Esiste questa teoria nel mondo dell'arte, apparentemente bislacca, secondo la quale non sarebbero soltanto, come parrebbe ovvio, le opere del passato ad influenzare le successive, ma anche, se non maggiormente, quelle del futuro ad influenzare le pregresse. Nel caso di Metroid, è sicuramente così.
Nonostante le vendite mai grandiose, la serie di Samus Aran (con "Aran" dovuto ad "Arantes", dal calciatore Pelè), per la grande qualità proposta, è sempre stata collocata e percepita nell'Olimpo Nintendo - e dei videogiochi in generale. Con pieno merito. Non bastasse quello, nell'ultimo decennio (abbondante), i metroidvania si sono imposti come genere dominante del mondo indie. Una tipologia di titoli che si è affermata lentamente, ma con costanza, e ora è un punto di riferimento per milioni di utenti in tutto il mondo. Hollow Knight: Silksong è stato inserito nella selezione finale ai The Game Awards, e ha ricevuto 10 proprio nella nostra recensione, tanto per citare l'esempio più recente.
Questa fama "postuma", da fondatore di un genere, Metroid l'ha abbastanza rinnegata. Quantomeno, non l'ha mai sfruttata. Da quando i metroidvania sono diventati un'entità concreta, con decine e centinaia di ramificazioni, la saga che li ha originati si è allontanata da essi. Metroid Dread ha una mappa unificata e labirintica, ma il sentiero per attraversarla è piuttosto lineare ed è focalizzato più sull'arsenale e le doti acrobatiche della protagonista che sull'esplorazione.
Metroid Prime 4: Beyond ha poco da spartire coi metroidvania, se non qualche necessario ed episodico backtracking. Ne parleremo meglio a breve, ma è un punto fondamentale per la comprensione di questo capitolo. Perché ha deciso di prendere un'altra via e l'ha percorsa dignitosamente.
Un grande incipit
Metroid Prime 4: Beyond è stato sviluppato a partire dal 2019 (dopo due anni di lavorazione abortiti) da Retro Studios ed è stato diretto da Bill Vandervoort, in Texas dal 2007, già designer su Metroid Prime 3: Corruption e nei due Donkey Kong Country (Returns e Tropical Freeze).
Il gioco è suddiviso in cinque aree principali, ognuna dall'ambientazione, com'è tipico per la saga, riccamente diversificata: senza anticipare troppo, ci sono le abituali sezioni legate alla lava e al ghiaccio, ma quella maggiormente identificativa del pianeta Viewros è sicuramente la Selva, la prima - escluso l'incipit - che si incontra nel gioco e quella in cui si ritorna più spesso. Come le Rovine Chozo - e i suoi antichi abitanti - avevano donato personalità a Metroid Prime, qui ricoprono lo stesso ruolo, per cromatismi, architetture e musiche, i Lamorn (la specie aliena, ormai estinta, che Samus viene chiamata a conoscere e "salvare") e la Selva.
Le prime ore ci hanno esaltato. A Retro Studios sembrava essere riuscito il miracolo, nonostante lo sviluppo nomade e difficoltoso e nonostante un hardware di riferimento (quello Switch, non Switch 2) vetusto. Il miracolo di portare Metroid nella modernità, al massimo delle sue potenzialità identitarie e ludiche. Le bellissime architetture Lamorn, la musica evocativa, il visore, queste prime ore sono, a gusto nostro, meravigliose: non solo nella qualità e nelle doti "tipiche" di Metroid, ma anche nell'introduzione di un rapporto più diretto coi personaggi non giocanti, nel taglio maggiormente cinematografico e contemporaneo, più occidentale che "nintendoso", donato all'opera.
Deserto e Vi-O-La, la moto
Dopo qualche ora però la prima zona finisce e lentamente emergono due criticità del gioco. Primo: la progressione, all'interno delle aree tematiche, è abbastanza lineare. Paragonabile a quella di Metroid Dread, se non ancora più guidata. Bisogna tornare in zone già visitate, ma soltanto per brevi momenti, per sbloccare un determinato potere.
Soprattutto, si arriva nel deserto, la Valle di Sol. E lì si scopre che le aree tematiche, che vanno dal bello all'eccezionale, non sono tra loro interconnesse. Sono tenute assieme, come poteva accadere vent'anni fa, da questa macroarea desertica: accettando il fatto che ciò impedisce a Metroid Prime 4 di essere considerato, come già detto, un puro metroidvania, il problema è che il deserto stesso ha un design piuttosto sciatto. Sia ben chiaro questo, quindi: non stiamo contestando il parziale ripudio del genere, che è una scelta "registica", ma ciò che ne ha preso il posto, la soluzione adottata per donare ampio respiro a questa singola esperienza.
La Valle di Sol somiglia alla Piana di Hyrule di Ocarina of Time e, ancor di più, a quella di Twilight Princess: una mappa limitata da monti e dirupi, tendenzialmente vuota se non per qualche raro punto d'interesse, puntellata di minerali da raccogliere (necessari a terminare la missione principale). È una distesa ricca di dune e priva di reale interesse, che stona col resto sia per l'antichità concettuale, sia per la qualità del design, decisamente inferiore a quella delle aree tematiche che lega.
Samus può attraversare il deserto a piedi, ma non ha troppo senso farlo: lo strumento che utilizza per solcare la distesa sabbiosa è la moto Vi-O-La: non è una soluzione elegante e come controlli ricorda un arcade di inizio anni zero. In realtà, è piuttosto divertente da guidare: semplicemente, rispetto alla raffinatezza dei comandi in prima persona, sembra quasi appartenere a un altro gioco. Come se un film di Cronenberg fosse inframmezzato da spezzoni di Fast & Furious: c'è un chiaro problema di coerenza interna.
Il sistema di controllo
Abbiamo giocato quasi tutta l'avventura coi Joy-Con slegati, usufruendo dei sensori di movimento. A nostro parere, è la soluzione migliore perché Metroid Prime 4: Beyond punta molto sulle fasi shooter rispetto ai predecessori. Non sfruttare minimamente i sensori di movimento, usando soltanto il doppio stick analogico, ci è sembrato limitante, con Samus quasi "mummificata". Il lato negativo di questa soluzione risiede nella necessità di ricalibrare spesso la posizione standard del Joy-Con, operazione che si compie in diretta e in pochi secondi (comunque scomoda). Su Switch 2 potete anche sfruttare il Joy-Con come mouse e l'effetto è piuttosto simile ai sensori di movimento: dando per scontato che abbiate un tavolino su cui poggiarvi, noi abbiamo comunque trovato laborioso utilizzare i tasti "A, B, X e Y" con quest'impostazione. Nonostante si possa "mappare" tutto a piacimento, è stato piuttosto scomodo arrivare ai pulsanti.
Prima persona, spari e Poteri Psiche
Se Metroid Prime 4, nell'ambito del level design macrostrutturale, rifiuta il suo retaggio, le aree tematiche rappresentano sezioni in totale continuità col passato della serie. "Essere" Samus Aran è un'esperienza coinvolgente, appagante e spesso spaventosa.
Temevamo di dover definire "vecchio" questo modo di esplorare e interagire, non è certamente un'esperienza innovativa, ma rimane talmente unica da essere ormai divenuta "classica", e i classici hanno sempre qualcosa da raccontare. Passare dalla prima alla terza persona (usando la Morfosfera, quando Samus si fa "pallina") è un unicum, nel 2002 come nel 2025, esattamente come l'alternanza tra fasi esplorative, platform e shooter.
Il visore è stato - saggiamente - semplificato e scansionare l'ambientazione circostante è un'esperienza appagante: in questo, l'industria dei videogiochi è andata incontro a Prime. Se il capolavoro del 2002 era stato antesignano nella narrazione incentrata sulla scoperta della lore, nel 2025 è un'impostazione diffusa, che rimane unica per le modalità d'interazione di Samus.
Metroid Prime 4: Beyond è un gioco che, più di ogni predecessore, enfatizza le fasi shooter. Con un pregevole design di nemici e boss e con una progressione della difficoltà, pur con qualche scalino eccessivo, decisamente ben orchestrata. Non sono sezioni sparatutto contemporanee, con gameplay emergente, ma risultano finemente disegnate, col classico mix di Metroid Prime, ancora più approfondito, tra puzzle (colpire il "punto giusto") e azione.
I Poteri Psiche, presentati come autentica novità del gioco, sono più rilevanti a livello drammaturgico (perché legati ai Lamorn, e dal caratteristico color porpora) che ludico. Vengono principalmente sfruttati, e bene, per la risoluzione di puzzle ambientali, non per le sezioni action.
Difficoltà e durata
Metroid è celebre per essere difficile: questo quarto Prime all'inizio sembra più semplice degli antenati, probabilmente per concedere ai novizi un adattamento graduale ai - complessi - controlli del gioco. La difficoltà però, progressivamente, sale eccome. Fino a metà avventura la nostra Samus era morta meno di dieci volte; alla sua conclusione, i Game Over erano più di cinquanta, se non addirittura vicini a cento. Il titolo è corposo, con una quantità di contenuti paragonabile ai precedenti capitoli della serie. Abbiamo terminato l'avventura impiegando tra le venti e le venticinque ore, raccogliendo il 65% degli oggetti.
Personaggi e commilitoni
Metroid Prime 4: Beyond è un gioco molto cinematografico: Retro Studios ha investito sulle animazioni facciali, che sono tra le migliori viste su Switch. I vari esuli dell'esercito che, come Samus, sono finiti su Viewros, non rovinano la sensazione d'isolamento caratteristica della saga.
Questo avviene per un motivo molto semplice: essere in due, in mezzo a un pianeta desolato e popolato da creature ostili, non è così diverso dall'essere soli. Trovate un'altra persona rassegnata e dispersa, e con lei tentate disperatamente di sopravvivere. A noi quest'effetto è piaciuto, e parecchio. I dialoghi sono piacevoli, e anche la caratterizzazione dei personaggi riuscita. Anche a livello ludico, le fasi "in coppia" funzionano bene: ogni soldato ha un potere in grado di aiutare Samus, considerata dagli altri come un'eroina. È una leggenda di questo mondo, e come tale viene trattata, che il concetto venga veicolato dal rispetto o dall'adulazione dei compagni.
Se l'isolamento viene meno all'interno del gioco, è comunque narrativamente sensato, perché Samus se lo guadagna con le sue gesta. Crea, salvando i rari esuli, un gruppo di umani, e di umanità. Non lo trova per caso, già compatto: la piccola compagine di militari che scaturisce, la genera per merito suo. Ed è esattamente ciò che chiunque farebbe in un pianeta alieno, avendone le facoltà.
Visto il taglio del gioco, ci ha stupito che Samus Aran rimanga silenziosa per tutta l'avventura. Questa soluzione, e l'avevamo già capito con The Legend of Zelda, funziona bene col testo scritto, ma non col doppiaggio: è impossibile non percepire il personaggio come muto, a differenza che con la prosa.
Atmosfera, grafica e sonoro
A livello visivo, Retro Studios ha fatto il possibile. Bisogna essere razionali e ricordare che questo progetto è nato e cresciuto su Switch: considerando questo, oltre che il livello di dettaglio richiesto da un'opera del genere, era difficile ottenere di più. L'adattamento su Switch 2 - quello da noi giocato - esalta le qualità dell'opera, ma è comunque ovvio che il tutto sia nato su un hardware molto meno performante: sulla nuova console Nintendo, l'esperienza è totalmente fluida e si può scegliere tra "qualità" (4K) e "prestazione" (120 fps).
Dal punto di vista sonoro, il gioco è un degno erede della famiglia. Un complimento tutt'altro che scontato: mantiene vivi i legami con le vocazioni solenni della serie, senza dimenticare le contaminazioni elettroniche. Certe composizioni svettano sulle altre, come quella corale della Selva, e conferiscono un'identità propria a questo quarto episodio.
In generale, questa nuova versione di Retro Studios si è dimostrata consapevole di ciò che stava trattando. L'atmosfera di Metroid Prime è stata rispettata, pur col nuovo taglio maggiormente spettacolarizzato. In alcuni momenti, in particolare nell'area innevata, abbiamo avuto paura di proseguire senza affrontare alcun nemico, soltanto grazie alla narrazione ambientale, alle scansioni, all'incedere dell'architettura. Lì ci siamo sentiti veramente all'interno di Alien - e questo, più di tutto, Metroid dovrebbe essere.
Conclusioni
Metroid Prime 4: Beyond sta a Metroid Prime come Aliens di James Cameron sta ad Alien di Ridley Scott. Un pregevole seguito che, non tradendo lo spirito originale, lo vira in una dimensione più action e spettacolare. Metroid Prime 4: Beyond è l'episodio della saga più cinematografico e incentrato sulle sparatorie, ma è comunque una declinazione di Metroid che non rinnega la sua anima. Questo nonostante le aree tematiche non siano tra loro interconnesse, ma collegate dalla Valle di Sol, un deserto: per questo, sebbene sia necessario il backtracking, non è un metroidvania puro. Non è una colpa, ma una scelta: il problema è che la Valle di Sol, appunto, è un overworld concettualmente vecchio di vent'anni e la moto con cui si attraversa offre dei controlli (gustosi) da arcade dei primi anni zero, che contrastano con l'esperienza generale - più per coerenza interna che per qualità. Nonostante il deserto, Metroid Prime 4: Beyond è un grande gioco, con momenti raffinati e solenni, sia a livello di narrazione che d'interazione, e vanta delle architetture visionarie e un'identità marcata. È un degno successore di una saga storica. Visto lo sviluppo lungo difficoltoso, non era scontato.
PRO
- Forte identità ludica, visiva e sonora
- Bel design di nemici e boss
- Piacevole collaborazione coi vari personaggi
- Le aree principali vanno dall'ottimo all'eccellente
- Buone animazioni facciali
CONTRO
- I comandi arcade della moto contrastano col resto
- Il deserto è concettualmente vecchio e ha un design banale
- Samus "muta" è anacronistica, col doppiaggio