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Cyberpunk 2077: l’intelligenza sarà davvero così avanzata? Quanto c’è di vero nel videogioco?

Quanto c'è di vero in Cyberpunk 2077? Per rispondere a questa domanda abbiamo chiesto aiuto a Marcello Ienca, giovane ricercatore presso il Politecnico di Zurigo che si occupa proprio di etica dell'intelligenza artificiale.

INTERVISTA di Emiliano Ragoni   —   18/12/2020

Lo scenario che ci mette di fronte Cyberpunk 2077 è quello distopico che abbiamo imparato a conoscere molto bene nei romanzi e nei giochi appartenenti al filone cyberpunk, che tanto piace al pubblico.

Il cyberpunk ha infatti un'identità visiva molto forte nell'immaginario collettivo ed effettivamente in Cyberpunk 2077 troviamo questo e molto altro. In tutte le opere ispirate a questo filone però, oltre alle auto volanti e ai robot, la vera protagonista è l'intelligenza artificiale avanzata in grado di generare macchine senzienti. Ma quanto c'è di vero nel videogioco di CD Projekt? Per capirlo abbiamo intervistato Marcello Ienca, giovane e brillante ricercatore presso il Politecnico di Zurigo, nonché consulente Unesco e autore del libro "Intelligenza^2. Per un'unione di intelligenza naturale e artificiale". Il testo, disponibile anche in versione ebook (gratuito) sul sito dell'editore, traccia una precisa ma accessibile (e di pregevole lettura) storia dell'evoluzione dell'intelligenza naturale (del cervello), di quella artificiale e della loro incipiente "fusione" esaminando una panoramica di problemi etici cogenti che nascono con il diffondersi di questi "ibridi uomo-macchina". Leggendolo, viene proprio da pensare: altro che 2077, Cyberpunk is now. Da qui è nata la nostra idea di realizzare un lavoro congiunto con il giovane ricercatore italiano, per capire, a partire dal suo libro e dalla sua ricerca, quanto c'è di attuale nel tanto discusso videogame della CDProjekt. Lo scopo di Multiplayer è sempre quello: stimolare il lettore invitandolo a riflettere. Di seguito le nostre domande.

In base alla tua formazione e alle tue ricerche ci potresti dire quali sono gli elementi visibili in Cyberpunk 2077 (chip sottopelle, braccia robotiche, robot che fanno parte dei cittadini...etc) che effettivamente potremmo trovare nei prossimi anni?
Come racconto nel libro, quasi tutte le tecnologie rappresentate in Cyberpunk non sono inventate, ma esistenti già oggi. Gli impianti neurali ad esempio, vengono utilizzati già da anni per la terapia e il supporto di pazienti neurologici come i malati di Parkinson. E già sono arrivate le prime compagnie, come Neuralink di Elon Musk, che promettono di creare presto impianti del genere anche per le persone sane per scopi di potenziamento cognitivo.

La Braindance, ovvero il dispositivo di registrazione cerebrale impiantato direttamente nel cervello umano che appare in Cyberpunk, non è niente di molto dissimile. Lo stesso vale per le braccia robotiche che già oggi usiamo per dare supporto a chi ha subito l'amputazione di un arto. Per non parlare dei robot, i quali popolano sempre di più la nostra società. E anche le Mega-Corporations che hanno preso il controllo del Paese non ci ricordano forse gli attuali colossi del digitale?

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Le macchine senzienti, che sono il risultato della storia dell'evoluzione dell'intelligenza naturale e di quella artificiale, si portano dietro una serie di problemi di natura etica. Quali sono secondo te? Nel prossimo futuro che ruolo avrà l'intelligenza nelle macchine?
L'intelligenza delle macchine è stata innescata dall'intelligenza degli esseri umani. Però funziona in modo molto diverso. Perché diverso è il sistema che la realizza. Come spiego nel libro, un cervello e un computer non funzionano nello stesso modo. Già oggi le macchine intelligenti sono in grado di liberarci da una gran quantità di compiti stressanti o noiosi come passare l'aspirapolvere, fare i calcoli matematici, memorizzare e recuperare le informazioni.

In un futuro prossimo, ci aiuteranno anche in compiti più creativi come tradurre da una lingua a un'altra, guidare un'automobile, riconoscere le persone dal volto o comporre musica. Sistemi del genere già esistono e hanno prestazioni molto vicine a quelle degli esseri umani più esperti. Se ci proiettiamo in un futuro più lontano, nel 2077 ad esempio, non è inimmaginabile avere macchine la cui intelligenza è indistinguibile da quella umana. In fin dei conti, non c'è nulla di magico o sacro nell'intelligenza umana. Ma solo alcuni miliardi di microprocessori biologici chiamati neuroni.

Però non bisogna neanche dare per scontato che ciò avverrà. Per ricreare un'intelligenza di livello analogo all'intelligenza umana è con buona probabilità necessario capire nel dettaglio il funzionamento del nostro cervello. È siamo ben lontani da questo.

Intelligenza Artificiale Commerciali 01

Si parla tanto di intelligenza ma spesso la sua definizione non è molto chiara: ci potresti dare una sua definizione? Attualmente l'intelligenza viene valutata (anche) tramite il QI: secondo te gli strumenti per la valutazione dell'intelligenza potrebbero evolversi?

Non esiste una definizione unanimemente condivisa di intelligenza. Specialmente in relazione all'intelligenza artificiale quelle di "intelligenza" si è rivelata essere una definizione tappabuchi: essa è tutto ciò che solo gli esseri umani sanno fare. Un tempo si consideravano intelligenti cose come il calcolo aritmetico.

Poi quando si è visto che anche le calcolatrici del supermercato ci riuscivano si è deciso che l'intelligenza artificiale dovesse essere qualcosa di più sofisticato, più legata a cose come la visione, il ragionamento, o il linguaggio. Quando nei supermercati del 2077 venderanno macchine in grado di vedere, ragionare o parlare, qualche uomo del futuro dirà che "intelligenza" significa ancora qualcos'altro, qualcosa che le macchine ancora non sapranno fare come, ad esempio, avere un'esperienza cosciente.

E così via finché non ci saranno più buchi da tappare. Nel libro cerco pertanto di sviluppare un concetto meno antropocentrico di intelligenza, uno che possa spiegare le sorprendenti e svariate capacità degli esseri umani, degli altri animali, degli organismi più elementari e delle macchine. Test standardizzati come il QI riescono a cogliere solo alcune di queste capacità. Con l'evoluzione dell'intelligenza artificiale sarà inevitabile ripensare anche gli strumenti per la misurazione dell'intelligenza.

Quale sarà il ruolo dell'intelligenza nel futuro? Essere più intelligenti è un vantaggio per il futuro, oppure il rischio è quello di trovarsi di fronte a uno scenario come quello di Cyberpunk 2077?
Il Mondo ritratto da Cyberpunk 2077 è quello della singolarità tecnologica, ovvero il punto di sviluppo della civiltà in cui il progresso della tecnologia accelera oltre la capacità di comprensione e controllo da parte degli esseri umani. Però invece di generare un'utopia tecnologica in cui le macchine intelligenti migliorano la vita dell'uomo, questa singolarità crea una distopia caratterizzata da violenza e conflitto sociale. È possibile che la tecnologia causi uno scenario distopico del genere? Sì, certamente. Ma non per il motivo che pensano in molti. Cioè non perché delle macchine intelligenti diverranno violente e soggiogheranno gli esseri umani.

Ma perché noi esseri umani avremo sviluppato queste tecnologie nel modo sbagliato, cioè non tenendo in considerazione i principi etici e le implicazioni socio-politiche di questo sviluppo tecnologico. Le Mega-Corporations che dominano la società in Cyberpunk 2077 ricordano molto il modo in cui gli attuali colossi del digitale tengono in scacco la politica e creano una società sempre più basata sulla sorveglianza di massa.

I cyber-impianti che manipolano i personaggi di Cyberpunk non sono altro che una fusione tra due tecnologie già esistenti: gli algoritmi per fini manipolativi e gli impianti neurali. È per questo che nel libro sostengo che ci troviamo ad un crocevia storico di estrema importanza: sta a noi decidere se cominciare ad indirizzare lo sviluppo tecnologico per il bene dell'umanità (e non solo di pochi) o decadere in una distopia come quella di Cyberpunk.

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Quali sono i rischi dell'ibrido uomo-macchina? Dalla loro convergenza evolutiva si possono ricavare strumenti utili per "vedere" più in profondità nella nostra testa? In tal proposito, la scienza conosce effettivamente bene il cervello umano?
Prima ancora di essere un rischio, l'ibrido uomo-macchina è un'opportunità. Le macchine possono già oggi ripristinare o rimpiazzare le funzioni ormai perdute in persone che hanno subito l'amputazione di un arto o una malattia neurologica. Presto ci consentiranno anche di controllare oggetti con il pensiero e trasformare il pensiero in linguaggio sintetico. Ciò che ancora è più affascinante è che l'intelligenza artificiale e le neurotecnologie ci consentiranno di conoscere meglio noi stessi, in particolare il nostro cervello.

Il cervello umano è l'organo più complesso dell'universo conosciuto e sappiamo ancora pochissimo sul suo conto. Eppure esso è la nostra finestra sul mondo. Qualsiasi cosa che abbiamo mai pensato, visto, sentito o detto non è altro che un processo biologico avvenuto nel nostro cervello. Il problema è che anche tecnologie benevole possono essere usate per fini malevoli. Un coltello può sbucciare una mela o accoltellare una persona innocente. Dipende da come lo si usa. Nel libro spiego come lo stesso valga per l'intelligenza artificiale e la bioingegneria.

In che modo sarà possibile potenziare l'intelligenza naturale tramite l'intelligenza artificiale?
L'essere umano ha sempre utilizzato la tecnologia per potenziarsi e migliorarsi. Anche delle semplici scarpe, un taccuino o degli occhiali da vista sono, da un punto di vista evolutivo, degli strumenti che ci consentono uno straordinario potenziamento delle nostre capacità fisiche e percettive. Le tecnologie più avanzate di cui disponiamo oggi non sono che il passo successivo in questo processo di evoluzione tecnologica. Mentre però tutta la storia della tecnologia fino ad oggi è in qualche modo finalizzata a creare strumenti al servizio dell'uomo, l'intelligenza artificiale e le neurotecnologie aprono due scenari completamente nuovi: ovvero creare degli strumenti tecnologici che sono o completamente autonomi (e quindi indipendenti dall'uomo) o addirittura integrati all'intelligenza umana come in una sorta di simbiosi tra cervello e macchina. Questi scenari senza precedenti aprono dei nuovi orizzonti nella storia della nostra specie. Sta a noi scegliere tra l'utopia e la distopia.