Sul finire del 2001 arrivava sul mercato giapponese il sequel di quel Metal Gear Solid che tre anni prima aveva cambiato per sempre il modo di intendere la narrazione in un videogioco. L'evoluzione di quel titolo rispetto ai pochi predecessori - Resident Evil su tutti - aveva permesso di avvicinare l'esperienza ludica alla narrazione cinematografica, senza per questo lasciare da parte il gameplay. Col secondo capitolo in arrivo, Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, il mondo era convinto di trovarsi davanti un'evoluzione tecnologica di quanto vissuto precedentemente. Il passaggio generazionale e la crescente importanza del nome di Hideo Kojima apparivano come due lasciapassare sufficienti Nonostante questo, e nonostante un metascore comunque altissimo per la serie, MGS 2 non è sempre stato visto come il capolavoro di cui oggi parliamo spesso.
Il George Washington Bridge
L'importanza scenica del personaggio di Solid Snake, presentato nell'iconica sequenza del lancio dal George Washington Bridge (non a caso conosciuto anche come GW Bridge) è stata in grado di generare un hype talmente esagitato, così intenso, da rendere ancor più rovinosa la caduta alla fine di quello che, a tutti gli effetti, può essere considerato il prologo dell'esperienza. La suddivisione del gioco in due parti ben distinte - Tanker e Plant - si sono rivelate, nel tempo, anche le due anime di un progetto particolare e produttivamente astruso. L'aver tenuto nascosto la presenza di Raiden fino alla fine, così come la sua natura di vero protagonista, risultava qualcosa di ancora mai provato nel mercato videoludico e, proprio in quanto avanguardista, venne poco compreso dal grande pubblico. D'altronde ancora oggi, seppur in percentuale minore, sono molti coloro i quali ritengono Metal Gear Solid 2 un capitolo poco riuscito, sia narrativamente sia per quanto concerne il gameplay.
Provando ad essere del tutto sinceri ed analitici, si potrebbe anche dire che tutta la sezione sulla Big Shell non spicca per level design e differenze cromatiche, ma si tratterebbe di un modo profondamente ingiusto di trattare un'opera che nasconde tantissimo al di sotto del suo velo di Maya. Approfondire le tematiche ed i simbolismi di questo capitolo della Metal Gear Saga richiederebbe un saggio a parte. Ciò che ci preme trasmettere oggi è che quella stessa potenza comunicativa la si può ritrovare anche in Death Stranding. Lì dove diciotto anni fa Hideo Kojima inseriva nel suo gioco le proprie idee riguardo i meme, anticipando di gran lunga l'esplosione del fenomeno online, questa volta ci tiene a farci sapere cosa pensa di quel che siamo diventati e di quello che, a detta della storia di questo pianeta, probabilmente diventeremo. Metal Gear Solid 2 è stato per diciotto anni il videogioco post-modernista per eccellenza, in grado di inserire al suo interno più tematiche e simbolismi di qualsiasi altro esponente del medium. In questo modo è riuscito a dare il via ad una maniera di intendere il nostro passatempo come una possibilità espressiva superiore e approfondita, utile anche per parlare a noi della nostra storia e di ciò che potremmo diventare. In qualche modo questo aspetto ricorda l'apporto che la fantascienza cinematografica ha avuto per la scienza reale. La differenza sostanziale sta "solo" nella possibilità di interagire, ed è esattamente questo che ha permesso a quel capolavoro di ergersi a pioniere di un modo di vedere il videogioco.
All'alba del diciottesimo compleanno di quello splendido esponente della crescita videoludica, Death Stranding è quindi pronto a prenderne il posto, scontrandosi con un mercato ancor più cattivo ed un'opinione pubblica tutt'altro che maturata. Al contrario la libertà regalata da internet ed il falso coraggio dimostrato da più di un giudizio esperto, sono sufficienti a far comprendere come la vita dell'ultima opera di Kojima sia destinata a lasciarsi dietro ancor più vittime di quanto non sia accaduto in precedenza.
A far sorridere ancor di più è la consapevolezza che in questo caso ci troviamo di fronte ad un titolo che tenta di inculcare nel giocatore tematiche e simbolismi ben più attuali e a volte meno ricercati di Sons of Liberty. A differenza di quest'ultimo però, lo fa con un gameplay estremamente meno inclusivo, caratterizzato da una profonda solitudine che si affianca alla volontà di connettere, anzi alla necessità di farlo. È questa la più grande colpa di Death Stranding ed anche il motivo per il quale non raggiungerà mai la posizione di Metal Gear Solid 2: la sua difficoltà di fruizione. Se il vecchio capitolo di Metal Gear parlava a pochi ma risultava godibile per molti, qui ci troviamo di fronte ad un'opera che esclude tanti, per tentare di parlare a tutti.
Un’esplosione che per noi sarà l’ultima
Lungi da noi rischiare di rovinarvi l'esperienza, ma è chiaro che in questa fase e a briglie sciolte grazie alla scadenza dell'ultimo embargo, è il caso di iniziare ad analizzare più a fondo le implicazioni di trama di Death Stranding. Sono le tematiche che in qualche modo rimandano all'eredità di Metal Gear Solid 2. Come detto prima, la più grossa differenza è riscontrabile nel diverso tipo di simbolismo. Lì dove diciotto anni fa l'intenzione era riflettere sulle implicazioni future di un certo tipo di "figure ricorrenti", giocando sulla replica degli avvenimenti di Shadow Moses, sulla natura eroica e irraggiungibile di Solid Snake e sulle intelligenze artificiali, Death Stranding tenta invece di analizzare ciò che la società attuale è già pericolosamente vicina ad essere.
La totale sparizione di qualsiasi accezione di compenso al fine di trasformare tutto nell'accumulo seriale di like è da una parte la ricerca del divertimento fine a sé stesso, ma dall'altra anche la volontà di fare critica verso una società che fa delle "spolliciate" il metro di giudizio dell'importanza sociale e, quindi, del valore totale dell'individuo e non solo della sua notorietà. Questo tema, per quanto sottotraccia, può tranquillamente mettere a nudo la superficialità di una razza che ha probabilmente raggiunto l'apice della sua evoluzione e che, per questo, è destinata all'estinzione.
La tematica della fine della nostra specie è stata annunciata fin dai primissimi trailer, quando appunto si cita "un'esplosione che per noi sarà l'ultima". È però solo nella totalità di trama, più lineare e fortemente comprensibile di quanto non si credesse, che trova spazio la speranza di un mondo alla deriva. D'altronde l'immaginario dietro a Death Stranding è quanto di più disastroso e irrecuperabile si possibile pensare. Il mondo dei vivi si è fuso a quello dei morti e quei pochi esseri umani ancora sul pianeta si nascondono in zone delimitate, sconnessi dal resto del pianeta e incapaci di portare avanti la prosecuzione della specie. Nonostante questo nessuno sente davvero il peso della carestia, elemento che aiuta a comprendere come il nostro totale asservimento alle comodità odierne ci sta portando a perdere di vista le priorità, incapaci anche di accorgersi della tragedia sociopolitica nella quale stiamo attualmente vivendo. Senza nemmeno dover citare le interviste in gioco che parlano chiaramente di Donald Trump e dei suoi "Muri" che dividono, Death Stranding non è un inno alla desolazione. Al contrario è una grande richiesta d'aiuto e un fortissimo grido di speranza a ritrovare quella comunità di intenti che ci ha resi grandi e che potrebbe risultare l'unico modo per salvare un pianeta allo sbando, soprattutto a causa nostra.
L'ambientalismo è infatti l'ultima delle grandi tematiche che accompagnano un viaggio straordinario. Non a caso la scelta del litorale, degli animali spiaggiati e "incatramati" e la voglia di parlare alla coscienza di tutti quanti noi è alla base della volontà di un'opera non così difficile, ma certamente profonda. Un'opera che richiede un grande atto di fede nel digerire un gameplay che può indubbiamente risultare pesante, ma che mai come questa volta dovrebbe valere il vostro tempo. Alla faccia di tutti quelli che credono che, in quanto videogioco, Death Stranding dovrebbe limitarsi ad essere tale, l'unico consiglio che possiamo darvi è quello di testarlo, scevri da pregiudizi e considerazioni affrettate. Date al gioco il tempo di permettere a voi di metabolizzare e, forse, potreste scoprire il nuovo Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty.
Avremo modo di tornare ancora su tutti quei dettagli che non abbiamo ancora sviscerato: uno su tutti l'importanza della memoria di un secolo caratterizzato da tre tra le più importanti guerre di sempre. Nel frattempo però speriamo di essere riusciti a farvi capire perché Death Stranding non può e non deve per nessuna ragione passare inosservato