Ormai è più di una semplice tradizione: ogni anno, in data 20 agosto, lo studio di sviluppo Game Science presenta spizzichi e bocconi di Black Myth: Wukong, solleticando la fantasia degli appassionati dei soulslike e alimentando al tempo stesso la coltre di dubbi che avvolge qualsiasi progetto nato in territorio cinese. Possibile che in un mercato storicamente avulso dalle esperienze AAA per il giocatore singolo stiano emergendo così tante produzioni promettenti, fra l'altro ulteriormente arricchite dallo straordinario impatto grafico garantito da Unreal Engine 5? Possibile che tanto Black Myth: Wukong quanto Phantom Blade Zero si stiano configurando come due fra i videogiochi d'azione più interessanti all'orizzonte? Possibile che il prodotto finito riesca a rendere onore a quanto mostrato fino a questo momento?
Quest'anno, tuttavia, c'è stato un grande cambiamento rispetto alla solita routine: con la finestra di pubblicazione ormai a un solo anno di distanza, Game Science non si è limitata a diffondere un nuovo trailer di gameplay, ma ha reso disponibile sugli store asiatici una lunga demo giocabile, 45 minuti di contenuti capaci di spaziare fra interi livelli, boss principali e opzionali, dozzine di attività e un focus oltremodo esteso sulle meccaniche di gioco. Per la prima volta la fitta nebbia che nasconde l'opera ha iniziato a dipanarsi, alzando il sipario su una formula di gioco che sembra particolarmente a fuoco e sorprendentemente rifinita. Ecco tutto quello che abbiamo scoperto su Black Myth: Wukong analizzando nel dettaglio la demo e le prime opinioni online: il soulslike cinese ha saputo impressionare chiunque abbia avuto occasione di metterci mano.
Che cos'è veramente Black Myth: Wukong
Tanti anni fa Tencent mise in cantiere un particolare MMORPG d'azione ispirato a Viaggio in Occidente, famoso romanzo nazionale dedicato alla mitologica figura di Sun Wukong; accompagnato da aspettative fuori scala, il titolo si rivelò tuttavia un pesante insuccesso commerciale, lasciando in eredità agli sviluppatori che vi si erano dedicati anima e corpo una forte sete di rivalsa. Così, nel 2014, un piccolo gruppo di creativi abbandonò l'egida del colosso cinese per mettersi in proprio, portando alla fondazione di Game Science da parte di Feng Ji, oggi noto con il nome d'arte "Yocar": sotto la sua guida, la squadra pubblicò due esperienze per il mercato mobile - ovvero 100 Heroes di NetEase e Art of War: Red Tides - con il fine ultimo di raccogliere i fondi necessari per realizzare il prodotto premium che aveva sempre avuto in mente. Fu così che gli sviluppatori si rinchiusero per qualche anno in una metaforica "Stanza dello Spirito e del Tempo", giocando incessantemente a Monster Hunter: World, a Sekiro: Shadows Die Twice e alla saga di God of War, le tre opere che avevano messo nel mirino e dalle quali volevano apprendere il più possibile attraverso uno studio metodico.
Fu proprio in quel periodo che prese forma l'immaginario di Black Myth Wukong: l'ambizione era quella di progettare un soulslike duro e puro ricamato attorno all'azione e radicato nel contesto epico di Viaggio in Occidente, regalando un'inedita interpretazione artistica alla mitologia cinese prima di ricamarla su un nuovo abito punitivo, dinamico e coinvolgente. Sviluppato in Unreal Engine 5, il videogioco è stato confezionato per rispondere alle sole esigenze della next-gen, destinato unicamente a PC, PlayStation 5 e Xbox Series X|S, i campi di battaglia designati per sfidare a viso aperto i più grandi successi del genere, vendicando una volta e per sempre l'insuccesso del dimenticato Asura. E se fino a questo momento la solidità dell'operazione sembrava tutto fuorché granitica, la demo cinese ha spazzato via con un colpo di spugna la maggior parte dei dubbi generati dai video degli ultimi anni.
Struttura del gioco
Prima di gettarsi a capofitto nella straordinaria quantità di meccaniche di gameplay introdotte, vale la pena tirare le somme su quanto emerso in termini di struttura: Black Myth: Wukong si configura come un'esperienza soulslike in tutto e per tutto, ambientata nei confini di mappe semi-aperte che ospitano letali minion, NPC con cui è possibile discutere, diversi tipi di interazioni ambientali e ovviamente una serie di potentissimi boss. L'unica area mostrata nella sua interezza si chiama "Purple Cloud Mountain" - probabilmente un riferimento al Palazzo Zixiao sui Monti Yandang in Cina - e si presenta forte di un'architettura praticamente uguale ai segmenti esplorativi incontrati in Sekiro: Shadow Die Twice. Dall'opera di FromSoftware, Game Science ha pescato anche l'idea del protagonista predefinito, una scimmia antropomorfa indicata come "the Destined One", assimilabile alla figura di Sun Wukong e armata del celebre Ryuji Jingu Bang, il bastone magico che ha raggiunto la fama grazie alla sua capacità di allungarsi e soprattutto all'apparizione nel Dragon Ball di Akira Toriyama.
A differenza di quanto accaduto in Sekiro, tuttavia, l'elemento RPG sembra ricoprire un ruolo di preminenza: anzitutto il protagonista può indossare diverse armature che incidono sulle statistiche, inoltre è stata confermata la presenza di un sistema di level-up che per ragioni legate alle tempistiche è stato infine rimosso dalla demo, costruita invece attorno a build predefinite. In ogni caso, lo scenario della Purple Cloud Mountain è pattugliato da almeno cinque diversi tipi di nemici base, ciascuno dotato della capacità di sbarazzarsi del giocatore in pochi istanti, talvolta addirittura in una singola mossa; tra un pellegrinaggio e l'altro si è assistito anche all'incontro con un NPC, ovvero un enorme serpente doppiato da una voce femminile, un personaggio la cui forma semi-umana è tornata a farsi viva in sequenze più avanzate dell'avventura. Infine, tale area nascondeva anche un sentiero nascosto che conduceva al cospetto di un difficile boss opzionale, un ibrido uomo-scorpione di nome Poisonous King: questi diventava ostile se e solo se il protagonista avesse distrutto tutte le caraffe di vino presenti nell'area che lo ospitava. Insomma, se questa è la profondità che bisogna aspettarsi dall'interezza della componente esplorativa, significa che Game Science ha studiato con molta attenzione l'architettura della concorrenza.
Gameplay e sistema di combattimento
Sono quattro le battaglie contro i boss che hanno affrescato questa prima demo, ovvero Centipede Guay, Macaque Chief, Tiger Vanguard e Poisonous King (quello segreto) - a cui se ne affiancano altre due comparse in ulteriori video - e ciascuna di esse ha fornito un quadro piuttosto comprensivo della formula di gameplay. In Black Myth: Wukong si combatte con il bastone Ryuji Jingu Bang, che consente di concatenare attacchi leggeri dando vita a lunghe combo, oppure di optare per colpi pesanti che consumano i Focus Point accumulati proprio menando fendenti. Viene da sé che intrecciando diversi tipi di attacchi si può dar vita a combinazioni più elaborate, portando il protagonista a sfrecciare sul campo di battaglia, talvolta forte di un'immunità alle respinte e in altre occasioni addirittura a qualsiasi genere di danno. Ma non è finita qui: in qualsiasi momento è concesso di scorrere fra tre diverse posture di combattimento, delle "stance" simili a quelle che caratterizzano la struttura fondamentale di Nioh; la Pillar Form consente di allungare il bastone e attendere sull'estremità l'occasione per fare la propria mossa, la Thrust Form di sferrare devastanti affondi, mentre la Smash Form di utilizzare colpi frastornanti che stordiscono i nemici.
Egualmente importante è il sistema di schivate e parate. Le prime integrano una classica meccanica legata allo sfruttamento del tempismo perfetto, rispondendo alla precisa pressione dell'input con un'equivalente del "Witch Time" introdotto nella serie Bayonetta, rallentando brevemente il tempo e lasciando un'immagine residua nella posizione occupata dal protagonista; a detta degli sviluppatori, questa caratteristica potrà essere pesantemente modificata, per esempio depositando una bomba a terra ogni volta che si evita un fendente. La schivata base assume invece i connotati dell'immancabile "roll" destinato a consumare una barra dell'energia, e sembra che sia persino possibile concatenare diverse capriole per accedere a una variante più estesa da sfruttare in situazioni particolarmente pericolose. Il classico "parry" non è assolutamente da meno, dal momento che in determinate occasioni sembra in grado di sbilanciare i nemici attraverso una gestione del ritmo che ricorda molto da vicino quella che regolava le deviazioni di Sekiro. In linea generale si tratta di un sistema estremamente rapido e dinamico, una danza nella quale un singolo colpo o una combinazione ben assestata possono portare alla sconfitta del protagonista, tratteggiando i contorni di un'architettura orientata verso la tecnica.
In soccorso della scimmia magica intervengono le insostituibili fiaschette curative, che invece di ancorarsi a un sistema numerico optano per un'originale rappresentazione grafica: nell'angolo in basso a sinistra dell'interfaccia, la silhouette della borraccia mostra costantemente la quantità di liquido curativo a disposizione. Legate alla pressione combinata di grilletti e pulsanti frontali, brillano infine le otto abilità speciali che è possibile equipaggiare contemporaneamente, ciascuna dotata di uno specifico tempo di recupero; nel corso della demo si è vista una magia capace di trasformare il protagonista in un pezzo di roccia, una che ne altera persino le statistiche mutandolo in una sorta di lupo fiammeggiante, un'altra che paralizza un nemico in seguito a un colpo preciso, un'altra ancora che rende completamente invisibili, oltre a numerose tecniche marziali e magiche di natura estremamente varia. Insomma, nonostante sia al momento confermata la presenza di una singola arma, la straordinaria varietà di opzioni a disposizione mira a portare una convincente variazione sul tema della classica esperienza da soulslike, per certi versi molto più vicina alla formula d'azione pura.
A tal proposito è d'obbligo una menzione agli avversari che si sono presi il centro del palcoscenico, ciascuno dotato di un set di mosse estremamente solido e di un design tecnico sorprendente. Si può notare una grande precisione nella gestione delle hitbox, un buon feedback garantito dai colpi inferti con il bastone, e soprattutto un'atmosfera e un feeling generale della battaglia che si avvicinano in modo quasi preoccupante alla perizia raggiunta negli anni da Capcom e FromSoftware. Ovviamente è ancora troppo presto per esprimere qualsiasi genere di giudizio consistente, ma è evidente che Game Science abbia fatto i compiti prima di avvicinare le sue grandi ispirazioni, nel tentativo di confezionare un'opera che sia a fuoco, asciutta e diretta: le animazioni che governano gli scontri più impattanti si presentano visivamente impeccabili, senza dubbio fra le migliori emerse da emuli di questo genere.
E poi c'è tutto il resto
A stupire sopra ogni altro elemento, d'altra parte, è stato un comparto tecnico volenteroso di oltrepassare la grezza resa estetica. Nel combattimento contro il Macaque Chief, il manto di neve che caratterizza il campo di battaglia risponde ai movimenti del protagonista e del boss, alterandosi costantemente in seguito a ciascun fendente che viene sferrato, spostando le polveri in perfetta sinergia con le conseguenze delle singole mosse. Allo stesso modo, il duello con la Tiger Vanguard si tiene in una piccola fontana di sangue posta nel mezzo del cortile di un tempio, e anche in quel caso specifico la superficie rossastra sembra rispondere in modo attivo a ogni genere di interazione tra la coppia di sfidanti; selezionando arene di questo genere, sembra quasi che Game Science abbia voluto 'flexare' la dimestichezza acquisita in questi anni con l'Unreal Engine 5, con il fine di dimostrare che l'impatto grafico emerso sin dalla prima presentazione non rappresentasse banale fumo negli occhi.
E se l'occhio vuole la sua parte, gli sviluppatori sono riusciti a garantirgliela grazie a una direzione artistica che si prospetta notevole: i designer sembrano aver colto alla perfezione l'importanza del tratto dark fantasy delle opere di Hidetaka Miyazaki, applicandolo alla mitologia cinese per disegnare creature e personaggi che non sfigurerebbero assolutamente nei confini di una produzione ben più blasonata. Per quanto riguarda invece la colonna sonora, lo studio ha ottenuto dalla rete televisiva CCTV i diritti per sfruttare parte delle composizioni originali della serie TV Journey to the West del 1986, nel paese divenuta un cult, prima di arricchirla con classici brani "guoyue", ovvero composti appositamente per strumenti musicali cinesi. L'ultima nota, purtroppo amara, riguarda il mercato italiano: è stato infatti confermato da Game Science che la localizzazione - anche nei testi - sarà solo in lingua inglese.
In definitiva, a un anno di distanza dalla finestra di pubblicazione prevista per l'estate 2024, Game Science è riuscita a dipanare la fitta coltre di nebbia che ancora avvolgeva il suo Black Myth: Wukong. Fra i tanti progetti ambiziosi che stanno prendendo vita nella terra di NetEase e Tencent, si può finalmente affermare con discreta sicurezza che questo soulslike sia al momento quello che si presenta nel migliore stato di forma. La speranza è di poter mettere presto le mani sull'avventura del "the Destined One", in modo tale da scoprire se le ottime vibrazioni trasmesse dalle sequenze riescano a oltrepassare il confine dello schermo per risonare direttamente con il gamepad.