A giudicare dalle foto condivise sui social network e dai trend dei motori di ricerca, sembra proprio che la Pokémania (un termine squisitamente anni novanta) sia tornata in voga grazie all'arrivo di Pokémon GO. Il gioco nato dalla collaborazione di Niantic Labs, The Pokémon Company e Nintendo non è ancora stato pubblicato nella maggior parte dei paesi del mondo, ma questo non ha frenato Pokéallenatori in ogni angolo del pianeta dal creare account stranieri o dal bypassare l'App Store ufficiale attraverso siti terzi. Il risultato è stato un sovraffollamento dei server che ha contribuito a far slittare l'uscita mondiale del gioco, ma nell'attesa che questo nuovo fenomeno mobile arrivi (ufficialmente) in Italia, abbiamo passato anche noi ore in giro per la città, collezionando pokémon, cercando PokéStop, incrociando allenatori e conquistando palestre. Quello che abbiamo realizzato dopo decine di chilometri percorsi col naso appiccicato allo schermo è che Pokémon GO non è un buon gioco di Pokémon. Anzi, non è un buon gioco nel senso più ampio. Eppure, questo non sembra avere alcuna importanza: nonostante i suoi numerosi difetti, i problemi tecnici e le incoerenze di design, Pokémon GO è una delle esperienze mobile più travolgenti e pervasive che ci sia mai capitato di provare.
Pokémon GO è un mediocre gioco di Pokémon, ma non siamo sicuri che questo importi davvero...
Un gioco mediocre...
Fin da quel primo trailer in cui folle di ragazzi e ragazze si riunivano a Times Square per catturare Mewtwo, gli appassionati di Pokémon hanno cominciato a chiedersi in che modo Pokémon GO avrebbe retto il confronto con la serie principale. Ebbene, con questo spin-off, Niantic ha preso quello che Game Freak ha scolpito nella roccia in venti anni di sviluppo e lo ha buttato alle ortiche, innestando nell'immaginario creato da Satoshi Tajiri tutta l'esperienza accumulata con Ingress.
Al lancio non viene data neanche la possibilità di scambiare i propri Pokémon o di sfidare altri allenatori, due colonne portanti per la serie fin dal primo episodio per Game Boy. Le uniche battaglie avvengono infatti quando si vuole conquistare una palestra, ma con una mossa che ai puristi sarà sembrata un'eresia, gli sviluppatori hanno abbandonato i rodati scontri a turni in favore di un sistema di combattimento estremamente più insipido, lacunoso e disimpegnato. Tutto si riduce a un semplice tamburellare dello schermo, nella speranza che l'energia del pokémon avversario arrivi a zero prima della nostra. Ci sarebbe pure la possibilità di schivare gli attacchi strofinando lateralmente sullo schermo, ma il lag dovuto ai problemi di connessione rende ogni tentativo di difendersi un vero suicidio. Di conseguenza, anche l'intero sistema di crescita ed evoluzione dei propri pokémon è diventato meno interessante: laddove prima bisognava sudare per vincere battaglie, utilizzare rare pietre elementali, o trovare modi strani, segreti ed esotici per evolvere il proprio pokémon, ora l'intero processo si limita a una tediosa raccolta di caramelle. Il mestiere dell'allenatore ridotto a una fetch quest senza fine. Il fatto è che attualmente a Pokémon GO manca l'anima di Pokémon: l'idea di crescere il proprio starter e la libertà di decidere la formazione del proprio team sono tutti aspetti vanificati dai meccanismi del gioco. Il povero Charmander che abbiamo scelto all'inizio dell'avventura è rimasto abbandonato in favore di Dodrio e Golbat, semplicemente perché nella nostra zona sono i pokémon che è più facile far aumentare di livello. Purtroppo quella di tradire la filosofia dei capitoli classici non è l'unica colpa di Pokémon GO. Da un punto di vista "qualitativo", il titolo di Niantic è un vero disastro, tra server che funzionano a singhiozzi, scarsi contenuti e bug talmente grossi da rovinare completamente l'esperienza, senza contare poi tutta una serie di problemi concettuali e di design. Per com'è concepito, il sistema di palestre e di crescita dei pokémon finisce per essere fin troppo punitivo nei confronti di chi comincia a giocare in ritardo, di chi non può permettersi frequenti spedizioni in giro per la città, o di chi decide di unirsi alla squadra meno forte (che solitamente è quella con meno adepti). Potenziare i primi pokémon catturati vuol dire sprecare le risorse a propria disposizione, dal momento che basta aumentare il livello del proprio avatar per trovare creature più forti e rare che aspettano solo di essere catturate. Ma il vero tallone d'Achille di Pokémon GO è la povertà di PokéStop, palestre e pokémon nelle aree rurali del mondo. Un "urban divide" che costringe chi abita in periferia o nei paesini di campagna a prendere i mezzi per raggiungere i centri delle città se vuole accumulare una manciata di punti esperienza.
...a cui è impossibile resistere
Eppure, tutti questi problemi non hanno minimamente scalfito l'interesse delle persone, che con pazienza e religiosa costanza hanno riavviato l'applicazione ad ogni crash, fatto spallucce ad ogni bug e continuato a fissare per ore lo schermo nella speranza che un Pokémon potesse apparire da un momento all'altro.
Questo perché Pokémon GO combina innovazione tecnologica, componente ludica e interazione sociale in un modo che, spinto dall'appeal del franchise di Nintendo, rende finalmente universali quelle meccaniche da Alternate Reality Game alla base di giochi come Ingress, Turf Wars e Zombies Run!. Sono bastati pochi ingredienti azzeccati, come la possibilità di scattare fotografie che proiettano i pokémon nel mondo reale, competere o collaborare con gli altri giocatori della propria città, e ovviamente collezionare colorate creature come se fossero le figurine di un album. Ai fan di vecchia data non andrà giù, ma se il gioco funziona è proprio perché è ridotto all'osso: mentre si cammina per strada, conquistare una palestra non deve impiegare più di un minuto, interagire con un PokéStop o acchiappare un pokémon deve richiedere giusto un tocco sullo schermo. Il più grande successo di Pokémon GO è stato comunque quello di convincere ragazzi, adulti e bambini a lasciare la poltrona di casa per incontrarsi, esplorare e riscoprire la città. L'ultima volta che un videogioco ci ha spinti a uscire di casa in piena estate fu Boktai per Game Boy Advance, ma a quel tempo in strada non c'era nessun altro con cui condividere l'esperienza. In questi giorni, le persone stanno giocando a Pokémon GO in ogni singolo parco, si incontrano nei locali più vicini ai PokéStop, organizzano camminate di gruppo nelle piazze e nelle vie dello shopping. Uscite di casa, lo vedrete coi vostri occhi. Nell'arco di un fine settimana ne sono successe di tutti i colori, e non sempre con risvolti positivi: in Wyoming una ragazza ha trovato un cadavere mentre era a caccia di pokémon; nella città di Darwin, in Australia, l'attività di giocatori nei pressi della stazione di polizia ha costretto le forze dell'ordine a pubblicare un avviso ufficiale, mentre nel Missouri un gruppo di criminali ha utilizzato il gioco per attirare i suoi utenti e rapinarli. Pokémon GO è a tutti gli effetti un MMO in cui la mappa è il mondo reale e l'avatar è il corpo del giocatore. È uno scenario allo stesso tempo elettrizzante e distopico, più vicino a una puntata di Black Mirror che alle fantasie di chi vent'anni fa giocava con un Game Boy. In fin dei conti, Game Freak avrebbe realizzato forse un gioco migliore, ma solo gli sviluppatori di Ingress sarebbero stati in grado di trasformarlo nel fenomeno dirompente che è diventato in questi giorni.
CERTEZZE
- Ci si sente dei "veri" allenatori di pokémon
- È già un'esperienza collettiva
- Veloce, immediato, difficile da mollare
DUBBI
- Mille problemi tecnici e di design
- Quanto durerà il fenomeno?