Nella moltitudine di articoli che celebrano e analizzano la pubblicazione di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, abbiamo colto l'occasione di un importante anniversario, i trent'anni di Link's Awakening (uscito in Giappone, su Game Boy, il 6 giugno 1993), per parlarvi di uno degli episodi più importanti della serie. Link's Awakening è unico per tanti motivi diversi. Partiamo dalle basi, e cioè il team di sviluppo: EAD, la squadra di Miyamoto, diretta erede di R&D4, la più significativa tra le divisioni Nintendo. Fino a quel momento non aveva mai dato centralità alle produzioni portatili, regno incontrastato di R&D1, il team di Gunpei Yokoi. Durante la lavorazione di A Link to the Past per SNES, un programmatore EAD, Kazuaki Morita, provò a trapiantarlo su Game Boy: nonostante le difficoltà, i risultati si riveleranno superiori alle aspettative. Ultimato lo sviluppo del capitolo per Super Nintendo, Takashi Tezuka, il suo direttore, si unì a Morita con l'intenzione di crearne una versione tascabile. Come spesso accade, le cose si sarebbero evolute in maniera inaspettata.
Uno dei motivi per cui Link's Awakening è così significativo risiede proprio nel team di sviluppo: EAD non diede origine a una squadra secondaria, a una costola meno talentuosa dello scheletro che aveva scolpito A Link to the Past. In questo, Link's Awakening sarebbe rimasto un'eccezione: evitando di considerare Nintendo Switch una portatile, ogni successivo The Legend of Zelda tascabile sarebbe stato sviluppato esternamente, o da un team diverso da quello principale, anche nell'obbiettivo di scovare talenti da coinvolgere su home console (Hidemaro Fujibayashi, direttore di Breath of the Wild e Tears of the Kingdom, è stato notato proprio così). Nel caso di Link's Awakening, tutti i principali talenti del "team Zelda" si concentrarono nella creazione dell'opera: Takashi Tezuka chiese e ottenne, poco dopo aver visto i risultati di Morita, di realizzare non una riduzione di A Link to the Past, bensì uno spin-off della serie. Un episodio senza Triforza, senza Hyrule, addirittura senza la Principessa Zelda.
A Tezuka si unirono presto altre figure che, negli anni successivi, sarebbero diventate fondamentali per Nintendo: non ci riferiamo ai "soliti" Shigeru Miyamoto - produttore dell'opera - e a Kotabe, autore delle illustrazioni. Stiamo parlando di (ai tempi) giovani sviluppatori che avrebbero segnato il futuro dell'azienda. Shigefumi Hino, disegnatore di Yoshi e direttore di Pikmin, si occupò della creazione dei personaggi dell'avventura. Kensuke Tanabe, attualmente produttore dei più importanti titoli Nintendo sviluppati in Occidente (Metroid Prime 4, per citare il più noto), scrisse una bozza della storia. Yoshiaki Koizumi, ora responsabile dello sviluppo software dell'azienda (in particolare del ramo edochiano), produttore dell'hardware Nintendo Switch, nonché direttore di Super Mario Galaxy, elaborò l'intreccio dell'avventura, oltre a integrare i personaggi non giocanti. Se non fosse stato dirottato a condurre la saga dell'idraulico - non che sia un destino gramo - Koizumi, con la sue ambizioni narrative, avrebbe potuto dare molto a The Legend of Zelda. Il suo contributo, nelle rare circostanze in cui è avvenuto, e Link's Awakening rientra appieno in questi casi, è stato comunque determinante nell'alterare, ampliandolo, il DNA della saga.
Scopriamo insieme perché, nonostante sia uno strambo spin-off portatile ispirato a Twin Peaks (per stessa ammissione di Tezuka), Link's Awakening ha cambiato per sempre The Legend of Zelda.
Influenza storica
Abbiamo ricordato l'eccellenza del team di sviluppo non tanto per questioni di storicizzazione dell'opera, quanto per segnalare che un team unico ha dato vita a un risultato unico. Non utilizziamo questa parola in modo leggero: non solo lo Zelda Team principale non avrebbe più sviluppato un capitolo portatile, ma nessun capitolo portatile sarebbe più stato così importante nell'arricchire e influenzare la saga "principale". Link's Awakening è uno spin-off, ma è anche l'unico gioco tascabile della serie il cui DNA è stato trapiantato direttamente nei capitoli per console casalinghe. Non è un successo di poco conto, visto il prestigio di The Legend of Zelda - dal 2023, quattro dei sei giochi ad aver ottenuto un punteggio perfetto sia su Famitsu che su Edge (due delle riviste più prestigiose del pianeta) sono suoi, per citare soltanto uno dei risultati - e viste le abissali differenze hardware che esistevano all'epoca tra Super Nintendo e Game Boy.
Eiji Aonuma ha dichiarato che senza Link's Awakening Ocarina of Time sarebbe stato molto diverso; ha addirittura azzardato che, grazie all'influenza di Koizumi, questo gioco sia da considerare il primo the Legend of Zelda con un vero e proprio intreccio. È chiaro che nelle esternazioni di Aonuma ci sia un fondo di verità: la novità di Link's Awakening che più di ogni altra ha influenzato il futuro della saga risiede nelle interazioni coi personaggi non giocanti, inserite per assecondare quel desiderio di creare un villaggio in stile Twin Peaks. Nei capitoli precedenti, A Link to the Past compreso, i personaggi memorabili erano pochi: i PNG erano inseriti per arricchire di abitanti i paesi, ma le interazioni possibili erano estremamente scarse, oppure in ottica puramente funzionale: donare una semplice missione, fornire un oggetto, suggerire un indizio per proseguire. La caratterizzazione, prima di Link's Awakening, era scarsa e limitata.
Ci sono altri elementi importanti della creatura portatile di Takashi Tezuka. Come dicevamo, è stato il primo spin-off della serie: in futuro sarebbero apparse deviazioni ancora più estreme (declinazioni in multiplayer, Hyrule Warriors), questo titolo tuttavia ha evidenziato che un The Legend of Zelda classico sarebbe potuto esistere anche in assenza della Principessa e di Hyrule, purché le coordinate estetiche e identitarie della saga venissero preservate. È stato anche il primo titolo a proporre un minigioco che sarebbe divenuto caratteristico fino al 2006 (fino a Twilight Princess), e cioè la pesca: questo proprio grazie al programmatore che aveva originato gli embrioni del progetto, Morita, appassionato di quest'attività. Un vero peccato che la tradizione non sia stata perpetuata, in Breath of the Wild la pesca ci sarebbe stata più che bene.
Prima di passare al prossimo paragrafo, ci soffermiamo ancora una volta sui personaggi non giocanti, sugli abitanti di Koholint: sono stati i primi con una forte caratterizzazione, con delle personalità strutturate od originali, i primi con delle storie personali, anche quotidiane, da raccontare. Forse era scontato, per il sangue stesso della serie, che prima o poi avrebbe abbracciato una simile caratteristica: è successo proprio durante lo sviluppo di questo piccolo capitolo. E se oggi abbiamo Beedle, Kass e Riju, se in passato abbiamo parlato con Kafei, Malon, Saria e Midna... be', le fondamenta di questi incontri sono state gettate qui.
Qualità
Naturalmente la qualità dei personaggi non giocanti non sarebbe divenuta un'influenza imperitura se non fossero stati integrati all'interno di un grande gioco: e Link's Awakening è un titolo fantastico, uno dei migliori per Game Boy e Game Boy Color. Riusciva a conferire l'impressione, con uno schermo misero e pochi pixel, di affrontare un'avventura imponente e impegnativa: questo grazie alla qualità delle missioni, del level design, al modo in cui Koholint è cesellata. Nonostante l'hardware Game Boy sia più vicino a quello NES (persino più scarso), l'esperienza complessiva, per qualità del sistema di controllo e complessità dei dungeon, era sicuramente più simile a quella di A Link to the Past che all'originale The Legend of Zelda.
Link's Awakening ha anche corroborato la potenza di quella che sarebbe diventata la classica formula della serie, introdotta proprio da Tezuka in A Link to the Past: un gioco sì esplorativo, ma anche ricco di puzzle, coi dungeon contrassegnati dal ritrovamento e dall'uso di uno strumento/arma specifico. In pratica si entra in questi sotterranei privi dell'arma principale, quindi impossibilitati ad accedere a varie stanze, e il ritrovamento dell'oggetto segna un prima e un dopo nell'esplorazione della struttura, con Link ora in possesso dello strumento giusto per dominarla (boss compreso): un piccolo metroidvania ante litteram (non fosse che Symphony of the Night è nato ispirandosi a The Legend of Zelda, ma questa è un'altra storia). Non solo: Link's Awakening, esattamente come A Link to the Past, concepiva i dungeon non come una semplice serie di stanze attigue, ma come un'unica struttura così che, nei momenti cerebralmente più difficili e impegnativi, il giocatore fosse costretto a risolvere dei puzzle che coinvolgessero più di una stanza contemporaneamente.
Questa strutturazione "lock and key", che inizialmente arricchiva e accompagnava grandiosamente l'anima esplorativa della saga, avrebbe finito per impossessarsi della stessa, fin quando, nel 2011, sarebbe diventato evidente a tutti che era ora di cambiare: nonostante ciò ha segnato la gloria della serie per almeno dieci anni, tra il 1991 e il 2002, e l'armonia tra le varie componenti dell'essenza di The Legend of Zelda è perfetta in Link's Awakening (considerando anche l'hardware in cui è uscito). L'avventura proponeva anche delle circoscritte sezioni d'azione a scorrimento laterale, che però non hanno generato proseliti.
Tutti i The Legend of Zelda tridimensionali hanno avuto una riedizione: i remake di Ocarina of Time e Majora's Mask su Nintendo 3DS, The Wind Waker e Twilight Princess HD su Wii U, Skyward Sword HD su Switch: è solo questione di tempo, e del prossimo hardware, perché lo stesso destino tocchi a Breath of the Wild e Tears of the Kingdom. Nintendo non è stata altrettanto benevola coi capitoli bidimensionali, né tantomeno con quelli portatili. La grossa eccezione, e questo a testimonianza del valore dell'opera, e della stima degli sviluppatori per la stessa, è proprio Link's Awakening: uscito originariamente su Game Boy nel 1993, venne riproposto soltanto un lustro dopo su Game Boy Color, nel 1998, in una versione a colori - con un dungeon aggiuntivo a sfruttarne proprio le nuove tonalità (che detto adesso fa un po' ridere, ma del resto sono passati venticinque anni).
A meno che la memoria non ci inganni, Link's Awakening al momento mantiene una sorta di primato: perché non solo vanta una riedizione nel 1998, ma anche un recente remake per Nintendo Switch, uscito nel 2019, e sviluppato da Grezzo in collaborazione coi creativi kyotesi. Se il gioco originale era in grado, nonostante le dimensioni, di conferire una sensazione di magniloquenza, nel 2019 Nintendo doveva prendere una decisione: o alterare la struttura di gioco proprio per riproporre quella magniloquenza, oppure fidarsi del level design certosino dell'epoca, accettandone le proporzioni effettive, e donargli un aspetto diverso. È stata scelta quest'ultima via, esaltata da uno stile grafico delizioso, un diorama con dell'acqua che pare spremuta da un tubetto di tempera ciano: sebbene il level design sia stato pensato per una limitatissima console nel 1991, il modo in cui è invecchiato è l'ennesima dimostrazione di quanto una buona composizione possa rifulgere in qualsiasi contesto.
La struttura "lock and key" non è più fresca, Koholint appare piccola (come del resto è sempre effettivamente stata), ma la qualità di Link's Awakening è ancora cristallina, e ancora più importanti rimangono le sue influenze sulla saga di The Legend of Zelda: si tratta probabilmente del migliore capitolo portatile della serie, sicuramente del più rilevante e influente.