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Final Fantasy 9, i primi 25 anni dell'ultimo Final Fantasy classico

Final Fantasy 9 compie 25 anni: ripercorriamo la storia e le caratteristiche dell'ultimo Final Fantasy "classico", un testamento dell'età dell'oro della saga di Square Enix.

SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   05/07/2025
Final Fantasy 9
Final Fantasy IX
Final Fantasy IX
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Più che di una storia, si trattava di una fiaba. Di un racconto ambientato in un mondo magico nel quale capitava di correre fra un tetto e l'altro scavalcando tegole cedevoli sotto un imponente castello medievale, di perdersi nel fitto di foreste gremite di creature incantate, di soffermarsi a osservare un orizzonte caldo e rassicurante, ancora inconsapevoli dell'oscurità che si nascondeva nelle ombre di quel quadro idilliaco. Un dipinto solo all'apparenza colorato e festoso che, fin dal momento del primo sguardo, ha rischiato d'ingannare i milioni di appassionati in tutto il mondo che erano reduci da avventure poste lungo il confine della fantascienza e dell'ispirazione puramente dieselpunk. Venticinque anni fa veniva pubblicato Final Fantasy IX, opera che è riuscita a rivelarsi al tempo stesso una delle più amate e una fra le più divisive nei confini della saga dell'allora Squaresoft.

Del resto era stata prodotta per offrire un riflesso dei primi capitoli, era maturata come un'eco distante nell'immaginario di Hironobu Sakaguchi proprio per schiarire una visione che aveva iniziato ad appannarsi, per rimettere al centro del palcoscenico gli ingredienti essenziali della Fantasia Finale. Nel tempo è diventato anche l'episodio principale preferito del creatore della serie: "È il titolo che in assoluto si è più avvicinato al mio ideale personale di cosa debba essere Final Fantasy", ha dichiarato in un'intervista a ridosso dell'abbandono di Square Enix. "Mi rendo conto che i miei standard sono diventati un po' troppo elevati, quindi è possibile che in futuro ci sia spazio per qualche capitolo che riesca a superarlo". Inutile dire che, per molti appassionati, quel potenziale 'capitolo futuro' alla fine non è mai arrivato.

L'idea alla base di Final Fantasy IX era proprio quella di prendere il realismo e l'atmosfera oscura al centro degli episodi precedenti e di nascondere tutto sotto il tappeto, riposizionando il "fantasy" nel senso più tradizionale del termine come nucleo creativo del progetto e utilizzando la tecnologia al vapore come unica contaminazione esterna all'antica ricetta. Quando, attorno alla metà del 1999, iniziarono a trapelare le prime notizie ufficiali dagli uffici di Squaresoft, la differenza rispetto agli episodi più recenti era talmente evidente da convincere la maggior parte dell'industria che si sarebbe trattato di uno spin-off originale, di un capitolo cosiddetto "gaiden", perché l'idea stessa di abbandonare una ricetta così vincente e redditizia risultava impossibile da concepire per gli esperti del settore.

C'era una volta Final Fantasy IX
C'era una volta Final Fantasy IX

Eppure eccoci qui oggi, venticinque anni dopo il lancio giapponese, a festeggiare un successo straordinario, un prodotto da quasi dieci milioni di copie vendute, un'opera che può vantare 94 di media su Metacritic ed è di fatto la meglio recepita dell'intera serie, ma soprattutto - e questo vale più di qualsiasi freddo dato numerico - un'avventura che è rimasta impressa a fuoco nel cuore di tantissimi appassionati. Un costrutto reminiscente di un'antica fantasia che sembra aver cessato d'esistere in seguito all'addio di Sakaguchi, personaggio che forse non sarà stato l'elemento più attivo sul fronte dei processi di produzione, ma che ricopriva un ruolo da 'curatore' spirituale nel quale, con lo scorrere degli anni, si è dimostrato pressoché insostituibile. Ormai siamo nel 2025 e, fatte salve eventuali edizioni remake, sembra ormai impossibile che Square Enix regali al suo pubblico qualcosa di simile a ciò che fu Final Fantasy IX.

L'ultimo classico

Final Fantasy IX era ambientato lungo tutti e quattro i continenti del pianeta Gaya, un vibrante mondo fantasy caratterizzato da tratti di colori pastello e dall'ingombrante presenza della magia. C'era il regno di Alexandria, potenza militare la cui atmosfera medievale si faceva palpabile in mezzo alle strette vie del borgo, fra i tavoli delle taverne, nei corridoi al limite dell'high fantasy del suo opulento castello; c'era Lindblum, metropoli tecnologicamente avanzata e fortemente ispirata alla rivoluzione industriale, che aveva trovato nei macchinari a vapore lo strumento per imporre il suo predominio sul continente. E poi c'era il regno della pioggia eterna di Burmesia, c'era l'insediamento arboreo di Cleyra che sedeva in mezzo al Deserto Vubu, c'erano le misteriose rovine di Madain Sari, insomma, si respirava la stessa aria carica d'ossigeno che, sul finire degli anni '80, aveva messo in monto la rivoluzione dei giochi di ruolo sviluppati in Giappone, traghettando l'inaspettata commistione culturale con l'immaginario europeo.

Uno scorcio della città di Alexandria, la capitale dell'omonimo regno
Uno scorcio della città di Alexandria, la capitale dell'omonimo regno

Hyoiuki Ito, game director di Final Fantasy IX, ha dichiarato imboccato dagli intervistatori che il team di sviluppo ha preso ispirazione dall'estetica e dalla mitologia del Nordeuropa, che all'epoca avevano catturato la sede di Squaresoft delle isole Hawaii: ciascuno degli artisti sarebbe stato responsabile di una specifica ambientazione di Gaya, ed è proprio per questa ragione che l'amalgama risultava tanto convincente, variegato e coerente. Il direttore artistico era Hideo Minaba - che già aveva contribuito alla creazione del mondo del quinto episodio - mentre accanto a lui lavorarono Shuko Murase e Toshiyuki Itahana, che si occuparono della stesura dei personaggi, danzando attorno alle illustrazioni di Yoshitaka Amano e all'immaginario di Hironobu Sakaguchi. Il producer, infatti, si era occupato in prima persona dello "scenario" e avrebbe supervisionato la sceneggiatura assieme a Kazuhiko Aoki e Nobuaki Komoto, scommettendo tutto sul recupero dell'antica ricetta alla base della trilogia originale.

Square Enix collassò dopo l'addio del papà di Final Fantasy, per il compositore della serie Square Enix collassò dopo l'addio del papà di Final Fantasy, per il compositore della serie

L'estetica, l'ambientazione e le atmosfere reminiscenti del passato, tuttavia, avrebbero dovuto entrare in contrasto con un'avventura che svelava via via un'anima decisamente vicina alla drammaticità degli episodi più recenti. Era proprio questo il grande inganno di Final Fantasy IX: tematiche più profonde e più difficili si nascondevano sotto lo strato superficiale, oltre la patina rassicurante delle tonalità accese, dei dialoghi divertenti, del frizzante adattamento quasi comico e "regionale" che in Italia fece un forte sfruttamento del dialetto spalancando, anche in questo caso, una netta divisione negli appassionati. Itahana ha riferito che gran parte dell'ispirazione per il design - e anche parzialmente per la sceneggiatura - fu tratta da Dark Crystal, film dark fantasy del 1982 di Frank Oz e Jim Henson che non solo era ricamato attorno a creature antropomorfe molto simili alle specie che s'incontrano esplorando Gaya, ma era ancorato a una serie di premesse narrative prossime a quelle del personaggio di Gidan Tribal.

Nonostante i numerosi lati oscuri, la parola d'ordine a cui il team di Hiroyuki Ito dovette aggrapparsi era una e una soltanto: "Vivere!", con tanto di punto esclamativo. Sakaguchi richiese esplicitamente d'infondere la scintilla della vita nei personaggi e nella costruzione del mondo, dunque fu inevitabile che tale concetto diventasse anche il cardine del quadro narrativo e soprattutto dello sviluppo dei protagonisti: il mistero delle origini di Gidan, la storia del Mago Nero Vivi, il processo di evoluzione che caratterizza Garnet, e che finisce per accarezzare tutti i comprimari, sono le conseguenze di un approccio più personale alla gestione del cast, più di quanto già non fosse accaduto nel sesto e nel settimo capitolo. L'idea era proprio quella di approcciare il tema della vita e della morte, esplorando in profondità lo scopo dell'esistenza, ma di farlo con estrema delicatezza, sfruttando al massimo l'atmosfera fiabesca per rendere tutto più leggero, portando gli autori a concentrarsi, più che sulla pura e semplice costruzione del mondo, sulla vicenda specifica di ciascun protagonista.

Final Fantasy IX fu anche l'ultimo videogioco della serie a ricevere una colonna sonora interamente composta da Nobuo Uematsu, fra l'altro la più ricca in assoluto della sua carriera: la versione base della OST includeva ben 110 brani differenti, e anche in questo caso fu realizzata per tornare ad abbracciare le ispirazioni più classiche della saga di Final Fantasy. La canzone di bandiera era la ballata j-pop Melodies of Life - il secondo brano tematico interamente cantato - ma attorno a essa Uematsu tornò a esplorare il suo lato più intimo e rasserenante, rendendo omaggio alle origini high fantasy attraverso il tema della schermata dei titoli The Place I'll Return to Someday o un brano ricorrente come You're Not Alone, altro evidente richiamo agli albori dell'intero genere JRPG e alla contaminazione giapponese.

La storica sequenza della rappresentazione teatrale
La storica sequenza della rappresentazione teatrale

Fu proprio la commistione di tutte queste caratteristiche a generare un impatto estremamente divisivo sul fronte del pubblico. La grande esplosione del brand di Final Fantasy si era verificata durante la virata dal Super Nintendo alla PlayStation, dall'introduzione della rappresentazione grafica realistica e dalla creazione di universi molto più vicini alla fantascienza e al dieselpunk che al fantasy tradizionale. Fu uno stacco molto netto, quello fra l'ottavo e il nono capitolo: da un soldato serioso e socialmente distaccato si passò a vestire i panni di un ladro scanzonato, automobili e missili cedettero il passo al ritorno di atmosfere medievali, personaggi slanciati e i fondali meccanici furono rimpiazzati dall'estetica deformata e dai disegni dal tratto tondeggiante. Per alcuni fu un passo indietro, per altri fu una benedizione, ma per Squaresoft si trattava semplicemente di uno dei mille volti di cui è dotata la saga di Final Fantasy: in fin dei conti l'importante non è l'ambientazione, non è l'approccio all'estetica, forse non è neppure il sistema di combattimento, ma è l'atmosfera unica in cui solo questi titoli sono stati in grado d'ammantarsi.

La fine di un'era

Final Fantasy IX ha definitivamente calato il sipario sulla corrente creativa che ha dominato gli anni '90, soprattutto per quello che riguarda il game design. È stato, anzitutto, l'ultimo capitolo della saga ad aver messo in scena il mondo di gioco attraverso la commistione della "World Map" stilizzata - la mappa del pianeta intero da esplorare liberamente - e le singole ambientazioni disegnate a mano, dando ufficialmente l'addio definitivo a una formula d'interazione con il mondo che, venticinque anni più tardi, non è ancora stata sostituita in maniera soddisfacente, costringendo Square Enix a intraprendere una serie d'esperimenti che devono ancora trovare la quadra. Fa riflettere come una soluzione di questo genere, inizialmente nata come cura palliativa per offrire al giocatore l'intera superficie di diversi continenti, rimanga tutt'ora insuperata: se da una parte i mondi prodotti dalla compagnia non sono mai più risultati così ricchi in termini di contenuti, dall'altra non c'era niente di più emozionante del momento dell'ingresso in una nuova zona, quando ci si trovava al cospetto di uno splendido disegno animato con le note di Nobuo Uematsu in sottofondo.

Uno spicchio della mappa del mondo di Final Fantasy IX (PC, Memoria Update)
Uno spicchio della mappa del mondo di Final Fantasy IX (PC, Memoria Update)

È stato anche l'ultimo episodio a sfruttare il sistema di gestione del combattimento Active Time Battle che fu reso popolare dal quarto capitolo, generando anche in questo caso una crepa che non è ancora stata risanata con successo: dopo cinque capitoli ancorati alla stessa struttura generale, da quell'istante in avanti sono state esplorate sette formule totalmente diverse l'una dall'altra per cercare il futuro del franchise. La filosofia del ritorno alle origini andò a toccare anche la struttura stessa del sistema di progressione e soprattutto delle battaglie: se queste, proprio come alle origini, prevedevano la presenza di un party di quattro personaggi giocanti, quei personaggi erano strettamente legati ai classici "ruoli" della serie, limitando le possibilità di personalizzazione per potenziare invece la profondità dell'elemento strategico. Archetipi come il ladro, l'evocatrice, il mago nero e tutte le altre ispirazioni che, nella deriva contemporanea della serie, sono praticamente scomparse, erano assolute protagoniste della ricetta ed erano arricchite da dinamiche di sviluppo legate alle armi e alle armature che premiavano l'accumulo di esperienza.

Il sistema di combattimento ATB di Final Fantasy IX
Il sistema di combattimento ATB di Final Fantasy IX

Più d'ogni altra cosa, forse anche in ragione della particolare struttura dell'ambiente di gioco, Final Fantasy IX segnò anche il tramonto di un certo tipo di approccio alla costruzione del mondo: il pianeta Gaya era un calderone ricolmo di segreti e d'interazioni nascoste: basti pensare al fatto che una missione secondaria composta da una sequela di ben 17 eventi è stata scoperta solamente nel 2013, a tredici anni di distanza dal lancio originale, e questa è proprio una delle caratteristiche che spinsero il franchise a vivere la sua storica età dell'oro. Fra tonnellate di minigiochi, dal famoso salto alla corda - le leggende sono vere: il designer che l'ha creato, Kazuhiko Aoki, è riuscito a completarlo solo in modalità debug - passando per le bistrattate carte del Tetra Master, per arrivare agli scontri con i super-boss opzionali, ai dialoghi nascosti e a una pletora d'altre attività celate dietro semplici interazioni contestuali, quella ricetta avrebbe lentamente abbandonato le sponde del marchio, lasciando spazio a nuove interpretazioni molto meno improntate all'esplorazione e alla scoperta del mondo.

25 anni dopo

Final Fantasy IX fu un titolo molto particolare, anche sul fronte della comunicazione e per la sua collocazione nel portafoglio di Square e Square Enix. Fu annunciato, infatti, durante lo Square Millennium Event del 29 gennaio del 2000, una grandissima conferenza della quale non fu assolutamente il protagonista, perché la compagnia decise di alzare il sipario sul suo futuro annunciando tre produzioni totalmente diverse. Assieme a lui fu infatti svelato per la prima volta Final Fantasy X, questo perché PlayStation 2 avrebbe visto la luce del sole giusto due mesi più tardi, ma gran parte dell'attenzione del pubblico si stava concentrando attorno a Final Fantasy XI, la prima sortita dello sviluppatore nell'universo dei MMORPG che era inquadrata dalla società - a questo punto ci sentiamo di dire ragionevolmente - come una deriva importantissima per la crescita del marchio. Nonostante la concorrenza interna, ma soprattutto nonostante l'imminente lancio di PlayStation 2, l'avventura di Gidan riuscì comunque a ottenere risultati straordinari, scommettendo anche sulla forza del fine ciclo dell'hardware precedente.

Final Fantasy IX dovette affrontare la sfida di uscire a ridosso di PlayStation 2
Final Fantasy IX dovette affrontare la sfida di uscire a ridosso di PlayStation 2

Nel 2004 Hironobu Sakaguchi presentò le dimissioni dal ruolo di vicepresidente della neonata Square Enix, poco tempo dopo la storica fusione: anche se il suo ruolo nella produzione attiva dei progetti si era fatto da anni più rarefatto e marginale, l'assenza della curatela che esercitava nei confini del franchise ha finito per farsi sentire tantissimo nel corso delle annate successive. Le motivazioni per cui la saga sta ancora oggi passando attraverso una forte crisi d'identità sono tante e trovano radici profonde nell'evoluzione del mercato dei videogiochi, ma è fuori di dubbio che Final Fantasy IX si possa considerare di fatto l'ultimo "Final Fantasy classico", un'opera che fu sì seguita da un grandissimo erede, ma che calò definitivamente il sipario su un'ispirazione creativa molto precisa.

Ormai è da qualche anno che insistenti voci di corridoio suggeriscono l'eventualità di un'edizione remake, addirittura c'è una discreta probabilità che nel momento in cui state leggendo questo articolo sia già stato annunciato ufficialmente. Diverse figure chiave della società, fra cui Naoki Yoshida del Creative Studio 3, hanno parlato spesso di questa eventualità e sono ormai diversi mesi che i canali ufficiali di Square Enix si lasciano andare a citazioni ambigue sulle piattaforme proprietarie, gettando gli appassionati in un mare di speculazione che potrebbe calmarsi durante la Gamescom di Colonia. Vista l'esperienza maturata attraverso l'operazione che ha toccato il settimo capitolo, la speranza è che la compagnia osservi maggiore delicatezza nella gestione creativa e commerciale di un'opera di questo genere.

Sembra impossibile che Square Enix farà un salto nel vuoto come quello che fu Final Fantasy IX
Sembra impossibile che Square Enix farà un salto nel vuoto come quello che fu Final Fantasy IX

Il bello dei grandi videogiochi storici, d'altro canto, è che sono sempre lì, impressi a fuoco nella memoria, stampati sui CD-ROM o disponibili attraverso edizioni aggiornate: oggi basta passare attraverso un qualsiasi schermo per tornare a respirare l'aria magica del pianeta Gaya, vestendo i panni di uno strambo maghetto nero e, perché no, cimentandosi nel salto della corda in mezzo al magnifico teatro fantasy della città di Alexandria. A pensarci bene, la stregoneria che un gruppo di sviluppatori giapponesi riuscivano a mettere in scena nel corso degli anni '90 ha davvero dell'incredibile: persino con la tecnologia contemporanea, l'idea stessa di inserire quattro continenti, anzi, un pianeta intero e le vite di otto personaggi nei confini di un singolo videogioco suona quasi come una follia. Ma Square questa cosa non la sapeva, era come un bambino che giocava con le maschere e i mondi della sua fantasia, e questo le ha permesso di racchiudere un'intera esistenza alternativa all'interno di quattro dischi di alluminio e policarbonato.