sette (compresi quelli già citati). Nel 1990 il Master System ricevette l'esclusivo The Cyber Shinobi, che combinava ninja e Cyborg, ma che fallì su tutti i fronti, risultando essere uno dei capitoli più deboli dell'intera serie (se non proprio il più debole tra quelli realizzati direttamente da Sega), formato com'era da sei livelli lunghi e ripetitivi, da degli schermi dei nemici scialbi e da una generale mancanza di cura, che si vedeva chiaramente nelle hit box completamente sballate, e da un'interfaccia inutilmente ingombrante, che occupava circa un terzo dello schermo.
Nello stesso anno uscì uno Shinobi per Game Gear, la console portatile di Sega, chiamato GG Shinobi o, semplicemente, Shinobi, a seconda del territorio. Apparentemente poteva sembrare una versione ridotta di The Revenge of Shinobi, che sfruttava in modo egregio l'hardware su cui girava, ma in realtà aveva molti elementi unici, come la presenza di più ninja giocabili (selezionabili dopo averli salvati), ognuno con i suoi colori e abilità uniche, o come la possibilità di scegliere l'ordine in cui affrontare i primi quattro stage (su cinque), in stile Mega Man.
Nonostante la console su cui girava, Shinobi GG ebbe un buon successo e ricevette un seguito diretto, chiamato Shinobi II: The Silent Fury (1992), che riprendeva le idee del capitolo precedente, aggiungendo la necessità di rigiocare alcuni dei quattro stage per sbloccare le abilità che servono per ottenere dei cristalli indispensabili per raggiungere l'area finale. Complessivamente, stiamo parlando di un gioco portatile davvero eccellente, tra livelli spettacolari, boss giganteschi e le tante idee che metteva in campo. Peccato che il fatto di essere uscito solo su Game Gear lo abbia un po' marginalizzato. Comunque sia, quelli furono gli anni del picco qualitativo degli Shinobi.
Nel 1993 fu pubblicato Shinobi III: Return of the Ninja Master per Mega Drive, considerato il miglior capitolo dell'intera serie. Come mai? Era tecnicamente eccellente e riusciva a evolvere tutti i sistemi dei giochi precedenti in modo egregio. L'esperienza dei coin-op era ormai lontana e gli sviluppatori di Sega si erano concentrati sul migliorare il più possibile quella casalinga. Tornava Joe Musashi, che doveva affrontare una rinata Neo Zeed. Il nostro ninja poteva anche correre, rendendo l'azione più frenetica e aggiungendo momenti di puro godimento all'azione, tra attacchi rapidi e salti acrobatici. C'erano anche altre nuove mosse, come gli attacchi in salto o la parata, per un gameplay decisamente più fluido rispetto a quello dei capitoli precedenti. Interessante anche la presenza di varie influenze esterne, come quella della serie Contra di Konami (anch'essa forte di grandi successi sia in sala giochi, sia sulle console casalinghe), visibile in alcuni livelli e negli scontri con i boss (pensiamo in particolare a quello contro la creatura gigante del laboratorio). Le influenze sono comunque anche altre, come quella delle Tartarughe Ninja nello stage del surf.
Perché Shinobi III?
Il titolo Shinobi III ha creato più di qualche dubbio negli appassionati, che si sono sempre chiesti: qual è Shinobi II? In Giappone il problema non si è mai posto, perché il gioco è uscito nei negozi con il titolo The Super Shinobi II, seguito di The Super Shinobi, il primo gioco della serie per Mega Drive / Genesis. Insomma, si tratta di una delle varie mini serie che formano la serie principale. In occidente, però, Sega ha scelto di chiamarlo Shinobi III, probabilmente per sottolineare come fosse il terzo Shinobi pubblicato su Mega Drive, anche se i vari capitoli non collimavano completamente a livello narrativo. Non che la storia fosse troppo importante, a dirla tutta: al tempo in molti non fecero nemmeno caso a questa stranezza, per dire.
Arriva il 3D: la decadenza
La serie Shinobi ha avuto il suo periodo di massimo fulgore in epoca Mega Drive, ma chiaramente Sega ha provato a sfruttarla anche in seguito, ottenendo successi alterni, fino ad arrivare a un lungo congelamento. Il grosso problema che dovette affrontare nella seconda metà degli anni '90, che del resto fu affrontato dall'intera industria, fu quello del diffondersi di nuove tecnologie che resero obsolete molte delle forme videoludiche più battute fino a quel momento. Sega stessa lanciò il Saturn, l'erede del Mega Drive, dotandolo di capacità multimediali e 3D avanzate. Anche le sue serie, quindi, dovevano riuscire a compiere lo stesso salto per rimanere viabili per il grande pubblico.
Per quella Shinobi si scelse in un primo tempo una soluzione di compromesso, che si tradusse in Shinobi Legions o Shinobi X o Shin Shinobi Den a seconda del territorio in cui venne distribuito. Il primo e unico Shinobi per Saturn aveva una struttura in linea con quella di Shinobi III, ma con una grafica digitalizzata per i personaggi. All'epoca sembrò essere una soluzione adeguata, ma oggi lo stile adottato appare davvero come un pugno in un occhio, tanto da essere peggiore di quello classico. Verrebbe da definirlo una parodia dell'originale, più che un'evoluzione. Al livello di gameplay fu messa maggiore enfasi sull'uso della spada, con l'aggiunta di nuove mosse, per un sistema di combattimento più tattico, che però veniva penalizzato dalle animazioni, che rendevano i controlli molto più scivolosi, creando non pochi momenti di frustrazione. Il risultato fu uno Shinobi minore e dimenticabile, che non sapeva bene cosa volesse essere, oppresso da una parte dall'impostazione classica della serie, dall'altro dalla necessità di rinnovarsi per non sparire.
Purtroppo la serie sparì davvero per qualche anno. Shinobi X non aveva ottenuto alcun successo, il Saturn era in crisi e non aveva senso continuare sulla stessa strada. Il tentativo successivo fu fatto con Shinobi su Sega Dreamcast, l'ultima console della compagnia. Sega aveva pianificato un reboot completo della serie, affidato alla sua divisione interna Overworks, ma la nuova console segnò la fine delle sue ambizioni da produttore hardware e costrinse a dirottare tutti i giochi in sviluppo su altre piattaforme, in particolare su PlayStation 2, la console allora dominante.
Ne nacque un action in terza persona di pregevole fattura, con un nuovo protagonista, Hotsuma, caratterizzato da una sciarpa rossa che lo accompagnava per l'intera avventura svolazzando dietro di lui, con un effetto scia davvero piacevole. In onore dei tempi che correvano (parliamo del 2002), il lato narrativo fu molto espanso, ma furono riviste anche tutti i sistemi di gioco. Lo Shinobi originale era ormai lontanissimo, nonostante si continuasse a combattere con la spada e gli shuriken. Hotsuma ballava letteralmente sullo schermo, muovendosi con incredibile agilità per quello che possiamo considerare uno dei giochi dell'epoca PS2 che andrebbero sicuramente riscoperti. Ebbe anche un buon successo, pur non raggiungendo mai i numeri di altri titoli del genere come Devil May Cry di Capcom.
Lo stesso anno fu purtroppo pubblicato anche The Revenge of Shinobi per Game Boy Advance, che si rivelò essere un'interpretazione atroce della serie, gestita malissimo dallo studio americano 3d6 Games (cui dobbiamo l'altrettanto atroce Altered Beast, sempre per GBA). Parliamo di un action 2D generico e senza mordente, che diventava presto ripetitivo e che faceva rimpiangere non poco i capitoli per Mega Drive per il suo sistema di combattimento scialbo e insignificante, basato su di un solo tipo di attacco e su dei nemici che sfiguravano di fronte a quelli del coin-op del 1986. Per molti non è nemmeno da considerarsi uno Shinobi vero e proprio. In effetti è davvero dimenticabile, quindi dimentichiamolo e veniamo al gioco che possiamo considerare la tomba della serie: Nightshade, risalente al 2004.
Nightshade, o Kunoichi in Giappone (titolo che aveva molto più senso), fu pubblicato su PlayStation 2 e seguiva le vicende dello Shinobi precedente. In questo caso la protagonista era Hibana, una ninja che poteva tranquillamente tenere testa a Hotsuma. Il suo obiettivo era di sconfiggere la Nakatomi Corporation, evitando che ritrovasse i pezzi della spada Akujiki, che poteva renderla onnipotente. Sega migliorò alcuni aspetti del gameplay, rendendolo più accessibile (anche se sempre molto difficile), ma finì per pagare alcune scelte, come una certa tendenza dell'eroina a cadere rovinosamente dentro ai baratri durante i combattimenti, per via delle sue mosse aeree poco controllabili e di una telecamera gestita orrendamente. Detto questo, Nightshade non era un brutto gioco, complessivamente, ma non vendette molto e portò al congelamento completo della serie per diversi anni.
Nel 2011 Sega ci riprovò senza troppa convinzione con Shinobi 3D (dalle nostre parti semplicemente Shinobi, tanto per creare un po' di confusione in più) per Nintendo 3DS, realizzato dalla compagnia USA Griptonite, la stessa che realizzerà la serie Volgarr the Viking. Va detto che non era un brutto gioco, anzi. Gli sviluppatori presero idee da molti dei capitoli più amati, primo fra tutti Shinobi III, e provarono a curare maggiormente il lato narrativo rispetto ai capitoli 2D, fallendo purtroppo a causa del taglio di molte sequenze filmate, dovuto ai ritardi accumulati alla compagnia esterna che doveva occuparsene. Era comunque un action solido e pieno di idee interessanti, con dei livelli progettati in modo brillante, che mettevano alla prova le abilità del protagonista Jiro Musashi, proveniente dal 13° secolo, ma senza risultare mai frustranti. Aveva qualche problema causato dall'uso delle caratteristiche della console, come la sequenza del surf controllata con i sensori di movimento, ma in generale non era disprezzabile ed era rigiocabile più volte, grazie al sistema di punteggio, basato su combo, e agli extra inseriti dagli sviluppatori. Purtroppo passò inosservato.
Lo stesso accadde con Shinobi 2 per sistemi mobile, pubblicato sempre nel 2011, che faceva da seguito alla conversione mobile del primo Shinobi. Non ci lavorò direttamente Sega, che si limitò a concedere la licenza ufficiale della serie a uno studio cinese, che produsse un action generico e poco ispirato, con protagonista la ninja Honoka. Chi ha potuto giocarci ha detto che non aveva niente di uno Shinobi vero e proprio, tanto che molti faticano anche a considerarlo come parte della serie.
Gli spin-off e gli altri media
Il nome Shinobi ebbe abbastanza noto negli anni '80 e '90 da diventare oggetto di spin-off videoludici o di altri media. Tra questi, il più celebre è sicuramente Alex Kidd in Shinobi World (1990) per Master System, in cui il ruolo di Musashi veniva preso da Alex Kidd, allora mascotte di Sega (prima di essere licenziato da Sonic). Il gameplay riprendeva quello di Shinobi pur con una maggiore leggerezza di fondo.
Parlando di altri media, gli Shinobi sono stati immortalati in una serie a fumetti inglese disegnata da Alan McKenzie e scritta da Jon Haward. Fu pubblicata tra il 1993 e il 1995. Nella seconda metà dello scorso decennio si parlò anche di un film dal vivo, prodotto da Marc Platt e Adam Siegel, ma non se n'è fatto niente, almeno fino a oggi. A ottobre 2024, infatti, Sega è tornata a parlarne, annunciando un film di Shinobi diretto da Sam Hargrave e scritto da Ken Kobayashi, che vede ancora il coinvolgimento di Platt e Siegel alla produzione.
Shinobi: Art of Vengeance
Va detto che Sega non ha mai completamente abbandonato la serie Shinobi nel corso degli anni, riproponendo in diverse raccolte gli episodi classici, in particolare quelli per Mega Drive. Comunque sia, è dal 2011 che manca un nuovo episodio vero e proprio, tanto che molti credevano che fosse finita per sempre, considerando che sono passati più di tredici anni da allora.
A sorpresa però, durante lo State of Play dello scorso 12 febbraio, è stato annunciato Shinobi: Art of Vengeance, un capitolo inedito in uscita il 29 agosto 2025 su PC, PS5, PS4, Nintendo Switch, Xbox One e Xbox Series X e S. Sega lo ha messo nelle sapienti mani di Lizardcube, lo studio di sviluppo francese con cui ha già collaborato con successo a Streets of Rage 4 e Wonder Boy: The Dragon's Trap. In realtà non sappiamo quanto la compagnia abbia partecipato allo sviluppo degli ultimi due, dato che pare essersi limitata a fornire le licenze e supporto, ma per il nuovo Shinobi compare non solo come co-sviluppatore, ma anche come editore, segno che ha intuito l'affare di rivitalizzare le sue vecchie serie con titoli in linea con quelli del passato, pur aggiornati tecnicamente. Ne è venuto fuori un action 2D che pare essere davvero curato, in cui Joe Musashi torna al suo villaggio scoprendolo distrutto. Da qui inizierà un cammino di vendetta che lo porterà ad affrontare i nemici di turno per riscattare l'onore del suo clan. A colpi di shuriken e di spada, naturalmente.