A grande richiesta torniamo a parlare dei raid di World of Warcraft, dopo aver pubblicato le nostre personalissime Top 5 sui migliori e i peggiori boss del gioco. Classifiche che hanno fatto discutere, arrabbiare e commuovere sia i nuovi giocatori, che magari non hanno provato alcune di quelle esperienze, sia i nostalgici, che invece sentono la mancanza di raid che hanno segnato le loro serate per settimane se non mesi.
Con la parola inglese "raid" (/reɪd/) si intende letteralmente una "incursione", che poi è lo stesso termine impiegato ufficialmente nella traduzione italiana, per orribile che sia. Negli anni, il termine ha assunto, all'interno del panorama degli MMO, la connotazione particolare nell'economia di World of Warcraft, pur esistendo già molto prima (per esempio, già da EverQuest di Sony). Ma che cos'è un raid? Si tratta generalmente di un'ambientazione chiusa e "istanziata", una specie di dungeon più grande del normale, in cui un gruppo consistente di giocatori - e solo loro - affronta una serie di combattimenti estremamente difficili o articolati, sia contro gruppi di coriacei nemici normali, comunemente chiamati "trash", sia contro veri e propri boss che ricompensano i vincitori con oggetti particolarmente potenti. Nel corso di dieci anni, Blizzard ha sfornato decine di raid e di boss, raggiungendo talvolta dei veri e propri picchi di qualità in termini di game design. Vi proponiamo una piccola classifica dei cinque raid che ci sono piaciuti di più, ricordandovi innanzitutto che la scelta non si basa soltanto sui boss ma anche sulla bellezza e la complessità dell'ambientazione, e soprattutto che siamo nel campo dei pareri personali: invece di sclerare perché non abbiamo messo questo o quello, proponeteci nei commenti la vostra, personalissima Top 5!
Ecco quali sono i cinque raid che ci sono piaciuti di più in questi dieci anni di World of Warcraft
5. Siege of Orgrimmar
Siamo stati indecisi fino all'ultimo sul raid che avrebbe preso il quinto posto nella nostra classifica: avevamo pensato alla sempreverde Naxxramas, ma era troppo lugubre e asfissiante per i nostri gusti, così volevamo ripiegare sul mitico Black Temple, ma a parte lo scontro finale con Illidan e le crisi isteriche da Teron Gorefiend non vi erano battaglie particolarmente catartiche. Dopo aver ponderato a lungo tra Icecrown Citadel, Throne of Thunder e Firelands, abbiamo ripiegato su Siege of Orgrimmar, l'ultimissimo raid - in ordine cronologico, si intende - di World of Warcraft.
Intendiamoci, Siege of Orgrimmar non è che proponga chissà quali boss importanti, dato che sono tutti abbastanza anonimi ad eccezione di Garrosh Hellscream, e poi siamo abbastanza sicuri che la stragrande maggioranza della community ormai ce l'abbia a nausea, visto che è l'unico content endgame disponibile da quasi un anno. Il punto, però, è che Siege of Orgrimmar è anche una summa delle meccaniche e del game design, in fatto di raid encounter, sviluppate da Blizzard nell'arco di questi quasi dieci anni. Dai combattimenti posizionali a quelli in cui conta l'autonomia, passando per la sempre necessaria coordinazione ai boss che non seguono pattern ben precisi, i quattordici scontri del raid offrono un po' di tutto. E poi il susseguirsi delle quattro ali in cui è divisa funziona davvero benissimo ed è il culmine dell'intera storyline di Mists of Pandaria, portandoci ad affrontare Pandaren e Sha, Orda ribelle e Titani in un riassuntone delle puntate precedenti di World of Warcraft che ci conduce direttamente dall'isola di Pandaria ai cancelli di Orgrimmar, fin dentro il cuore pulsante della capitale, dove ci aspetta Garrosh in persona. E quando i giocatori - dell'Alleanza o dell'Orda stessa, non importa - si trovano a combattere in una location talmente importante per l'universo di Warcraft, accompagnati da alcuni tra i personaggi più importanti del lore, Thrall e Jaina compresi, è chiaro che ci si trova davanti a un raid speciale, pensato non solo per rendere omaggio a questi dieci anni di World of Warcraft, ma anche per segnare un punto di svolta epocale. Alla fine, nonostante gli sforzi comuni e la posta in gioco, sconfitto Garrosh, è chiaro che per l'Orda e l'Alleanza non ci sarà mai pace.
4. Zul'Gurub
È impossibile non amare i Troll. Tanto per cominciare, Blizzard ne ha sparsi così tanti in giro per Azeroth... e Outland... e Northrend... e Pandaria... che prima o poi sono diventati parte integrante delle avventure di ogni giocatore. La loro storia è pure un po' tragica, un contraltare perfetto con la loro parlata pseudo-giamaicana che per la traduzione ufficiale italiana è diventata un napoletano stentato che magari ha fatto storcere un po' il naso ai puristi, ma si è rivelato decisamente esilarante.
E i Troll, poi, sono i protagonisti assoluti di alcuni tra i dungeon più popolari fin dai tempi di Vanilla e di quel Zul'Farrak nel deserto di Tanaris. Zul'Gurub fu il primo raid interamente dedicato a loro, un antico complesso nella porzione settentrionale di Stranglethorn Vale in cui una fazione di Troll, i Gurubashi, operava un rito magico allo scopo di riportare in vita il loro dio, Hakkar. Zul'Gurub fu uno dei primi esperimenti di Blizzard con una formazione intermedia tra i dieci e i quaranta giocatori: introdotto con la patch 1.7 del 2005, il raid faceva da ponte tra Blackwing Lair e Ahn'Qiraj e permetteva l'ingresso di un gruppo da venti giocatori che, ogni tre giorni, potevano mettere le mani su vari oggetti di ottima fattura e, soprattutto, su alcuni incanti speciali per elmo e spalle che rappresentavano una vera primizia per i giocatori hardcore. E a parte il loot e le quest dell'isoletta Zandalari poco distante, Zul'Gurub era un vero spasso. La dinamica dell'immenso dungeon, percorribile pure a cavallo, era piuttosto libera, con i boss affrontabili senza seguire un ordine preciso, varie scorciatoie, nemici e sidequest opzionali, di tutto e di più. Essendo anche il primo raid-dungeon "all'aperto", anche se non lo era davvero, si respirava un'aria di libertà completamente diversa, e molte meccaniche richiedevano un livello di coordinazione e precisione decisamente sofisticato per quei tempi. Non ci stupisce che Blizzard l'abbia rispolverata con la patch 4.1 e il Cataclisma, scrivendo una nuova storyline che giustificasse un revamp in forma di dungeon eroico da cinque giocatori. Certo, la nuova Zul'Gurub è un po' all'acqua di rose rispetto al raid di quasi dieci anni fa, ma nonostante i boss siano diminuiti e persino cambiati si tratta di un'occasione d'oro per riscoprire una delle location più complesse e intriganti che gli sviluppatori di Irvine abbiano mai concepito.
3. Blackrock Depths
I giocatori più recenti si staranno probabilmente grattando la testa vedendo questo nome nella nostra Top 5, magari anche perché è uno di quei dungeon di basso livello (50 circa) che ormai nessuno si fila più dato che il loot è praticamente inutile e si preferisce progredire a suon di quest per raggiungere le Outland il più presto possibile. Inoltre, oggi è un dungeon per cinque giocatori, ma non tutti sanno che lo è diventato soltanto con la patch 1.10 del 2006: prima, infatti, ammetteva fino a dieci giocatori, così come Stratholme e Scholomance (la stessa patch, tra l'altro, riduceva a dieci i quindici giocatori ammessi a Blackrock Spire).
Si tratta, insomma, di uno dei primissimi raid-dungeon di World of Warcraft, nel senso che richiedeva più di un normale gruppo di giocatori. Ma Blackrock Depths, nella sua forma originale, era anche una delle ambientazioni più grandi, articolate e complesse del gioco, una vera e propria avventura ogni volta che ci si metteva piede. Dimora sotterranea dei Nani della fazione Dark Iron, numerose battaglie nelle viscere della montagna rappresentavano la conclusione di altrettante questline cominciate un po' dappertutto in giro per il mondo. C'era per esempio la famosa scorta del maresciallo Windsor, parte di una complessa catena di quest che, alla fine, permetteva di smascherare Katrana Prestor, la consigliera del piccolo Anduin ma in realtà forma umana del drago Onyxia. Considerando che oggi Anduin è ormai un coraggioso maggiorenne, è chiaro che sotto i ponti è passata un sacco di acqua, e infatti anche Blackrock Depths ha una forma quasi completamente diversa, spezzettata in varie istanze che propongono un numero ristretto di boss e sfide. Un tempo, invece, era un'immensa struttura a progressione orizzontale e verticale, fatta di mini-eventi e quest ripetibili, passaggi segreti e alternativi, percorsi più o meno ufficiali e morti a ripetizione. Pensate che l'ingresso principale del raid vero e proprio di Molten Core, all'inizio, era proprio dentro Blackrock Depths, e che a un certo punto del dungeon Blizzard aveva collocato persino una specie di punto di ristoro, una taverna in cui era possibile pure far casino e innescare un'altra serie di eventi e miniboss. Certo, entrare a "BRD" anche soltanto per una singola quest poteva significare passarci delle ore e magari pure perdersi, ma a quei tempi era l'Avventura con la A maiuscola, e un po' dispiace che non ci siano più raid e dungeon così...
2. Karazhan
Nei precedenti speciali non abbiamo nascosto la nostra simpatia nei confronti della torre di Karazhan, uno dei raid-dungeon più vasti e complessi nell'intero mondo (universo?) di World of Warcraft. Ex residenza dello stregone Medivh, Karazhan sorge nella regione di Deadwind Pass, visibile già da lontano con la sua cima che svetta tra le montagne. Per entrare a Karazhan, ai tempi, era necessario completare una lunga questline (un cosiddetto "attunement") e poi si otteneva finalmente la chiave che aprire il cancello principale. Che poi non era l'unico ingresso, visto che a un certo punto si poteva aprire dall'interno anche la porticina secondaria, creando una specie di scorciatoia dopo aver raggiunto l'area intermedia della struttura.
Cosa ci fosse sotto di essa, nessuno lo sa. A parte Kurt Russel, forse, visto che qualche gabola permetteva di esplorarne i meandri incompleti e di cogliere varie citazioni di Grosso Guaio a Chinatown. E insomma, si entrava a Karazhan e già bisognava scegliere se affrontare il cavaliere fantasma nelle stalle o il boss casuale del sottoscala. E poi bisognava sconfiggere il castellano e i suoi scagnozzi settimanali, ma per raggiungerlo si poteva scegliere se passare dalle scale principali o fare il giro delle cucine. Poi il percorso diventava un po' più definito, ma non mancavano i boss opzionali: il folletto nel passaggio segreto dietro la libreria, il drago zombie sulla terrazza o quello fantasma nell'osservatorio. Epocali, nel bene e nel male, lo scontro col fantasma del papà di Medivh nella biblioteca e il famigerato minigioco della scacchiera. Un po' anticlimatico il finale, invece: un eredar un po' anonimo in cima alla torre, sotto una specie di varco dimensionale. Benché non fosse obbligatorio, se si fosse voluto esplorare ogni anfratto dell'intera Karazhan ci sarebbe voluto, be', un bel po': ad oggi è uno dei dungeon più vasti e dettagliati del gioco, un vero e proprio figlio di altri tempi. Fu anche uno dei primi raid-dungeon pensati appositamente per dieci giocatori, e ai tempi non rappresentava una specie di raid "entry level" ma una vera e propria sfida parallela ai raid da venticinque, tant'è che soltanto dentro Karazhan si potevano mettere le mani sui guanti e sull'elmo del cosiddetto "tier 4" (ancora oggi uno dei più belli del gioco).
1. Ulduar
Il fatto che non avessimo menzionato i suoi boss tra quelli che ci sono piaciuti di più nello speciale di qualche settimana fa non significava che ci eravamo dimenticati di Ulduar. E come potremmo? Non è un caso se è considerato il miglior raid mai concepito dai geniacci di Irvine. L'intero dungeon sprizza epicità e grandiosità da ogni pixel.
L'immensa fortezza dei Titani sorge su una montagna innevata a nord degli Storm Peaks, la bellissima regione innevata di Northrend, e i giocatori si addentrano nei suoi meandri già due volte prima del raid con i dungeon Halls of Stone e Halls of Lightning. L'incursione nella fortezza vera e propria è solo il culmine di una serie di lunghe questline che si incrociano anche e soprattutto negli Storm Peaks e che riguardano il conflitto tra i Titani, apparentemente sotto il controllo di quello che scopriremo poi essere un Dio Antico, Yogg Saron. La bellezza di Ulduar non risiede soltanto nella cura con cui gli artisti di Blizzard ne hanno disegnato sia gli interni sia gli esterni, arricchendoli di particolari super tecnologici in tema con il ruolo dei Titani nell'ecosistema di Azeroth, ma anche nella varietà e complessità generale dell'ambientazione. Si parte dall'immenso cortile esterno con un vero e proprio assalto a bordo di carri armati, catapulte e moto e, dopo aver sconfitto vari boss decisamente strani, si comincia ad esplorare un vasto tempio interno scegliendo l'ordine con cui affrontare la maggior parte dei boss. Il raid finisce col liberare i quattro Titani (ispirati agli dèi della mitologia norrena) e penetrare nelle profondità della fortezza, dove affronterà le orribili creature di Yogg Saron e, infine, il dio in persona, un'orribile mostro che governa il potere della paura. Uno scenario immenso e veramente epico, fatto di grotte ghiacciate e riserve naturali, tram ad alta velocità e baratri senza fondo. Tredici boss, più uno extra da sconfiggere entro un tempo limite e che conclude un'apocalittica quest secondaria.
Ulduar è entrato nella storia di World of Warcraft per l'ingegnosità degli encounter (tra i quali, ricordiamo, il robot V-07-TR-0N e lo strambo Thorim con il suo leggendario "In the mountains!") e per i suoi atipici combattimenti in modalità Eroica: a differenza di quelli odierni, che rappresentano una vera e propria modalità a parte rispetto a quella normale, gli scontri Eroici di Ulduar andavano innescati in modo particolare durante lo scontro vero e proprio, facendo a meno di vantaggi opzionali o impiegando tattiche particolari. Mimiron, ad esempio, in modalità Eroica si combatteva dopo aver premuto un pulsante che attivava un sistema di autodistruzione, riempiendo l'arena di fiamme; Hodir andava ucciso entro un certo lasso di tempo; Freya si doveva sconfiggere senza prima disattivare i poteri extra conferiti dai suoi guardiani, e così via. Persino Yogg Saron si poteva combattere in vari modi diversi, compreso uno che precludeva l'aiuto dei Titani liberati e che rappresentava l'unico modo per concludere la questline per il martello leggendario. Un raid meraviglioso, insomma, a pieno diritto in cima alla nostra Top 5, e un vero e proprio esempio di game design in ambito MMORPG.