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Painkiller, la recensione di uno sparatutto in prima persona ultra generico

La recensione di Painkiller, uno sparatutto così generico che dopo averlo finito non ci si ricorda nemmeno di averlo giocato.

RECENSIONE di Simone Tagliaferri   —   30/10/2025
I quattro protagonisti di Painkiller
Painkiller
Painkiller
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Pronto per la recensione, dopo aver visto un po' tutti i contenuti del gioco, mi sono seduto alla scrivania in preda a una specie di torpore mentale. Non il solito, quello della vecchiaia, ma uno più profondo e perturbante che, dopo aver passato qualche minuto a guardare la pagina nera di Writer mi ha fatto esclamare tra me e me: "ma davvero è tutto qui? Ora che scrivo?". Non che sia difficile raccontare il reboot di Painkiller, che di suo potremmo definire uno sparatutto cooperativo da cestone virtuale, ma è proprio questo il punto: urla "sono generico" da ogni modello 3D. A parte la frenesia e gli ettolitri di sangue virtuale che scorrono sullo schermo, non c'è davvero niente che risalti.

Storia e struttura di gioco

Ecco, Painkiller perlopiù si limita a funzionare come sparatutto cooperativo, ma non si capisce perché qualcuno dovrebbe giocarci, considerato che c'è di molto meglio in giro, come i due Warhammer: Vermintide o Abyssus, per citare un paio di nomi.

Il Painkiller di People Can Fly era un FPS single player con una sua personalità. Daniel Gardner, il protagonista, era il classico duro da copertina di disco metal che rendeva bene perché doveva semplicemente andarsene in giro ad ammazzare orde di demoni, sfruttando un ricco arsenale di armi, in livelli ben progettati che alternavano aree chiuse e meno affollate, ad altre più ampie in cui si concentravano gli scontri più feroci. Era Painkiller di nome e di fatto, visto che della canzone dei Judas Priest sembrava voler riprendere il ritmo e la forza, oltre che il titolo. Il Painkiller di Anshar Studios fa di tutto per sembrare altrettanto feroce, ma lo fa come quei bambini che ringhiano verso gli adulti: loro si sentono duri, ma fanno tanto ridere.

Painkiller è tornato, ma è musica metal diversa rispetto a quella dell'originale Painkiller è tornato, ma è musica metal diversa rispetto a quella dell'originale

Ma cosa racconta? Quattro tipi condannati a stare per l'eternità in Purgatorio, chiamati Ink, Void, Soul e Roche, ricevono la possibilità di redimersi combattendo contro le forze di Azazel, un potentissimo demone che vuole invadere la terra con le sue truppe. Questa è, praticamente, tutta la storia. No, davvero, c'è veramente poco altro, a parte un colpo di scena telefonatissimo. Durante l'azione, ciascuno dei personaggi coinvolti (sempre 3 su 4) racconta le sue vicende personali, componendo un affresco quantitativamente più ricco, ma poco interessante, tanto che con il passare delle ore si fa sempre meno attenzione a quello che dicono.

Ci sono nemici più piccoli e nemici più grandi, ma in generale si spara a ripetizione e basta
Ci sono nemici più piccoli e nemici più grandi, ma in generale si spara a ripetizione e basta

Poco male, verrebbe da dire: facile capire che ci troviamo di fronte al classico canovaccio con il gioco intorno, ottima scusa per affrontare i livelli dei tre biomi / raid da cui è composto, che però si esauriscono nel giro di poche ore. Parliamo di nove livelli in totale, ciascuno dei quali si può finire in meno di un'ora.

Se non si è sazi, ci si può rivolgere alla modalità Angelo Ribelle, che offre dei livelli generati casualmente, da affrontare con equipaggiamento casuale e qualche regola modificata. È caratterizzata da una difficoltà molto elevata e, sinceramente, non offre chissà quali incentivi a fare più di qualche partita, visto che è semplicemente un continuo spawn di nemici da massacrare. Serve per continuare ad ammucchiare monete e punti utili per sbloccare i potenziamenti delle armi, queste ultime l'unico richiamo palpabile al Painkiller originale, almeno nell'aspetto. Nella pratica sono molto più complesse, visto che hanno tutte il loro albero dei potenziamenti, che consente di personalizzarle. A ben vedere sono queste ultime la spinta a continuare a giocare, visto che bisogna spenderci sopra un bel po' di risorse per massimizzarle. Il problema è che, per ottenerle, bisogna rigiocare sempre agli stessi livelli, che non offrono un granché di diverso di partita in partita. Un po' scarsa come motivazione.

Ci sono anche dei grossi boss in Painkiller
Ci sono anche dei grossi boss in Painkiller

I personaggi di loro, oltre a correre, saltare e scattare (la mobilità e la velocità dell'azione è elevatissima), hanno delle abilità uniche, anche se due su quattro sono abbastanza inutili perché forniscono dei bonus a degli aspetti che non danno mai grossi pensieri durante il gameplay. Ad esempio, a che serve avere più munizioni se si ha sempre a disposizione un'arma apposita che serve per mieterle dai nemici (la Painkiller)? Quindi, tendenzialmente, meglio avere più punti vita o il danno aumentato, il che riduce di molto la scelta di chi usare e chi no, a meno di particolari preferenze estetiche.

Qualcosa di simile si può dire anche dei tarocchi, che sono selezionabili prima di ogni missione: in linea teorica coprono un ampio raggio di effetti bonus, ma il fatto che siano deperibili e che costino parecchie risorse, porta a puntare sempre sugli stessi: quelli che vanno a incidere su caratteristiche utili come il danno, la vita, o i bonus alle risorse raccolte.

Map e level design

Anche il design delle mappe e dei livelli contribuisce al senso di piattezza generale comunicato da Painkiller. Dovremo affrontare semplicemente degli enormi corridoi con varie intersezioni in cui andare a recuperare risorse. C'è qualche segreto da trovare, ma è davvero tutto qui.

Le armi sono soddisfacenti, ma la varietà è poca
Le armi sono soddisfacenti, ma la varietà è poca

In buona sostanza, sono strutturate in arene collegate tra loro da tunnel dritti, più o meno tortuosi. I nemici sono sempre presenti, teoricamente per tenere alta l'attenzione, ma si perdono tra salti, piattaforme sospese, nicchie nascoste e qualche pulsante da premere o piastra a pressione su cui salire (non aspettatevi dei veri e propri puzzle, comunque). Più in generale, oltre a sparare, c'è poco altro da fare. L'attività extra più frequente richiede di prendere delle taniche per portarle in vari punti dell'area in cui ci si trova, ma ci sono anche delle sezioni in cui bisogna fare da scorta, evitando che lo scortato venga ucciso dalle truppe demoniache, o altre in cui bisogna correre da una zona illuminata all'altra restandoci sopra il più a lungo possibile... e basta. Insomma, è il classico FPS progettato per la cooperativa, quindi senza tanti fronzoli, nonostante sia possibile fruirlo anche offline, usando dei bot come sostituti dei giocatori umani mancanti.

I nemici sono molto generici
I nemici sono molto generici

Uno degli elementi che più ci hanno infastiditi è l'esasperante cambio di tono rispetto alla serie originale, di suo molto seria, con tutti i personaggi che qui sembrano essere diventati dei supereroi Marvel, desiderosi di infilare una battuta comica dietro l'altra, anche quando raccontano cose teoricamente atroci. Capiamo la voglia di dare una propria impronta al progetto, ma è davvero un continuo, tanto che dopo un po' si inizia a tifare per i demoni. Inoltre, che quattro personaggi apparentemente così diversi condividano lo stesso amore per il sarcasmo e utilizzino lo stesso registro linguistico, fa capire quanto poco siano stati elaborati: è come se fosse un unico personaggio, che parla con più voci. Se poi ci aggiungiamo che anche demoni e angeli parlano allo stesso modo, ci siamo capiti.

Sparatorie e tante genericità

I momenti in cui Painkiller rifulge sono le sparatorie, non tanto perché i nemici siano particolarmente intelligenti, visto che attaccano in branco senza adottare strategie particolari, quanto perché è semplicemente divertente ucciderne decine alla volta e vederli scoppiare in tante nuvolette di sangue, oppure lanciarli con un'onda d'urto giù da un burrone.

Alcuni avversari sono più grossi e ostici di altri
Alcuni avversari sono più grossi e ostici di altri

I feedback dei colpi, da questo punto di vista, sono ottimi, tra teste mozzate, corpi che volano di qua e di là, branchi congelati e quant'altro. Le armi sono poche, sei in totale (sette se si considera la Painkiller, che non è potenziabile), ma offrono un buon grado di personalizzazione, con effetti vari, che risaltano soprattutto quando si gioca ai livelli di difficoltà più elevati. Come accennato, gli sviluppatori hanno inserito le armi più iconiche della serie, come l'Electrodriver e la Stakegun, due delle quali disponibili da subito, con le altre che vanno sbloccate. In linea di massima sono piacevoli da usare, il problema è che si rischia di esaurire l'interesse verso il gioco prima di averle usate tutte, visto che le risorse che si ottengono completando i livelli non sono tantissime e che si può arrivare alla fine anche solo massimizzando le due armi base.

Sol, uno dei quattro personaggi giocabili di Painkiller
Sol, uno dei quattro personaggi giocabili di Painkiller

Per dire, noi abbiamo completato tutti i livelli dopo aver sbloccato una sola arma supplementare: il fucile a pompa, perché abbiamo investito la maggior parte delle risorse per sbloccare i potenziamenti delle armi di default. Quindi ci siamo forzati a rigiocare per sbloccare le altre, giusto per provarle, ma vi confessiamo che non siamo stati entusiasti di farlo, perché non avevamo grosse motivazioni a ripassare i livelli, che ci avevano già detto tutto quanto avevano da dire, boss compresi (tre in totale). Questi ultimi sono dei bestioni molto grossi e non è male affrontarli, anche se siamo sempre lì: perché rifarlo, dopo averli sconfitti la prima volta? Se vogliamo questo è il tasto più dolente dell'intero gioco: scivola addosso e non lascia veramente nulla, se non la sensazione di aver passato qualche ora a fare qualcosa che aveva già fatto altre volte e che non è detto che avesse voglia di rifare.

Painkiller urla 'sono generico' da ogni poro
Painkiller urla "sono generico" da ogni poro

In termini tecnici, Painkiller è un titolo senza infamia e senza lode. I modelli 3D sono ben fatti, ma non hanno un design brillante. Le mappe hanno tanti dettagli, ma non appaiono mai davvero organiche. Ci sono dei momenti più spettacolari, ma tutto urla genericità da ogni poro. Fortunatamente non abbiamo avuto problemi di framerate, impostando le opzioni consigliate per il nostro sistema, ma non è una grossa consolazione, visto tutto il resto.

Conclusioni

Versione testata PC Windows
Digital Delivery Steam, Epic Games Store, PlayStation Store, Microsoft Store
Prezzo 39,99 €
Multiplayer.it
5.5
Lettori (14)
5.2
Il tuo voto

Painkiller è l'omonima canzone dei Judas Priest, ma cantata da Blanco con l'autotune. Finge la stessa durezza, ma è solo la voce di un ragazzino stonato supportato da un algoritmo. Ciò che è davvero è un FPS cooperativo generico e con pochi contenuti, che non viene salvato da qualche sparatoria ben fatta. Insomma, è meglio che rimanga nel Purgatorio, lui e i suoi personaggi continuamente in vena di battute imbarazzanti. Lasciatelo perdere e dedicatevi ad altro, tanto non vi perderete niente, perché qui di Painkiller c'è davvero poco.

PRO

  • Qualche sparatoria funziona
  • Le armi hanno molte opzioni di personalizzazione

CONTRO

  • Generico e sciapo in ogni aspetto
  • I pochi livelli non danno grosse motivazioni a rigiocarlo
  • Quante battute si devono sopportare per meritarsi il paradiso?