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Chiacchierando con Sean Murray

Dopo aver visto No Man's Sky alla scorsa GamesCom, abbiamo fatto qualche domanda al cofondatore di Hello Games

INTERVISTA di Vincenzo Lettera   —   30/09/2014
No Man's Sky
No Man's Sky
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Lo scorso mese, in occasione della GamesCom di Colonia, ci siamo fatti un'idea più chiara di cos'è e come funzionerà No Man's Sky. Previsto (per ora) solo su PlayStation 4, l'ambizioso gioco esplorativo di Hello Games sta man mano prendendo forma, e nel nostro articolo abbiamo già provato a rispondere a molte delle curiosità e dei dubbi di chi segue con molta attenzione il progetto. Sempre in occasione della fiera tedesca abbiamo però passato qualche altro minuto in compagnia di Sean Murray, cofondatore del team inglese, chiacchierando e scherzando sui retroscena dello sviluppo, le aspettative degli utenti e la visione del team.

Sean Murray: "Se No Man's Sky dovesse essere un flop, la gente saprebbe a chi dare la colpa"

L'intervista

Dopo l'annuncio di No Man's Sky siete finiti sotto le luci dei riflettori come non vi è mai capitato prima. Tra la pressione degli utenti, la quantità di lavoro da fare e il dover parlare con la stampa, questo dev'essere tutto un altro universo anche per voi. Come lo state vivendo?
C'è una pressione enorme, questo è poco ma sicuro. Credo sia abbastanza evidente visto che siamo un piccolo gruppo. Stiamo realizzando un gioco che ha attirato l'interesse degli utenti, un gioco che le persone desiderano, e questo è fantastico. Non possiamo lamentarci. Però se No Man's Sky dovesse rivelarsi un fallimento, gli utenti avrebbero qualcuno contro cui puntare il dito. Con progetti enormi come Assassin's Creed o Watch Dogs, nessuno sa di chi è davvero la colpa.

Chiacchierando con Sean Murray

Beh vero, in quel caso la gente si lamenta con Ubisoft in quanto azienda. Raramente con persone specifiche.
Esatto, se per caso non ti è piaciuto Watch Dogs non hai qualcuno di cui lamentarti. Nel nostro caso, siamo talmente pochi che sai che, se falliamo, sarà stata per forza colpa nostra.

Insomma, temi che se il gioco sarà brutto non potrai più uscire di casa?
[Ride] Proprio così. Durante la GamesCom, uno dei giornalisti si è avvicinato per fare una foto assieme a noi. Non ero preparato a una cosa del genere. E adesso continuo a immaginare questo tizio che, se il gioco non dovesse piacergli, un giorno riguarderà la foto e penserà di uscire di casa per andare a comprare un fucile da cecchino [Ride]. Insomma, c'è sicuramente parecchio stress. Devo dire però che, anche se abbiamo avuto molta visibilità, c'è ancora molto da fare. Il trailer che abbiamo mostrato all'E3 aveva ricevuto 800.000 visualizzazioni su YouTube. È tanto, e per un gioco indie è difficile arrivare a quei numeri. Però un titolo davvero di successo, tipo Assassin's Creed, ha circa 20 milioni di visualizzazioni: quello che voglio dire è che l'interesse verso No Man's Sky è ancora limitato ai giocatori più appassionati, quelli che seguono le presentazioni dell'E3 e si tengono aggiornati. Abbiamo ancora molte ragioni per parlare con i giornalisti e con le persone per far conoscere il gioco in giro.

E immagino sia molto più difficile spiegare un gioco come No Man's Sky rispetto a un Joe Danger...
Assolutamente. È dura. Inoltre sembrerà strano ma sono una persona timida, odio fare discorsi davanti a un pubblico di persone. Non ne sono capace, ma c'è un team di persone che sta lavorando a questo gioco e devo rispettare il loro impegno. È anche piacevole vedere le reazioni delle persone: vedere qualcuno che è esaltato per quello che facciamo è divertente e ci ripaga. È solo che non mi piace parlare in pubblico.

Quindi salire sul palco dell'E3 dev'essere stata una passeggiata...
[Ride] Già, ero un rottame. Eravamo nel backstage e non ho spiccicato una parola per ore. Vedevo quanto sembrava figo Far Cry ed ero nel panico perché non sapevo come avrebbero reagito le persone vedendo il nostro gioco. Alla fine l'accoglienza è stata positiva, ma in quel momento non potevamo saperlo.

Durante la presentazione qui alla Gamescom hai provato a spiegare un po' come funziona No Man's Sky da un punto di vista tecnico. Forse per un piccolo roguelike è molto più facile adottare una formula procedurale. Con un universo così vasto non avete paura che qualcosa possa sfuggirvi di mano?
A volte mi sento quasi in dovere di preparare le persone prima dell'uscita. Ti faccio un esempio. All'inizio del gioco, ognuno comincerà da un pianeta diverso e che non avremo realizzato noi a mano. Noi non avremo la più pallida idea di come sarà l'esperienza dei giocatori in quei primi minuti. Abbiamo controllato alcune piccole cose, giusto per assicurarci che qualcuno non si ritrovi intrappolato in un fosso appena comincia la sua partita. Non molti sviluppatori hanno provato l'ansia che c'è nel pubblicare un gioco in cui ogni persona comincia da una schermata completamente diversa. E questo è spaventoso e interessante allo stesso tempo.

L'imprevedibilità riguarda anche le creature, e infatti durante la presentazione ne abbiamo viste alcune veramente strane. Non sentite il peso di aver sacrificato il controllo artistico e il piacere di realizzare il design di un alieno o di un mostro per avere dei risultati sempre casuali?
Hai perfettamente ragione. Il nostro principale artist è Grant [Duncan ndr], che aveva già lavorato a Joe Danger in passato. Fin dall'inizio, io e Grant abbiamo avuto diverse discussioni a riguardo. Perché il nostro più grande incubo è creare qualcosa e vederla apparire nel gioco in maniera diversa da come l'avevamo pensata. È un continuo scambio di opinioni tra me, che ho una mente più matematica, e lui, che ha una visione più artistica. Un sacco di volte è venuto da me dicendo "No, questo non è come avrei voluto che fosse". Un semplice esempio. Tempo fa avevamo un albero, ma Grant voleva disegnare dei fiori alla base. Così ho creato un sistema che popolasse la base degli alberi con piccoli fiori. E il giorno dopo tutti gli alberi dell'intero universo avevano dei fiori accanto al tronco. A quel punto però era troppo e sembrava una specie di mondo delle fiabe, quindi abbiamo dovuto rimetterci mano e rimuoverne alcuni. Quello che voglio dire è che, una volta che accetti di non avere più il totale controllo creativo, ti si aprono tutta una serie di nuove possibilità. Non devi più realizzare ogni cascata, ogni fiume e ogni canyon a mano. Come dico sempre a Grant: esistono tantissimi giochi che sono realizzati completamente a mano; non sarebbe bello fare qualcosa di diverso? Non sarebbe bello sperimentare? E credo che siamo arrivati a un punto tale che se guardi uno screenshot o un video di No Man's Sky, sembra realizzato a mano. E questo è solo merito di Grant e del fatto che è stato continuamente critico da un punto di vista artistico. È come se avesse dato lezioni d'arte a una macchina.

Chiacchierando con Sean Murray

Sempre riguardo le creature: quelli che ci avete mostrato erano ibridi, ma con dei tratti familiari. Ad esempio con una testa di un ippopotamo e il corpo di una tartaruga. Saranno tutti così?
A dire il vero abbiamo diverse creature che sono molto più aliene, ma non le abbiamo ancora mostrate. Uno dei motivi è che vogliamo essere in grado di sorprendere chi giocherà a No Man's Sky. Quindi c'è anche la possibilità che non le mostreremo mai. Inoltre il fatto che molti animali siano familiari è voluto. Quando cominciammo lo sviluppo, le cose erano decisamente più random, i mostri erano davvero alieni, al punto tale che era quasi fastidioso giocare mentre si era circondati da cose difficili da capire. C'erano animaletti piccoli ma incredibilmente potenti, oppure sezioni sottomarine in cui l'acqua sembrava un tipo di liquido completamente diverso e folle. Inoltre abbiamo deciso di rifarci molto alla fantascienza degli anni 60 e 70, dove le ambientazioni avevano molti elementi familiari. Guarda opere come Star Wars e Star Trek ad esempio: Tatooine sembra un posto presente sulla Terra. All'inizio ci eravamo ispirati a un tipo di fantascienza diversa, più folle e ridicola, che strizzava l'occhio ai film degli anni 30. C'erano strani alieni tentacolati, cervelli volanti e altre cose completamente aliene. E quelle cose sono stranianti, perché non si hanno punti di riferimento. Sono creature che non esisterebbero nel nostro universo: se ci fosse vita su un altro pianeta, ci aspetteremmo sempre di vedere evolvere caratteristiche come occhi, zampe e cose del genere. Insomma, ci sono delle regole nel nostro universo, e quando esci al di fuori di queste regole diventa tutto troppo strano. È il concetto di vera fantascienza.

A proposito del concetto di fantascienza. Durante il suo talk alla GDC Europe, Pietro Righi Riva di Santa Ragione ha definito la fantascienza come "viaggio verso la ricerca della conoscenza", verso qualcosa di ignoto che merita di essere scoperto. Da questo punto di vista giochi come Mass Effect e Gears of War, secondo lui, non sarebbero definibili come fantascientifici. Tu che ne pensi?
Credo abbia assolutamente ragione. Per un paio di motivi: anzitutto, fantascienza non vuol dire necessariamente futuristico. Piuttosto significa alternativo. Significa prendere il nostro universo, cambiare una singola regola, e vedere che reazioni provoca. Una buona opera fantascientifica ci fa riflettere su di noi, su cosa siamo o su cosa potremmo essere; è informativa, proprio come i tradizionali libri o filmati scientifici. La fantascienza prova a spiegarci cosa potrebbe accadere se cambiassimo le regole che conosciamo. Ma credo che nei giochi ci sia la tendenza a prendere un tema o uno scenario attuale e semplicemente infilarlo in un'ambientazione futuristica. Prendi Halo. Adoro Halo, mi piace tantissimo, ma è come il conflitto in Afghanistan o in Iraq riproposto in uno scenario fantascientifico. È guerra, ma nel futuro. Non è fantascienza. Con No Man's Sky proviamo a fare qualcosa di diverso. Cosa accadrebbe se ogni essere umano sul pianeta fosse in grado di salire in macchina e viaggiare nello spazio? Cosa accadrebbe se ognuno di noi potesse tranquillamente farsi una gita su Giove, o spingersi al di fuori del sistema solare? Come sarebbe? Ed è un po' quello che proviamo a rispondere col nostro gioco. Ognuno comincia dai confini della galassia, ognuno da un posto diverso e a quel punto staremo a vedere cosa succederà. Le persone cominceranno a interagire con l'universo, ma non sappiamo in che modo. La mappa sarà completamente inesplorata all'inizio: i giocatori potrebbero decidere di condividere oppure no le proprie scoperte; potrebbero seguire i consigli degli altri e recarsi solo nelle zone già esplorate, oppure potrebbero sparpagliarsi a caso nella galassia perché nessuno vuole andare in luoghi dove c'è già stato qualcun altro. Scoprire in che modo i giocatori accetteranno la sfida sarà interessante. E sarà divertente. È qualcosa che dobbiamo assolutamente sperimentare. Non posso prometterti che sarà fantastico, anche se ce la metteremo tutta. Ma in ogni caso sarà qualcosa di nuovo e di intrigante.