Uno dei giochi più intriganti tra quelli che devono uscire per PlayStation 4 è, a parere di chi scrive, Until Dawn, che abbiamo iniziato a seguire sin da quando è stato annunciato qualche anno fa alla Gamescom di Colonia per PlayStation 3. Sparito dalle luci della ribalta per qualche tempo è stato poi trasformato in uno dei titoli di punta per il 2015 per la nuova console Sony. Dopo averci giocato qualche tempo fa, abbiamo avuto l'occasione di parlare con Will Byles, che dei Supermassive è il direttore creativo e che ci ha raccontato un po' di cose che non sapevamo, preparandoci un meglio a quanto ci aspetta a partire dal 26 agosto. Leggendo questa intervista, le saprete anche voi!
Una bella intervista su Until Dawn a pochi giorni dal lancio in esclusiva su PlayStation 4
Until Dawn è un gioco molto particolare, soprattutto in questo periodo dell'anno. Nella marea di sparatutto ed action, puntare su un'avventura per PlayStation 4 è una scelta coraggiosa. Da dove è nata l'idea?
L'idea è stata quella di realizzare un gioco horror, non in linea con i tanti FPS o anche con avventure come Heavy Rain, in cui storia e gameplay andassero assolutamente a braccetto in questo dramma psicologico che rappresenta anche lo spirito di PlayStation, un brand non solo per videogiocatori o per chi vuole dell'intrattenimento da vivere in salotto, ma una vera connessione tra questi due mondi.
Realizzarlo non dev'essere stato semplice, vista la natura cross media del progetto. Per farlo, avete assunto anche persone dall'industria del cinema?
Io stesso ho lavorato nel mondo del cinema e del teatro e per i dialoghi abbiamo assunto famosi sceneggiatori di New York che avevano lavorato in precedenza a film horror indipendenti. Lo stesso per il cast: abbiamo scelto attori di cinema e serie TV proprio perché sapevamo quanto fossero bravi a recitare e infatti girare è stato molto semplice. Ovviamente, la parte più importante è scrivere una storia come si farebbe per il cinema e lì abbiamo cercato di rispettare tutti gli standard produttivi di un film.
Quanto è stato difficile riuscire a far capire ad attori provenienti da un altro mondo cosa fosse necessario fare per un videogioco? Come siete riusciti a trasmettergli esattamente le vostre necessità?
Una bella sfida senza dubbio anche perché dovevano indossare dei caschi con una camera puntata sul volto e l'attrezzatura per il motion capture, con i sensori di movimento applicati. È andato tutto bene, comunque, e hanno iniziato da subito a trovarsi a loro agio, dimenticandosi di tutta quell'attrezzatura che avevano indosso e attorno. Abbiamo girato anche lunghe riprese perché non era possibile spezzare le sequenze in parti più brevi. L'altra sfida era dovuta al fatto che non avevano un vero e proprio set in cui muoversi, essendo tutto legato alla nostra descrizione dei fatti e di quanto stava accadendo nella trama, perché intorno c'era solo lo studio di riprese senza alcuna scenografia. Dovevano fare affidamento unicamente sulle loro abilità e immaginazione, una sorta di evoluzione rispetto a quanto sono oramai abituati a fare tutte le volte che girano, usando un green screen.
Questo per gli attori, ma com'è andata col team di sviluppo? Di solito sono abituati a sviluppare videogiochi in cui la cosa più simile ad Until Dawn, sono le scene d'intermezzo. È stato difficile ottenere un giusto risultato in questo senso?
C'è stata una fase preparatoria, davvero all'inizio del progetto, in cui ci siamo chiariti le idee su quali sarebbero state le differenze rispetto alla normale produzione di un videogioco. Qui ci sono le scene di intermezzo, ma sono inserite nel contesto dell'azione senza soluzione di continuità e possono cambiare a seconda delle scelte che fai, quindi la nostra attenzione doveva essere maggiormente incentrata sull'evolversi della storia, sulle emozioni da trasmettere con il gioco più che sull'azione vera e propria. Anche perché ci siamo dovuti staccare dal tipo di inquadrature usate per un normale action in terza persona o uno sparatutto.
La prima volta che abbiamo visto Until Dawn ci era sembrato un Teen Horror movie, ora ci sembra virato verso atmosfere molto più dark tipiche di film come Hostel o Saw. È solo un'impressione o questo cambiamento è avvenuto davvero?
Non è affatto un'impressione. Abbiamo iniziato a sviluppare per PlayStation 3 e per il Move e il concetto alla base era esattamente quello di un Teen Horror, sviluppato intorno all'idea per cui il Move fosse la torcia usata dai protagonisti per farsi luce durante il gioco. Dopo la presentazione, ci sono state tantissime richieste perché lo trasformassimo in un gioco non solo per Move, quindi abbiamo rallentato lo sviluppo e quando PlayStation 4 si è fatta più concreta, abbiamo cambiato tutto quanto. Una volta abbandonata la prima persona, per rendere più coinvolgente il gioco ci è sembrato che farlo diventare più dark, più angosciante fosse la scelta migliore per mantenere alta la tensione e realizzare una storia più matura e profonda.
L'aspetto più importante è il fatto che, a seconda delle scelte che fai o dalla precisione con cui superi i quick time event, la storia cambia. Ma di quanto? Dei personaggi, quanti possono realmente arrivare vivi sino alla fine?
Possono tutti sopravvivere fino alla fine, così come possono morire tutti o un numero qualsiasi di loro. Salvarne alcuni sarà un po' più difficile, ma puoi sul serio riuscire a salvarli tutti. Più esplori, più approfondisci la storia, più cose scopri e più è facile mantenerli in vita. Hai a disposizione tutto quel che ti serve per farcela, solo che per mantenere alta la tensione alcuni QTE sono accelerati e le scelte da prendere sono più difficili.
Nel gioco c'è un menu con tutti punti in cui una decisione o un evento hanno cambiato la storia del gioco. Sarà possibile, volendo cambiare l'evolversi della trama, rigiocare quel determinato punto e poi proseguire o bisognerà rigiocare tutto il gioco dall'inizio?
Il concetto è che quella di Until Dawn è la tua storia. Quel che succede o quel che decidi determinano la tua storia nel nostro mondo e non la puoi cambiare. Quindi o rigiochi dall'inizio o prosegui fino alla fine con le conseguenze derivanti dalle tue azioni. Questo anche perché raramente c'è un rapporto immediato di causa ed effetto rispetto a un singolo evento, anche perché alcuni cambiamenti possono scaturire da una semplice conversazione i cui effetti si paleseranno molto più avanti nel gioco, quindi non volevamo impattare sulla fluidità e la naturalezza della storia e del suo evolversi.
Ma quindi se ci dovessimo innamorare di una delle protagoniste e questa dovesse morire non ci sarebbe alcun modo di recuperare e farla sopravvivere?
No, perché questo diluirebbe troppo la tensione e la paura di sbagliare, appunto. È un horror e se permettessimo ai giocatori di ripetere delle scene e cambiare l'esito del gioco, finiremmo per avere un finale in cui tutti sopravvivono e in cui nessuno rischia di essersi davvero divertito. Il giocatore deve sapere che da quel che fa dipende l'evolversi della storia: il fatto che qualcuno muoia non vuol dire che diventi una brutta storia, sarà solo diversa.
Nel gioco ci sono molti riferimenti alla magia e alle credenze delle tribù indiane che popolavano la zona in cui è ambientato il gioco. Ci sono quasi subito, però, evidenti riferimenti a una trama molto più thriller e fisica dovuta ai rapporti dei protagonisti con la famiglia che li ospita nelle montagne. Qual è, quindi, la vera natura di Until Dawn?
In realtà, abbiamo costruito il gioco facendo in modo che non fosse chiaro da subito di cosa si trattasse in un senso o nell'altro per tutte le nove ore d'esperienza. Quindi abbiamo messo in piedi una storia molto più profonda di quanto non sembri e che si svela interamente solo andando molto avanti.
C'è un solo finale o cambia solo il numero dei sopravvissuti che arriveranno a vedere quel finale
Beh, un horror in cui tutti I protagonisti arrivano a vedere il finale è molto diverso da un film in cui muoiono tutti, di fatto sono due finali completamente diversi. Non è un problema di finali diversi, che pure ci saranno, ma è proprio che le esperienze di gioco saranno completamente diverse a seconda di cosa deciderai di fare. Ti posso garantire che non ci saranno due giocatori che riusciranno ad avere la stessa identica esperienza, ci sono troppe variabili. La storia è una sola, ma come verrà raccontata è un altro paio di maniche...
Ho letto che state usando l'engine di Killzone: Shadowfall per sviluppare Until Dawn, come mai avete preferito questo, invece che i più comuni engine di sviluppo? Penso siate l'unico team che lo utilizza al di fuori dei Guerrilla...
Prima di tutto perché è un motore proprietà di Sony, poi perché è famoso per essere spettacolare e perché abbiamo collaborato con Guerrilla per la realizzazione di alcune mappe multiplayer su PlayStation 4, quindi avevamo già familiarità con questa tecnologia. Abbiamo modificato un po' di cose per ottenere esattamente cosa volevamo in termini di effetti di luce e stile e abbiamo programmato i tool necessari per catturare le animazioni facciali, ma ci è sembrato molto più semplice che partire da zero con Unreal Engine, per esempio.