Di giorno, Piazza della Frutta a Padova è animata da un vivace mercato. La sera del 7 giugno 1984 era invece scossa dalla voce di un uomo, interrotta da varie pause. "Accesso al lavoro, alle professioni, alle carriere...". L'oratore continuava a togliere e rimettere gli occhiali, a pulirsi di frequente la bocca con un fazzoletto bianco. Ogni tanto, beveva da un bicchier d'acqua. "Lavorate tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini". Intorno a lui si levava un coro di "Basta, Enrico!". Quell'uomo era Enrico Berlinguer, Segretario del Partito Comunista Italiano, che riuscì a tenere il suo ultimo comizio mentre veniva colpito da un ictus cerebrale. Portato in albergo tra le urla degli astanti ("Basta, Enrico!", con sempre maggiore insistenza), entrò subito in coma, morendo quattro giorni dopo in ospedale.
Berlinguer spirò disperato dalle profonde divisioni sindacali che avevano afflitto la Federazione dei tre sindacati confederali italiani CGIL, CISL e UIL, nata nel 1972 e naufragata proprio nel 1984 a causa del disaccordo sul referendum - proposto da Berlinguer - per abrogare il taglio del dispositivo governativo di adeguamento degli stipendi all'inflazione (la cosiddetta "scala mobile") voluto da Bettino Craxi. CISL e UIL si erano schierate con il governo, mentre la CGIL aveva deciso di ritirarsi dalle trattative.
La storia di Berlinguer e del suo rapporto così intenso con le organizzazioni sindacali è un pezzo essenziale della storia dei lavoratori italiani. Il lavoro è tutelato - con intensità e modalità differenti - da norme nazionali e internazionali, oltre che da organizzazioni (anche sovranazionali) come l'Organizzazione internazionale del lavoro, agenzia delle Nazioni Unite fondata nel lontano 1919 nell'ambito della Società delle Nazioni. Sul campo, sono le associazioni sindacali a mantenere contatto con la realtà viva del lavoro e con le sfide concrete che pongono nuove categorie di impiego e nuove tecnologie che stanno minacciando i diritti di molti lavoratori, tra cui alcune applicazioni delle intelligenze artificiali. E anche oggi, come ai tempi di Berlinguer, mantenere compattezza e direzione unitaria è incredibilmente difficile.
È quindi importante parlare di come l'attività dei sindacati si stia interessando sempre di più al composito mondo del lavoro videoludico, in un momento in cui si rende necessario, per queste organizzazioni, rivedere le loro strategie organizzative e di rappresentanza, garantendo pari opportunità, trattamento e remunerazione, senza dimenticare di includere nel discorso prospettive capaci di travalicare i confini nazionali, proponendo anche approcci macroeconomici capaci di creare un futuro del lavoro sostenibile per tutte e per tutti.
Perché i sindacati sono così importanti?
È bene ricordare che la Repubblica italiana riconosce ai sindacati un ruolo tanto importante da aver loro fornito copertura costituzionale. Ai sensi dell'art. 39 della Costituzione, "L'organizzazione sindacale è libera" e può occuparsi della stipula di "contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce". Ragione principale dell'introduzione di questa disposizione costituzionale era quanto accaduto durante il regime fascista: la presenza di un sindacato unico, di fatto controllato dallo Stato autoritario, aveva impedito una effettiva tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
L'art. 39 arriva a breve distanza dall'art. 35, base fondante dell'attuazione della tutela del lavoro in Italia, riconosciuto come "diritto" dall'art. 4. Ai sensi dell'art. 35, "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori"; inoltre, la Repubblica "promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro". Il successivo art. 36 è interessante perché evidenzia come la tutela dei diritti dei lavoratori sia un interesse superiore a quello privato del lavoratore stesso, un qualcosa cui l'individuo non può rinunciare: in primo luogo, "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge"; infine, "il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi": riposo e ferie sono un diritto inalienabile da parte del lavoratore.
Tornando alle associazioni a tutela dei lavoratori e leggendo la definizione di "sindacato" nella Treccani, si nota che esso è tratteggiato come una "associazione di lavoratori o di datori di lavoro costituita per la tutela di interessi professionali collettivi". Si dice che l'unione fa la forza, e questo è il principio fondamentale alla base dell'azione sindacale, spesso attuata tramite scioperi che esercitano pressioni sui datori di lavoro tramite l'astensione dal lavoro stesso. La misura dei salari, gli orari di lavoro, l'inquadramento professionale, le mansioni da svolgere, la parità di genere: ripercorrere la storia delle tematiche affrontate dai sindacati nel corso degli anni sarebbe impossibile in questa sede. Per quel che qui interessa, basti dire che sì, i sindacati si sono occupati - e continuano a farlo - anche del mondo del lavoro videoludico, e con ottime ragioni.
Il lavoro nel mondo dei videogiochi: temi e problemi
Era il 2004 quando una "moglie scontenta" (come lei stessa si definiva) scrisse una celebre lettera aperta per denunciare la situazione di drammatico crunch cui sono sottoposti molti lavoratori del settore videoludico. "Il mio partner lavora per Electronic Arts", scriveva la donna in forma anonima. "Ricordo che in uno dei suoi colloqui di lavoro gli chiesero: 'Cosa ne pensi del lavorare fino a tardi?'. È semplicemente una parte dell'industria videoludica - pochi studi riescono a evitare il crunch quando le scadenze si avvicinano". La lettera continua a lungo e descrive nel dettaglio la discesa del marito lavoratore in un oscuro abisso di superlavoro. "Il tempo scorre via e basta", scriveva la donna.
Sono passati vent'anni, e la situazione non sembra essere granché migliorata. Secondo un sondaggio promosso dal sindacato IATSE (International Alliance of Theatrical Stage Employees), che tra marzo e agosto 2023 ha coinvolto centinaia di sviluppatori di videogiochi provenienti da studi di varia grandezza, un quarto degli intervistati ha riportato di lavorare per 41 o più ore alla settimana. Le 40 ore di lavoro sono fissate come massimale in molti Paesi del mondo; in Italia si tratta di un tetto "flessibile" e non applicabile a tutte le categorie di lavoratori. L'orario più prolungato dichiarato nel sondaggio è stato di 95 ore settimanali. Inoltre, il 54.3% dei partecipanti al report ha affermato di non avere la possibilità di negoziare un aumento di stipendio, e per circa la metà di loro il salario risultava sbilanciato rispetto alle loro esigenze economiche. Il 37.9% ha definito la propria carriera "insostenibile".
Queste condizioni di lavoro - che interessano milioni di persone, e che definire "infelici" è spesso un eufemismo - necessitano di azioni coordinate per spingere, da un lato, i legislatori nazionali e sovranazionali a inserire normative più stringenti (e uniformi, per evitare facili elusioni delle stesse spostando altrove la forza lavoro) e, dall'altro, per promuovere passi concreti nella tutela dei diritti dei lavoratori all'interno dei contratti che regolano i loro rapporti con il datore di lavoro.
Non è un caso, quindi, che da un report del 2022 della federazione internazionale UNI Global Union (che raccoglie più di 900 sindacati in 140 Paesi del mondo, con oltre 20 milioni di iscritti) emerga che il 79% degli intervistati - tutti appartenenti al mondo videoludico - auspica la presenza di sindacati sul posto di lavoro. "Questo report rivela la presenza di un trend globale di insoddisfazione ricorrente da parte delle persone che lavorano nell'industria dell'intrattenimento digitale", ha dichiarato Christy Hoffman, Segretaria Generale di UNI Global Union. "È tempo di lottare per i nostri diritti - è tempo di sindacalizzarsi". È il caso di chiederci, quindi, come stia avvenendo la sindacalizzazione dei posti di lavoro dell'industria videoludica.
Game Workers Unite
Una mano regge fieramente un gamepad. Intorno campeggia la scritta "Organize video game industry workers". È il logo di Game Workers Unite, movimento per i diritti dei lavoratori del mondo videoludico sorto nel 2018, in seguito a una conferenza sui diritti dei lavoratori tenuta nel corso della Game Developers Conference (GDC) di quell'anno.
Si tratta di un'organizzazione orizzontale, dotata di decine di "capitoli" locali diffusi in tutto il mondo; in alcuni Paesi (tra cui Gran Bretagna, Francia e Irlanda), GWU ha portato alla creazione di sindacati veri e propri per tutelare e promuovere i diritti di chi, a vario titolo, è coinvolto nella complessa macchina produttiva che porta alla creazione di videogiochi. Game Workers Unite UK è diventato un sindacato parte della Independent Workers' Union of Great Britain nel dicembre 2018; più di recente, precisamente nel 2022, è stato fondato Game Workers Unite Australia.
C'è poi un grande tema: quello dell'applicazione delle lotte sindacali su posti di lavoro dalle dimensioni estremamente ridotte, come i piccoli studi indipendenti che compongono gran parte dell'industria videoludica di molti Paesi. La questione è stata affrontata da Jamie Woodcock, autore di "Marx at the Arcade: Consoles, Controllers, and Class Struggle" (Haymarket Books, 2019) e di "Game workers unite. Unionization among independent developers" (in "Independent Videogames: Cultures, Networks, Techniques and Politics", a cura di Paolo Ruffino, Routledge, 2021). Come constatato da Woodcock, nei piccoli studi si rintraccia un forte interesse per la sindacalizzazione: questo anche perché molti direttori di questi studi hanno sperimentato in prima persona le pressioni e le problematiche che spesso si vivono nelle grandi aziende di sviluppo, e vogliono ora "fare le cose per bene", cercando di migliorare le condizioni di lavoro proprie e dei dipendenti.
Si tratta di un terreno d'azione indubbiamente giovane. Come punto di riferimento, i membri di GWU hanno spesso preso quanto fatto dalla Screen Actors Guild e dall'American Federation of Television and Radio Artists nei primi decenni del ventesimo secolo: queste due organizzazioni si fusero nel 2012 in SAG-AFTRA, che in questi anni ha avviato lunghissimi scioperi per tutelare i diritti di attori, musicisti, stuntmen e altre categorie di lavoratori dei settori dei media e dello spettacolo.
Scioperi che, per inciso, hanno riguardato (e continueranno a riguardare) anche il mondo dei videogiochi: come ben sappiamo, anche le produzioni videoludiche si avvalgono frequentemente di attori e doppiatori, e questa estate si annuncia calda sotto il profilo delle agitazioni sindacali.
Proprio in questi giorni, Duncan Crabtree-Ireland, National Executive Director e Chief Negotiators di SAG-AFTRA, ha annunciato uno sciopero che coinvolge migliaia di performer che lavorano nel settore videoludico. La ragione sta nel crescente utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale da parte di molte aziende del settore: l'effetto è stato il taglio di migliaia di posti di lavoro in questi mesi, oltre a una generale diminuzione dei salari. "Ne abbiamo abbastanza", ha dichiarato Fran Drescher, Presidente di SAG-Aftra. "Quando le compagnie ci offriranno un accordo con termini seri, che permetteranno ai nostri membri di vivere e di lavorare, noi saremo lì, pronti a negoziare". È notizia di questi giorni l'annuncio, da parte di Rockstar Games, che la produzione Grand Theft Auto VI non sarà rallentata dallo sciopero - anche se alcuni commentatori internazionali non hanno mancato di evidenziare che potrebbe essere troppo presto per dirlo.
E in italia?
Gli scioperi estivi stanno toccando anche l'Italia. Filcams CGIL, Fisascat CISL e UILtucs hanno proclamato lo stato di agitazione - con conseguente blocco degli straordinari - annunciando due giorni di sciopero in seguito alla decisione di Keywords Studios Italy srl di licenziare 31 dipendenti. Su questa notizia, il giornale Il Giorno ha titolato "Licenziati dall'intelligenza artificiale", in quanto la società - gruppo che ha studi in tutto il mondo - sta implementando sistemi informativi per sostituire il lavoro compiuto da essere umani nei suoi vari ambiti operativi, che vanno dallo sviluppo di videogiochi alla localizzazione, passando per il marketing.
Keywords Studios Italy srl ha 159 dipendenti sul suolo italiano. A livello globale, Keywords Studios Plc (la società di cui la divisione italiana fa parte) ha già effettuato pesanti tagli del personale anche in Irlanda, Spagna, Germania, Brasile e Giappone. Stando al comunicato sindacale, "L'azienda intende sacrificare proprio questi lavoratori per ridurre il costo del personale al solo scopo di aumentare i propri margini di profitto, consapevole tra l'altro di ridurre, così facendo, gli elevati standard di qualità offerti ai propri clienti"; il comunicato prosegue affermando che la riorganizzazione di Keywords Studios Plc "prevede l'affido di alcune attività umane all'intelligenza artificiale, oltre al trasferimento di larga parte dell'area produttiva in un mega hub già attivo in Polonia. Chiediamo pertanto all'azienda", concludono, "di rivedere la propria decisione di riduzione del personale e di rendersi disponibile a cercare soluzioni alternative atte a salvaguardare i livelli occupazionali, richiamandola a una maggiore responsabilità sociale d'impresa, che metta al centro la persona nell'azione e nella pianificazione dei processi lavorativi".
Questa notizia recentissima si inserisce nel più ampio contesto dei licenziamenti che hanno interessato il settore videoludico nel 2024. Già nel mese di giugno è stata superata la cifra di circa 10.000 contratti di lavoro terminati, pari al numero dei licenziamenti avvenuti nell'industria a livello globale nel 2023. I tagli hanno riguardato anche realtà che hanno chiuso i loro bilanci in positivo. Come dichiarato nel corso della GDC di quest'anno da Swen Vincke, veterano dell'industria e CEO di Larian Studios, che si è scagliato contro le politiche dietro ai licenziamenti: "Da quando ho iniziato a lavorare, l'avidità ha sempre rovinato tutto. È tutta la vita che combatto contro i publisher e continuo a vedere sempre gli stessi errori ripetuti ancora e ancora e ancora. È sempre una questione di profitti trimestrali. L'unica cosa che conta sono i numeri: per questo, licenziano tutti e l'anno successivo si ritrovano senza sviluppatori. Poi iniziano ad assumere di nuovo, a fare acquisizioni e a far ripartire lo stesso ciclo, che è semplicemente rotto".
Una situazione complessa
Cosa possiamo aspettarci dai sindacati nel prossimo futuro, in un contesto in cui lo sviluppo di tecnologie di intelligenza artificiale sembra spesso inconciliabile con obiettivi di giustizia sociale, da più punti di vista, e in un mondo del lavoro in cui stanno proliferando sempre più forme di lavoro flessibili e atipiche, esternalizzazioni e subappalti, tanto da spingere gli studiosi a parlare di un vero e proprio trend di instabilità del lavoro a livello mondiale?
Le sfide principali da affrontare saranno certamente quelle dell'avanzata dell'economia digitale e il divario crescente tra lavoratori "stabili" e lavoratori "instabili". Contrariamente a quanto si pensa, però, anche posizioni rese storicamente "forti" proprio dai sindacati (come quelli qualificati e semi-qualificati del settore industriale) potrebbero essere minacciati dall'avanzata delle nuove tecnologie. Senza contare che la crescita di posizioni di lavoro "atipiche" rischia di diminuire il numero di lavoratori sindacalizzati, così facendo decrescere il potere di contrattazione degli stessi. In altre parole, è in bilico lo stesso potere "trasformativo" dei sindacati, in quanto utilizzare il loro strumento principale - lo sciopero - diventa difficilissimo quando i lavoratori si sentono messi con le spalle al muro, senza tutele, senza alternative.
È per questo che l'ultimo appello di Berlinguer suona ancora attuale: lavorare tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini. A quarant'anni di distanza da quella drammatica estate padovana, questo compito è reso più semplice dalla presenza dei social network e dalla formazione di collettivi orizzontali e informali come Game Workers Unite, e al contempo più difficile dalle pressioni del superlavoro soprattutto sui più giovani, dai contratti precari, dalle sfide crescenti imposte dall'instabilità del sistema finanziario globale. Un lavoro straordinariamente complesso, quindi, ma più che mai urgente e necessario.