Dopo un breve, ma intenso reveal in occasione della conferenza Xbox della scorsa estate, Microsoft e id Software hanno scelto di dare grande spazio al prossimo capitolo della saga che ha fatto la storia degli sparatutto in prima persona, durante il Developer Direct di questa sera. Stiamo ovviamente parlando di DOOM: The Dark Ages, terzo episodio della ripartenza in chiave moderna di questa serie che, dopo aver stupito moltissimi giocatori nell'ormai lontano 2016 e aver tentato di spingersi ancora oltre con Eternal, 4 anni dopo, è finalmente pronta a tornare alle sue radici con quello che si configura a tutti gli effetti, come un vero e proprio spin-off della saga recente.
The Dark Ages è brutale, violento, sanguigno e, soprattutto, lascia quasi interamente da parte le componenti platform e maggiormente focalizzate sul movimento aereo introdotte con l'apprezzato ma anche contestato DOOM: Eternal. E lo fa avvicinandosi molto di più al DOOM del 2016 proponendo, almeno da quello che ci è parso di vedere e capire, un gameplay più ancorato al terreno, più viscerale, persino più "statico" grazie all'introduzione di alcune dinamiche corpo a corpo che stimolano il giocatore ad avvicinarsi molto di più ai demoni avversari per infliggere loro il massimo dolore possibile.
E ora che il gioco è uscito completamente allo scoperto grazie alla lunga presentazione dell'Xbox Developer Direct, noi siamo pronti a raccontarvi tutto quello che abbiamo visto in anticipo in un evento organizzato da id Software, approfittando anche di una sostanziosa chiacchierata con le due menti a cui si deve la ripartenza del brand: Marty Stratton, l'executive producer e Hugo Martin, il game director. Mettetevi comodi e seguiteci perché tanto c'è ancora un po' di tempo prima di poter giocare questo titolo: il 15 maggio è infatti la data di uscita fresca di annuncio; data in cui DOOM: The Dark Ages sbarcherà su PC, PS5 e Xbox. E ovviamente al lancio sul Game Pass.
Un letterale ritorno al passato
Come già detto in apertura di anteprima, DOOM: The Dark Ages è a tutti gli effetti un prequel. Chiaramente si ricollega al DOOM della ripartenza, quello del 2016, non ai capitoli originali di inizio anni '90 che fecero la storia. In particolare, stando alle parole di id Software, l'arco narrativo introdotto con questo capitolo si ricollegherà direttamente allo Slayer che abbiamo conosciuto ormai 8 anni fa e, soprattutto, al suo testamento che potevamo leggere di capitolo in capitolo durante l'epopea brutale e frenetica.
Scopriremo perché era tenuto prigioniero, quali furono i mandanti della sua prima liberazione e, soprattutto, faremo la conoscenza di un vero e proprio antagonista. Finalmente! Aggiungiamo noi. L'idea del team di sviluppo stavolta è quella di offrire a chi gioca una trama più narrata e approfondita, con svariate scene di intermezzo con visuale in terza persona e, soprattutto, un cast completo di comprimari e super cattivi capaci di mettere a dura prova l'ira inarrestabile dello Slayer. id Software è stata molto chiara nel raccontare i principi alla base di quello che può essere considerata un'innovazione nel suo tradizionale modo di narrare una storia: molte più sequenze cinematiche, molti più avvenimenti che potremo vedere e seguire con i nostri occhi e molti meno documenti da leggere per capire realmente cosa stia succedendo. Un espediente che troppo spesso bloccava la naturale e intensa fluidità dell'azione di gioco di DOOM 2016 ed Eternal.
Tra l'altro aver scelto di affrontare la strada del prequel ha permesso al team di considerare questo The Dark Ages il capitolo migliore per scoprire la saga, per iniziare a giocare per la prima volta con essa. E se per qualche motivo siete fan di vecchia data e, in particolare, della rinascita moderna, ci saranno numerosi richiami ed avvenimenti che potrete finalmente conoscere nel dettaglio dopo averli soltanto immaginati e letti nei precedenti due capitoli.
Un gameplay ben piantato a terra
Se in DOOM 2016 id Software ci aveva imposto di correre e sparare e in Eternal ci aveva stimolato a saltare e far fuoco, in The Dark Ages dovremo resistere ben piazzati sul posto e combattere. Il cambiamento di ritmo e la differente frenesia nei movimenti sono evidenti già solo nei primissimi secondi di gameplay mostrati all'interno del Direct di Xbox. Solo che stavolta non si tratta di riavvicinarsi allo stile un filo più compassato del primo capitolo lasciando da parte le acrobazie aeree di Eternal, ma di mezzo ci sono, ancora una volta, numerose innovazioni con cui i ragazzi di id Software hanno scelto di potenziare The Dark Ages.
Il protagonista assoluto è lo scudo-sega, geniale introduzione che sposta immediatamente verso un feeling molto più melee il ben noto gameplay run and gun della serie. Con un singolo pulsante, il grilletto sinistro, l'uso di questa arma offensiva e difensiva insieme, si adatta alla perfezione al contesto. Potremo quindi bloccare i colpi in arrivo, effettuare una vera e propria parata che consente anche di deflettere specifici colpi attivando degli attacchi ad area o specifici bonus a seconda degli avversari inibiti, oppure lanciare lo scudo come fossimo dei novelli Capitan America sia per falciare nemici minori, sia per tenere bloccati e danneggiare i demoni più coriacei grazie alla sega circolare che "avvolge" lo scudo.
Questa sorta di azione contestuale che tiene conto di ciò che avviene intorno a noi, la ritroviamo anche nel classico colpo melee che possiamo utilizzare nel momento in cui ci ritroviamo circondati da avversari o vogliamo colpirli approfittando di un'apertura. Stavolta lo Slayer avrà a disposizione tre armi contundenti differenti: un guanto carico di energia elettrica, una mazza ferrata e un mazzafrusto, ognuno potenziabile e capace di attivare combo differenti, ma tutti e tre utilizzabili, ancora una volta, con la pressione dello stesso, singolo tasto dorsale.
E ancora non è finita, perché non sarebbe un DOOM senza le famigerate finisher o glory kill: l'elemento più caratterizzante del capitolo del 2016 e che, di fatto, è diventato un fil rouge di tutta la serie. Non solo queste torneranno in tutto il loro sanguinolento splendore, ma The Dark Ages segnerà per la prima volta un cambio importante di gestione di questa azione. Ora infatti il colpo finale non sarà più scriptato e con un'animazione obbligata e sincronizzata, ma sarà totalmente de-sincronizzato e direttamente collegato a ciò che il giocatore sta effettivamente facendo nel momento in cui attiva l'uccisione.
Per intenderci: la finisher colpirà il nemico dove effettivamente lo stiamo bersagliando tenendo conto del suo posizionamento e sfruttando un numero enorme di animazioni differenti e questo permetterà, ad esempio, di passare da una glory kill alla successiva con grande velocità e senza l'interruzione o lo "spostamento" dovuto all'animazione precalcolata. Guardando il video si capisce in un attimo a cosa ci stiamo riferendo, e stando alle parole di Martin, il game director, questo aumento di libertà cambia tutto il feeling del combattimento melee.
Da quel poco che siamo riusciti a carpire dalle sequenze di gameplay, sembra inoltre che stavolta il team di sviluppo abbia voluto lavorare maggiormente sui nemici capaci di sparare proiettili per stimolare il movimento del giocatore e, soprattutto, attivare quella tipica meccanica dei capitoli più vecchi della serie dove lo strafe, il movimento laterale, era parte integrante delle sparatorie. Come se stavolta ci trovassimo di fronte ad un bullet hell all'acqua di rose (qualche frame ci ha persino fatto pensare a Returnal), il giocatore sarà stimolato a schivare questi colpi durante la sua avanzata verso l'avversario che potrà essere raggiunto magari deflettendo alcuni proiettili, evitandone degli altri e arrivando così a pochi metri dal muso del demone, per massacrarlo a colpi di proiettili e mazzate di vario tipo.
Bocche da fuoco medievali
Ma naturalmente non sarebbe un DOOM se non ci fosse un numero spropositato di armi devastanti capaci di infliggere il male assoluto nei confronti dei demoni che sbarreranno la strada allo Slayer. E anche su questo fronte The Dark Ages cercherà di esagerare, approfittando tra l'altro, del cambio di ambientazione. Quanto abbiamo visto evidenzia infatti l'aderenza del team di sviluppo nei confronti di un certo immaginario medievale ad alto tasso di tortura.
Le bocche da fuoco che utilizzeremo saranno infatti capaci di smembrare arto dopo arto i nemici, impalarli contro mura e colonne e, più in generale, massacrarli in tanti piccoli pezzetti per offrirci quanta più adrenalina possibile durante le nostre scorribande all'inferno. Tra l'altro in un paio di frangenti del gameplay si intravede l'immancabile doppietta, ancora più brutale che mai, e una sorta di sparachiodi che crea le sue munizioni sbriciolando dei teschi umani. Come al solito siamo ben oltre l'immaginario più perverso.
A evidenziare anche un forte elemento di rottura con i precedenti due capitoli, ci sono due aspetti del design di The Dark Ages che dimostrano il tentativo di id Software di cercare sempre e comunque di offrire delle piccole variazioni agli elementi classici del suo franchise più importante. Innanzitutto stavolta dovremo vedercela con un design dei livelli che abbandona quella dinamica fortemente verticale e platform vista in Eternal per offrire però situazioni estremamente più aperte. Quasi sul confine del sandbox open map. Non è ben chiaro quale sia il rapporto tra scenari più lineari e fasi più aperte, però Stratton e Martin ci hanno confermato che quanto visto nel trailer di gameplay rappresenta un veritiero spaccato del prodotto finale.
Questo vuol dire che ci saranno delle mappe dove dovremo affrontare più obiettivi contemporaneamente, muovendoci attraverso lo scenario per raggiungere zone molto lontane per poi tornare sui nostri passi e sbloccare nuove vie d'accesso in un "andare e tornare" particolarmente interessante, ma anche rischioso. E, ad aggiungere ulteriore pepe alla situazione, troviamo una sorta di drago cibernetico armato di mitragliatori che potremo cavalcare per spostarci velocemente attraverso queste mappe più aperte, così da raggiungere più rapidamente i vari elementi con cui interagire.
Ci sono persino alcune fasi in cui potremo metterci alla guida di un gigantesco mech, Atlant, con cui combattere in scenari davvero vasti i demoni più impressionanti mai visti in un DOOM, ovviamente armati con un gigantesco mitragliatore gatling e pronti a sferrare anche qualche cazzotto spaventosamente violento. Come fossimo dei novelli King Kong alle prese con Godzilla.
Di nuovo, bisognerà capire come tutto ciò potrà innestarsi nel ritmo dell'azione tipico della serie e soprattutto quanto effettivamente saranno bilanciate queste variazioni al consueto run and gun ma è innegabile che delle piccole fasi "alternative" potrebbero giovare ad un gameplay altrimenti troppo ancorato a poche ed intense meccaniche ripetitive.
All'insegna dell'accessibilità
Ci ha sorpreso anche la conferma da parte del game director di una rinnovata volontà di sviluppare questo nuovo capitolo della serie avendo bene in testa, fin dalle fondamenta, un criterio di accessibilità che storicamente è sempre rimasto molto lontano da questo genere. Un genere dove l'abilità con mouse e tastiera o con il pad, sembra essere legata a doppia mandata con la gratificazione espressa da ogni uccisione.
In verità The Dark Ages vuole dimostrare con forza che i tempi sono cambiati e oggi è possibile creare titoli intensi e adrenalinici, ma offrendo un enorme grado di personalizzazione al giocatore che può così costruirsi una sfida e un'esperienza perfettamente cuciti addosso alle sue esigenze.
Sarà quindi possibile, per la prima volta nella serie, impostare in modo estremamente granulare la difficoltà del gioco, andando ben oltre i consueti, numerosi preset. Ogni elemento dell'azione potrà essere configurato: dalle finestre temporali relative alle parate, ai danni inflitti e subiti, alla velocità del gioco, passando per la reattività dei nemici. Sarebbe interessante da questo punto di vista immaginare un vero e proprio sistema di configurazioni pre-impostate che i giocatori potrebbero ad esempio scambiarsi per mettere in piedi delle vere e proprie varianti al gioco base, un po' come avviene con i teschi di Halo, così da offrire delle sfide pre-codificate.
Grande attenzione è stata poi rivolta ai comandi impartiti tramite joypad visto che tutta la nuova dinamica relativa allo scudo-sega ed ai colpi melee è basata su una importante riduzione del numero di input che il giocatore deve gestire per comandare lo Slayer. L'idea di id Software è di non far sollevare mai, o quasi, i pollici dagli analogici sfruttando al massimo grilletti e dorsali così che l'azione sia facilissima da gestire e controllare. Ma anche estremamente profonda e stratificata da padroneggiare. La filosofia è molto interessante e Hugo Martin, il director, ce l'ha ripetuto più volte durante l'intervista: "se il giocatore non deve occupare buona parte della sua attenzione nel tenere sotto controllo decine di comandi, noi possiamo lanciargli contro molta più roba contemporaneamente".
Staremo a vedere, pad alla mano, se questa promessa sarà rispettata.
Pur con qualche dubbio in merito al bilanciamento delle sezioni a bordo del dragone volante o del mech gigantesco, non possiamo nascondere di essere rimasti galvanizzati dalla presentazione di questo DOOM: The Dark Ages. Abbiamo adorato Eternal e le acrobazie concesse dalle abilità e dai gadget offerti allo Slayer, ma l'idea di ritornare ad un gameplay più tradizionale e soprattutto con un sistema di combattimento molto più ancorato al terreno, ci ha reso davvero felici. Dovremo aspettare ancora tre mesi pieni, prima di poter vedere in concreto quanto siano stati bravi i ragazzi di id Software a far tesoro dei feedback ricevuti con i precedenti due titoli, e verificare se davvero The Dark Ages potrà diventare il capitolo definitivo della moderna rinascita di DOOM.
CERTEZZE
- Il combattimento è più brutale e quasi privo di piattaforme
- Lo scudo-sega stimola un interessante stile di attacco melee
- Gli scenari appaiono giganteschi
DUBBI
- Le fasi col drago e col mech potrebbero essere dei riempitivi
- Il focus rinnovato sulla narrazione non deve distrarre dall'azione
- Speriamo che più accessibile non significhi anche più facile