Del nuovo God of War stiamo raccontando davvero vita, morte e miracoli sulle nostre pagine. Lo abbiamo analizzato con un dettaglio incredibile sia attraverso la nostra recensione sia con un video confronto che ci ha permesso, tra le altre cose, di mostrare il salto in avanti che Multiplayer.it ha compiuto in termini di acquisizioni in presa diretta grazie all'introduzione del 4k a 30 e 60 FPS. Ma siamo ancora ben lontani dallo spegnere i riflettori sulla nuova, eccellente opera dei ragazzi di Santa Monica e difatti proprio in questi giorni siamo andati avanti pubblicando degli speciali di approfondimento sul gioco e, addirittura, un video specifico sul sistema di combattimento. Tutto questo in attesa che, a partire da domani, ogni embargo residuo sul gioco venga
tolto e potremo finalmente mostrarlo nelle nostre live e voi comprarlo in negozio oppure online. Nell'ambito di questo specifico articolo torniamo però ad approfondire l'elemento fondante di questo nuovo capitolo un po' sequel, un po' reboot: il suo distacco netto dagli elementi più tipici di questo franchise. Ecco quindi, a nostro parere, i cinque elementi che allontanano con forza il nuovo God of War dagli episodi precedenti.
La visuale
Non possiamo che partire dal cambio radicale della gestione della telecamera. Tutti i God of War precedenti adottavano un punto di osservazione semi-statico e non controllabile dal giocatore. Questa soluzione garantiva un taglio registico estremamente rifinito e soprattutto pensato per sottolineare delle azioni specifiche di Kratos o per caricare di epicità determinate situazioni ambientali sfruttando inquadrature studiate ad hoc. Chi ha giocato qualcuno dei precedenti episodi ricorderà sicuramente i momenti in cui il protagonista assumeva dimensioni microscopiche per sottolineare le dimensioni dei suoi nemici o alcune parti della scena ci venivano appositamente occultate per aumentare il senso di sorpresa o l'inquietudine provata prima di effettuare l'ennesimo salto.
Il nuovo God of War adotta invece una telecamera perfettamente in linea con i tempi moderni: completamente libera sugli assi verticale e orizzontale ma bloccata per quello che concerne la profondità e posizionata alle spalle di Kratos con un grado di zoom talmente ravvicinato da impedire, spesse volte, che sia inquadrato a figura intera. È una soluzione che solo all'apparenza rischia di appiattire l'identità del franchise, visto che sul fronte registico sono stati adottati diversi escamotage, su tutti l'uso di un singolo piano sequenza, che riescono comunque a caratterizzare questa "nuova" inquadratura.
Il cambio di telecamera ha naturali ripercussioni su molteplici aspetti del gameplay, a partire dall'esplorazione, che risulta molto più limitata sul fronte delle componenti platform ma estremamente più soddisfacente nella necessità di visitare fisicamente ogni anfratto delle ambientazioni. Conseguenze ci sono anche sugli enigmi ambientali, sulla presenza dei collezionabili e sulla gestione delle trappole che ora richiedono un'analisi molto più approfondita degli scenari per scovare dettagli o vie secondarie opportunatamente nascosti dallo sviluppatore. Ma è soprattutto il prossimo elemento caratterizzante di questo God of War a subire sostanziali modifiche.
Il combattimento
Il franchise di God of War si è guadagnato nel tempo una buona notorietà in funzione non soltanto della sua violenza e dell'epicità degli scontri con divinità e personaggi della mitologia greca, ma anche per l'immediatezza e per quel senso di godimento orgasmico trasmesso dal suo sistema di combattimento. Pericolosamente vicino alle meccaniche tipiche degli hack & slash con un button mashing che spesso diventava davvero eccessivo, complici anche i QTE, il gioco tentava di offrire anche un velo di tecnicismo grazie alla presenza di combo con tanto di contatore su schermo. In realtà siamo sempre stati lontani chilometri dalle soluzioni estremamente più rifinite, tecniche e soddisfacenti che provenivano dalle terre orientali, dove l'abilità del giocatore era sempre davvero in grado di sovvertire qualsiasi scontro a qualsiasi livello di difficoltà, ma il compromesso si era sempre dimostrato accettabile.
La nuova opera di Santa Monica rompe in modo drastico con il passato proponendo un combattimento che vira completamente verso uno stile molto più vicino ai recenti action RPG e action adventure. Sembrano essere abbondanti i legami con la serie Souls anche se, rispetto alla saga realizzata da From Software, nel nuovo God of War sembra essere meno onnipresente e costante quella rincorsa al tatticismo estremo nei movimenti del protagonista e nello studio dei pattern d'attacco degli avversari. Di fondo però la gestione della schivata e della capriola, l'uso alternato delle due alternative d'attacco, la parata con il potenziamento legato al giusto tempismo, ricordano esattamente quella tipologia di combattimento.
Dove questo soft reboot si allontana da altri giochi che adottano similari meccaniche, è nell'intensità e nel feedback dei colpi che qui sono spinti alla massima potenza, quasi a voler sottolineare quella fisicità e quella "pesantezza" che si ricollegano all'invecchiamento e conseguente affaticamente di Kratos. In un ipotetico spettro di analisi, God of War è esattamente agli antipodi di quanto visto e sperimentato in The Witcher 3. Persiste poi una meccanica di collegamento tra i vari colpi che ricompensa una manciata di combinazioni o l'alternanza di alcune tipologie di attacco, in minima parte anche attraverso le interazioni con Atreus. E c'è poi la gestione del lancio del Leviatano che, se adeguatamente gestito, può quasi diventare una sorta di danno "ambientale" visto che il suo movimento nell'aria sia all'andata che al ritorno provoca conseguenze su alcuni dei nemici incontrati.
L'elemento ruolistico
Un altro fortissimo elemento di distinzione con il passato è offerto da una componente ruolistica che in questo nuovo God of War permea e altera in modo sostanziale numerosi elementi del gameplay. Ci sono infatti ripercussioni dirette sull'evoluzione degli stili di combattimento dei due protagonisti del gioco attraverso un triplo albero dei talenti (che successivamente diventa quadruplo per alloggiare i potenziamenti relativi alla seconda arma utilizzabile) che consente di far evolvere in parallelo all'uso del Leviatano, anche gli attacchi a mani nude, con lo scudo e la competenza con arco e frecce di Atreus. Tutti questi potenziamenti richiedono un investimento in punti esperienza, un elemento che si guadagna compiendo qualsiasi tipo di azione in God of War: dalle uccisioni di nemici, fino al completamento dei favori, passando per la raccolta dei collezionabili sparsi nel mondo di gioco.
L'XP può essere spesa anche per migliorare gli effetti delle rune che il giocatore può montare sulle due armi. Come ormai è ben noto, infatti, sia il Leviatano che il secondo armamento possono alloggiare un potenziamento leggero e uno pesante che si configurano come dei classici attacchi speciali attivabili con una combinazione di pulsanti e che sono soggetti a un tempo di ricarica prima di poter essere riutilizzati. A questi si aggiunge una speciale evoluzione runica che può invece essere "equipaggiata" da Atreus. Gli effetti di questi colpi si basano su tre variabili - danno, stordimento e potere elementale - e possono essere migliorati per due volte proprio spendendo la stessa esperienza necessaria anche ad acquistare i talenti di cui sopra. Ma la componente ruolistica non si risolve soltanto nella gestione dell'avanzamento di poteri di Kratos e Atreus nel corso del gioco ma anche nell'introduzione dell'equipaggiamento e, in minima parte, nella presenza di una sorta di missioni secondarie.
In quest'ultimo caso si parla di circa una quindicina di favori da compiere dedicandosi a elementi facoltativi del mondo di gioco e alle richieste fatte dai due nani, Brok e Sindr che ci accompagneranno nelle nostre peregrinazioni a Midgard e dintorni. Per quanto riguarda invece l'equipaggiamento, in questo God of War potremo acquistare, vendere e costruire sia l'armatura di Kratos, suddivisa in tre pezzi differenti e comprensiva anche di veri e propri set recuperabili solo in determinate zone o in funzione di reagenti molto specifici, sia quella di Atreus (in questo caso lo slot è singolo). A tutto questo si aggiunge il talismano che il protagonista può indossare e moltissimi incantesimi che possono essere "incastonati" negli equipaggiamenti di valore più elevato. C'è insomma una profondità di tutto rispetto nella gestione e soprattutto nell'evoluzione dei personaggi e questo elemento ha qualche ripercussione anche nella longevità dell'endgame visto che si è naturalmente portati a costruire i set più potenti.
La linearità dell'esplorazione
Pur non essendo un open world in senso classico, come più volte affermato da Cory Balrog (il director di questo capitolo) e come evidenziato anche nella nostra recensione, siamo comunque di fronte a un altro cambiamento epocale con il passato della serie. La campagna del nuovo God of War non rientra infatti nella classica linea retta degli adventure più tradizionali dove il protagonista deve limitarsi a raggiungere il punto finale procedendo attraverso corridoi più o meno ampi. Non siamo neanche di fronte a quei tentativi di ibridizzazione operati, ad esempio da Naughty Dog con Uncharted 4 dove il punto di ingresso e quello di uscita di uno scenario sono ben noti e c'è solo un accenno di libertà addizionale nell'esplorare in lungo e in largo la zona. Qui siamo infatti di fronte a un livello superiore di free roaming: siamo più dalle parti di un Rise of the Tomb Raider.
Il titolo permette infatti di visitare una porzione dei nove reami della mitologia nordica e se ci focalizziamo soprattutto su Midgard, quello principale, siamo di fronte a un ambiente estremamente vasto che può essere visitato in lungo e in largo ritornando tranquillamente sui propri passi, prendendo vie alternative per dedicarsi alle quest secondarie tralasciando completamente per numerose ore l'avanzamento della campagna principale. C'è poi una classica meccanica alla Zelda, dove alcune sezioni anche molto vaste dei reami, sono bloccati da ostacoli di cui ci possiamo liberare soltanto mettendo le mani su alcuni potenziamenti di Kratos e Atreus che sono direttamente connessi con il prosieguo della trama. In questo modo i ragazzi di Santa Monica si sono assicurati da un lato di controllare e guidare un minimo l'evoluzione del gameplay, e dall'altro di offrire continuamente stimoli per tornare a visitare zone già affrontate in precedenza per aprire uno scrigno in precedenza impossibile da raggiungere o per affrontare qualche nemico nuovo messo in guardia di un qualche collezionabile.
Il sesso
A questo punto il rischio di cadere nel becero è davvero dietro l'angolo ma, chi ha giocato fino in fondo tutti gli episodi principali di God of War sa bene che questo franchise era anche figlio di un periodo storico in cui i videogiochi, in quanto più di nicchia e meno esposti alla pubblica gogna, potevano permettersi di essere sfacciati e anche poco politically correct. Era il periodo in cui a nessuno interessava se il target di questo prodotto d'intrattenimento fosse esclusivamente il maschio caucasico un po' "arrapato". E non è infatti un caso che nei precedenti episodi ci si potesse imbattere nell'immancabile minigioco dove poter spogliare e portarsi a letto la divinità di turno. Ma più in generale il franchise è sempre stato noto anche per una certa tendenza alla sessualizzazione di qualsiasi personaggio femminile che si parasse davanti a Kratos: che fosse per una questione di vestiario o per un atteggiamento provocante, tutte le figure di genere non maschile sembravano essere piazzate nel gioco con l'unico obiettivo di scatenare gli istinti più primordiali del protagonista (e di chi lo controllava).
Il nuovo God of War non presenta più alcun tipo di riferimento in questo senso: è scevro di qualsivoglia minigioco a sfondo erotico e presenta un'unica, importantissima figura femminile che, tra le altre cose, assume nelle fasi più avanzate del gioco un ruolo che la porterà ad allontanarsi prepotentemente da ogni ipotesi di sessualizzazione. Anche in questi termini l'opera di Santa Monica è molto più coerente con gli standard odierni: è più adulta nel raccontare e descrivere i rapporti interpersonali e la maturità del suo protagonista, Kratos, ora visibile nel suo ruolo di padre, si porta in dote una palpabile serietà nei toni adottati da tutti i personaggi. E questo si traduce, come è ovvio che sia, in figure che appaiono estremamente più credibili nei drammi affrontati nonostante la loro sia un'esistenza sovrannaturale. Sia chiaro che non è nostra intenzione applicare un qualsivoglia giudizio allo stile più scanzonato del passato o al suo umorismo; molto più semplicemente il nuovo God of War cerca di andare decisamente oltre gli standard dei videogiochi offrendo dialoghi e personaggi che possono tranquillamente affiancarsi a quanto siamo abituati a vedere in altri media. Cinema e serie tv in primis.