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Red Dead Redemption 2, crunch time e il lato oscuro dello sviluppo videoludico

100 ore di lavoro a settimana per portare a termine Red Dead Redemption 2, ed è "normale", almeno secondo gli standard degeneri del lavoro nell'industria videoludica (e non solo)

NOTIZIA di Giorgio Melani   —   16/10/2018

Le recenti parole di Dan Houser, co-fondatore di Rockstar, sulle 100 ore a settimana passate sullo sviluppo di Red Dead Redemption 2 per completare per tempo il gioco, sono state prontamente ritrattate dal publisher e dallo stesso Houser, cercando ovviamente di ridimensionare l'uscita e far capire come si sia trattato di un impegno per lo più "volontario" e riguardante il solo executive in questione. Tuttavia, che le tempistiche di lavoro nel panorama dell'industria videoludica si avvicinino a tali valori è ormai una cosa acquisita e l'incidente diplomatico del co-fondatore di Rockstar non fa che riaccendere i riflettori su quella pratica ormai tristemente nota come crunch time, diventata parte integrante della routine standard nel lavoro di coloro che si dedicano allo sviluppo di videogiochi. Come fa capire il nome, si tratta di un periodo, che può essere più o meno lungo, nel quale si cerca di comprimere i tempi aumentando le ore di lavoro giornaliere in modo da rientrare in deadline precise ed è una pratica che si applica anche ad altri ambiti lavorativi, probabilmente ovunque ci siano delle tempistiche precise da rispettare, in particolare per la conclusione di prodotti da immettere su un mercato particolarmente esteso e in vista.

Red Dead Redemption 2 Armi 9


L'industria videoludica ha la particolarità di aver assunto il crunch time come pratica lavorativa standard e questo per una serie di motivi insiti nelle dinamiche del marketing che finiscono per influire sulla cultura stessa dell'industria. Sono elementi critici che richiederebbero una revisione generale dell'organizzazione lavorativa ma anche e soprattutto delle abitudini del mercato, compresa la percezione che gli utenti finali hanno dei prodotti disponibili. La correzione successiva di Houser (al di là delle testimonianze giunte a stretto giro su pratiche del genere effettuate già anche in Grand Theft Auto V) è poco credibile proprio perché il crunch time è praticamente normale, è noto un po' a tutti e rappresenta per questo uno dei più scandalosi elefanti nella stanza del panorama videoludico attuale, che viene evidenziato solo quando qualche grande nome ne fa menzione, spesso proprio perché il livello di tale pratica è diventato insostenibile e ha toccato da vicino anche i designer più blasonati (ne ha parlato tempo fa anche Amy Henning riguardo Uncharted 3). La sensibilizzazione sull'argomento si fa generalmente partire dal 2004, quando il blog di Erin Hoffman, compagna dello sviluppatore di EA Leander Hasty, sotto lo pseudonimo di EA Spouse cominciò a rendere pubblici gli effetti nefasti di questa pratica, facendo presente come i ritmi di lavoro massacranti fossero considerati praticamente normali all'interno delle compagnie videoludiche e come questi periodi di lavoro intenso potessero estendersi anche a lungo, senza retribuzioni aggiuntive garantite e con tutti gli effetti debilitanti che questi possono avere sul fisico e sulla psiche dei lavoratori.

Red Dead Redemption 2 Armi 12


Proprio a proposito di Rockstar, un caso analogo di accusa pubblica venne dal collettivo Rockstar Spouse, che seguendo l'esempio precedente mise sotto la lente d'ingrandimento le condizioni logoranti del lavoro all'interno di Rockstar San Diego in particolare. Tuttavia, non si tratta di situazioni legate necessariamente alle grandi software house, o in concomitanza con titoli di grandissimo rilevo: come ha fatto notare anche Giordana Moroni in un approfondimento al riguardo pubblicato un paio di anni fa su queste pagine, il crunch time è sostanzialmente insito nello sviluppo videoludico, addirittura programmato in termini organizzativi. Sebbene derivi spesso dall'emergenza, quando il lavoro extra si accumula per diverse cause, facendo saltare l'ottimistico piano di lavoro iniziale, è diventato praticamente parte integrante dell'organizzazione dello sviluppo. D'altra parte, se lo sviluppo di una particolare caratteristica di un gioco ha richiesto in un primo caso una certa quantità di tempo perché costruita in totale emergenza e ricorrendo a ritmi di lavoro massacranti, quella stessa tempistica viene assunta da lì in poi come standard e calcolata in base a una visione già distorta della realtà lavorativa, per esempio. D'altra parte, nel mercato odierno si pretende che un prodotto sia quanto più possibile completo e onnicomprensivo per adattarsi ai gusti della maggior parte delle persone, cosa che determina un incremento esponenziale del carico di lavoro all'interno di tempistiche di rilascio diventate rigide, per cui il crunch time diventa il metodo più economico per massimizzare il profitto e contenere i costi.

Red Dead Redemption 2 Screenshot 12


È comunque una cosa che riguarda anche i team più piccoli e gli indie: per ovvi motivi se questi hanno a che fare con un publisher esterno ma anche per questioni che esulano dai rapporti esterni, quando magari c'è la necessità di mettere in piedi demo e trailer per promuovere il proprio titolo, le scadenze incombono e la quantità di sviluppatori è limitata. C'è poi un'altra questione che riguarda in particolare lo sviluppo videoludico: essendo un lavoro essenzialmente creativo, risulta spesso difficile da costringere all'interno di routine dai ritmi ferrei e sequenziali che invece sono necessari nella produzione ultra-industrializzata di questo mercato. È quasi innaturale costringere idee, spunti espressivi e anche artistici all'interno di un'organizzazione ferrea dei tempi di lavoro, dunque le discrepanze tra le roadmap programmate e i tempi effettivi sarebbero naturali ma non sono ammesse quando si ha a che fare con date di uscita o anche presentazioni interne e questo può portare a frequenti periodi di crunch time anche in corrispondenza delle varie "milestone" dei progetti, non solo nelle ultime settimane di sviluppo come si potrebbe pensare comunemente. Ce n'è insomma un po' per tutti in questa faccenda: il crunch time sembra un male endemico in questa industria che potrebbe essere eliminato forse solo con una modifica e ricostruzione generale della cultura videoludica.