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Valorant: provato lo sparatutto di Riot Games

Siamo volati a Santa Monica per provare Valorant, il nuovo sparatutto di Riot Games che potrebbe cambiare per sempre il panorama degli fps

PROVATO di Aligi Comandini   —   02/03/2020

Valorant. Qualcuno si è lasciato scappare il nome dello sparatutto di Riot Games - conosciuto anche come Project A - già qualche giorno fa, ma noi lo avevamo scoperto settimane prima, sentendolo pronunciare direttamente dalla bocca degli sviluppatori in quel di Santa Monica. Eravamo lì, ovviamente, per un lungo provato in compagnia delle menti dietro al gioco, e non crediate si tratti di un'eventualità comune: un volo negli Stati Uniti è un'occasione piuttosto rara anche per chi fa il nostro lavoro, poiché si tratta di una spedizione impegnativa e costosa che di rado vale lo sforzo.

Questo è però uno dei pochi casi in cui la fatica fatta è stata ampiamente ripagata, perché Valorant si è rivelato uno shooter molto diverso dalle nostre aspettative, che invece di inseguire i filoni più abusati e riconoscibili del genere negli ultimi anni, ha deciso di intraprendere un percorso mostruosamente più hardcore, altrettanto consolidato, e molto più difficile da superare: quello dei tactical shooter competitivi. Per capirci, Valorant non è un emulo di Overwatch, ed è quanto di più lontano esista da un Battle Royale; qui l'ispirazione principale è Counter-Strike: Global Offensive, cuore pulsante della scena competitiva degli FPS e dominatore della stessa ormai da tempo immemore. La cosa incredibile? l'opera di Riot potrebbe sul serio essere la prima a mettere in dubbio questo regno apparentemente interminabile.

Un gameplay familiare

La prima cosa da precisare di Valorant è il suo apparente distacco dall'universo di League of Legends. Era lecito aspettarsi collegamenti diretti abbastanza significativi con quel mondo e quei personaggi, ma questo shooter ha nuovi eroi, ed è curiosamente ambientato in una versione futuristica della terra, con agenti provenienti da specifiche regioni del mondo. Ora, abbiamo a che fare con personaggi che appartengono a rielaborazioni delle nazioni reali, dotati di poteri speciali, che cercano di riempirsi di buchi in un competitivo 5 contro 5... tutto farebbe pensare al già nominato Overwatch. Basta però testare Valorant per pochissimi minuti per rendersi conto di quanto questo paragone sia sbagliato.

Siamo infatti sì davanti a un fps dove i personaggi sono più o meno indicati per ruoli specifici e le abilità speciali possono cambiare il match, ma il gameplay di Valorant ha un ritmo completamente differente dal caotico sparatutto di Blizzard, e anche strutturalmente si rifà pressoché in toto allo storico titolo di Valve. La modalità primaria da noi provata, giusto per sottolineare la cosa, è il classico Bomb Defuse proprio di Counterstrike, che richiede al team attaccante di sconfiggere i difensori eliminandoli tutti o piantando una bomba in location specifiche della mappa, e può concludersi anche in caso di pulizia totale del campo di battaglia da parte di chi difende, o eventuale bomba disinnescata. Il tutto in scontri costruiti su dodici round, della durata di due minuti circa ciascuno.

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Curiosamente, avere uno storico legato al lavoro di Valve rende anche facilissimo abituarsi a ritmi, movimento e shooting del gioco, dato che le caratteristiche del sistema sono incredibilmente similari. Le armi colpiscono praticamente all'istante (vengono anche definite "hitscan weapons" in gergo); non c'è un pulsante di corsa (ma uno di "camminata" sì) e il movimento è piuttosto lento, ma equipaggiare il coltello permette di spostarsi più rapidamente; la letalità delle bocche da fuoco è altissima, con un time to kill davvero scarso tipico degli shooter tattici; e alla fine di ogni round è possibile utilizzare i soldi guadagnati grazie alla propria prestazione per comprare armi, giubbotti corazzati, o cariche dei poteri.

E già, l'ultima cosa che abbiamo elencato non l'avete letta per sbaglio, ed è il caso di sottolinearla poiché risulta il principale elemento che separa Valorant dall'idea tipica di hero shooter: qui i poteri non sono utilizzabili a piacere dopo un cooldown, ma hanno dei costi variabili per ogni carica acquistata, sono tre per personaggio con cariche più o meno numerose in base all'efficacia, e soltanto il primo dei tre parte sempre carico almeno di una tacca all'inizio di ogni round. È una trovata piuttosto brillante, perché oltre a rendere queste abilità meno preponderanti, evitando che surclassino le armi, le rende facilmente bilanciabili con un aumento di costo o la diminuzione delle cariche nel caso diventi necessario.

Ogni personaggio, peraltro, ha anche a disposizione una abilità finale che si carica molto lentamente in base alle proprie prestazioni, o recuperando degli orb dedicati (ce ne sono solo due per mappa a round). Anche queste sono studiate per non "rompere il gioco" e quindi difficilmente ribaltano la partita, ma se utilizzate furbescamente possono offrire significativi vantaggi ai giocatori esperti.

Armi letali, mappe eccezionali

La direzione seguita è dunque molto chiara, e il feeling delle armi inconfondibile. L'evidenza dei colpi, data la loro immediatezza, viene data primariamente dal "tagging", ovvero la capacità di rallentare i movimenti nemici colpendoli, e tutte le armi automatiche in Valorant hanno rose di fuoco variabili che costringono a moderare il dito sul grilletto e a muoversi limitatamente quando si spara per non perdere precisione (d'altronde l'headshot equivale di norma a una eliminazione istantanea).

In partita vengono pertanto premiati enormemente precisione e riflessi, e un giocatore molto capace nell'uso delle bocche da fuoco non ha necessariamente bisogno di utilizzare i poteri per dominare, dato che in un titolo con questa struttura anticipare i movimenti nemici, congegnare strategie valide e colpire istantaneamente nelle zone calde dove questi possono spuntare può decidere i match. Il fatto che nel gameplay ci sia questa stratificazione non significa però che i poteri vadano trascurati ovviamente, poiché il team non li ha calcolati per avere letalità enorme, eppure la loro utilità è spesso favolosa in battaglia e permette di portare a termine azioni comunemente impossibili con il solo arsenale a disposizione.

Nel gioco dopo tutto ci sono poteri che limitano la visibilità, permettono di rilevare i nemici nei paraggi, bloccano con muri distruttibili certe zone, e fanno danno ad area, che all'interno di un team discretamente organizzato garantiscono di creare azioni offensive complesse non sottovalutabili. Noi, ad esempio, durante le prime partite ci siamo trovati a utilizzarli un po' a casaccio con grande efficacia, poiché finiti contro un team non propriamente abilissimo di giornalisti.

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Spostati per via delle buone prestazioni della partita precedente nel gruppo degli "squali" (dove presenziavano anche alcuni giocatori molto abili di Counterstrike e degli sviluppatori), abbiamo immediatamente dovuto ribaltare il nostro approccio al gioco per non venir massacrati, chiudendo i passaggi più pericolosi, sfruttando al meglio le coperture offerte e le risorse disponibili, e organizzando complesse manovre di spostamento verso l'obiettivo cercando di prevedere al meglio i percorsi degli avversari. Paradossalmente, insomma, la presenza dei poteri non sminuisce la perfetta formula di uno sparatutto a là Counterstrike, ma va addirittura ad ampliare le possibilità tattiche durante le partite.

Gran parte del motivo per cui le abilità degli agenti non vanno a intaccare malamente l'esperienza sono le mappe, create da veterani (che hanno lavorato alla serie Halo e allo stesso Counterstrike, tra gli altri), calcolate alla perfezione, e disegnate in modo che i team debbano impostare per bene il loro piano d'azione nel poco tempo a disposizione nei vari round, poiché non ci sono chokepoint mal posizionati, zone capaci di favorire alla grande attaccanti o difensori, o piazzamenti sballati dei punti caldi dove mettere le bombe. Pensate, persino collocamento e numero degli orb che caricano le super mosse sono attentamente calcolati per forzare un team a una (viabile) spinta verso il rapido ottenimento delle abilità ultimate, sacrificando però pattern potenzialmente più gratificanti se si attacca o difende normalmente.

Le mappe di Valorant da noi provate, per l'esattezza, erano due: Bind e Haven. La Bind è una classica mappa con due zone per piazzare le bombe, ma dotata di un teletrasporto centrale che permette di spostarsi rapidamente dall'una all'altra: il teleport permette di fare delle "finte" in attacco molto interessanti, che possono risultare devastanti se non previste, ma sono anche rischiose se anticipate visto che il sito d'uscita è sempre lo stesso. La seconda mappa, Haven, possiede invece ben tre zone per le bombe, e una route centrale; la sua maggior complessità dovrebbe renderla molto più difficile da difendere, ma la leggera asimmetria, l'impeccabile numero di coperture, un po' di verticalità extra, e il quantitativo di opzioni disponibili sia in attacco che difesa, non ci hanno mai fatto sentire in particolare vantaggio in uno dei due ruoli.

Sul serio, Haven e Bind sono tra le mappe più brillanti ed equilibrate che abbiamo mai avuto la fortuna di provare in tutta la nostra esistenza di videogiocatore, e ci riesce difficile pensare che la qualità possa mantenersi a questo livello per tutte e quattro le mappe previste al lancio. Se però le prime due giocabili sono così eccellenti, risulta davvero difficile non avere elevate aspettative anche per quelle future.

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Perché giocare Valorant?

Gameplay tattico e ragionato completamente skill based, mappe stratosferiche, shooting preciso e funzionale... tutte caratteristiche che bastano e avanzano a rendere Valorant un notevole contendente all'interno del genere sparatutto, ma questi fattori si trovano anche in Counterstrike, e sappiamo quanto possa esser difficile convincere una fanbase hardcore a staccarsi dal suo titolo prediletto, figuriamoci se si usa come scusa la semplice presenza dei poteri (che potrebbe addirittura far storcere il naso ai puristi, nonostante l'ottima implementazione sopra descritta).

Riot non ha però messo in campo solo qualche meccanica aggiuntiva e delle solide basi per competere con il resto degli sparatutto tattici: Valorant è pensato per essere un'esperienza competitiva definitiva, con caratteristiche uniche pensate proprio per i veterani più navigati. Ad esempio - e ne parleremo più nel dettaglio in uno speciale sullo sviluppo del gioco, ma è comunque il caso di sottolinearlo - il team ha lavorato su un'infrastruttura online innovativa e granitica, che punta a bypassare gli Internet Service Provider Tipici per offrire una latenza pressoché inesistente. Il gioco, in ambiente controllato, stava al massimo attorno ai 15 ms di ping, e stando ai calcoli fatti dovrebbe stare in media attorno ai 35 ms per oltre il 70% dei giocatori al lancio, con un lavoro continuo per far arrivare questa percentuale anche sopra il 90% se possibile.

Come se non fosse sufficiente, poi, Valorant è costruito con gli anticheat in mente, ed è calcolato per rendere quasi impossibile l'utilizzo di roba come gli aimbot o i wallhack. Ah, infine l'ultima opera di Riot è uno sparatutto di qualità altissima che quasi certamente sarà free to play, cosa che permetterà praticamente a chiunque di testarne la validità.

Addirittura l'estetica di Valorant è attentamente selezionata per rendere l'azione cristallina, evitare situazioni caotiche, e delineare le hitbox dei personaggi alla perfezione, senza strane mimetizzazioni di sorta: il look del gioco non è certo strabiliante da un punto di vista tecnico, ma è chiaro, dotato di personalità e molto pulito (oltre che ben ottimizzato per quasi qualunque configurazione).

Parliamo, insomma, di un prodotto calcolato attorno alle esperienze più dure e pure del genere, pensato per poter esaltare anche chi è cresciuto disinnescando bombe con mouse e tastiera, e capace di diventare una vera droga per chiunque ci metta le mani sopra - già noi siamo rimasti stregati dalla prova, ma pare che all'interno della software house l'ultima build testabile abbia seriamente creato problemi lavorativi negli uffici degli altri team, perché la gente non smette di giocarlo.

Riteniamo inoltre che la presenza dei poteri diversifichi il gameplay quel tanto che basta da rendere questa formula appetibile anche per un pubblico leggermente più di massa, che verrà comunque smistato da un sicuro sistema di ranking al lancio. All'evento organizzato per Valorant ci siamo divertiti da morire - anche mentre i pro giocavano al tiro al piattello con le nostre teste nelle partite finali, il che è tutto dire - e la stabilità della demo proposta ci ha seriamente stupito, visto che non abbiamo visto mezzo bug durante la prova, nonostante il team stesse bilanciando e modificando la build di ora in ora nel bel mezzo dell'evento. Non c'è che dire: forse siamo davvero davanti al futuro degli sparatutto competitivi; le fondamenta per un titolo capace di spaccare a metà il mercato ci sono tutte.

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Valorant è un titolo estremamente ambizioso, chiaramente congegnato per essere lo shooter tattico definitivo, e migliorare alcune delle basi più solide e apprezzate del genere. Riot ha creato un team di professionisti incredibili per dargli la luce, e si vede: già durante il primo evento di presentazione è risultato difficile smettere di giocarlo, e per chiunque abbia bazzicato nel competitivo degli sparatutto in passato è assolutamente impossibile non coglierne le enormi potenzialità. Che possa davvero scalzare alcuni dei più grandi titani del genere dal loro trono dorato? Riot quasi sicuramente crede di sì, e dopo averlo testato, in tutta sincerità, iniziamo ad esserne convinti anche noi.

CERTEZZE

  • Gameplay solidissimo e perfettamente calcolato
  • Mappe di qualità stratosferica
  • Stile grafico pulito che rende chiarissimo il gameplay
  • Notevole varietà di personaggi e poteri, tutti molto ben calcolati

DUBBI

  • Il bilanciamento degli agenti e delle loro abilità è ancora in atto