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Keeper, la recensione della surreale esperienza firmata Double Fine

Un faro e un uccellino partono per un breve viaggio surreale in un mondo in cui l'umanità non esiste più e poi...

RECENSIONE di Fabio Di Felice   —   17/10/2025
Keeper è il nuovo videogioco di Double Fine
Keeper
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Double Fine significa Tim Schafer, ovvero una delle personalità più amate dell'intero settore dei videogiochi. Non ci vuole molto a capire il perché: basta sentirlo parlare una volta, o magari leggere e giocare qualcosa di suo, per far scattare un irrazionale sentimento di affetto. Schafer ha parlato molto di Keeper, nonostante questo videogioco sia stato annunciato relativamente da poco e sia uscito in tempi brevi. La sua prima apparizione risale a un Xbox Games Showcase di giugno di quest'anno. A proposito di Keeper, Schafer è stato molto cauto e più volte ha ribadito che del nuovo progetto stavano mostrando solo l'inizio dell'avventura, perché non volevano rovinare la sorpresa. Quello che si poteva dire è che le cose sarebbero cambiate molto, e sarebbero diventate ancora più strane di un faro e un uccello che partono per un'epica traversata. Col senno di poi è vero: Keeper è come una caramellina che va scartata e addentata prima di scoprire che è ripiena di qualcosa che non ti aspettavi per niente.

Keeper, però, non è diretto da Schafer in prima persona, ma da un collaboratore di vecchia data di Double Fine, ovvero Lee Petty, che è stato art director sia di Brutal Legend che di Broken Age. Secondo le parole di Schafer è "uno che sa esattamente come dovrebbe apparire un videogioco". In effetti, Keeper ha un'identità visiva straordinaria, che si rifà al surrealismo e colpisce immediatamente l'occhio, riempiendolo di colori e scenari che alternano la desolazione post-umana alla gioia della rigogliosa vegetazione. Anche l'idea del gioco è sorprendentemente chiara: camminare in questi paesaggi eterei, risolvendo semplici puzzle basati sull'utilizzo della luce. Schafer stesso lo definisce "più un'esperienza che un puzzle game". È suggestiva perfino l'origine dell'idea: Petty l'ha avuta durante la pandemia, quando si concedeva lunghe camminate in montagna immerso nella natura. Niente esseri umani attorno. Solo la natura, che continuava a cambiare, ignara del disastro che stavamo affrontando.

È un incipit strano, ma funziona! Un faro e un uccello partono per un lungo viaggio...
È un incipit strano, ma funziona! Un faro e un uccello partono per un lungo viaggio...

Tutte queste suggestioni ci portano - prima ancora di scartare la caramella - a un'ultima dichiarazione decisiva di Schafer. Dopo Psychonauts 2, e dopo essere entrati a far parte della scuderia Xbox, a Double Fine una domanda ha assillato tutti per mesi: come continuare il loro percorso creativo ora che avevano le spalle coperte? La risposta che si sono dati è stata piuttosto folle, in piena tradizione dello studio: realizzare un videogioco che non sarebbero mai riusciti a vendere a nessun publisher. Così nasce l'idea di Keeper, un titolo che Schafer definisce: "all about surprise". Dal momento che è proprio così, cercheremo di dare meno anticipazioni possibili in questa recensione. Ed è finalmente il momento di mettere in bocca la caramella e sentire che sapore ha.

Il simbolo della speranza

Nella storia umana, il faro è sempre stato simbolo di speranza, e spesso si dice che la speranza sia "l'ultima a morire". In Keeper è così: il mondo ci ha superati, l'umanità non esiste più. Restano poche testimonianze di ciò che eravamo: qualche strada cementata con ancora le strisce continue che dividono le carreggiate, qualche casetta sbilenca che cade a pezzi. I fantasmi delle automobili lasciate a marcire. E poi un faro, che svetta su un'alta roccia, vicino a quello che un tempo doveva essere un vivace paesello. Ci sono ancora gli animali, però. Alcuni molto lontani dalla concezione che abbiamo noi delle creature che oggi abitano la Terra, altri invece vicini. Tra questi, uno stormo di uccelli colorati. Uno di essi, un pennuto verde, viene sbalzato via dal gruppo quando viene attaccato da strane e oscure creature, e plana proprio sul faro. Non sappiamo se è questo contatto a generare il fenomeno di cui siamo testimoni, ma il faro prende vita.

Come se fosse stato benedetto da un soffio vitale che comincia a muoverlo, il faro spezza le sue fondamenta, poi si alza in piedi utilizzando delle radici come gambe. Uno strano incrocio tra un ragno e un albero. L'uccello se ne sta appollaiato sulla sua sommità. Il faro non ha altro modo di reagire a questa nuova vita se non camminare. Lo fa verso un orizzonte desolante eppure pieno di vita: la mancanza degli esseri umani ha dato la possibilità alla natura di tornare a fiorire, di prosperare senza dover combattere la sua guerra secolare contro gli uomini. Creature titaniche si muovono lentamente sullo sfondo, senza fretta, con i loro tempi dilatati, accompagnando la passeggiata del faro. Quest'ultimo, senza meta apparente, supera gli scampoli della civiltà umana per addentrarsi in una natura sempre più selvaggia.

È un mondo strano, quello di Keeper. Petty e Schafer hanno utilizzato la parola "weird" una quantità di volte tale da aver ormai definito l'ambientazione con quel termine vago eppure molto preciso. Ce n'è un altro che hanno utilizzato per descrivere il senso di vaghezza che si prova passeggiando in Keeper, ed è "dream logic", ovvero qualcosa che sarebbe plausibile solo in sogno. L'estetica si rifà in effetti a quell'astrattismo tipico del mondo onirico, e sembra che questo universo sia stato realizzato da pennellate di colore che compongono la tela di un'opera d'arte. A volte si cammina attraverso fiori che sbocciano, altre volte si entra in una caverna e sembra di uscire poco dopo su un altro pianeta. La logica è una questione lontana e il razionale cede a un'estetica ora rosa e morbida come cotone, ora dura e appuntita come un rovo di spine.

Twig è fondamentale per risolvere alcuni dei puzzle iniziali
Twig è fondamentale per risolvere alcuni dei puzzle iniziali

In Keeper non c'è una singola riga di testo (fatta eccezione per i tutorial), il faro non ha nemmeno un'espressività, dal momento che non ha tratti umani se non le gambe aracnoidi e quel suo modo empatico di muovere la ghiera della lampada. Dobbiamo aggrapparci ai gesti di Twig, l'uccello verde che ci accompagna, per ritrovare qualche elemento decifrabile a cui poter attribuire sentimenti.

Un'esperienza sensoriale

Essendo un faro mutante, il nostro protagonista non ha molti modi per interagire con questo mondo che gli si muove attorno. Cammina - e per gran parte dell'esperienza facciamo proprio questo - e poi ha un fascio di luce, che può dirigere dalla sua sommità e che trova diversi utilizzi. Per esempio, è attraverso la luce, specialmente quando la concentriamo tenendo premuto il grilletto del pad, che si può risvegliare la vegetazione: far sbocciare dei fiori, oppure scacciare dei rampicanti. Sempre la luce ci permette di attirare l'attenzione di alcune creature che incontriamo nel percorso. Possiamo indicare loro un dettaglio e a volte perfino decidere di farle muovere verso di esso. Allo stesso modo possiamo indicare a Twig delle leve, o degli oggetti da raccogliere che ci serviranno per risolvere alcuni piccoli puzzle.

Specialmente nella prima parte, Keeper è una gioia per gli occhi
Specialmente nella prima parte, Keeper è una gioia per gli occhi

La prima parte dell'avventura si divide in questi due momenti chiave: il cammino, il pellegrinaggio attraverso piccole, strambe comunità (che ci ha ricordato il percorso del bel The Midnight Walk), durante il quale godere della pura estasi visiva nell'attraversare un dipinto, e la risoluzione degli enigmi. Questi ultimi sono sempre legati agli unici strumenti a disposizione del giocatore: Twig e il fascio di luce.

Perlopiù si tratta di momenti molto semplici, nei quali bisogna individuare un oggetto con cui l'uccellino deve interagire, magari utilizzando contestualmente la luce per scacciare qualche nemico. La costruzione di queste meccaniche ci porta poi a una fase che comprende enigmi un po' più complessi, nei quali la trovata della luce si mescola con una bizzarra gestione del tempo, per creare quello che è, a tutti gli effetti, il puzzle più interessante del gioco. Questo avviene all'incirca un'ora dopo l'inizio di Keeper.

Il fascio di luce è uno dei pochi modi con cui il faro può interagire con l'ambiente
Il fascio di luce è uno dei pochi modi con cui il faro può interagire con l'ambiente

Certo che è strano che il culmine di questa esperienza arrivi così presto. E bisogna aggiungere che è un'idea che non viene più ripetuta lungo tutto il resto dell'avventura. Sembra quasi che Keeper abbia iniziato a costruire un suo linguaggio ludico, con una grammatica sempre più complessa e appagante, salvo poi dimenticarsene improvvisamente. Questo perché, a circa metà del breve cammino di Keeper - un videogioco che dura 4 ore a dire tanto - dopo una sessione da platform altrettanto sorprendente (e che verrà abbandonata con lo stesso sprezzo), finalmente si dà il morso alla caramella. E si scopre il ripieno. A questo punto, le parole di Schafer assumono un significato ancora più preciso: "it's all about surprise". È tutto in favore della sorpresa. Solo che non proprio in meglio.

Il ripieno della caramella

Come già anticipato, vogliamo darci un limite anche noi, che è quello delle parole scelte da Tim Schafer: Keeper è un videogioco basato sul fatto che, a un certo punto, qualcosa cambia. Double Fine ha espresso più volte la volontà di non mostrare fasi avanzate del titolo, per non voler rovinare il divertimento ai giocatori, e noi intendiamo rispettare questa loro decisione. Ci limitiamo però a dire che questa trovata ci ha esaltati parecchio, almeno all'inizio, più che altro perché abbiamo intuito una potenzialità infinita in ciò che stava succedendo, e soprattutto in quello che poteva succedere nel resto dell'avventura. Peccato che il tutto si riveli infinitamente meno riuscito di quanto non ci aspettassimo.

C'è anche un momento platform molto azzeccato
C'è anche un momento platform molto azzeccato

Chiariamoci: Keeper resta piacevole nella sua brevissima durata, ed è anche lodevole la volontà di cambiare e sorprendere continuamente il giocatore. Ma la sensazione è che le meccaniche introdotte nella prima parte, specialmente quelle più interessanti legate ai puzzle, si perdano dietro una trasformazione che funziona molto meno, sia dal punto di vista estetico che da quello delle idee. Nella seconda parte, Keeper mette da parte le velleità da esperienza sensoriale che aveva dimostrato, per abbracciare un'idea di videogioco che però non ha le spalle abbastanza larghe per risultare stimolante. Nel momento in cui il videogioco prende il sopravvento sull'esperienza, la ripetitività di certe meccaniche diventa quasi imperdonabile.

Al centro di tutto c'è sempre la gestione della luce, lo strumento che abbiamo a disposizione per interagire con il mondo, per risolvere i puzzle e per trovare una strada che, in questa seconda parte, si fa meno lineare. Anche in questo caso, però, non appena il giocatore inizia a sentirsi dentro a certe meccaniche, Keeper cambia ancora. Per poco, perché si avvia già verso il finale in maniera piuttosto affrettata. La sensazione, a questo punto, è che al centro di Keeper non ci sia l'esperienza sensoriale che Schafer ha raccontato nel corso dei mesi, ma piuttosto soltanto la voglia di sorprendere.

Camminare è parte integrante dell'esperienza di Keeper
Camminare è parte integrante dell'esperienza di Keeper

A voler pensar male, si potrebbe dire che Double Fine non abbia mostrato altro di Keeper non tanto per non rovinare la sorpresa, ma perché niente reggeva il confronto con il fascino della prima parte. Quella passeggiata che, per quanto semplice, non sarebbe tornata mai più a quella forma. Nemmeno a livello estetico, perché il gioco avrebbe virato verso altri immaginari, decisamente meno stimolanti. C'era solo il valore della sorpresa, e poi di una sorpresa ancora, brevissima nel condurti al finale. Un ripieno nel ripieno. Alla fine, però, il sapore che ti resta in bocca è amaro.

Conclusioni

Versione testata Xbox Series X
Digital Delivery Steam, Microsoft Store
Prezzo 29,99 €
Multiplayer.it
7.0
Lettori (12)
8.2
Il tuo voto

Keeper inizia come un'esperienza sensoriale dall'immenso valore artistico. Un'avventura che ha a che fare più con la possibilità di riempirsi gli occhi di bellezza (e di stranezza) piuttosto che con l'appagamento per ciò che si fa. Le passeggiate sono - per l'appunto - tali, i puzzle sono semplici, ma sembrano voler costruire qualcosa di più articolato per il futuro dell'avventura. Peccato che il culmine di questa costruzione arrivi dopo appena un'ora e mezza di gioco, con una sezione molto stimolante che poi non torna più, perché Keeper ha la smania di trasformarsi. A quel punto, il titolo di Double Fine insegue piuttosto un altro obiettivo: sorprendere il giocatore. Una caramella con ripieno, che ha dentro di sé tanti gusti diversi. L'effetto sorpresa è sempre bello in un videogioco, ma quel che segue dev'essere più stimolante di ciò che ci siamo lasciati alle spalle, altrimenti, come in questo caso, si arriva alla fine con l'amaro in bocca.

PRO

  • La parte iniziale è artisticamente splendida
  • La narrativa weird ci piace
  • Il coraggio di nascondere tante sorprese

CONTRO

  • La prima parte del gioco è nettamente la più interessante
  • Che spreco aver costruito certi puzzle per poi dimenticarli del tutto
  • Si riprende alla fine, giusto in tempo per i titoli di coda