Il primo Vampire: The Masquerade - Bloodlines fu una rivelazione, almeno per i pochi che ci giocarono effettivamente. Era un titolo pieno di problemi, realizzato con i mezzi limitati di Troika Games, per una Activision che non ci credeva nemmeno troppo, ma era anche un capolavoro, in grado di interpretare in modo eccellente il World of Darkness dell'allora White Wolf, soprattutto nei rapporti tra i vari clan e personaggi e nelle possibilità offerte a livello di gameplay, che si adattava a ogni stile di gioco e permetteva di seguire le inclinazioni del personaggio creato.
Non vendette bene, un po' per la fama di essere pieno di bug (effettivamente ne aveva molti) e un po' per la sfortuna di essere uscito quasi contemporaneamente ad Half-Life 2, con cui condivideva il motore grafico. In effetti fu il primo gioco realizzato con il Source di Valve ad arrivare sul mercato, ma nemmeno questa curiosità lo salvò, portando a un supporto post lancio limitatissimo e alla chiusura dello studio di sviluppo. Con il passare degli anni è stato ampiamente rivalutato ed è diventato un gioco di culto. Il modo in cui è stato raccontato da chi lo ha vissuto ha messo in secondo piano l'instabilità tecnica, facendone risaltare le qualità ruolistiche. Inoltre, la scena dei modder lo ha aiutato a sopravvivere, in particolare la Unofficial Patch, che ha risolto praticamente tutti (o quasi) i bug del gioco, ha ripristinato alcuni contenuti tagliati, grazie anche alla collaborazione di alcuni degli sviluppatori originali, e ha migliorato certi aspetti del gameplay, garantendo inoltre la compatibilità con i sistemi da gioco più moderni. Se oggi potete leggere una recensione di Vampire: The Masquerade - Bloodlines 2 lo dovete proprio a questo lungo percorso, ossia all'amore della comunità che, avendo tenuto vivo Bloodlines, ha reso economicamente interessante per Paradox Interactive, che attualmente possiede la proprietà intellettuale, produrre un seguito.
Sviluppo travagliato
Se avete seguito un po' le vicissitudini di Vampire: The Masquerade - Bloodlines 2, non vi sarà sfuggito che ha avuto un ciclo di sviluppo lunghissimo e davvero problematico. Detto in breve, era stato affidato inizialmente ad Hardsuit Labs, un team di Seattle (da cui l'ambientazione) che aveva messo al lavoro sul progetto anche alcuni autori del Bloodlines originale, come Brian Mitsoda, affiancandogli altri talenti come Chris Avellone.
Fu annunciato al pubblico nel 2019 ma, dopo anni di sviluppo e diversi rinvii, fu cancellato nel 2021, pare a causa delle reazioni avute dal pubblico di fronte al primo video esteso di gameplay. Paradox voleva abbandonare completamente il gioco, ma fu convinta a non farlo da una presentazione di The Chinese Room, che lo stesso anno prese in mano le redini del progetto, ricominciandolo praticamente da zero.
E Bloodlines 2 è un gioco di The Chinese Room in tutto e per tutto: eccellente dal punto di vista narrativo e controverso in altri aspetti. Il team di Dear Esther, Everybody's Gone to the Rapture e Still Wakes the Deep ha dimostrato per l'ennesima volta non solo di saper scrivere delle buone storie, ma anche di saper ragionare su come raccontarle in termini videoludici, magari arrivando a sacrificare altri elementi per non creare incoerenze, con una caratterizzazione dei personaggi profonda e articolata, capace di modulare il linguaggio a seconda del contesto e della caratterizzazione degli stessi.
Non si tratta di banalità, visto che spesso la scrittura dei videogiochi è monocorde, con i vari personaggi che al massimo finiscono per rappresentare una variazione di tono di una stessa voce. In Bloodlines 2 sono tutti figli della loro storia, che ha finito per intrecciarsi con quella della società vampirica di Seattle. Hanno tutti le loro motivazioni e una loro estrazione sociale, ossia dei tratti che li rendono unici e che emergono anche lì dove hanno un ruolo molto specifico all'interno della storia.
Narrazione
Storia che è quella di Phyre, una (abbiamo creato un personaggio femminile, ma è possibile farlo anche maschile) vampira anziana conosciuta come Nomade, che viene risvegliata a Seattle dopo un lungo torpore, ritrovandosi nella testa la coscienza di un Malkavian, il detective Fabien, e sul corpo alcuni simboli che le impediscono di lasciare la città. In effetti, appena tenta di superare i limiti della mappa prova un dolore insopportabile che la costringe a tornare indietro... che se vogliamo è una barriera invisibile ben architettata a livello narrativo. Tutte queste strane circostanze troveranno una spiegazione nel corso dell'avventura, che a noi è durata circa 35 ore.
L'alta qualità della scrittura di Bloodlines 2 è evidente da subito, ossia già nel modo in cui la Nomade si relaziona al mondo vampirico e in quello pensato per dare informazioni al giocatore. È un'anziana e vive da più tempo della maggior parte dei vampiri di Seattle, quindi conosce già la società vampirica e come è strutturata. Essendo però stata in torpore per molti anni ed essendo nuova in città, chiede delucidazioni a Fabien e agli altri personaggi sul potere locale. Da questi dialoghi arrivano tutte le informazioni necessarie per comprendere cosa sta accadendo, ampliate dal Codex integrato, che fornisce dettagli aggiuntivi e più didascalici, essenziali però per non perdersi alcuni elementi fondamentali e capire il perché di certi comportamenti.
Si tratta di un modo organico di introdurre il giocatore allo scenario, con il gioco che non sta lì sempre a preoccuparsi di ammucchiare concetti, ma che li fa emergere dalla storia stessa. Inoltre, proprio lo status della protagonista viene evidenziato da come gli altri le parlano: con timore e rispetto, anche quando sono più in alto in grado di lei nelle gerarchie della Corte (la comunità vampirica di una singola città formata dai clan che fanno parte della Camarilla). Tutto è armonizzato, quindi, e non c'è un singolo momento della storia in cui questi rapporti di forza non siano evidenti, tanto che la Nomade ha a disposizione anche opzioni di dialogo molto schiette con personaggi importanti, lì dove un vampiro appena abbracciato (come ad esempio il personaggio del giocatore del primo Bloodlines) non avrebbe potuto permettersi certe confidenze.
I dialoghi cambiano anche in virtù del clan base selezionato, che determina chiaramente rapporti diversi con gli altri personaggi. Questi ultimi, oltretutto, ricordano quello che gli abbiamo detto e i toni tenuti cambiano il loro atteggiamento nei nostri confronti a lungo termine, creando delle situazioni inattese in alcuni momenti di svolta. In questo senso Vampire: The Masquerade - Bloodlines 2 è rigiocabile più volte anche solo per vedere le reazioni alle diverse scelte possibili, caratteristica non scontata visto che tanti giochi di ruolo moderni peccano proprio nel dare un peso alle scelte fatte dal giocatore.
In alcuni momenti il gioco ci permette anche di guidare direttamente Fabien. Si tratta di flashback che servono a sbloccare i ricordi di fatti fondamentali per la storia e che vengono fatti vivere in prima persona. Le sezioni con Fabien offrono un gameplay unico: da Malkavian, il nostro tende a non combattere e a fare battute sopra le righe, portando a dei dialoghi spesso surreali e a irritare i suoi interlocutori. Inoltre, i suoi poteri gli consentono di "parlare" con gli oggetti, di cancellare i ricordi degli umani e, in generale, di trarre informazioni lì dove non sarebbe possibile per altri vampiri. Si tratta di sezioni puramente investigative, in cui si guarda a Seattle da un altro punto di vista e si rivivono anche scene del passato della città. Sono dei segmenti davvero azzeccati per l'economia del gameplay, perché rappresentano uno stacco netto dal resto, ma presentano una cura simile.
No english, no party
Normalmente Paradox Interactive non fa tradurre i suoi giochi in italiano e Vampire: The Masquerade - Bloodlines 2 non fa eccezione. Chiaramente si tratta di una scelta commerciale che prescinde dal lavoro degli sviluppatori, ma considerando la complessità dei testi di Bloodlines 2, con i personaggi che oltretutto utilizzano diversi registri linguistici a seconda del loro retroterra, sconsigliamo il gioco a chiunque non abbia una buona padronanza della lingua inglese.
Crescere e combattere
Vi confessiamo che giocare a Vampire: The Masquerade - Bloodlines 2 è stato un piacere, pur essendo molto diverso strutturalmente dal primo Bloodlines. Lo è stato proprio per quanto espresso finora, ossia per il suo lato narrativo, che ci ha coinvolti dall'inizio fino alla fine. Il gioco di ruolo cartaceo è famoso per come mette il focus sull'interpretazione dei personaggi da parte dei giocatori, togliendolo al combattimento e ai sistemi collegati. Certo, ci sono dei poteri e dei clan più adatti alla rissa di altri, ma in generale la scelta della violenza è sempre sconsigliata, tranne nei momenti in cui è inevitabile, perché il rischio di violare la Masquerade, la tradizione principale della società vampirica che vieta ai cainiti di svelare la propria natura a chi non ha lo stesso sangue, è sempre incombente. In questo senso Bloodlines 2 è un titolo riuscitissimo, perché il meglio che ha da offrire come gioco di ruolo lo dà attraverso i dialoghi, lì dove gli altri sistemi appaiono quasi di contorno. O, almeno, sarebbe stato bello lo fossero stati addirittura di più di quel che sono.
Va detto che il sistema di combattimento è abbastanza articolato e, a seconda del clan scelto, si adatta moltissimo ai poteri a disposizione del giocatore. Banalmente, una Brujah avrà abilità che favoriscono un approccio più fisico, mentre una Lasombra risulterà migliore con un approccio stealth, per via delle abilità specifiche dei due clan. Di base conviene sempre provare a uccidere senza farsi vedere, ma è indubbio che una scossa tellurica può risolvere anche le situazioni più complicate. Detto questo, durante il gioco è possibile sbloccare i poteri di tutti i clan, a prescindere dalla scelta fatta inizialmente, che poi è la caratteristica peculiare della Nomade (che avrà anche dei risvolti narrativi). Farlo però non è particolarmente interessante, perché bisogna succhiare dagli umani una certa quantità di tre tipi diversi di sangue, da spendere come moneta con i rappresentanti dei vari clan, usando poi dei punti abilità per sbloccare i poteri ottenuti.
Purtroppo, ottenere tutto il sangue richiesto è un'attività davvero ripetitiva, visto che gli eventi collegati sono pochi e creano anche delle stonature notevoli. Ad esempio, perché semplicemente parlare con qualcuno che sta prelevando soldi a un Bancomat porta nella maggior parte dei casi a farlo arrabbiare, con tentativo di ucciderci annesso? Oppure, perché tanti abitanti di Seattle sembrano dei malati di sesso che, appena riescono a parlare con una sconosciuta, oltretutto dall'aspetto minaccioso, accettano di imboscarsi in un vicolo buio e isolato con lei? Ora, ripetete il tutto per decine di volte e capirete che, dopo un po', andare in giro a raccogliere sangue è un'attività che perde completamente d'interesse. Certo, se si vogliono provare i diversi approcci al combattimento è indispensabile farlo, ma in linea di massima si può anche andare avanti usando solo le abilità del proprio clan, che oltretutto costano una frazione dei punti esperienza delle altre e si riescono a massimizzare nel primo terzo del gioco. Se vogliamo anche questo è un problema, visto che la crescita del personaggio diventa quasi un optional già dalla media distanza. Sicuramente è bello vedere che un combattimento si può risolvere in più modi (ad esempio manipolando mentalmente la polizia per farle eliminare i nemici), ma l'interesse per il tutto diventa presto molto relativo.
Lo diventa anche in virtù del fatto che non c'è una gran varietà di nemici, che per la gran parte sono dei ghoul anarchici di diversa stazza e potenza. Anche in questo The Chinese Room è stata davvero coerente con lo scenario originale: combattere contro decine di vampiri non avrebbe avuto senso, viste le regole della Camarilla, così come non lo avrebbe avuto inserire nel mucchio altre creature del mondo di tenebra solo per creare qualcosa da prendere a pugni. Aggiungere troppi nemici umani sarebbe stato altresì assurdo, visto che una vampira anziana è troppo superiore al bestiame senziente per forza e velocità, anche senza prendere in considerazione i suoi poteri, tanto che, quando se ne affronta qualcuno, gli esponenti della nostra specie vanno a terra con un singolo pugno.
Abbiamo il sospetto che la scelta sia stata dovuta in (buona) parte anche ai problemi produttivi di cui abbiamo accennato sopra, dato che Vampire: The Masquerade - Bloodlines 2 non sprizza sterline bruciate da ogni modello 3D, ma l'ipotesi di aver voluto mantenere il più possibile una certa armonia tra i diversi sistemi è concreta, considerando anche gli altri titoli dello studio di sviluppo. Detto questo, dopo un po' picchiare ghoul sui tetti dei palazzi diventa un affare poco rilevante, tanto che si cerca di evitare gli scontri il più possibile, nonostante spezzare colli e mozzare teste abbia un suo fascino.
Ma come funziona il combattimento in sé, vi starete chiedendo. In realtà è molto semplice, perché basato sul classico sistema di attacchi e schivate, coadiuvato dall'uso di poteri. Quindi si danno pugni, si evitano i colpi degli avversari e, nel caso, si sferrano scariche di pugni, si usano le ombre per soffocare i malcapitati, si manipola la loro volontà per farne i nostri servitori e quant'altro faccia parte della nostra selezione di doni. L'intelligenza artificiale dei nemici non è proprio il massimo, dato che spesso si perdono (letteralmente) cercando di attaccarci. I combattimenti sono anche la fase in cui si manifestano più bug, tra nemici piantati nelle pareti, altri che si bloccano a vicenda all'incrociarsi dei loro pattern e altri ancora che si lanciano nel vuoto suicidandosi. Sono sicuramente migliori gli scontri con i boss, che sono più strutturati narrativamente e che spesso sono inseriti in scene dal grandissimo impatto emotivo, ma in generale Bloodlines 2 non si fa particolarmente apprezzare per come si menano le mani.
Attività collaterali
Oltre alla missione principale, Vampire: The Masquerade - Bloodlines 2 offre diverse attività collaterali, alcune riuscite, altre meno. Ad esempio esplorare la città alla ricerca dei simboli nascosti sulle pareti è più appagante di quanto si possa pensare. Phyre può infatti scalare tubature a grande velocità e compiere balzi miracolosi che permettono di raggiungere i tetti dei palazzi nel giro di pochi secondi. Può anche planare dopo aver saltato, così da superare le strade in volo.
I simboli di loro sono ben nascosti, ma trovarli non è difficilissimo grazie al sesto senso della protagonista, che riesce a percepirli anche senza vederli. A livello d'interfaccia, il tutto viene gestito tramite il mirino, che reagisce alla presenza dei simboli, aumentando di dimensioni avvicinandoli e guardando nella loro direzione. È come se gli sviluppatori avessero tradotto in forma videoludica e con grande efficacia il gioco "Acqua, fuochino, fuoco", supportandolo con un sistema di esplorazione che fa sentire il giocatore davvero nei panni di un predatore notturno, grazie anche a delle leggere alterazioni visive e sonore che sottolineano gli sforzi sovrannaturali di Phyre.
Meno riuscite alcune missioni secondarie, che urlano "dobbiamo allungare il brodo" da tutte le parti. Certo, non siamo dalle parti di un Final Fantasy VII Rebirth e del suo profluvio di mini giochi inutili, visto che qui si parla solo di qualche missione da postino o da giustiziere, ma è chiaro che in un'opera narrativamente così curata certe scelte risaltino ancora di più in negativo, perché rischiano di appannare il coinvolgimento.
Lì dove i limiti produttivi di Bloodlines 2 sono più evidenti è nella parte tecnica: la mappa è relativamente piccola e, a fronte di una buona quantità di dettagli che descrivono i vari interni e alcuni ambienti più caratteristici della città, tutto appare statico, con i passanti che si ripetono identici per l'intera avventura. Vero che Seattle è immersa nella neve e che, come vampiri, siamo costretti a muoverci solo la notte, ma è abbastanza chiaro che alcune scelte siano derivate più dalla mancanza di fondi che da esigenze artistiche o di scenario. A livello di fluidità abbiamo poco da lamentarci, invece: abbiamo giocato usando l'autorilevazione delle impostazioni grafiche e non abbiamo avuto grossi problemi.
Certo, i bug ci sono, qualche animazione salta, altre non sono proprio bellissime e in un caso un personaggio si è proprio bloccato mentre parlava. Insomma, non stiamo di fronte a un gioco particolarmente pulito o miracoloso dal punto di vista grafico, ma siamo comunque riusciti a finirlo senza intoppi compromettenti. In questo senso, chi scrive tende a non far pesare moltissimo questo fattore sul giudizio, ma è importante che siate informati di cosa andrete a giocare. Del resto, se i giocatori si fossero focalizzati sulla parte tecnica del primo Bloodlines, non staremmo qui a parlare del seguito, un punto su cui vale la pena meditare.
Conclusioni
Vampire: The Masquerade - Bloodlines 2 è un ottimo gioco dal punto di vista narrativo, contornato da altri sistemi di qualità altalenante, alcuni giustificati dalla ricerca di coerenza con lo scenario, altri più frutto dei problemi produttivi avuti in fase di sviluppo. Complessivamente, è migliore di quanto ci aspettassimo e si è rivelato un'esperienza appassionante e profonda, sicuramente degna del primo Bloodlines per come interpreta il mondo vampirico. Sappiate però che si gioca di ruolo più nei dialoghi che nel resto dell'esperienza e che chi cerca qualcosa in cui il combattimento sia la parte più curata, ha sbagliato titolo.
PRO
- Narrativamente eccellente
- Cerca la massima coerenza possibile con il gioco di ruolo cartaceo
- Personaggi scritti benissimo, scelte nei dialoghi che contano
CONTRO
- La crescita del personaggio perde velocemente d'interesse
- Alcune attività secondarie stanno lì solo per allungare il brodo