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Atomic Heart, la recensione del Bioshock in salsa Unione Sovietica

Il team debuttante Mundfish dà vita a un FPS perfettamente in grado di divertire, pur essendo un prodotto tutt'altro che impeccabile.

Atomic Heart, la recensione del Bioshock in salsa Unione Sovietica
RECENSIONE di Lorenzo Kobe Fazio   —   20/02/2023

L'art design retrofuturistico di Atomic Heart non poteva lasciare indifferenti gli appassionati di sci-fi e distopie, attratti da un prodotto che prometteva di catapultare l'utente in un'ucronia in cui l'Unione Sovietica, durante gli Anni '50, si è eretta a prima potenza mondiale, forte di uno sviluppo tecnologico senza precedenti.

Ci sono molti altri motivi che hanno recentemente contribuito a dare visibilità alla produzione di Mundfish, team debuttante al lavoro sulla loro promettente creatura sin dal lontano 2017, alcuni dei quali tutt'altro che positivi. Dalle accuse di aver spacciato dei vertical slice per trailer di gameplay, a quelle di aver costretto i dipendenti a intense fasi di crunch, passando per la sinistra e distopica illazione secondo cui il gioco servirebbe esclusivamente alla raccolta di dati per il governo russo, il progetto ha attraversato diversi momenti critici.

Senza voler entrare nel merito di questioni che hanno ben poco a che vedere con la qualità dell'esperienza in sé e per sé, ma che non per questo non meritano tutte le attenzioni del caso in altre sedi, limitandoci a dover analizzare Atomic Heart non possiamo che definirlo in tutto e per tutto un titolo di debutto, con tante potenzialità, ma anche le ingenuità che un'opera prima si porta inevitabilmente appresso. Parliamo di un esordio di tutto rispetto, beninteso, ma è innegabile che dietro alla patina invero piuttosto luccicante e spessa, si celi un FPS a tratti claudicante, un gioco dotato di stile e assolutamente in grado di divertire, sia chiaro, ma al tempo stesso imperfetto e poco coerente.

In questa recensione di Atomic Heart vi spiegheremo nel dettaglio cosa funziona e cosa no in questo FPS che, in ogni caso, attirerà inevitabilmente l'attenzione degli appassionati del genere.

Più bello da leggere, che da vivere

Non si può negare che l'Agente P-3, protagonista di Atomic Heart, abbia il suo fascino. Ma è perfino troppo sboccato per essere, teoricamente, un soldato altamente addestrato, nonché membro ben visto dell'Unione Sovietica
Non si può negare che l'Agente P-3, protagonista di Atomic Heart, abbia il suo fascino. Ma è perfino troppo sboccato per essere, teoricamente, un soldato altamente addestrato, nonché membro ben visto dell'Unione Sovietica

Atomic Heart tratteggia i confini di un'ucronia in cui l'Unione Sovietica si erge a prima potenza mondiale nel pieno degli Anni '50, un dominio reso possibile da uno sviluppo tecnologico senza precedenti. Non si parla di semplici super computer sopraggiunti nella storia prima del tempo. La nazione di cui è fiero abitante l'Agente P-3, protagonista dell'avventura, ostenta città volanti, robot in grado di completare autonomamente qualsiasi incarico, giganteschi macchinari in grado di scavare tunnel sotterranei con estrema semplicità.

Quello offerto dal gioco di Mundfish, per farla breve, è un retrofuturo in tutto e per tutto, epoca d'oro in cui la conquista del Sistema Solare è ad un passo e, più di ogni altra cosa, si prospetta l'unificazione dell'intera umanità in una sorta di mente alveare, in perfetta sintesi con gli androidi, grazie al Kollectiv, network neurale, che mantenendo comunque intatta l'individualità di ciascuno, è ad un passo dall'essere messo in funzione proprio quando l'avventura vera e propria si avvia.

L'idillio viene spezzato non appena l'Agente P-3 mette piede nella Struttura 3826, fiore all'occhiello dell'Unione Sovietica, nonché industria principale per la produzione di robot, immenso laboratorio in cui vengono studiate nuove tecnologie, centro museale che racchiude e certifica il potere e la lungimiranza del Partito Comunista. Inviato per una semplice missione di routine, il nostro dovrà fronteggiare una crisi senza precedenti che rischia di screditare il suo Paese agli occhi degli stati internazionali, nonché di mandare in fumo i buoni propositi del Kollectiv.

Non ci sono bivi narrativi, ma molti dialoghi di Atomic Heart propongono comunque più risposte che vi permetteranno di avere informazioni in più su ciò che sta accadendo e, in generale, sul mondo di gioco
Non ci sono bivi narrativi, ma molti dialoghi di Atomic Heart propongono comunque più risposte che vi permetteranno di avere informazioni in più su ciò che sta accadendo e, in generale, sul mondo di gioco

I robot, infatti, senza alcun motivo sono in rivolta e hanno sterminato la maggior parte dei tecnici, scienziati e civili che abitavano la Struttura 3826 che, snodandosi in più edifici collegati tra loro da strade e reti ferroviarie a lievitazione magnetica, rappresenta in tutto e per tutto la mappa del gioco.

La trama, o meglio la gestione narrativa di Atomic Heart, è l'aspetto di cui è più facile ravvisare le immense potenzialità, ma anche le molteplici magagne ed incoerenze della produzione. Da questo punto di vista, si può tracciare nettamente una linea di demarcazione tra quello che funziona e ciò che invece lascia a desiderare.

L'avventura dell'Agente P-3, la sua disperata lotta nel tentativo di salvare il salvabile, fatica e non poco a convincere. Non mancano i colpi di scena, certo, ma da questo punto di vista si evince tutta l'inesperienza di Mundfish, perfettamente a proprio agio nel concepire idee brillanti, meno quando c'è da dargli una forma tangibile e concreta.

La regia digitale, tanto per cominciare, cerca in tutti i modi di ostentare uno stile proprio, fatto di inquadrature distorte e zoomate improvvise, ma finisce per risultare inutilmente caotica, incapace di sottolineare con il dovuto pathos i passaggi più significativi.

Atomic Heart non sfocia mai nell'horror, ma presenta comunque diversi momenti semplicemente inquietanti
Atomic Heart non sfocia mai nell'horror, ma presenta comunque diversi momenti semplicemente inquietanti

La stessa sceneggiatura inciampa spesso e volentieri su sé stessa. L'Agente P-3, sebbene ciò sia parzialmente giustificato ad un certo punto della storia, piuttosto che come un convinto cittadino dell'Unione Sovietica, agisce e soprattutto parla come il più spensierato degli yankee bad ass di un qualsiasi film action degli Anni '90. I personaggi che gli ruotano intorno, inoltre, non bucano lo schermo, ma si configurano come mere macchiette assoggettate ad una storia che si sviluppa in modo confuso e lacunoso. Ne è una prova schiacciante il guanto senziente indossato dal protagonista, che propina continuamente spiegoni ad ogni passo, enunciando con sospetta onniscienza pensieri, azioni, motivazioni degli altri personaggi tirati in ballo creando presto un paradosso narrativo difficile da accettare.

Ciononostante, il mondo di Atomic Heart resta estremamente affascinante e non solo per merito di un art design convincente, capace di dare vita a robot rassicuranti e al tempo stesso estremamente inquietanti, a basi militari claustrofobiche, a musei dal design retrò al punto giusto e ad ampi panorami dominati da splendide strutture e statue annichilenti per le gigantesche dimensioni che ostentano. A salvare la trama di gioco, infatti, ci pensa l'avvolgente narrativa emergente. Ogni scenario ben testimonia l'orrore consumatosi nella Struttura 3826, ogni computer olografico espande i confini immaginifici del mondo creato da Mundfish, didascalie, testi, note vocali concorrono ad illustrare le conquiste tecnologiche dell'Unione Sovietica, le conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, le successive tappe evolutive che l'umanità si appresta a compiere in questi Anni '50 alternativi.

Il risultato finale, tirando le somme, è controverso. Da una parte si perde quasi interesse per l'intricato, e mal spiegato, complotto alla base del Kollectiv. Dall'altra, si è continuamente incuriositi da un mondo estremamente coerente con sé stesso, ben ideato, ottimamente restituito tramite piccole testimonianze che descrivono un mondo vivo, suggestivo, credibile.

Quando la mazza è meglio del fucile

In Atomic Heart il combattimento corpo a corpo è così divertente, che spesso preferirete prendere a mazzate un robot, piuttosto che sparargli da lontano
In Atomic Heart il combattimento corpo a corpo è così divertente, che spesso preferirete prendere a mazzate un robot, piuttosto che sparargli da lontano

Una simile ingenuità investe anche il gameplay che solo nominalmente si può accostare a quello, ben più solito e profondo, del primo Bioshock, termine di paragone con cui spesso si è confrontato Atomic Heart.

L'assunto di base, per sommi capi, è lo stesso. Si esplora, si risolvono enigmi, si combatte basandosi anche su poteri sovrannaturali che il buon Agente P-3 sviluppa sfruttando i Polimeri, un composto che, attraverso il già citato guanto, permette al nostro di congelare, sollevare, rallentare i nemici colpiti dal suo getto. Purtroppo, come diremo a breve, anche in questo caso non tutto funziona a dovere.

Rispetto al primo Bioshock, Atomic Heart punta su una mappa di discrete dimensioni liberamente esplorabile. Buona parte dei potenziamenti delle armi, per esempio, sono legati a missioni secondarie ben specifiche che vi chiederanno, il più delle volte, di ficcare il naso dove proprio non dovreste e anche di effettuare un minimo di backtracking.

Ogni zona è pattugliata da androidi, robot dalle diverse forme, telecamere che, anche se distrutte, possono essere riparate da automi progettati a tale scopo. Il senso di urgenza imperante, di costante insicurezza dona un retrogusto particolare alle fasi esplorative di Atomic Heart, ma tale feeling non sembra connaturarsi del tutto con il gameplay offerto dall'esperienza.

I pochi menù che gestiscono la crescita del personaggio di Atomic Heart non brillano certo per facilità di navigazione. Bisogna prima farci l'occhio per capire esattamente come muoversi
I pochi menù che gestiscono la crescita del personaggio di Atomic Heart non brillano certo per facilità di navigazione. Bisogna prima farci l'occhio per capire esattamente come muoversi

Soprattutto ai livelli di difficoltà più alti, le munizioni sono una rarità e non ci vuole molto per restare a secco. Poco male in buona parte delle occasioni, un vero e proprio incubo quando poi si finisce per incappare in un semi-boss con cui il corpo a corpo è tutt'altro che efficace.

Sì, perché gli attacchi corpo a corpo non sono affatto secondari nel gameplay del gioco. Non solo esistono più oggetti contundenti che potrete sbloccare ed utilizzare, ma spesso e volentieri non avrete altre opportunità che menare le mani per mandare a gambe all'aria un nemico particolarmente coriaceo. Da questo punto di vista tutto funziona alla grande. Sebbene di tanto in tanto si perda l'orientamento, ogni fendente sprigiona il giusto feedback e le animazioni permettono di capire quando il danno è stato inferto e quando, invece, si è mancato completamente l'obiettivo.

A fare il paio con i combattimenti all'arma bianca, ci pensano poi sparutissime fasi stealth. In linea teorica potrete sempre balzare alle spalle degli avversari per silenziosi e mortali atterramenti. Se nelle fasi open world è un'ulteriore strategia di tanto in tanto efficace ed utile alla causa, nelle missioni principali, ben più lineari, diventa davvero difficile non farsi scoprire anche e soprattutto a causa della scarsità di ripari dietro cui nascondersi. In pratica, si ha la costante sensazione che questa caratteristica sia stata introdotta in una fase avanzata dello sviluppo, quando la maggior parte del level design era stato già progettato.

Non mancano scene d'intermezzo a scandire la progressione della trama di Atomic Heart, nonostante il più delle volte vivrete in prima persona gli eventi che coinvolgono l'Agente P-3 e la sua missione per salvare il Kollectiv
Non mancano scene d'intermezzo a scandire la progressione della trama di Atomic Heart, nonostante il più delle volte vivrete in prima persona gli eventi che coinvolgono l'Agente P-3 e la sua missione per salvare il Kollectiv

Sensazione simile per il tanto decantato crafting, che durante la presentazione del progetto sembrava potesse donare estrema libertà al videogiocatore. Purtroppo, alla prova dei fatti, il tutto si risolve in una serie di potenziamenti e armi preconfezionate ottenibili al prezzo di un certo quantitativo di risorse recuperare esplorando le ambientazioni ed eliminando i nemici. Tra fucili a pompa, mazze, mitra e pistole in grado di esplodere proiettili elettrificati, Atomic Heart non si distingue di certo per la fantasia del suo arsenale, ma i tanti potenziamenti disponibili instillano comunque una piacevole progressione nel potenziamento del personaggio.

Divertente, ma maldestramente caotico

Anche le armi, con i dovuti potenziamenti, possono essere caricate con proiettili infuocati o congelanti, un plus non da poco, tanto più efficace con certe tipologie di nemici
Anche le armi, con i dovuti potenziamenti, possono essere caricate con proiettili infuocati o congelanti, un plus non da poco, tanto più efficace con certe tipologie di nemici

L'Agente P-3, come anticipato, gode anche di una serie di poteri sbloccabili tramite un complesso, e lievemente poco chiaro, albero delle abilità. Al di là di bonus per vita e doti atletiche, che renderanno più semplice l'esplorazione e la fuga dalle pattuglie robotiche, il nostro può anche incrementare l'affinità all'uso dei Polimeri.

Selezionando un massimo di due abilità alla volta, l'avatar può congelare i nemici, creare uno scudo difensivo, rallentarli e utilizzare la telecinesi per immobilizzarli a pochi centimetri dal suolo. Utilizzando in combo i poteri si possono creare degli effetti niente male, ma purtroppo, a differenza di quanto accadeva in Bioshock, utilizzerete di rado queste abilità sovrannaturali.

I tempi di recupero mortificano le potenziali strategie del videogiocatore, ma ciò che è peggio è che spesso tali capacità offrono un vantaggio davvero limitato. Sebbene soprattutto al livello di difficoltà maggiore diventi fondamentale sfruttare le debolezze elementali degli avversari, il ritmo di gioco, spesso furioso, mal si sposa con una meccanica che, per quanto allenati e pronti si possa essere, presuppone di un minimo di preparazione tattica per dare i suoi frutti.

Utilizzare le abilità dei Polimeri e le proprietà elementali delle armi è il modo migliore per esaltare le qualità di una feature di gameplay che purtroppo non brilla mai del tutto
Utilizzare le abilità dei Polimeri e le proprietà elementali delle armi è il modo migliore per esaltare le qualità di una feature di gameplay che purtroppo non brilla mai del tutto

Atomic Heart, difatti, palesa una doppia anima. Sulle prime il tutto funziona quasi alla perfezione, con una progressione ben scandita e scontri gestibili sia sparando, sia affrontando dalla corta distanza i nemici. Superata la metà dell'avventura, purtroppo, il gioco sceglie diventare Doom Eternal, esagerando beninteso, contrapponendo l'Agente P-3 a orde di nemici che attaccano senza mai concedere un attimo di respiro.

Il gameplay, purtroppo, ne soffre, piegato da meccaniche chiaramente non concepite per reggere certi ritmi. Il corpo a corpo si fa confuso, utilizzare correttamente i Polimeri diventa difficile, la scarsità cronica di proiettili rende il tutto ulteriormente frustrante. La stessa I.A. che gestisce i nemici, non fa nulla per risollevare la situazione, protesa e limitata com'è a lanciare a testa bassa qualsiasi minaccia presente nel raggio d'azione. Manca equilibrio, insomma, complice anche un design dei livelli che si appiattisce enormemente, anche a causa di puzzle ambientali che diventano più semplici e meno brillanti.

La sensazione che si ha, superata la metà del gioco, è che gli sviluppatori avessero terminato buona parte delle idee, ma che non volessero assolutamente rinunciare ad una longevità che proponesse più di venti ore di intrattenimento, tempo necessario solo per completare la main quest. Finite le tipologie di nemici da mandare sul fronte, Mundfish ha deciso di sommergere l'utente di orde da affrontare una dopo l'altra. Terminate le idee di level design, ci si ritrova ad esplorare corridoi e stanzoni di anonime basi sotterranee. Persa la bussola della perfetta progressione tra gunplay e poteri derivanti dai Polimeri, Atomic Heart si perde un battaglie adrenaliniche che mortificano la profondità del gameplay.

Volendo, potrete esplorare la mappa di Atomic Heart anche a bordo di auto prese in prestito, per così dire. Va da sé che verrete tanto più facilmente individuati dalle sentinelle che pattugliano l'area
Volendo, potrete esplorare la mappa di Atomic Heart anche a bordo di auto prese in prestito, per così dire. Va da sé che verrete tanto più facilmente individuati dalle sentinelle che pattugliano l'area

Il rammarico è tanto più vivo quanto più si affronta una boss fight comunque divertente, o ci si ritrova in rare sezioni in cui esplorazione e scontri con sparuti gruppi di robot tengono vivo l'interesse e rendono onore a meccaniche ludiche innegabilmente intriganti e funzionali.

Anche sul fronte tecnico non tutto funziona al meglio. Giocando su PC, con tutte le impostazioni settate su ultra, Atomic Heart offre scorci davvero affascinanti. Se sull'art design ci siamo già positivamente espressi, anche quanto a semplice forza bruta stupisce la complessità poligonale generale, la qualità delle texture, l'ottima effettistica. Peccato che il tutto pesi in termini di fluidità del frame rate. Nulla di invalidante, ma non è raro veder scattare il gioco. Ciò che è peggio, sempre dopo la seconda metà dell'avventura, siamo incappati in diversi bug e persino in qualche crash, segno che urgono immediati aggiornamenti per sistemare qui e lì il codice.

Durante la nostra prova di Atomic Heart siamo andati incontro a ben tre crash e in un paio di casi abbiamo dovuto riavviare la partita perché incastrati in qualche elemento dello scenario. Fortunatamente l'alto numero di check e save point ha reso l'eventualità meno fastidiosa di quanto preventivato
Durante la nostra prova di Atomic Heart siamo andati incontro a ben tre crash e in un paio di casi abbiamo dovuto riavviare la partita perché incastrati in qualche elemento dello scenario. Fortunatamente l'alto numero di check e save point ha reso l'eventualità meno fastidiosa di quanto preventivato

Un commento lo merita anche il sonoro. Se il doppiaggio - anche nella nostra lingua - convince, se gli effetti sono ben riprodotti, la soundtrack denota quella stessa confusione di fondo di cui la produzione soffre nella sua globalità. L'idea che i potenti algoritmi di questo retrofuturo possano indovinare la musica del futuro è un interessante espediente per alternare musica classica a pezzi metal, dubstep e dance. Peccato però che spesso l'accompagnamento musicale non segua affatto l'azione di gioco. Vi capiterà di combattere nel silenzio più assoluto o di camminare tranquillamente per le basi della Struttura 3826 letteralmente storditi da chitarre elettriche stridenti e colpi di martellante batteria.

Conclusioni

Versione testata PC Windows
Digital Delivery Steam, PlayStation Store, Xbox Store
Prezzo 59.99 € / 69.99 €
Multiplayer.it
7.5
Lettori (145)
7.7
Il tuo voto

Atomic Heart è in tutto e per tutto un buono, ma imperfetto titolo d'esordio. Getta le basi narrative per un mondo di gioco credibile ed interessantissimo, ma veicola una trama quanto mai confusa, lacunosa, sospinta da continui spiegoni. Architetta un gameplay derivativo, certo, ma di per sé funzionale, per poi essere annacquato in combattimenti inutilmente adrenalinici e soverchianti. Introduce un sistema di poteri sovrannaturali sulla falsariga di Bioshock, ma poi li rende scarsamente efficaci quando più conta. Ostenta una direzione artistica convincente ed un comparto grafico di tutto rispetto, ma soffre di continui cali di frame-rate e mostra il fianco a bug e crash. Non siamo di fronte ad un FPS perfetto insomma. Eppure, c'è del carattere, c'è quantomeno una visione d'insieme intrigante che non potrà che attrarre i fan della fantascienza, di distopie, di giochi simili al già citato Bioshock, che resta modello inarrivabile per i ragazzi di Mundfish. Il modo migliore per godersi Atomic Heart, in definitiva, è di farlo senza aspettarsi grandissime cose. Perché tra un inciampo e l'altro, saprà sicuramente sorprendervi grazie all'ampia mappa che vorrete esplorare in lungo e largo a caccia di side quest e potenziamenti; all'arsenale non certo originale ma godurioso; ad una narrazione emergente che dipinge i confini di un mondo immaginario davvero intrigante. Avrebbe potuto essere molto meglio, non c'è dubbio, ma ci troviamo sicuramente di fronte ad un buon gioco con qualche difetto con cui dovrete fare i conti.

PRO

  • Artisticamente ispirato
  • Narrativa emergente ammaliante
  • Gunplay gustoso, soprattutto per gli attacchi corpo a corpo

CONTRO

  • La trama non convince appieno
  • Il level design non supporta a dovere la progressione del gameplay
  • Diversi bug e glitch