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Indiana Jones sfida i nazi, ma sono quelli della visuale in terza persona

L'annuncio di Indiana Jones e l'antico Cerchio di MachineGames è stato accolto con entusiasmo, ma accanto agli elogi non sono mancate le critiche degli integralisti.

Indiana Jones sfida i nazi, ma sono quelli della visuale in terza persona
SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   20/01/2024

Durante l'Xbox Developer Direct dedicato al 2024 della casa di Redmond c'è stato un titolo in particolare che si è preso con scioltezza il centro del palcoscenico: la presentazione di Indiana Jones e l'antico Cerchio sviluppato da MachineGames - studio reso celebre dai lavori sul filone moderno della serie Wolfenstein - è riuscita a spazzare via la maggior parte dei dubbi sorti al momento dell'annuncio, mettendo in scena una serie di sequenze al cardiopalma che hanno convinto quasi tutti gli appassionati. Ma non è un caso se abbiamo dovuto aggiungere un "quasi": accanto al coro di voci soddisfatte si è infatti generata un'eco ormai destinata ad accompagnare la maggior parte delle produzioni in soggettiva, ovvero quella degli integralisti della visuale in terza persona che faticano a concepire l'esistenza e il foraggiamento di formule diverse.

"Sarebbe stato meglio in terza persona". "A che serve avere Harrison Ford se poi osserviamo il mondo attraverso i suoi occhi?". "La prima persona non fa percepire che si tratta di Indiana Jones". "La visuale di Tomb Raider e Uncharted non si batte". Com'era estremamente prevedibile, i social network e le comunità sul web sono state rapidamente inondate tanto dagli elogi quanto da considerazioni di questo genere, ormai divenute una presenza immancabile: era già successo, per esempio, quando fu mostrato per la prima volta il gameplay del Cyberpunk 2077 di CD Projekt RED, titolo attorno al quale ancora oggi, ogni volta che viene pubblicato un contenuto, spuntano le considerazioni di chi si rifiuta di dargli un'occasione proprio a causa della visuale in soggettiva. Insomma, l'Indiana Jones di MachineGames sembra un gioco straordinario, ma per prima cosa dovrà affrontare i detrattori della visuale in terza persona.

Perché fare Indiana Jones in prima persona?

La visuale in prima persona, il più grande nemico dei videogiocatori contemporanei
La visuale in prima persona, il più grande nemico dei videogiocatori contemporanei

Inutile prendersi in giro: se il prossimo grande gioco di MachineGames adotterà la visuale in prima persona - in realtà in una peculiare formula ibrida - è prima di tutto per rispondere a due esigenze fondamentali. La prima è quella di sfruttare al massimo il talento dello studio, che ha dimostrato un elevatissimo grado di maestria nella costruzione tecnica e meccanica degli episodi di Wolfenstein che ha curato, dedicando particolare attenzione alla componente cinematografica, al design di mappe compatte seppur dotate di percorsi multipli, ovviamente alle immancabili sparatorie, ma soprattutto alla potenza delle interazioni con l'universo di gioco. La seconda, che è un po' il segreto di Pulcinella, risiede nell'evidente volontà di distaccarsi da produzioni qual Tomb Raider e l'Uncharted di casa PlayStation, marchi che probabilmente non sarebbero mai esistiti se non fosse stato per Indiana Jones, ma che paradossalmente si sono ritrovati a rappresentare l'epitome di questo particolare sottogenere, rischiando di far sembrare quello che di fatto è loro padre naturale come un semplice imitatore imperfetto.

Non si tratta, fra l'altro, di una visuale in soggettiva pura, ma di una versione ibrida che mescola diversi punti di vista a seconda della situazione in essere. Le pareti rocciose da scalare, le zipline da percorrere, nonché la maggior parte delle sequenze precalcolate, spostano la telecamera alle spalle dell'Harrison Ford digitale, mettendo nero su bianco quella che a conti fatti è un'evidenza per alcuni difficile da digerire: se solo avessero voluto, gli sviluppatori di MachineGames avrebbero potuto costruire l'intera avventura in terza persona. Si tratta dunque del frutto di una scelta consapevole che, oltre alle ovvietà di cui sopra, mira a "distaccare il nostro gioco dai molti altri action adventure, rendendolo un'esperienza unica che non si può trovare altrove", per utilizzare le parole del design director Jens Andersson, che ha aggiunto: "Il gameplay in prima persona è parte del DNA di MachineGames e volevamo vedere come potevamo usarlo per creare un'esperienza coinvolgente incentrata sul vestire i panni dell'archeologo più famoso del mondo."

Immersione e immedesimazione

La visuale ibrida e le sequenze cinematiche sembrano in realtà sciogliere il problema sul nascere
La visuale ibrida e le sequenze cinematiche sembrano in realtà sciogliere il problema sul nascere

Una delle critiche più ricorrenti si concentra sul fatto che la prima persona svuoterebbe del suo contesto il mondo di Indiana Jones, facendolo sembrare un titolo generico e mancando di trasmettere la sensazione di impersonare il professore, fra l'altro modellato con estrema cura attorno ai lineamenti del giovane Harrison Ford. Ma siamo nel 2024 e un videogioco ha a disposizione migliaia di modi per promuovere l'immedesimazione senza necessariamente sbattere costantemente il protagonista in faccia al giocatore: lo fa attraverso le sequenze precalcolate e sviluppate in motion-capture, lo fa attraverso la colonna sonora ispirata al lavoro di John Williams, lo fa ogni volta che, passando in un corridoio poco illuminato, si staglia sul muro l'ombra inconfondibile del cappello fedora, lo fa soprattutto mettendo in mano al protagonista un accendino che non è un banale accendino, ma l'accendino Imco Triplex Super utilizzato dal personaggio di Marion Ravenwood nel film Indiana Jones e i Predatori dell'Arca Perduta.

Paradossalmente il rischio più grande in termini di esperienza di gioco sembra risedere proprio nella visuale ibrida, che risulta quasi forzata all'interno dell'amalgama per accontentare chi volesse a ogni costo distinguere nitidamente la silhouette di Indy. Fa riflettere, in tal senso, che alcune di queste critiche provengano da appassionati di vecchia data di Indiana Jones, in quanto tali passati probabilmente attraverso la straordinaria era del videogioco Indiana Jones and the Fate of Atlantis, quando uno stilizzato mucchietto di pixel non precludeva in alcun modo l'immedesimazione. Oggi alcune di quelle stesse persone richiedono la terza persona, perlomeno in forma ibrida, perché altrimenti correrebbero il rischio di dimenticarsi di essere Indy nonostante il costante utilizzo della frusta, l'esplorazione e l'attivazione di antichi meccanismi, ma soprattutto i pugni in faccia inferti ai nazisti, anzi, ai fascisti, dal momento che proprio la visuale in prima persona consente di distinguere nitidamente i dettagli della tipica uniforme militare italiana.

L'integralismo della terza persona

La visuale in prima persona apre a molte soluzioni inedite del gameplay
La visuale in prima persona apre a molte soluzioni inedite del gameplay

Posto che i gusti sono leciti e non c'è assolutamente niente di male nell'esprimere la propria preferenza nei confronti di una determinata formula - e che addirittura esistono condizioni fisiche che rendono difficile approcciare la visuale in soggettiva - attorno alla visuale in terza persona nei videogiochi si sta formando una sorta di crociata integralista, dal momento che arriva a mettere in discussione scelte di natura esclusivamente creativa e autoriale molto prima della pubblicazione. È emblematico il caso di Cyberpunk 2077, oggetto di un violento attacco proprio perché "gli RPG devono essere in terza persona" - genere fra l'altro storicamente radicato nella soggettiva - nonostante l'obiettivo di CD Projekt RED fosse quello di lavorare proprio sulla natura immersiva dell'avventura, lasciando molto in secondo piano l'elemento ruolistico. Una fetta dell'utenza dà sempre più spesso per scontato che la terza persona abbia in qualche modo vinto il confronto fra le diverse ispirazioni, che si sia dimostrata migliore rispetto alla concorrenza, rendendo di converso obsoleta e inadatta la controparte, specialmente in contesti come i giochi d'avventura.

Al contempo, tuttavia, si tratta di discussioni che maturano principalmente prima della pubblicazione dei videogiochi, portando molto di rado all'emersione di riletture postume. Nessuno, oggi, si lamenta del fatto che la serie Bioshock di Ken Levine, i Dishonored e il Prey di Arkane Studios, il Metroid Prime di Nintendo, magari l'Outer Wilds di Mobius Design o addirittura i Deus Ex, fra l'altro ibridi proprio come Indiana Jones, abbiano adottato la visuale in soggettiva, ed è evidente che nessuno fra i succitati titoli renderebbe allo stesso modo attraverso un approccio differente. La prima persona nel contesto di Indiana Jones apre opzioni molto interessanti sul fronte del gameplay effettivo, a partire dalla risoluzione di enigmi ambientali che potrebbero rivelarsi ben più profondi ed elaborati rispetto alle classiche tombe di Tomb Raider, magari ancorandosi all'antica eredità da avventura grafica di Myst, forse pescando ispirazioni dalla più vecchia tradizione di Thief, sempre e comunque sfruttando l'impronta creativa e le capacità tecniche di una MachineGames che, in questa dimensione, si è dimostrata un'assoluta eccellenza.

Libertà creativa

Che ne sarà alla fine dell'opera di MachineGames?
Che ne sarà alla fine dell'opera di MachineGames?

Insomma, se per la lotta contro i nazisti e i fascisti dell'Asse dovrà probabilmente attendere la fine dell'anno, Indy si è già trovato ad affrontare una prima battaglia contro quelli della visuale in terza persona, sempre più determinati a mettere in discussione qualsiasi cosa si discosti da quella che ritengono una regola aurea dei videogiochi. Si potrebbe chiudere con la più grossa delle banalità, ovvero affermando che esistono tantissimi film che consentono di osservare Indiana Jones all'opera, mentre solo un videogioco può concedere di essere Indiana Jones, tuttavia non si giungerebbe al nocciolo della questione. Gli sviluppatori di videogiochi, per innovare, per percorrere sentieri differenti e stupire con successo gli appassionati, devono adottare soluzioni imprevedibili, magari all'apparenza sgradite, talvolta fortemente criticabili, ma sempre nel tentativo di dar forma alla propria visione creativa, perché solo in questo modo, nel corso degli anni, è capitato di imbattersi nelle opere capaci di lasciare segni profondi. Indiana Jones e il l'antico Cerchio sarà una di quelle? Al momento è ancora presto per sbilanciarsi, ma aprire la mente non costa nulla.