Prima di individuare cos'è che unisce Silent Hill f (qui la nostra recensione), l'ultimo capitolo della serie, alla genesi della stessa, è interessante capire cosa lo allontana in termini temporali e geografici. Dall'uscita del primo videogioco, diretto da Keiichiro Toyama e sviluppato dal Team Silent originale, sono trascorsi 26 anni, e circa una ventina di titoli, tra quelli principali, i remake e gli spin-off. Circa diecimila chilometri in linea d'aria passano tra il New England - dove si trova Silent Hill - e la prefettura di Gifu, dove sorge Ebisugaoka. Ma il bello è che questi viaggi spaziotemporali valgono anche al contrario: sono andata e ritorno. Silent Hill f è ambientato negli anni '60, circa 26 anni prima che la città americana venisse maledetta da Alessa Gillespie. E anche le distanze sono effimere: il Team Silent cercava di sbirciare nei quartieri di Chicago, di nuovo a diecimila chilometri di distanza da Tokyo, per creare una riproduzione il più realistica possibile di una cittadina americana costruita sulle sponde di un lago. I numeri tornano, fanno grandi giri convoluti e poi si ripresentano con una puntualità beffarda, fatidica.
Eppure l'opera prescinde dai dati analitici, e Silent Hill f ha l'ardire di presentarsi davanti al pubblico in una forma totalmente diversa dal passato: gli elementi che lo caratterizzano esteticamente non sono più il sangue e la ruggine, l'immaginario non è quello statunitense, l'iconografia che utilizza non è quella giudaico-cristiana che il Team Silent aveva smontato e rimontato fino a ottenere una storia dell'orrore dal gusto ibrido, tra oriente e occidente. Silent Hill f unisce due caratteristiche che solitamente non si verificano contemporaneamente in un'opera: è coraggioso, perché cercare di ricostruire un canone cambiandone gli elementi è un atto colmo di hybris, degna di un team giovane e sfrontato, non certo di un dinosauro come Konami; ed è furbo, perché nel corso dei mesi ha catalizzato su di sé molte domande: perché la f? Si tratta di uno spin-off? Perché chiamarlo Silent Hill se non c'è la città protagonista?
Le risposte a queste domande non solo non sono mai arrivate dalle fonti ufficiali, ma rischiano anche di sfuggire a chi non ha una conoscenza molto specifica di alcuni capitoli della serie. Succede, quando lasci invecchiare la mitologia di un brand per lustri. C'è una generazione di videogiocatori che ha conosciuto Silent Hill principalmente con il remake del secondo capitolo, quello più lontano dalla dimensione occulta ed esoterica della cittadina americana. In questo articolo vogliamo analizzare alcuni elementi che collegano esplicitamente Silent Hill f agli altri capitoli della serie. Chiaramente, tutto ciò che segue è da intendersi come spoiler: ci saranno riferimenti ai finali del videogioco, e anche agli snodi di trama dei capitoli precedenti. Vi invitiamo a leggerlo, quindi, solo se avete finito il gioco o se conoscere i colpi di scena non vi rovina il divertimento.
White Wedding
Per una volta è essenziale partire non dall'inizio, ma dalla fine. Il primo finale di Silent Hill f - ovvero quello che tutti i giocatori raggiungono nella prima partita - ci svela che ciò che stiamo vedendo è frutto di un'allucinazione di Hinako, dovuta all'utilizzo smodato di alcune pillole. Hinako ha iniziato ad assumere anestetici per attenuare i forti mal di testa che la affliggono. In parte, questi dolori nascono dalle tensioni con il padre, che l'ha venduta in sposa a una ricca famiglia di Ebisugaoka, al fine di saldare i propri debiti. Hinako è una ragazza fuori dal suo tempo, ha sempre combattuto contro le etichette di genere, e ha anche avvertito il matrimonio di sua sorella Junko come un tradimento personale (al punto da averne cancellato con rabbia il volto del ritratto nel suo diario), ma anche come una rinuncia alla sua identità.
Sempre nel diario, Junko è riportata non con il nome della sua famiglia d'origine (gli Shimizu), ma con quello di suo marito. Questo è un dibattito ancora molto sentito in Giappone: in seguito al matrimonio è illegale per i due coniugi avere due cognomi differenti, e nella maggior parte dei casi è la donna a rinunciare al proprio. Hinako, quindi, vede nel matrimonio imposto un processo che la costringerà a rinunciare a se stessa, ai suoi amici, alla sua identità, per entrare a far parte invece della famiglia del marito. Per alleviare questo dolore esistenziale, Hinako assume delle pillole.
Procedendo a ritroso, è importante capire da dove arrivano queste pillole. Hinako ha un rapporto speciale con Shu Iwai, il suo "compagno", come lo chiama lei, il figlio della famiglia di medici locali di Ebisugaoka. Questi ultimi sono nel pieno di un processo di transizione tra la medicina tradizionale e quella moderna, e sono in prima linea in una lotta tra la superstizione della gente di Ebisugaoka e l'evoluzione della scienza. Shu, pollice verde, adora coltivare le sue piante medicinali, e ce n'è una in particolare che cresce solo sulle sponde del lago vicino a casa sua: fiori lunghi e bianchi. Li utilizza per realizzare le pillole che ha dato a Hinako. Un antico libro intitolato Erbologia esotica la chiama Hakkokusou, che in Occidente verrà poi conosciuta come White Claudia. Pestando i semi, un aroma di pesca si spande nell'aria e si ottiene una sostanza chiamata kakura-makakura.
Il nome proviene da un antico dialetto di Nagasaki, dove si dice che un missionario olandese (con tutta probabilità Carl Peter Thunberg, discepolo di Linneo che visitò davvero il Giappone nel XVIII secolo) portò i semi, e si rifà alle strutture a nido. La kakura-makakura, infatti, era una droga usata durante le meditazioni, per parlare con il proprio io interiore. Contestualmente veniva utilizzata nelle cerimonie religiose, perché le sue proprietà allucinogene erano così potenti da donare la capacità di poter conferire con gli dei, visitare le loro terre, e persino risvegliare i propri poteri dormienti. Per questo motivo veniva chiamata anche "fiore degli dei". Sappiamo tutto questo perché, nel corso della traversata di Hinako, raccogliamo diversi documenti che ci svelano l'origine e le proprietà della droga che la ragazza sta assumendo ormai da tempo. E, se conoscete la saga di Silent Hill, la presenza di questa sostanza dovrebbe già aver acceso una lampadina nella vostra testa.
La caduta di Silent Hill
Facciamo come i missionari: prendiamo una nave, attraversiamo gli oceani, fino a sbarcare sulle sponde del Nord America, nel New England, in una cittadina costruita sul Lago Toluca che si chiama Silent Hill. Ci sono diverse cose che non vanno come dovrebbero, qui. La prima è senz'altro la diffusione di un culto religioso estremista, un ordine occulto. La leader è Dahlia Gillespie, madre di Alessa, una ragazzina che ha degli strani poteri psichici e che, suo malgrado, verrà scelta come tramite per mettere al mondo il Dio oscuro venerato da sua madre e dagli altri membri dell'Ordine. L'altro disastro che sta piegando la città è lo spaccio della droga chiamata PTV, ricavata da una pianta locale i cui fiori bianchi crescono solo sulle sponde del Lago Toluca. La White Claudia.
Da una parte, quindi, la contaminazione spirituale: quella della religione perversa che distorce alcuni tratti della simbologia cristiana (il Team Silent era composto da ragazzi e ragazze giapponesi cresciuti nel pieno del boom dell'occulto degli anni '60, mescolando nello stesso calderone leggende, miti ed elementi religiosi occidentali). Dall'altra, la contaminazione morale e fisica: lo spaccio della PTV è in mano ad alcune autorità di Silent Hill, tra cui il Dottor Kaufmann, il direttore dell'Alchemilla Hospital, che tiene alcuni membri del personale, come l'infermiera Lisa Garland, sotto ricatto della sostanza.
La droga e il culto vanno a braccetto, perché sono le proprietà allucinatorie della sostanza a permettere ai suoi membri di visitare il mondo degli dei e di interpretare le visioni come segnali divini. La distruzione di Silent Hill avverrà quindi in due direzioni: la droga e la fede cieca, che convoglieranno nella maledizione che Alessa lancerà sulla città. Quella cittadina all'apparenza perfetta diverrà l'inferno immaginato da una ragazzina che ha conosciuto solo il dolore, la paura e il morso delle fiamme.
L'Ordine sarà l'antagonista di quasi tutti i videogiochi della serie, specialmente il primo Silent Hill e Silent Hill 3. Sarà responsabile anche della costruzione dell'Orfanotrofio Wish House, e quindi della vicenda di Walter Sullivan raccontata in Silent Hill 4: The Room. Il loro simbolo è l'Halo of the Sun, e i suoi fedeli venerano le divinità di quello che viene definito Otherworld. In Silent Hill 2 abbiamo poca contezza di tutti questi elementi, dal momento che è strutturato quasi come una seduta psicanalitica di James Sunderland, ma possiamo trovare molti richiami all'Ordine: il simbolo nascosto dietro la carta da parati del motel vicino a Rosewater Park, elementi del rituale di risurrezione per uno dei finali alternativi, e persino una boccetta di White Claudia nel Brookhaven Hospital.
Aglaophotis e la benedizione della felicità
Il fiore di White Claudia, o di Hakkokusou, non è di per sé uno strumento malvagio: è l'utilizzo che ne fanno gli esseri umani a esserlo. A Silent Hill, dove Kaufmann tiene sotto scacco con la promessa di una dose un'intera comunità di tossicodipendenti, e a Ebisugaoka, dove Shu preferisce drogare la sua compagna piuttosto che perderla per un altro uomo. In entrambi i casi la pianta è la stessa, lo stesso fiore, centrale nei piani di controllo del destino di due ragazze. È il fiore di Silent Hill: Silent Hill f(lower).
Ma la pianta non è l'unico elemento in comune tra le due vicende. Quella di Silent Hill è una storia dove bene e male si mescolano indissolubilmente, ma altre volte sono anche ben distinti, perfino in due diversi elementi: una droga che permette di accedere alle dimensioni oscure degli dei, e una sostanza rossa che può esorcizzare il maligno. Se le capacità allucinatorie rappresentano di per sé un mistero per la comprensione umana, ancor di più lo sono le proprietà della Aglaophotis, uno degli elementi più ambigui e simbolicamente pregni della serie Silent Hill.
L'Aglaophotis si posiziona quasi dall'altra parte dello spettro rispetto alla White Claudia: se quest'ultima è uno strumento di controllo, il liquido rosso è una sostanza purificante, un esorcizzante così potente da poter mandare a monte il piano dell'Ordine non una, ma ben due volte durante Silent Hill e Silent Hill 3. Come per la White Claudia (che ha richiami alla vera Ipomea violacea, i cui semi contengono LSA, ovvero una sostanza dagli effetti allucinogeni da cui si ricava l'LSD), anche l'Aglaophotis ha un'origine riscontrabile in alcune opere di occultismo. Pare che fu il medico greco Dioscoride a chiamare così una pianta della famiglia delle peonie, che veniva utilizzata per scacciare i demoni e le maledizioni dovute alla stregoneria. L'Aglaophotis si trova in Silent Hill sotto forma di un liquido rosso intenso, che dobbiamo utilizzare nel finale per evitare che Alessa dia alla luce il nuovo Dio dell'Ordine. In Silent Hill 3, Cheryl ha un ciondolo al collo, al cui interno c'è del liquido rosso: glielo ha regalato proprio suo padre, per proteggerla dall'Ordine.
Se il male ha viaggiato fino a Ebisugaoka, fiorendo sulle sponde del laghetto accanto a casa degli Iwai, anche il bene lo ha seguito. D'altronde, l'uno non può esistere senza l'altro: un liquido rosso intenso, che fa parte da sempre della medicina popolare tradizionale e che a Ebisugaoka utilizzano per alleviare il dolore. Lo chiamano Agura no Hotei-sama, ovvero la benedizione di Hotei: una sostanza capace di esorcizzare il male, di estirparlo dal corpo di chi ne viene posseduto. Hotei, il Buddha sorridente, è una figura complessa, ricca di sfaccettature, che unisce diverse culture e diverse letture proprie del buddismo, del taoismo e dello shintoismo.
L'Agura no Hotei-sama ci permette di esorcizzare il male accumulato all'interno della spada sacra, di ottenere uno dei cinque finali di Silent Hill f, ma non è tanto il suo utilizzo che ci interessa, quanto ciò che rappresenta nel quadro più ampio della mitologia di Silent Hill. Una luce, generata dall'oscurità, un cigno nero. In Silent Hill: Play Novel viene suggerito che l'Aglaophotis proviene da una lavorazione alternativa della White Claudia.
Ecco allora che, in questo viaggio avanti e indietro tra gli Stati Uniti e il Giappone, tra il bene e il male, veniamo ricondotti ricorsivamente tra gli steli bianchi dei fiori nati sulle sponde di un lago che circonda una città maledetta. Silent Hill ed Ebisugaoka si incontrano così come luoghi prescelti. Campi di battaglia dove le forze ancestrali si affrontano in una lotta che vede gli esseri umani ora pedine, ora protagonisti. Protagonisti capaci di contribuire con le proprie paure, i desideri inconfessabili, tutto ciò che la società ha imparato a rimuovere, ma che continua a vivere dentro di noi. Mette radici, come un fiore del male, e poi si libera, nascosto da una nebbia che ne dissolve i confini.