La storia recente ci ha insegnato che esistono due modi per affrontare un remake in fase di progettazione: mentre alcuni studi optano per un sentiero difficile e irto di pericoli, inseguendo il tentativo di migliorare e modernizzare le antiche meccaniche per consegnare al pubblico qualcosa di nuovo - cosa che, per esempio, è capitata con risultati contrapposti a opere come Resident Evil 2 e Final Fantasy VII - altri scelgono invece la sicura strada della fedeltà quasi cieca, sfruttando tutto il potenziale del balzo tecnologico per elevare alla potenza il comparto grafico ed estetico, ma lasciando praticamente invariata l'essenza delle produzioni, esattamente come successo nei casi di Demon's Souls o della trilogia di Crash Bandicoot.
Metal Gear Solid Delta: Snake Eater di Konami fa parte di questa seconda famiglia di opere, dal momento che nutre un rispetto sconfinato per il titolo originale - da molti ritenuto uno dei migliori videogiochi della storia - e non ha alcuna intenzione di immergere le mani nella pesante eredità di Hideo Kojima con il rischio di sporcarla. Sin dai primi battiti dello storico filmato introduttivo ci si trova, infatti, al cospetto di una riproduzione in scala uno a uno di quell'originale che chiuse in maniera eccelsa la generazione PlayStation 2, semplicemente tirato a lucido attraverso l'interpretazione in Unreal Engine 5.
Si tratta di un approccio poco coraggioso oppure dell'unica scelta sensata? Al Tokyo Game Show abbiamo provato Metal Gear Solid Delta: Snaker Eater, tornando a vestire i panni di Naked Snake ed emozionandoci proprio come vent'anni fa.
Nostalgia canaglia
Come brevemente accennato, Metal Gear Solid Delta: Snake Eater è ben consapevole di passeggiare all'interno di una cristalleria: quest'opera è giustamente considerata alla stregua di una specie di religione, dunque ha perfettamente senso che gli sviluppatori abbiano scelto di muoversi lungo l'opera di Kojima come una sorta di mano invisibile volenterosa di alzare l'asticella solo sul fronte della messa in scena e dell'accessibilità generale dei sistemi.
Non vi nascondiamo che, assistendo al briefing della Missione Virtuosa introduttiva, capita di avvertire un piccolo sussulto al cuore: non appena il "nuovo" volto di The Boss appare al centro della radio e si lancia - assieme alla voce di David Hayter - nel celebre dialogo dedicato al significato dell'essere un soldato, per un meraviglioso istante le lancette dell'orologio tornano indietro di vent'anni, cedendo il passo anche a un pizzico di malinconia. Perché sì, indossare i panni di Naked Snake è ancora bello come la prima volta, ma è davvero triste realizzare che - salvo miracoli dell'ultimo minuto - il nome di Hideo Kojima non si legherà più a questa saga e ai suoi leggendari protagonisti.
È una lunga, lunghissima sequenza introduttiva quella di Metal Gear Solid Delta: Snake Eater, ma è anche il primo palcoscenico sul quale gli sviluppatori di Konami e Virtuous hanno scelto di mostrare qualche muscolo, rinnovando le sequenze animate e trasformando il semplice lancio del sigaro da parte di Jack in un momento carico di dettagli, restituendo nuova forza alle scene ideate dalla squadra originale, che riuscì a realizzare vero cinema nel pieno di un'epoca fatta di poligoni distinguibili a occhio nudo.
Momenti del genere sono proprio ciò che bisogna aspettarsi da questa operazione Delta: non uno stravolgimento, non un pesante ammodernamento meccanico né una reinterpretazione registica, ma un puro e semplice potenziamento della forma che lascia totalmente invariata la sostanza. Ed è qualcosa che si nota nella sequenza d'apertura, durante i primi scambi attraverso la radio, nelle nuove silhouette dedicate alla squadra di supporto e nei primi passi che caratterizzano la Virtuous Mission, ovvero il banco di prova sul quale abbiamo testato il remake di Konami.
Missione Virtuosa Remake
La cornice, ovviamente, non è cambiata: lo scopo è ancora quello di infiltrare Naked Snake a Tselinoyarsk, nel cuore dell'U.R.S.S., al fine di recuperare lo scienziato Nikolai Sokolov, gettando il protagonista oltre le linee nemiche senza alcun genere di supporto, come fosse un fantasma destinato a provvedere interamente a sé stesso, soprattutto a essere abbandonato e dimenticato in caso d'intercettazione da parte delle forze sovietiche.
Sul fronte del gameplay non c'è stata alcuna reale rivoluzione, neppure dalle parti delle modifiche votate alla modernizzazione dei controlli: molte delle nuove opzioni erano già disponibili dai tempi di Subsistence e soprattutto della versione 3DS, gli interventi fondamentali si sono limitati a una maggiore semplificazione della gestione dell'inventario e delle mimetiche, e persino il sistema di controllo e di mira - pur risultando molto naturale grazie all'opzione sopra la spalla e alla sostituzione degli input classici con i più comodi grilletti - mantiene pressoché invariato l'intero sistema di movimento di Naked Snake.
Il che, tuttavia, non è assolutamente un male: quest'operazione remake mette di fatto nero su bianco quanto fosse avanzata l'opera originale, al punto tale che anche una singola passata di vernice grafica rischia di farlo sembrare un videogioco pubblicato nel 2024. Le dinamiche legate alle coperture, la fisica dei proiettili narcotizzanti, ma soprattutto il grado d'interazione con lo scenario e con i nemici - che, lo ricordiamo, consente ad esempio di sparare a un semplice alveare per liberarsi di un intero gruppo di avversari - sono giusto le costole di un'esperienza oggi più che mai attuale, al netto di una gestione dell'intelligenza artificiale, e di qualche altro elemento tecnico, che forse avrebbero necessitato uno svecchiamento.
Se, da una parte, il combattimento corpo a corpo sotteso alle tecniche CQC non mostra il benché minimo segno dello scorrere del tempo, dall'altra le hitbox e i punti di contatto con i soldati avversari avrebbero potuto beneficiare di qualche leggero aggiustamento, fosse anche solo per rendere più immediata l'esecuzione di una guardia acchiappata alle spalle. Ciò detto, il segmento introduttivo - che nella pratica è rimasto un grosso tutorial - non ha mancato di mettere in tavola tutte le carte a disposizione di Snake, ricordando in pochi minuti perché, al momento del lancio, il terzo capitolo di Metal Gear Solid fu universalmente acclamato come un capolavoro.
Immersione ed emozione
L'unica cosa che rimane da menzionare è l'impatto effettivo dell'intervento sul motore e sulla veste grafica, che sin dai battiti iniziali si presenta davvero notevole: lo scenario di Tselinoyarsk, con la sua fittissima giungla costellata di animali, è il fondale ideale per giocare con l'illuminazione che attraversa i giunchi, mettendo in evidenza quelle texture del terreno che i giocatori esperti sapranno mescolare alla perfezione con le mimetiche del protagonista, regalando nuova sostanza a superfici come le sabbie mobili e rifacendo totalmente il look a ogni creatura della fauna.
Gli sviluppatori di Konami e Virtuous sapevano di avere principalmente un compito da portare a termine ed è proprio in quella direzione che hanno concentrato tutti i propri sforzi, lavorando a fondo sui modelli dei personaggi, su quelli degli equipaggiamenti, aggiungendo piccole note di colore alla rappresentazione estetica generale e un pizzico d'accessibilità dei menù, prima di limare ulteriormente un sistema di controlli che già in passato, attraverso le diverse riedizioni, era stato costantemente migliorato.
Proprio qui si giocherà la battaglia per la ricezione di questo progetto: da una parte ci si potrebbe lamentare di un lavoro eccessivamente pigro, una riedizione che perde l'occasione d'intervenire in maniera invasiva su alcuni sistemi di gameplay e sulle dinamiche inevitabilmente invecchiate, mentre dall'altra si tratta di un'opera interamente fondata sul rispetto che mira a consegnare nelle mani degli appassionati - e soprattutto dei nuovi arrivati - una versione esteticamente impeccabile e oltremodo più accessibile di uno fra i più grandi capolavori dei primi 2000.
La verità è che la particolare aura che pervade questo titolo non ha perso un briciolo della sua potenza: anche semplicemente ascoltando l'introduzione della Missione Virtuosa che si dipana attraverso venti minuti consecutivi di filmati, si ha costantemente la percezione di trovarsi al cospetto di qualcosa di grosso. Anche nell'istante in cui i ricordi del passato dovessero risultare affievoliti, basta un dialogo o un'interazione estemporanea per risvegliare quelle emozioni in un battito di ciglia, riportando all'attenzione il fatto che sì, Metal Gear Solid 3: Snake Eater è tutt'ora rimasto uno dei migliori videogiochi mai realizzati.
Metal Gear Solid Delta: Snake Eater fa parte di quella famiglia di remake che mettono il rispetto per l'opera originale davanti a tutto il resto, mirando unicamente a celebrare le idee del passato attraverso una folgorante messa in scena contemporanea. E va benissimo così: è sufficiente muovere pochi passi nei confini della Missione Virtuosa per svegliare ricordi sopiti di uno fra i migliori videogiochi mai realizzati, questa volta potenziati da uno sfruttamento dell'Unreal Engine 5 che spinge l'acceleratore sull'immersione e su un lieve incremento dell'accessibilità del gameplay. Certo, si potrebbe parlare di un'operazione poco coraggiosa, di un intervento che si limita giusto a toccare il minimo indispensabile, ma a conti fatti è molto probabile che non esistessero altri modi sensati per confrontarsi con un gigante di questo calibro.
CERTEZZE
- Remake fedelissimo all'originale
- Personaggi e ambientazioni rinnovate eccezionali
- Meccaniche di gameplay migliorate
DUBBI
- Nessun intervento invasivo su elementi tecnici come IA e hitbox