Halloween è l'occasione perfetta per fare un bilancio sui videogiochi horror più riusciti che abbiamo visto nel corso degli ultimi dodici mesi. Dal momento che si tratta di uno dei generi più floridi (ma anche più difficili da afferrare), specialmente nelle produzioni indipendenti, questo periodo può essere adatto a riscoprire qualche titolo che magari è passato inosservato nel marasma delle uscite più grandi. Ed è un peccato, perché spesso queste piccole esperienze sanno mettere l'accento dove serve e regalare finestre aperte su mondi horror spesso indimenticabili.
Abbiamo deciso quindi di scegliere alcuni dei videogiochi indie più inquietanti con cui passare qualche (s)piacevole ora di orrore. Ognuno per un motivo e per un gusto diverso.
Fear the Spotlight, il teen horror
Il primo videogioco prodotto dalla leggendaria etichetta cinematografica Blumhouse è una storia molto classica: Amy e Vivian si intrufolano a scuola, di notte, per rubare una tavola ouija e allestire una seduta spiritica. È un piano rischioso -oltre che un incipit perfetto per un film horror- ma Amy è innamorata di Vivian e farebbe di tutto per impressionarla.
Le cose, ovviamente, precipitano in fretta: lo spirito arriva, si porta via Amy e lascia Vivian in una dimensione spettrale. La ragazza dovrà scoprire il terribile segreto dell'incendio che anni prima ha devastato la scuola, cercando di salvare la sua amata ed evitando lo scontro con un mostruoso stalker che ha un riflettore al posto del capo.
Fear the Spotlight si rifà agli horror dell'epoca Playstation, sia nell'estetica squisitamente retrò, che nel ritmo e nella volontà di anteporre sempre l'esplorazione e la risoluzione degli enigmi allo scontro. È un'esperienza horror morbida, per chi non ama spaventarsi eccessivamente e magari è allergico agli spaventi. La storia però sa costruire i suoi momenti di inquietudine, specialmente quando ruota attorno ad alcune tematiche delicate, ma sempre con una certa vena di romanticismo che smorza tutto. Il suo pregio più grande è saper dosare con saggezza il ritmo della produzione.
Consigliato a chi ha amato i videogiochi horror come i Project Zero e Haunting Ground, ma anche a chi adora la produzione Blumhouse, fatta di spaventi a volte ingenui con una forte impronta estetica americana. Nel caso in cui siate curiosi, questa è la recensione di Fear the Spotlight.
Buckshot Roulette, l’horror marcio
Avete presente Incryption? Togliete le carte da gioco e metteteci un fucile a pompa. Ecco Buckshot Roulette.
L'idea è davvero semplice e altrettanto terrorizzante: un orribile demone che sembra uscito dal peggiore degli incubi, un'arma da fuoco, poche munizioni. Si carica il fucile, si imbraccia e poi un colpo a noi, l'altro a lui. Chi becca la pallottola in canna... be', potete immaginare.
Ci sono poche regole: i proiettili diventano di più a ogni turno che passa, ed è possibile utilizzare degli oggetti pescati a caso per beneficiare di alcuni effetti positivi. Una cicca al momento giusto può restituirci un po' di salute, e una lente d'ingrandimento ci aiuta a sbirciare dentro al fucile e a capire l'esito del turno successivo. Eppure la sostanza non cambia mai: a un certo punto sarete solo voi e il grilletto. In palio c'è una valigia piena di banconote. Ma chi sarebbe così pazzo da affrontare una tortura del genere?
Appena ci si siede al tavolo di Buckshot Roulette, e ci si rende conto dell'incubo in cui ci si è cacciati, la tensione schizza alle stelle. Sembra quasi di rivivere una versione distorta dell'iconica scena de Il Cacciatore, in cui Robert De Niro sfida un alienato Christopher Walken alla roulette russa. Un'idea semplice, semplice capace di trasportarti in una dimensione distorta dove la vita e la morte non hanno valore e la sopravvivenza è legata a una sfida, a una scommessa. A un gioco.
Consigliato a chi ha amato Inscryption, e ha apprezzato la saga di Saw - L'enigmista. E a chi ha il coraggio di mettere in gioco tutto. Qui lo potete giocare online, anche senza dover andare su Steam.
Crow Country, l’horror nostalgico
Quando Mara arriva a Crow Country, un vecchio e dismesso parco giochi nella periferia americana, lo trova chiuso. Questo però non la ferma: prende la mira, spara al lucchetto ed entra lo stesso. Il suo obiettivo è trovare Edward Crow, il proprietario del parco. Con lui ha un conto in sospeso. Peccato che tra Mara e il signor Crow ci sia di mezzo un luna park pieno zeppo di creature da incubo: zombi semi disciolti, slime mangiauomini e mostri dalle zampe lunghe come quelle degli insetti.
Crow Country è un perfetto omaggio al primo Resident Evil e a Silent Hill, pur mantenendo un approccio al genere molto moderno.
La filosofia di fondo segue la progressione tipica dei classici Capcom: si recuperano chiavi, si risolvono enigmi, e si sconfiggono nemici sempre più coriacei, cacciandosi in guai dal quale si esce solo grazie a un arsenale nutrito di armi da fuoco. Abbiamo apprezzato particolarmente le citazioni a cult cinematografici come Il signore del male, ma anche a momenti iconici come l'indimenticabile incipit di Silent Hill 3.
Crow Country è un'avventura piccola ma concentrata, a cui non manca nulla per diventare un classico moderno. Sul sito ufficiale potrete trovare tutto quello che vi serve per recuperare il gioco.
Consigliato a chi ama i videogiochi horror dell'epoca PlayStation, a chi apprezza l'estetica tipica di quegli anni ma non vuole rinunciare ai miglioramenti che il genere ha conquistato nel corso del tempo.
Lorelei and the Laser Eyes, l’horror weird
Una donna arriva in un vecchio hotel, il Letztes Jahr. È un'attrice, ed è stata invitata lì da Renzo Nero per realizzare un film. Anzi, il capolavoro di Renzo. Ma quando Signorina, la nostra protagonista, scende dall'auto e comincia a incamminarsi verso la struttura, scopre che ad accoglierla ci sono una marea di strani enigmi, e un cast di personaggi che sembrano usciti da un film dell'orrore: una bambina che indossa una maschera con le fattezze di un coniglio, un'inquietante anziana sul letto di morte, un tipo che se ne va in giro con la testa a forma di labirinto.
E poi è l'hotel stesso a essere strano: pare uscito da un quadro di Escher, scale e corridoi danno vita a un dedalo inestricabile e lei, a differenza di Teseo, non ha nessun filo da seguire. O quasi.
Lorelei and the Laser Eyes è un viaggio tra fiction e realtà, tra la fantasia e il mondo tangibile. È perfino difficile definirlo e rinchiuderlo dentro a un genere, ma ci abbiamo provato nella recensione. È chiaro che il riferimento più immediato sia il cinema di David Lynch, e per questo abbiamo deciso di inserirlo tra gli horror, ma si tratta di un'esperienza più stramba che spaventosa, che vi chiederà spesso di fermarvi a ragionare per minuti, per ore, alle soluzioni degli enigmi che presenta. Proprio questa sua intangibile natura mutaforma è il segreto che riesce a trascinare il giocatore in un incubo in bianco e nero che cambia molte volte prima del tesissimo finale, diventando thriller e horror, commedia e cinema d'autore.
Consigliato a chi ha amato Twin Peaks. A chi vuole una sorta di The Witness horror, e a chi ha letto e apprezzato Casa di Foglie.
A Quiet Place: the Road Ahead, il metahorror
Qualche anno fa, A Quiet Place arrivava nelle sale cinematografiche lanciando un inquietante interrogativo: come si sopravvive in un mondo in cui non puoi emettere il minimo rumore? Non c'è una risposta semplice e difatti, nel film, la razza umana è ormai alla mercé di terribili predatori dotati di un udito eccezionale, che possono eliminare chiunque emetta anche il minimo suono. La pellicola aveva un'idea così eccezionale che veniva naturale chiedersi: cosa farei in quella situazione?
La cosa incredibile è che ci sia voluto così tanto tempo per farci un videogioco, ma quest'anno Stormind Games, studio di sviluppo italiano, ha sfruttato tante delle ottime intuizioni di Alien Isolation per realizzare un vero e proprio metahorror. Una delle funzionalità del videogioco, infatti, prevede che i mostri riescano a sentire i veri rumori che il videogiocatore emette attraverso il microfono del PC o del pad.
Questa caratteristica si integra perfettamente con tutte le meccaniche che, nel videogioco, obbligano il personaggio a limitare al massimo il baccano: pozzanghere da evitare, barattoli, sassi, erba alta da non calpestare, porte che scricchiolano e che vanno aperte pian, piano. Ma a questo punto la tensione raddoppia, perché basta un telefono che squilla in salotto, il cane che passa a tutta velocità abbaiando davanti alla TV, o magari il corriere che suona al citofono, per scatenare le creature e condannare la nostra protagonista a una brutta fine.
Consigliato a chi ha amato il film A Quiet Place, ma anche a chi ha perso ore di sonno con quel grande videogioco che era Alien Isolation.