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Horses, la recensione del videogioco estremo bandito da Steam

Firmato dagli italiani di Santa Ragione, Horses è un videogioco dell'eccesso, una storia sul potere e sulla banalità del male.

RECENSIONE di Fabio Di Felice   —   02/12/2025
Anselmo è il protagonista di Horses, un videogioco italiano estremo
Horses
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Ho solamente eseguito gli ordini. Sentirlo fu come prendere uno schiaffo in faccia. Lo ripeteva Adolf Eichmann, gerarca nazista che organizzava le deportazioni verso i campi di concentramento. Era uno degli ingranaggi principali della "soluzione finale" di Adolf Hitler. Si dichiarò "non colpevole nel senso dell'atto d'accusa" al processo che si tenne a Gerusalemme nel 1961, in cui venne giudicato per la sua responsabilità diretta nei crimini nazisti. Tra coloro che assistevano al processo c'era Hannah Arendt, filosofa di origine ebraica e giornalista del The New Yorker che, come tutti gli altri, rimase incredula davanti a quelle parole prive di empatia dopo aver subito le persecuzioni del nazismo. Quel dolore, quella rabbia, quella sensazione di disagio davanti alla malvagità contribuirono alla scrittura di uno dei testi più importanti della filosofia moderna, La banalità del male, un trattato che definiva un nuovo tipo di criminale, capace di commettere atrocità in circostanze di potere che rendono difficile processare ciò che si sta facendo come qualcosa di sbagliato. Eichmann lo disse ancora e ancora, e ancora: ho solamente eseguito gli ordini.

La banalità del male, così come la descrive Arendt, non è solo rappresentata dalla passività del singolo davanti all'orrore, ma anche dalla disumanizzazione dell'altro che avviene all'interno di un sistema di potere assoluto. Nel suo Mein Kampf, Hitler definiva il popolo ebraico "una razza di parassiti", ed è noto che la propaganda nazista lo raffigurava spesso come un branco di ratti. Ma la disumanizzazione non è un fenomeno esclusivo dei regimi totalitari del Novecento: affonda le radici in epoche ben più lontane. Nel XVIII secolo, per esempio, i padroni consideravano gli schiavi strumenti da sfruttare per produrre ricchezza, semplici oggetti, animali da lavoro. Come i cavalli.

Non più esseri umani, ma cavalli
Non più esseri umani, ma cavalli

Questa lunga introduzione serve per capire quali caratteristiche rendono Horses, il nuovo videogioco di Santa Ragione, così crudo, feroce e quindi ben riuscito. Dal punto di vista concettuale, perché mette il giocatore nei panni di un dilemma morale costruito su una routine di obbedienza all'autorità; dal punto di vista dell'immaginario, perché rimanda inevitabilmente a un certo contesto storico in cui gli schiavi erano privati dell'identità e diventavano strumenti di un sistema economico e sociale che li annullava. Due scenari che hanno in comune un effetto: la brutalità diventa normale e chi la subisce non è più visto come un essere umano, ma come un cavallo.

Quattordici giorni

Horses è un videogioco che deve molto al cinema. La prima cosa che vediamo è un proiettore che comincia a girare, e sentiamo il fruscio ritmico della pellicola che scivola e che farà da sottofondo a gran parte del titolo. Servono poche immagini e poche frasi per gettare le basi del racconto: Anselmo è un giovane che viene ospitato in una cascina per "fare la stagione" e mettere da parte qualche soldo. Magari farsi venire i calli sulle mani come un vero uomo. Suo padre e sua madre l'hanno mandato da un vecchio amico per quattordici giorni, due settimane, ad aiutare in questa piccola fattoria.

Anselmo fa presto la conoscenza del contadino: è un omone burbero ma cordiale, con una faccia come tante, le mani grosse e callose alla fine di braccia lunghe e bruciate dal sole che gli scendono lungo i fianchi. Un incisivo scheggiato e quel modo affettato di parlare tipico di chi trascorre molto tempo da solo. L'uomo gli fa fare il giro della proprietà, è ospitale, ma gli vieta severamente di ficcare il naso dove non deve. Nella camera da letto patronale, soprattutto. E poi lo porta all'orto per raccogliere qualche carota da dare ai suoi cavalli. Il suo orgoglio. È uno dei momenti in cui Horses ci presenta una scelta, la prima e forse una delle poche in cui si ha davvero facoltà di esprimere una preferenza: tu li ami i cavalli, vero Anselmo? Meglio dire di sì, perché il contadino sembra proprio ossessionato e infatti porta il ragazzo a vedere gli animali. Solo che non sono cavalli: sono esseri umani.

Horses è un videogioco crudo. Dopo pochi minuti getta la maschera e comincia a farsi inquietante: Anselmo e il contadino camminano verso il recinto dei cavalli, una musica angosciante ribolle in sottofondo, e quando finalmente si scorge la stalla capiamo il perché. Una ventina di uomini e donne completamente nudi indossano delle maschere da equino. Sono sporchi, tremano, alcuni si urinano addosso mentre il fattore si avvicina. Horses ce lo mostra con una sovraimpressione magistrale che alterna il motore grafico a segmenti in live action.

Bastone o carota? Sicuri che la scelta conti davvero qualcosa?
Bastone o carota? Sicuri che la scelta conti davvero qualcosa?

È l'inizio dell'incubo di Anselmo, un incubo radicato in una routine d'obbedienza che diventa sempre più cieca. Il videogioco di Santa Ragione sceglie una strada non lineare, mostrandoci di volta in volta solo gli eventi rilevanti della giornata. I primi giorni, per quanto agitati dalle notti insonni e dalle visioni disturbanti, scorrono via in maniera tutto sommato tranquilla. Forse però è come quella vecchia storia della rana che bolle nella pentola: non si rende conto dei cambiamenti lenti e graduali della temperatura finché non è spacciata. Ogni mattina il contadino ci costringe a compiere una piccola azione umiliante nei confronti dei cavalli. Quando le cose precipitano, ormai è troppo tardi: la facoltà di scegliere tra cos'è giusto e cos'è sbagliato è già stata compromessa.

Un saggio sul potere

Horses è un videogioco molto semplice. Per la maggior parte del tempo c'è una routine da rispettare: Anselmo si sveglia, si siede a fare colazione, mangia i biscotti, beve il latte e va a guardare la bacheca dei compiti che il contadino gli ha assegnato. Dare da mangiare al cane e ai cavalli, spaccare la legna, pulire la stalla. Come già detto in precedenza, però, Horses è anche un videogioco molto asciutto e sceglie di eliminare l'aspetto passivo della routine, mostrando solo gli elementi che la spezzano. Quasi sempre in maniera violenta e improvvisa, alternando in maniera molto efficace la rassicurante ritualità della giornata all'orrore.

Molte delle scene di Horses sono immagini potente, che raccontano molto
Molte delle scene di Horses sono immagini potente, che raccontano molto

Così, tra un "annaffia gli ortaggi" e un "getta l'immondizia", ci troviamo ad assistere il contadino nelle sue disumanizzanti azioni nei confronti dei cavalli. È sintomatico come, in due ore di gioco, Santa Ragione abbia condensato con precisione molte dinamiche tipiche dei regimi totalitari e del rapporto di sudditanza con il potere, alimentando, per esempio, la paranoia del controllo. All'inizio del gioco, il contadino ci dice che ai cavalli è severamente vietato fornicare e di correre a informarlo nel caso in cui li vedessimo impegnati in atti sessuali.

Poco dopo, Horses ci dà la possibilità di fare la spia, mettendoci proprio davanti alla situazione descritta dal contadino. Tutto sembra troppo puntuale. E le occasioni di scegliere tra i cavalli e il contadino si rincorrono: attraverso piccole decisioni possiamo rendere le giornate dei cavalli meno miserabili, ma sempre con il terrore che l'indulgenza possa trascinarci dall'altra parte, a far compagnia alle bestie. È un meccanismo psicologico crudele e orchestrato con maestria. Una caratteristica che ci ha sorpresi è che ben presto il videogioco sottrae la scelta al videogiocatore, anteponendo la volontà di Anselmo. Spaventato e soggiogato dall'autorità, le sue scelte cominciano ad avere un solo esito possibile: l'obbedienza. L'obiettivo di Horses è chiaro, ma alla lunga questo pesa un po' sulla rilevanza di ciò che scegliamo di fare come giocatori.

Occasionalmente, Anselmo, può rispondere ai diversi personaggi che incontra
Occasionalmente, Anselmo, può rispondere ai diversi personaggi che incontra

Ciò che ci costringe poi a non uscire dalle maglie del sistema è anche la presenza degli altri personaggi. Horses dipinge una comunità di persone, dal veterinario al prete, fino alla ragazza ricca che viene a "provare" i cavalli prima di comprarne uno, conniventi con il potere. Anselmo è l'unico a farsi domande sulla correttezza etica di ciò che sta succedendo. Ma in un mondo in cui gli esseri umani seguono l'autorità per semplificare decisioni complesse, non è tanto la moralità che si ricerca, quanto la sicurezza. La sicurezza di essere dalla parte dell'oppressore e non dell'oppresso.

Il diritto di scandalizzare

Horses è un videogioco spregiudicato. Il disclaimer iniziale contiene così tanti avvertimenti sui contenuti sensibili del gioco che è impossibile non mettersi sull'attenti: tortura, suicidio, molestie sessuali, stupro, violenza fisica e psicologica. Per quanto il titolo di Santa Ragione releghi gran parte delle scene più crude al fuori campo, ci sono comunque almeno due o tre momenti molto forti, che ci hanno costretti a prenderci una pausa prima di ricominciare la partita. Non si può di certo dire che Horses non riesca nel suo intento di far sentire il videogiocatore parte di una macchina crudele. La cosa che li rendeva così d'impatto, oltre alla violenza grafica e alle implicazioni disumanizzanti di ciò che stava succedendo, era la partecipazione in prima persona alle sevizie. Prima ancora del potere rappresentato dall'autorità del contadino, è Horses stesso - in quanto videogioco - a costituire un'autorità da cui non ci si può sottrarre. Se si decide di giocare e di arrivare fino alla fine, si devono eseguire i suoi ordini e non c'è modo di evitarlo.

La violenza fisica di Horses è spesso molto esplicita
La violenza fisica di Horses è spesso molto esplicita

Questo scatto di consapevolezza è importante, perché nelle due ore necessarie a vedere la fine del videogioco ci si trova spesso dalla parte del carnefice e bisogna chiudere il cuore al punto da trasformarci da semplici manovali a complici dell'orrore. E Horses, da questo punto di vista, è molto intelligente perché, al contrario del cinema, ci fa svestire i panni dello spettatore passivo per metterci in quelli del mostro. Grazie all'ottima scrittura e al ritmo battente, Horses riesce a infilarsi strisciando sotto la pelle del giocatore.

Il concetto di opera shock di Horses è vicino a quello di Pier Paolo Pasolini, per almeno un paio di motivi: il primo è che Horses richiama uno dei suoi film più famosi e discussi, ovvero Salò o le 120 giornate di Sodoma, adattamento del romanzo del marchese de Sade, ambientato però nel contesto storico della Repubblica di Salò, dove gli scampoli del regime fascista mettono in scena l'anarchia del potere. Una pellicola estrema che ha diversi punti in comune con Horses, pur restando nella sua violenza - grafica e psicologica - ben più forte. Il secondo motivo è che Salò, proprio come Horses, è un'opera d'arte provocatoria, che usa lo shock per stimolare la riflessione. E da questo punto di vista fa centro, al di là delle imperfezioni stilistiche e dell'aspetto grezzo.

Il montaggio alternato con scene live action regala un aspetto molto cinematografico a Horses
Il montaggio alternato con scene live action regala un aspetto molto cinematografico a Horses

Sul suo film, Pasolini disse che "scandalizzare è un dovere". L'arte deve essere scandalosa, senza paura di essere censurata, perché esiste per aprire gli occhi, per svelare le coperture, per mostrare ciò che la società vorrebbe nascondere. Il poeta e regista ci ha insegnato che un'opera che si pone come spunto di riflessione per lo spettatore - o, in questo caso, per il videogiocatore - non deve essere compiacente o innocua, deve invece metterlo in crisi. Perché solo nella crisi si trova il coraggio di guardare senza voltarsi dall'altra parte. Horses lavora proprio all'interno di questo spazio scomodo: non c'è alcuna distanza rassicurante tra chi infligge il male e il giocatore, non ci viene permesso di rifugiarci nella passività. La responsabilità dei gesti è nostra, anche quando sono imposti dal videogioco, per non sottrarci alle domande su cosa significhi davvero obbedire, partecipare, essere complici. Eseguire gli ordini.

Conclusioni

Versione testata PC Windows
Digital Delivery Epic Games Store, GoG, Humble Store
Prezzo 4,99 €
Multiplayer.it
8.0
Lettori
ND
Il tuo voto

Horses è un videogioco importante, che intende scandalizzare lavorando sullo spazio scomodo tipico dell'arte provocatoria. Non ha alcuna intenzione di essere innocuo: vuole mettere in crisi, in ogni senso. È una riflessione sulla banalità del male, sull'anarchia del potere e su come disumanizzare gli altri ci spinga a compiere azioni atroci. Pur richiamando alla mente gli orrori dei totalitarismi del Novecento, è un'opera molto attuale, che mette in scena meccanismi che il potere continua a sfruttare per indebolire la nostra umanità. Un videogioco che non cerca il consenso e che ha il coraggio di ricordarci quanto sia facile, ancora oggi, limitarsi a eseguire gli ordini.

PRO

  • Provocatorio, come dovrebbe essere l'arte
  • Un'allegoria crudele e ben riuscita
  • Difficilmente giocherete qualcosa di simile

CONTRO

  • Molto grezzo, specialmente nelle animazioni
  • Le sessioni più ludiche, come le corse a cavallo, sono le meno riuscite