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Dragon Quest 3 HD-2D Remake, la recensione di un atteso ritorno

Square Enix rilancia la trilogia iniziale di Dragon Quest con un remake tutto HD-2D e nostalgia.

RECENSIONE di Christian Colli   —   13/11/2024
Illustrazione di Dragon Quest III HD-2D
Dragon Quest III HD-2D Remake
Dragon Quest III HD-2D Remake
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Era solo questione di tempo prima che Square Enix rimettesse mano ai primi Dragon Quest, anche perché questo traguardo - ben trentacinque anni di onorato servizio - si doveva festeggiare in qualche modo, e con il dodicesimo capitolo ormai ai limiti del vaporware serviva fare una coccola a tutti i fan. E quale coccola migliore di una rivisitazione in HD-2D della trilogia di Erdrick, radice di tutta la serie?

Dragon Quest 3 HD-2D Remake rappresenterebbe, insomma, il punto d'inizio ideale per chi vuole scoprire o riscoprire una serie che per i giapponesi, in particolare, è assolutamente intoccabile. Lo sviluppatore Artdink ha avuto dunque un compito spinoso: modernizzare un titolo tanto iconico senza snaturarlo, a conti fatti preservando un gameplay che oggi sente tutto il peso degli anni. Missione riuscita?

Un'avventura all'antica

Prima di tutto bisogna capire perché Square Enix ha deciso di cominciare un'operazione di rifacimento dal terzo capitolo, ed è presto detto: in ordine cronologico, Dragon Quest III si svolge prima di Dragon Quest e Dragon Quest II, con l'undicesimo capitolo - Echi di un'era perduta - a fare da prequel all'intera serie. A parte i primi due Dragon Quest, però, ogni capitolo mantiene la propria autonomia narrativa, quindi Dragon Quest III HD-2D Remake era il titolo perfetto per un esperimento celebrativo.

Il problema è che stiamo parlando di narrativa in un gioco che la distribuisce col contagocce in circa trenta ore di avventura. Dragon Quest III è figlio di un'epoca e di una filosofia diversa, perciò consegna al giocatore una premessa striminzita prima di accompagnarlo all'uscita della città di Aliahan, dove comincia l'avventura: il protagonista è incaricato di seguire le orme dell'eroico padre Ortega, scomparso nella dura lotta contro il malefico Ultrademone che minaccia il mondo.

Non è che ci sia molto altro da aggiungere, in verità, e anche la struttura a "vignette" tipica della serie è ancora nel suo stato embrionale: dovremo interagire con i personaggi per capire dove andare e cosa fare, leggendo attentamente i dialoghi che offrono alcuni indizi sulle direzioni da prendere in un mondo che sembra quasi sconfinato. La progressione dipende dal ritrovamento di manufatti che sbloccano il nostro viaggio, per esempio le chiavi magiche che aprono certe porte, o dal completamento di richieste più o meno esplicite che possano convincere alcuni personaggi ad aiutarci.

La trama di Dragon Quest III HD-2D Remake è a dir poco essenziale
La trama di Dragon Quest III HD-2D Remake è a dir poco essenziale

Il remake stabilisce alcuni obiettivi primari per aiutare i giocatori ma c'è un mondo pieno di obiettivi secondari da scoprire, spesso menzionati dai personaggi più anonimi, e infatti è possibile "registrare" le conversazioni e rileggerle in un secondo momento per capire in che direzione muoversi. Cosa che peraltro è sempre divertente, grazie all'ottima localizzazione italiana che impiega i nostrani registri dialettali già apprezzati nei precedenti capitoli in italiano: non sorprende, dunque, che a Romaria parlino in romanesco, ma il mondo di Dragon Quest III non si ispira solo all'Italia, riproponendo anche scenari che scimmiottano l'Egitto, l'Inghilterra, la Spagna e così via.

La realtà dei fatti, però, è che ogni sottotrama è sottilissima se non quasi pretestuosa, e servono parecchie ore per arrivare ai momenti più interessanti di una storia a dir poco minimale, sebbene Artdink abbia aggiunto dei maldestri flashback che approfondiscono il rapporto tra il protagonista e suo padre.

Nel mondo di Dragon Quest III può capitare di scambiare una nave con del pepe nero!
Nel mondo di Dragon Quest III può capitare di scambiare una nave con del pepe nero!

Un altro problema sta nel totale anonimato del protagonista silenzioso e dei suoi comprimari che, di fatto, scegliamo noi: non c'è un cast di personaggi giocabili fisso e caratterizzato, ma una rosa di mercenari che possiamo assoldare nell'apposita locanda e personalizzare limitatamente nel look 2D. Questi eroi ci seguiranno ovunque o attenderanno il loro turno di essere schierati in battaglia ma non diranno mai una parola, né avranno alcun ruolo nella storia. Sono semplici strumenti del gameplay. E da una parte questo concede al giocatore una grande libertà, perché possiamo assegnare a ogni personaggio - tranne l'eroe - la vocazione che preferiamo, scegliendo tra otto classi iniziali, una personalità che influenza la crescita delle statistiche al level up e fino a cinque punti bonus di partenza.

In un secondo momento è possibile cambiare vocazione presso l'Abbazia Mutationis: questo processo resetta il livello del mercenario, che però mantiene una parte delle statistiche raggiunte e tutte le abilità imparate fino a quel momento. È il prototipo di un sistema a classi fortemente sbilanciato, visto che alcune vocazioni sono ancora sensibilmente migliori di altre - qualcuno ha detto il Saggio? - ma che concede una buona libertà, soprattutto se appaiato con l'inedita possibilità di cambiare in qualsiasi momento il livello di difficoltà.

Più classico non si può...?

I combattimenti sono quelli che ci si aspetterebbe da un Dragon Quest di trent'anni fa: casuali, frequenti e a turni. Sono totalmente assenti meccaniche speciali come le azioni pimpanti di Dragon Quest XI: è un gameplay liscio, incentrato sull'uso di attacchi normali - la cui utilità e potenza dipende dall'arma equipaggiata - e abilità o incantesimi che consumano PM e che possono colpire uno o più nemici. La formazione ha un'influenza decisiva sugli scontri, tant'è che il gioco stesso suggerisce un'impostazione classica che include guaritori e attaccanti fisici o magici. Nonostante l'ampia scelta di incantesimi e abilità, è solo al massimo livello di difficoltà che si sente davvero l'esigenza di impiegare potenziamenti e depotenziamenti, fintanto che si aggiorna il party crescendo di livello o equipaggiando le armi e le armature migliori.

Il sistema di combattimento è estremamente classico
Il sistema di combattimento è estremamente classico

Anche a livello visivo l'impostazione è più classica che non si può: i personaggi appaiono di spalle solo all'inizio del combattimento, che si svolge poi con una visuale in prima persona in cui appaiono solo gli effetti degli attacchi o degli incantesimi contro gli sprite dei nemici, che ora sono animati più che discretamente. Dragon Quest III HD-2D Remake è una copia pedissequa del gioco originale non solo nei combattimenti ma anche nella strutturazione dei dungeon, labirintici dedali a più piani con piccoli rompicapi ambientali e sporadici boss di fine scenario. Sono numerosi, e ben differenziati, ma rappresentano fondamentalmente l'essenza di Dragon Quest III: combattere ed esplorare ininterrottamente, rovistando in ogni secchio o barile in cerca di oggetti consumabili, minimedaglie da scambiare per ricchi premi e cotillons o libri che permettono di cambiare personalità ai nostri mercenari.

Il remake aggiunge pochino, in questo senso, oltre a lampanti miglioramenti alla qualità della vita come la possibilità di velocizzare le battaglie e il salvataggio automatico: tra le altre cose, abbiamo un'inedita arena in cui far combattere i mostri che abbiamo catturato, cercando di arrivare alle ricompense migliori, e una nuova vocazione - il Domamostri - le cui abilità dipendono proprio dai mostri suddetti. L'arena è però un minigioco raffazzonato che si ispira ai più celebri spin-off incentrati sui mostri della serie, i quali conquistano sempre grazie al buffo design del compianto Akira Toriyama.

Il remake HD-2D include un'inedita arena in cui far combattere i mostri catturati
Il remake HD-2D include un'inedita arena in cui far combattere i mostri catturati

Come avrete capito leggendo queste righe, Dragon Quest III HD-2D Remake è un remake per modo di dire: Artdink ha sostanzialmente rifatto il trucco a un gioco di trent'anni fa, smussando certe spigolosità davvero troppo obsolete anche per i puristi. La vera domanda però è un'altra: ce n'era davvero bisogno? Al netto di un rifacimento grafico nello stile HD-2D sdoganato da Octopath Traveler, che gli calza come un guanto nel connubio praticamente perfetto tra nostalgia e contemporaneità, dobbiamo ammettere di esserci trovati a considerare questa uscita un'enorme occasione sprecata.

Da un punto di vista istruttivo, quasi propedeutico, Dragon Quest III HD-2D Remake è un titolo importante, nel senso che permette alle generazioni contemporanee di giocarlo per com'era trent'anni fa, senza snaturarlo o sconvolgerlo: è una finestra spalancata sulle origini della serie e del genere JRPG, ancora piacevole da giocare per la sua semplicità e immediatezza, ma forse troppo antiquato in termini di gameplay e narrativa per fare davvero presa su un pubblico moderno o giustificarne il prezzo di vendita.

È innegabile che lo stile HD-2D sia perfetto per un gioco come Dragon Quest III
È innegabile che lo stile HD-2D sia perfetto per un gioco come Dragon Quest III

D'altra parte, per una circostanza come questa, sarebbe stato adeguato uno sforzo produttivo maggiore. In fin dei conti, Square Enix ha già rifatto il gioco in passato - nel 2019 - modernizzandone la grafica ma preservandone lo spirito, e aveva l'occasione di ritoccare profondamente il gameplay, facendone una trilogia più attuale, più fresca e coinvolgente. Si è scelta invece una strada simile a quella di titoli come Live-A-Live o Super Mario RPG, che però erano ai loro primi remake e non al terzo, piuttosto che una revisione appassionata come quella dello stellare Star Ocean: The Second Story R, che resta uno dei remake migliori degli ultimi tempi nonostante appartenga a una serie ironicamente bistrattata proprio dalla stessa compagnia.

Ed è un peccato perché Dragon Quest III HD-2D Remake è un gioiellino, nonostante qualche rallentamento riscontrato su Switch: l'Unreal Engine 4 ha permesso una commistione di sprite bidimensionali e 3D che funziona, un ciclo giorno/notte impreziosito da illuminazioni e giochi di luce che conferiscono corposità a un mondo fantasioso e particolareggiato, grazie anche alla solita colonna sonora di Koichi Sugiyama che i fan dovrebbero conoscere ormai a memoria. È soprattutto una ricostruzione fedele alle fonti, che usa la pixel art per reimmaginarle senza tradirle e mantenendo un'identità precisa, cosa non banale in un momento in cui questo stile grafico va tanto di moda.

La mappa è quanto di più basilare possibile, nonostante sia ancora in grado di affascinare
La mappa è quanto di più basilare possibile, nonostante sia ancora in grado di affascinare

Forse una rinfrescata al gameplay e alla sceneggiatura l'avrebbe reso meno noioso o ripetitivo, specialmente per chi ha già giocato ai remake precedenti o alle iterazioni più celebri della serie, come Dragon Quest XI o Dragon Quest VIII, ma Dragon Quest III resta un baluardo del JRPG tradizionale nella sua quintessenza più pura e iconica. Un remake per molti, insomma... ma non per tutti.

Conclusioni

Versione testata Nintendo Switch
Digital Delivery Nintendo eShop
Prezzo 59,99 €
Multiplayer.it
7.5
Lettori (53)
8.1
Il tuo voto

Dragon Quest III HD-2D Remake è un JRPG iconico ma antiquato, che sente tutto il peso dei suoi trenta e passa anni, e che proprio per questo potrebbe affascinare chi vuole fare un tuffo nel passato con un look moderno che rende giustizia alle sue radici. In questo senso Artdink ha saputo ricalcarle fedelmente, limitandosi a modernizzarne solo l'aspetto: un sentiero rispettoso ma già percorso, in una circostanza che forse avrebbe meritato una rivisitazione più concreta. Per come stanno le cose, lo consigliamo solo ai fan sfegatati e a chi vuole riscoprire le origini più autentiche di Dragon Quest.

PRO

  • Il nuovo look HD-2D è bellissimo e rispettoso
  • Gameplay fedele al DNA originale
  • Qualche contenuto o funzionalità inedita

CONTRO

  • Trama approssimativa e personaggi anonimi
  • Sistema di combattimento primitivo
  • Forse avrebbe meritato un rifacimento complessivo