I videogiochi indipendenti sono sempre esistiti. Anzi, di tanto in tanto fa bene ricordare che c'è stato un periodo storico in cui praticamente tutti i videogiochi erano indipendenti, tutti eccetto quelli su cui veniva posta arbitrariamente un'etichetta. Spacewar!, The Oregon Trail, Colossal Cave Adventure: i grandi padri di una forma d'arte in continuo divenire erano fioriti proprio dalla passione degli hobbisti che è infine esplosa nel 1977, con l'avvento dei primi personal computer con BASIC e grazie al lavoro di divulgazione di personalità come David Ahl. Era un movimento che procedeva in una direzione opposta rispetto a quella inseguita dal fondatore di Atari Nolan Bushnell, il personaggio che più d'ogni altro riuscì a spingere lo sguardo oltre il confine del tempo: ciò che stava prendendo forma allora non era solamente un nuovo tipo d'intrattenimento e una nuova forma d'arte, ma una delle industrie più redditizie che si fossero mai viste.
Eppure, nonostante il potere del denaro, i videogiochi indipendenti non sono mai spariti. Sono sopravvissuti grazie ai "bedroom coders" dell'epoca dello ZX Spectrum, si sono evoluti assieme all'emersione del sottobosco del modding nell'epoca dei freeware, sono riusciti a diffondersi in tutto il mondo grazie a internet durante l'era di Adobe Flash. Chi non ha giocato un "Escape the Room" caricato dal modem 56K all'alba dei 2000? Beh, sicuramente tantissimi giovani, ma chi c'era allora se ne ricorda molto bene. Certo, il significato stesso della locuzione "videogioco indipendente" è cambiato tantissimo nel corso degli anni, specialmente da quando ha assunto la formula abbreviata di "indie".
Che cos'è oggi, davvero, un videogioco indipendente? Se è una produzione priva di editore e autoprodotta, allora Baldur's Gate III di Larian Studios è un titolo indipendente, ma una risposta di questo genere cozza con il sentire comune. E se, invece, alle spalle del progetto c'è un grosso editore come Devolver Digital, si tratta ancora di un titolo "indie"?
La discussione è tanto interessante quanto irrilevante al di là della comunicazione, perché il settore tende semplicemente a dividere i videogiochi per ordini di grandezza, di budget, di visibilità: ci sono gli enormi AAA, poi gli ambiziosi, ma misurati AA, infine c'è l'immenso bacino che raccoglie i titoli indie. Il problema è che tale concezione, per la stessa natura del mercato, è destinata a deteriorarsi nel tempo: gli sviluppatori indipendenti, i "solo dev" e i piccoli collettivi - come per esempio Supergiant Games - stanno inanellando un successo commerciale dietro l'altro, potendosi permettere di scalare le produzioni successive e presentandosi sul mercato con prodotti che, sotto il profilo dei cicli di sviluppo, della cura, delle grezze dimensioni e soprattutto dei risultati finanziari, competono ad armi pari con i poli industriali dell'élite. Insomma, parafrasando il grande Duccio Patané, "siamo ancora ignari che i muri sono caduti", ed è per questa ragione che il termine indie ha perso molta della forza politica che aveva in passato.
Nonostante ciò, la massa variopinta che continuiamo cocciutamente a definire "mercato indie" non ha ancora raggiunto un pieno riconoscimento della sua dignità. Mentre da una parte s'incontra un'immensa fetta di pubblico che continua a considerare gli indie come una corrente secondaria e dimenticabile, per sua stessa essenza inferiore alle ambizioni dei videogiochi AAA e alle loro prodezze sui fronti della tecnologia e della fedeltà grafica, dall'altra sono gli stessi addetti ai lavori ad aver adottato un approccio estremamente cauto alla crescita del fenomeno. Se, fin dal momento dell'istituzione nel 2014, non è mai successo che un videogioco "indie" riuscisse a vincere il premio per il Game of the Year sopra il palco dei The Game Awards, al contempo alcune di queste produzioni sono state spesso protette e coccolate, come se avessero bisogno di un trattamento di favore rispetto al resto dell'offerta perché intrinsecamente deboli.
Stavolta sembra esserci l'eventualità concreta di assistere al cortocircuito di Geoff Keighley che premia un gioco indie alla fine della sua kermesse, anche se probabilmente non accadrà per grande merito di un certo team francese, ma senza ombra di dubbio quest'anno segnerà un punto di svolta fondamentale nella percezione della massa. E questo perché nel 2025 i videogiochi indipendenti hanno dominato l'industria sotto tutti i punti di vista, per creatività, per innovazione, per qualità e attenzione al dettaglio, e per molti versi anche sul piano commerciale.
Come siamo arrivati a questo punto?
Posto che i videogiochi indipendenti sono sempre esistiti e hanno sempre saputo fare rumore - basti osservare realtà come la Llamasoft di Jeff Minter o il Touhou Project di ZUN (Jun'ya Ōta) - il più grande punto di svolta è arrivato attorno alla metà degli anni 2000. Ed è arrivato parzialmente grazie alla spinta di una singola persona, il giapponese Daisuke Amaya, nome che era noto da tempo nella scena "dōjin soft" del Giappone e in fiere locali come Comiket. Nel 2004 Amaya rilasciò in forma freeware Dōkutsu Monogatari, conosciuto in occidente come Cave Story, provocando una sorta di risveglio delle coscienze nella stampa e negli addetti ai lavori occidentali. L'industria si rese conto all'improvviso che un singolo sviluppatore era ormai in grado di realizzare titoli capaci di rivaleggiare a testa alta con le grandi produzioni, senza contare che ricordò al mondo intero l'efficacia di uno stile in 2D addirittura di stampo minimale, preparando il terreno per l'esordio di tantissimi emuli.
Anche se le storie a base di eroi piacciono a tutti, l'influenza di Cave Story rimase molto limitata se confrontata con la rivoluzione portata dalla distribuzione digitale dei videogiochi, prima con l'esplosione di Steam e poi, in particolar modo, con la piattaforma Xbox Live Arcade, che all'alba del 2007 aveva già accumulato 20 milioni di download. L'estate del 2008 fu determinante: Microsoft organizzò XBLA Summer of Arcade, pubblicando fra gli altri Braid di Jonathan Blow, peculiare puzzle game di un autore molto testardo che fu accolto fra scroscianti applausi, raccogliendo una media di 93 nelle valutazioni critiche e piazzando centinaia di migliaia di copie. Oltre a dimostrare l'esistenza di un mercato molto ricco, questo fece prendere coscienza al pubblico che, da qualche parte, i videogiochi stavano ancora inseguendo l'innovazione. Lo stesso anno, gli ex-sviluppatori di Electronic Arts Ron Carmel e Kyle Gabler dovettero investire $10.000 per pubblicare in autonomia World of Goo perché era stato rifiutato da tutti i publisher a cui si erano rivolti, salvo poi trovarsi sommersi di richieste alla luce dell'enorme successo che si rivelò.
Negli anni successivi Microsoft rese il suo XBLA Summer of Arcade un evento ricorrente, presentando al mondo Fez di Phil Fish e Polytron, Limbo di Arnt Jensen e Playdead, e anche opere come Super Meat Boy di Edmund McMillen e del Team Meat, premiando l'innovazione e certificando il successo della sua piattaforma digitale. Un successo tale che persino Sony, da qualche tempo, aveva iniziato a muoversi nella stessa direzione: l'iniziativa più celebre fu senza dubbio la collaborazione stretta con Thatgamecompany di Jenova Chen e Kellee Santiago che prevedeva la pubblicazione di tre videogiochi indie molto originali e che culminò nel 2012 con il lancio di Journey, portando per la prima volta un team di sole 14 persone sui palchi delle kermesse dedicate all'eccellenza dell'industria. Nel corso degli anni, il celebre critico cinematografico Roger Ebert aveva sempre sostenuto con fermezza che i videogiochi non sarebbero mai divenuti una vera forma d'arte battibeccando proprio con Kellee Santiago, ma l'emersione di questo sottobosco - orientato all'espressione prima che al guadagno - aveva messo a serio rischio numerose delle sue ottime argomentazioni.
Le gabbie erano ormai spalancate, anche per grande merito della crescita di middleware quale Game Maker, Unity, Godot Engine e tanti altri. Nel 2008 era stato pubblicato Spelunky di Derek Yu, al quale nel 2012 fece eco The Binding of Isaac, riscrivendo una volta e per sempre la storia dei generi roguelike e roguelite. Il movimento fu fortemente facilitato a partire dal 2009 dal consolidamento della piattaforma di crowdfunding Kickstarter, che fu capace di generare progetti quali Shovel Knight di Yacht Club Games o Divinity: Original Sin dei ritrovati indipendenti Larian Studios, che non sarebbero mai stati finanziati dagli editori perché troppo rischiosi. A coronamento della crescita, nel 2011, videro luce due produzioni oggi annoverate fra i videogiochi più venduti di tutti i tempi, ovvero Minecraft di Mojang e Terraria degli Spinks. Merita una menzione anche il fatto che nel 2012, in seguito al successo dell'Hotline Miami sviluppato dalla coppia di Dennaton, l'editore Devolver Digital decise di dedicarsi completamente ai piccoli sviluppatori, preparando il terreno per l'ingresso in scena di società simili come la famosa divisione Annapurna Interactive fondata nel 2016.
Una rivoluzione, ma solo a metà...
Eppure l'agglomerato del mercato indipendente è rimasto dormiente, come una radiazione di fondo che arrivava a farsi sentire solamente attraverso boati fragorosi come quello di Minecraft, e questo nonostante le grandi compagnie avessero iniziato a tastare le acque di quella dimensione, come fece Ubisoft nell'era del motore UbiArt Framework con produzioni quali Child of Light. I videogiochi indie iniziavano ad avere successo, le testate cominciavano a parlarne, i content creator lottavano per scoprire l'ultimo fenomeno, ma la massa dei videogiocatori continuava a osservarli come una nicchia dimenticabile, come roba a basso costo, e nelle occasioni che contavano davvero era come se divenissero invisibili. Se un evento avesse riservato tanto spazio agli indie sarebbe stato considerato sottotono, mentre le coperture più importanti venivano dedicate solo agli "indie darlings", ovvero specifici videogiochi indipendenti che - come denunciato da Josh Bycer - venivano spesso messi su un piedistallo senza meriti particolari.
A partire dal 2014, gli unici titoli indie a ottenere una candidatura al Game of the Year dei The Game Awards sono stati Inside nel 2016, Celeste nel 2018, Hades nel 2020 e Balatro nel 2024: è evidente che attorno alla metà dei 2010 ci sia stato un netto cambio di rotta, ma ciò ha impedito a diverse opere divenute culto e particolarmente innovative di ottenere l'attenzione che avrebbero meritato. Titoli come Outer Wilds di Mobius Digital, Return of the Obra Dinn di Lucas Pope, Disco Elysium di ZA/UM, To The Moon di Kan Gao, e con loro tantissimi altri che non hanno neppure avuto la fortuna dell'indie darling, sono stati costretti a osservare da lontano e ancora oggi, a distanza di anni, risultano quasi invisibili alla maggioranza dei videogiocatori. Del resto, perché titoli di questo genere - spesso privi di marketing - vengano scoperti serve che qualcuno si prenda la briga di provarli e parlarne, ma serve soprattutto qualcuno che sia disposto ad ascoltare, e ancora oggi è molto difficile che ciò accada.
Bisogna senza dubbio spezzare una lancia in favore dei BAFTA Game Awards, l'unica istituzione che nel corso degli anni ha tentato di puntare i riflettori sul sottobosco, fra l'altro attirando diverse critiche proprio a causa della sua incomprensibile linea editoriale. La vittoria di What Remains of Edith Finch, per esempio, generò polemiche molto accese che si ripresentarono anche nei casi di Outer Wilds e Vampire Survivors. Forse è proprio questo il nodo centrale da sciogliere: l'industria dei videogiochi si muove necessariamente all'inseguimento dell'evoluzione tecnologica, ha bisogno di vendere nuovi hardware e nuove componenti, oggi di integrare nuove tecnologie basate su IA nelle GPU, di trovare il modo per implementare hero asset nelle produzioni, e per questa ragione ha sposato e nutre la filosofia della fedeltà grafica tipica dei AAA che si è radicata nel subconscio della maggior parte dei consumatori. Quando l'ideale di come debba essere un "grande videogioco" si cristallizza per anni, diventa molto difficile scardinare quel preconcetto, e non basta un gameplay molto innovativo a soppiantare l'efficacia di un panorama fotorealistico.
Però, con l'inizio della nona generazione di console nel 2020, qualcosa ha iniziato a cambiare, perché l'evoluzione dei software ha imboccato un binario diverso da quello dell'innovazione tecnologica tradizionale. Non è più l'epoca di Half-Life e del Source, di Ridge Racer e della grafica in 3D, di Super Mario 64 e della levetta analogica. Oggi è il middleware a essersi evoluto fino a diventare alla portata di tutti, e i videogiochi migliori, i più innovativi e i più impattanti non sono necessariamente quelli tecnologicamente e graficamente più spinti, anzi, spesso sono opere che si allontanano dai vertici come Baldur's Gate III, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom e Elden Ring, senza nemmeno stare a chiamare in causa il mercato indie, che per poter sopravvivere ha dovuto per forza di cose scegliere percorsi alternativi e innovativi. Così, in un contesto favorevole scaturito dalla crisi del software, i videogiochi indipendenti sono riusciti a sfondare con le proprie forze le barriere formali che erano rimaste.
Il 2025 è stato dominato dai videogiochi indipendenti (e AA)
Il 2025 è stato un anno molto particolare per i videogiochi, prevalentemente per una ragione: mentre l'industria AAA - salvo rare eccezioni come Nintendo - si è trovata a fare molta fatica ottenendo valutazioni della critica e numeri delle vendite mediamente inferiori rispetto alle attese, tutti i principali exploit dal punto di vista commerciale e dell'accoglienza sono emersi da direzioni inaspettate. Stando ai dati di Alinea Analitics, per esempio, quello di Assassin's Creed Shadows è stato uno dei peggiori lanci nella storia della serie di Ubisoft e ha proseguito il trend negativo di Star Wars Outlaws, mentre è notizia degli ultimi giorni che i risultati di Monster Hunter Wilds non stiano assolutamente rispettando le proiezioni di Capcom. Microsoft non è più strettamente legata alle vendite in sé e per sé, ma le sue produzioni - come Avowed, South of Midnight, Doom: The Dark Ages e The Outer Worlds 2 - non sono mai state in grado di agguantare un 85 nelle medie degli aggregatori, al di là degli scarsi risultati su piattaforme come Steam.
Passando oltre questi esempi eclatanti, la vera bordata è arrivata sul fronte dell'impatto: lasciando perdere le questioni numeriche, nel 2025 si è parlato pochissimo dei videogiochi AAA e nella maggior parte dei casi le discussioni si sono spente a pochi giorni dalla pubblicazione. Ciò è accaduto a causa delle loro mancanze, ma anche in ragione del portato di produzioni atipiche: Clair Obscur: Expedition 33 di Sandfall Interactive ha monopolizzato l'attenzione grazie a una scrittura eccellente e a un approccio inedito alla formula JRPG, mentre Kingdom Come Deliverance 2 di Warhorse è stato senza ombra di dubbio il gioco di ruolo più immersivo e ambizioso dell'anno. Al tempo stesso, diversi videogiochi indipendenti si sono trasformati in fenomeni di massa e hanno sferrato colpi ben più potenti di quel che ci si sarebbe potuti aspettare dal loro peso. La grande differenza rispetto al solito sta nel fatto che gli indie del 2025 non sono più solamente piccole gemme premiate dai "sommelier" e da una critica "aristocratica", ma bombe pronte a esplodere nei confini un mercato sempre più massificato e strutturato.
La Top 10 dei Videogiochi con le valutazioni più alte del 2025
| Titolo | Sviluppatore | Media Voto |
|---|---|---|
| Hades II | Supergiant Games | 95 |
| Clair Obscur: Expedition 33 | Sandfall Interactive | 92 |
| Blue Prince | Dogubomb | 92 |
| Hollow Knight: Silksong | Team Cherry | 91 |
| Split Fiction | Hazelight Studios | 91 |
| Donkey Kong Bananza | Nintendo | 91 |
| The Séance of Blake Manor | Spooky Doorway | 89 |
| despelote | Julian Cordero e Sebastian Valbuena | 89 |
| Death Stranding 2: On the Beach | Kojima Productions | 89 |
- Seguono con ex-aequo a 88: Abiotic Factor, Monster Hunter Wilds, Kingdom Come Deliverance 2, Sword of the Sea, Trails in the Sky Remake, Final Fantasy Tactics Remake.
2025, l'anno degli indie
In mezzo a una lunga serie di AAA che si sono rivelati semplicemente "ok", spesso buoni sequel e poco più come Monster Hunter Wilds e Ghost of Yotei, per citarne due a caso, gli indie hanno continuato a scommettere sull'innovazione e sull'unicità con costi di produzione molto più bassi. L'anno si è aperto con Citizen Sleeper 2, racconto sci-fi che tratta tematiche che ancora spaventano i grandi editori, poi c'è stato Look Outside, che in un anno ricchissimo di survival horror si è rivelato il più originale, dopodiché è arrivato Blue Prince, uno dei puzzle-game più intricati e folli mai realizzati. Sono emersi titoli carichi di forti messaggi come and Roger, investigativi fuori di testa come The Séance of Blake Manor, opere atmosferiche come Sword of the Sea, avventure radicate in nuove formule di gameplay come lo splendido "rogue'em up" Absolum di Dotemu. E poi sono arrivati i "big", i collettivi consolidati, con 11 Bit Studios che ha presentato al mondo il suo fantastico The Alters, Supergiant Games che è riuscita a bissare il successo dell'originale con Hades II, Team Cherry che ha riscritto le regole dei metrodivania con Hollow Knight: Silksong.
Al tempo stesso, fra i piccolissimi progetti pubblicati su Steam, non era mai accaduto che fiorissero così tante hit commerciali in rapida successione: per la prima volta i ricavi del negozio di Valve sono stati divisi al 50% fra indie e grandi progetti. Il 2025 si è aperto con il lancio di Schedule I di Tyler's Video Games Studios, che ha raggiunto un picco di oltre 400.000 giocatori simultanei. Assieme a lui ha fatto la sua comparsa anche R.E.P.O. di semiwork, che stando alle ultime comunicazioni ufficiali ha venduto oltre 14 milioni di copie. Poi è stata la volta di PEAK di Aggro Crab, le cui scalate hanno monopolizzato l'intera estate del settore, e una volta che è passata la sua febbre ha avuto inizio quella del Megabonk sviluppato dall'autore solitario Vedinad, che è riuscito a radunare più di 100.000 giocatori simultanei partendo dal nulla. Adesso a esser finito sulla bocca di tutti è Escape From Duckov, parodia del ben più celebre Tarkov sviluppata dai cinque ragazzi cinesi che compongono il Team Soda e che è riuscita a oltrepassare agilmente i 4 milioni di utenti attivi nel giro di una manciata di giorni.
Risultati dei maggiori videogiochi indipendenti nel 2025
| Titolo | Sviluppatore | Data | Picco | Vendite |
|---|---|---|---|---|
| Hollow Knight: Silksong | Team Cherry | 9/25 | 533.000 | >7 milioni |
| Hades II | Supergiant Games | 9/25 | 113.000 | 3.5 milioni |
| Blue Prince | Dogubomb | 4/25 | 30.000 | 2 milioni (giocatori) |
| Deltarune Chapters | Toby Fox | 6/25 | 130.000 | 2.3 milioni |
| Citizen Sleeper 2: Starward Vector | Jump Over the Age | 1/25 | 1.700 | >2 milioni |
| Dispatch | AdHoc Studio | 10/25 | 131.000 | >1 milione |
| Abiotic Factor | Deep Field Games | 7/25 | 29.000 | 1,5 milioni |
| Ball X Pit | Kenny Sun | 10/25 | 30.000 | >500.000 |
| Megabonk | Vedinad | 10/25 | 117.000 | >1 milione |
| R.E.P.O. | semiwork | 2/25 | 271.000 | 14.4 milioni |
| PEAK | Team PEAK | 6/25 | 171.000 | >10 milioni |
| Escape From Duckov | Team Soda | 10/25 | 300.000 | >3 milioni (stimati) |
| Schedule I | TVGS | 3/25 | 459.000 | >7 milioni |
- Nota: Questo non significa assolutamente che tutte le produzioni indipendenti del 2025 siano state dei successi, anzi, molti titoli hanno avuto lanci quasi disastrosi su PC. Questo è il caso di Hyper Light Breaker, di Wheel World, di despelote (che compare in vetta a Metacritic) e della maggior parte degli oltre 16.000 titoli pubblicati su Steam quest'anno.
Non è tutto oro quello che luccica
Se osserviamo l'intero mercato AAA, sono pochissimi i titoli che sono riusciti a raggiungere picchi simili sulla piattaforma di Valve, fra Monster Hunter Wilds, Elden Ring Nightreign, Battlefield 6, a tratti Borderlands 4 e Stellar Blade. Il dato impressionante è che il fenomeno non si è esteso solamente a queste produzioni "memetiche", orientate al multigiocatore e a formule di gameplay spensierate, ma anche alla dimensione più quadrata, "seria" e tradizionale del mercato indipendente. Hollow Knight: Silksong del Team Cherry ha venduto 7 milioni di copie in pochi giorni e toccato un picco di oltre 500.000 giocatori simultanei, Hades II dei Supergiant Games è riuscito a sfondare il muro dei 3.5 milioni di copie e dei 100.000 giocatori, ma un discorso molto simile resta valido per i capitoli del Deltarune di Toby Fox e per il recentissimo Dispatch di AdHoc Studio.
Ovviamente non è tutto oro quel che luccica e il mercato indipendente non è la terra promessa, anzi, presenta diversi lati oscuri. Si stima che solo nel 2025 siano già stati pubblicati oltre 16.000 videogiochi completi: ciò significa che il trend della saturazione della distribuzione non accenna a frenare la sua corsa, rendendo estremamente difficile raggiungere la notorietà, la sostenibilità e l'eventuale successo per chi non ha la forza o la fortuna di farsi notare. E anche chi riesce a farsi notare sul piano comunicativo, come per esempio Despelote di Julian Cordero e Sebastian Valbuena o il rilassante Wheel World, rischia comunque di finire pressoché ignorato nel confronto con il pubblico.
Tre mesi fa, per esempio, uno sviluppatore ha analizzato i 61 videogiochi a pagamento pubblicati su Steam in data 2 giugno 2025, monitorandone poi le prestazioni a settimane di distanza: 13 di essi non hanno venduto neppure una copia, 18 hanno generato vendite inferiori ai $500 (tra cui ottimi progetti come Cauldron Caution), 10 sono rimasti al di sotto dei $2500, altri 10 hanno superato i $10.000, mentre solamente 2 hanno oltrepassato il muro dei $20.000. Un altro Redditor ha ripetuto lo stesso esperimento nel mese di luglio, e consigliamo caldamente di leggere entrambe le analisi per farsi un'idea piuttosto accurata dello stato della distribuzione digitale e di quel che serve per far breccia su Steam.
Detto ciò, l'attuale fotografia del 2025 mostra un istantanea che sembra aver rovesciato i tradizionali rapporti di forza: nel primo semestre le grandi produzioni sono state offuscate da un AA come Clair Obscur: Expedition 33, nel secondo da Hollow Knight Silksong dei 15 sviluppatori del Team Cherry. La concorrenza sta cambiando profondamente, il marketing tradizionale non è più una garanzia di successo, il gap tecnologico non è più sufficiente per aprire un divario con i progetti minori, l'evoluzione del middleware sta appianando le differenze in produzione, le dimensioni degli studi sembrano contare sempre meno. Certo, quando un videogioco AAA fa centro raccoglie risultati impensabili per una produzione minore, ma in tutti gli altri casi si combatte sullo stesso identico terreno di gioco. E non sappiamo se ci sia da festeggiare, perché l'ascesa degli indipendenti e degli AA corrisponde inevitabilmente alla crisi creativa e manageriale del settore AAA, portando tutti gli strati dell'industria ad affrontare sfide che si stanno facendo sempre più difficili. La consolazione sta nel fatto che i muri sono caduti: forse non accadrà nel 2025, ma è molto probabile che presto un "indie" riuscirà a vincere anche la statuetta più ambita dei The Game Awards, generando l'ultimo cortocircuito che manca.