Di DOOM: The Dark Ages abbiamo già detto parecchio nelle scorse settimane e nei mesi passati ed ora che manca appena un mese e mezzo al suo arrivo nei negozi, non possiamo negare di essere stati ben contenti quando ci è stata offerta la possibilità di provarlo, così da prepararci a dovere alla futura recensione e soprattutto per cercare di capire meglio se l'ennesimo cambio di direzione in termini di gameplay può fare bene alla serie.
Il nuovo capitolo su cui id Software sta lavorando da ormai cinque anni promette infatti di essere una sorta di ritorno alle origini del franchise grazie ad un gameplay nettamente più ancorato a terra ed un focus maggiore sui proiettili, il combattimento melee e soprattutto lo strafe: quella schivata laterale che ha reso ben famosa la serie e che è alla base di qualsiasi sparatutto frenetico in prima persona. Ma ovviamente questo nuovo DOOM è anche erede di tutte le dinamiche e le meccaniche introdotte con i precedenti due capitoli della rinascita moderna: da quello del 2016 eredita il suo combattimento brutale e le famigerate glory kill, mentre da Eternal mutua l'aumento esponenziale di varietà sia per ciò che concerne i demoni da devastare, sia per quello che riguarda bocche da fuoco e abilità speciali.
The Dark Ages è quindi un episodio ibrido che punta ancora una volta a rinnovare il genere e ad offrire un gameplay fresco, immediato, adrenalinico e viscerale, capace di sorprendere il giocatore offrendo una sfida al passo con i tempi. E pur con alcune sbavature che necessitano di maggiore approfondimento, dobbiamo ammettere di esserci davvero goduti le tre ore abbondanti di gioco proposte da Bethesda.
Volete saperne di più? Allora procedete pure con la lettura!
Non chiamatelo more of the same
Sarebbe davvero facile immaginare The Dark Ages come un semplice DOOM più grande, più ricco e più denso di quanto già visto in passato. Il classico more of the same a cui di solito ci ha abituato questa industry. In realtà, esattamente come fatto con Eternal che manteneva la stessa struttura di base e un gran numero di riferimenti al precedente capitolo offrendo però un enorme strato di novità, anche questo episodio cerca di innovare rispetto al suo predecessore, senza però trascurare gli elementi che rendono ben riconoscibile questa serie.
Siamo quindi sempre davanti al più classico degli sparatutto in prima persona con un'offerta ludica fortemente focalizzata sull'abilità del giocatore e su quel senso di godimento e soddisfazione che si prova dopo aver liberato un'area da decine di nemici che ci tirano addosso ogni cosa possibile. Solo che questa volta non c'è alcun tipo di componente multiplayer: The Dark Ages offre esclusivamente una lunga e intensa campagna single player che verrà successivamente ampliata con un supporto post-lancio già definito e che prevede, al momento, una espansione sottoforma di DLC che sarà distribuita più avanti nel tempo. Quando? Per ora non lo sappiamo ancora.
Inoltre questo nuovo capitolo, come già vi abbiamo accennato, punta in modo fondante su un tipo di combattimento estremamente più ancorato al terreno dove al giocatore, nei panni dello Slayer, verrà chiesto continuamente di stare con i piedi ben saldi sul suolo per resistere ai colpi avversari, avvicinarsi ai nemici e massacrarli di proiettili e scazzottate di vario genere. Le acrobazie aeree di Eternal sono state completamente archiviate così come la generale tendenza del DOOM del 2016 di focalizzarsi su pochi avversari per volta da far fuori uno dopo l'altro gestendo a dovere la danza tra le varie glory kill.
Stavolta non avremo un rampino a disposizione, tantomeno la schivata rapida o lo scatto, ma dovremo focalizzare tutta la nostra attenzione sullo scudo-sega e sulla nostra abilità di intercettare i colpi nemici o effettuare lo strafe attraverso di essi mentre scarichiamo la bocca da fuoco imbracciata e ci avviciniamo all'avversario di turno per colpirlo a distanza ravvicinata e finirlo con l'immancabile uccisione epica. Tutto è più sanguigno, viscerale e caotico, ma capace di restituire delle cariche di adrenalina che difficilmente ci era capitato di provare anche con gli episodi precedenti del franchise.
Scudo e sparo
Come abbiamo già ampiamente raccontato in uno speciale di riepilogo su tutte le feature di questo DOOM: The Dark Ages [LINK], il loop di gameplay alla base dell'esperienza, ruota tutto intorno allo scudo che diventa ben presto parte integrante dell'armamentario dello Slayer, insieme alle svariate bocche di fuoco che raccoglieremo nel corso della campagna. Questo scudo permette di parare un numero limitato di colpi se imbracciato, impedendoci però di sparare contemporaneamente, ma può essere anche e soprattutto utilizzato come arma da lancio e persino per balzare al volo su un avversario.
Quest'ultima opzione è cruciale per muoversi rapidamente sul campo di battaglia evitando così ondate di proiettili avversari oppure per colpire con un unico balzo gruppi di avversari grazie ad una sorta di onda d'urto che si attiva al momento dell'impatto. Non potremo abusare di questa azione speciale visto che ha un piccolo cooldown, ma padroneggiare a dovere questa meccanica è cruciale per sopravvivere nello scenario. Allo stesso tempo lo scudo, dicevamo, può essere lanciato per conficcarsi in un demone e stordirlo per alcuni secondi utilizzando la sega circolare che lo avvolge (anche questa una skill soggetta ad un cooldown). In questo modo potremo riprendere fiato alla bisogna, oppure avvicinarci rapidamente al nemico evitando che questo, intanto, ci tiri qualcosa contro.
Ma quella che è probabilmente la dinamica che più ha stupito i giocatori fin dal trailer di annuncio di The Dark Ages è la possibilità di deflettere alcuni colpi avversari con quella che è a tutti gli effetti una parata perfetta in salsa soulslike. Quasi tutti gli avversari che incontreremo sul nostro cammino effettueranno periodicamente un colpo colorato di verde che può essere intercettato con il giusto tempismo e rispedito al mittente generando un danno di entità maggiorata che abbatte molto rapidamente le difese, specie dei demoni più coriacei. Da quello che abbiamo potuto sperimentare in prima persona, anche questa meccanica è essenziale per proseguire, ma la gestione granulare dei livelli di difficoltà - una introduzione di The Dark Ages che permette di personalizzare il tasso di sfida - consente di ampliare la finestra temporale utile a rendere la parata perfetta, quindi non dovrebbero esserci particolari problemi per chi non ha riflessi particolarmente agili.
Come se quanto detto non bastasse a generare dinamismo, ci sono due ulteriori elementi da tenere in considerazione: le armature e i colpi melee. Questi ultimi sono stati ulteriormente aggiornati rispetto al passato visto che ora lo Slayer avrà a disposizione tre diverse armi contundenti da equipaggiare e utilizzare alla bisogna e che prevedono anche un sistema di combo a tre colpi che si ricarica combattendo e che può essere "scaricato" contro l'avversario per ridurlo rapidamente in poltiglia. Per quanto riguarda invece le difese corazzate dei demoni, capiterà molto spesso che questi siano protetti da rinforzi che andranno prima "arroventati" con i proiettili sparati dalle nostre armi e poi ridotti in frantumi con un lancio di scudo ben piazzato al momento giusto.
Tutto quanto raccontato, a cui si uniscono ovviamente le glory kill che in The Dark Ages sono ovviamente presenti (e sono, tra l'altro, prive di script, ovvero possono essere eseguite da qualsiasi angolazione e in qualsiasi fase dell'attacco), genera una vera e propria danza di combattimento. Il giocatore è iper stimolato a tenere costantemente sott'occhio proiettili e attacchi avversari per dosare alla perfezione i vari colpi di scudo, mentre contemporaneamente spara e si avvicina ai demoni per finirli e recuperare così energia vitale, munizioni e cariche dei colpi melee. Il tutto in un tripudio di sangue, menomazioni e adrenalina, mentre la colonna sonora heavy metal ed elettronica pompa nelle cuffie.
È davvero difficile da descrivere a parole, ma vi possiamo garantire che in termini di feeling e feedback, questo DOOM è proprio godurioso. E ve ne accorgerete non appena avete preso in mano il pad. Sì, il pad perché se proprio dobbiamo muovere una critica al sistema dei controlli tanto decantato da id Software fin dall'annuncio di questo capitolo, è che mentre con un controller Xbox o PlayStation effettivamente si nota l'alleggerimento dei comandi da premere, se si decide di optare per la configurazione mouse e tastiera (come abbiamo fatto noi stessi), rimangono un po' troppi tasti da tenere in considerazione con un inevitabile rallentamento della rapidità di esecuzione.
Impressioni dalla demo giocata
I controlli sono solo la punta dell'iceberg delle impressioni che abbiamo maturato nel corso della mattinata di hands-on. Innanzitutto è essenziale raccontarvi cosa abbiamo provato nel concreto. La demo a disposizione era strutturata in quattro parti: la sezione iniziale del gioco che fungeva da tutorial, una piccola parte di uno dei livelli dove potevamo guidare l'Atlan, il gigantesco mech mostrato nei trailer, uno spezzone in cui potevamo provare il gameplay a bordo del drago alato, l'altra novità di questo capitolo e, infine, una delle mappe più aperte del gioco dove eravamo liberi di scorrazzare in giro a svolgere le attività secondarie dedicandoci anche all'esplorazione.
Sulla questione storia purtroppo abbiamo ben poco da dire visto che id Software ha volutamente eliminato gran parte delle cutscene e delle parti narrate dalla demo offerta in prova, proprio per mantenere il massimo riserbo e puntare sull'effetto sorpresa. D'altronde proprio la questione narrazione è una delle principali novità di The Dark Ages, nonché un unicum in un franchise che, tradizionalmente, ha sempre fatto a botte con la trama e la volontà di raccontare una storia profonda. Questo capitolo, oltre a fungere da prequel alle azioni dello Slayer, dovrebbe invertire questa tendenza introducendo una vera e propria narrazione fatta di scene di intermezzo, di comprimari e forte di un arco narrativo con un antagonista sensato e un'evoluzione del nostro eroe nel corso della campagna. Per ora, per quanto incuriositi dalla questione, dobbiamo per forza di cose sospendere qualsivoglia forma di giudizio.
Non possiamo invece fare a meno di dare qualche impressione sull'Atlan, nonostante lo spezzone provato fosse davvero molto piccolo - roba di pochissimi minuti - ma non ce la sentiamo di sorvolare sul feeling provato. Il mech è davvero molto semplice da comandare, almeno nella parte testata, con un paio di attacchi e una schivata essenziale per evitare i colpi dei giganteschi avversari. Il problema è che il tutto si svolge all'interno di scenari vuoti in una dinamica estremamente ripetitiva dove ci si limita ad andare avanti e colpire mortalmente il demone di turno senza alcun tipo di profondità nel combattimento. Ovviamente non siamo a conoscenza di eventuali variazioni sugli avversari o sulle capacità dell'Atlan stesso, ma mentiremmo se vi dicessimo che questa parte ci ha colpito positivamente.
E un giudizio similare ci sentiamo di darlo per la sezione a bordo del drago alato, altra novità di questo capitolo celebrata a dovere nei vari trailer. Anche se molto più profonda e stratificata rispetto alla sezione a bordo dell'Atlan, la componente di gameplay ci è apparsa comunque molto semplicistica e purtroppo ripetitiva. Lo spezzone della demo prevedeva infatti di distruggere quattro navi da combattimento dei demoni che stavano tenendo sotto attacco una delle roccaforti umane ripetendo ogni volta lo stesso copione: colpire alcune parti sensibili del velivolo, lanciarsi al suo interno per far fuori il mini-boss che sorveglia la cabina di comando, distruggere il nucleo centrale. Scappare e ripetere per quattro.
Tra l'altro la gestione del drago, per quanto divertente e fluida nei movimenti, è estremamente leggera e poco soddisfacente quando si deve utilizzare l'armamentario, complice anche un feedback dei colpi e una dinamica di schivata dei proiettili avversari, molto poco piacevole. Anche su questo fronte rimaniamo in attesa di capire quanto queste parti rappresenteranno dei brevi riempitivi all'interno di una campagna tradizionale, utili a spezzare un poco il ritmo dell'azione, ma senza alcuna pretesa di profondità e durata.
È chiaro però che il vero DOOM veniva fuori nell'ultimo spezzone della demo, il più lungo e intenso, dove tutte le dinamiche di combattimento apprese in precedenza potevano essere messe alla prova in uno scenario vasto e soprattutto non lineare. The Dark Ages alternerà infatti, stando alle parole di id Software, livelli più labirintici e ristretti nel classico stile della serie, a zone molto più ariose e ampie, quasi come se si trattasse di mappe aperte dove, accanto a un obiettivo generale da portare a termine, il giocatore potrà svolgere tutta una serie di attività secondarie utili a guadagnare le valute essenziali per il potenziamento dello Slayer e dei suoi strumenti di offesa, ma anche dedicarsi all'esplorazione più pura alla ricerca di collezionabili.
In questo capitolo non mancheranno infatti gli enigmi ambientali e i piccoli puzzle che abbiamo già visto negli episodi precedenti di questa nuova trilogia, utili a mettere le mani sugli sbloccabili più rari. Neanche a dirlo, questa parte l'abbiamo davvero adorata perché consente di gestire un minimo anche il ritmo dell'azione, lanciandoci nella mischia solo nel momento in cui ci sentiamo pronti e permettendo così una minima pianificazione dello scontro. Concludere questa parte, non lo nascondiamo, ci ha lasciato una voglia matta di continuare a giocare ed è assolutamente chiaro che l'anima più genuina di The Dark Ages è un concentrato di DOOM allo stato puro che non potrà che fare felici gli appassionati del brand e del genere tout court.
Sono d'obbligo anche due parole sul comparto tecnico del titolo. Lo sviluppatore ci ha fatto giocare la demo esclusivamente su PC, su una build di fascia altissima con una NVIDIA GeForce RTX 5090 sotto al cofano. Nulla ci è stato detto in merito al processore, ma il risultato era un gameplay in 4K nativi senza applicazione di DLSS o frame generation e con un frame rate ben bloccato a 60 FPS. Sapevamo che il preset grafico utilizzato era quello massimo, anche se non ci sono stati forniti dettagli in merito alle impostazioni di un eventuale ray tracing, ma ciò che conta sapere è che l'id Tech 8 alla base del gioco, faceva girare tutto a meraviglia con un risultato fluido e straordinario.
"Ci mancherebbe altro vista la configurazione", immaginiamo stiate dicendo mentre leggete queste righe, ma è anche vero che con il gioco finale munito di tutti gli ultimi ritrovati software di NVIDIA e AMD, non fatichiamo a immaginare che l'esperienza possa essere assolutamente similare anche su buona parte delle configurazioni di fascia media e bassa. C'è un mare di roba che si muove su schermo, ma gli scenari non sono mai spaventosamente vasti o ricchi di particellari e questo dovrebbe permettere di avere sempre sotto controllo il carico di rendering con un risultato eccellente sul fronte dell'input lag e della frenesia dell'azione.
Non manca poi molto per scoprirlo: appuntamento al 15 maggio su PC, PlayStation 5 e Xbox. E magari tra un paio di giorni scopriremo che anche Switch 2 sarà del gruppo.
La prova di DOOM: The Dark Ages ha confermato le ipotesi che ci eravamo fatti sia in fase di anteprima, sia guardando i vari trailer distribuiti fino ad oggi. Questo è esattamente il DOOM che volevamo: viscerale, ancorato a terra, immediato nei comandi ed estremamente soddisfacente per chi riesce a padroneggiare le sue dinamiche e ad alzare il livello di difficoltà. Lo scudo è un'aggiunta che modifica sostanzialmente l'intero gameplay e la necessità di arrivare costantemente a distanza ravvicinata dai demoni più coriacei aggiunge, un ulteriore tasso di adrenalina all'intera sfida. All'interno di questo giudizio preliminare più che positivo, rimaniamo però dubbiosi su quel paio di variazioni sul tema che id Software ha voluto aggiungere, l'Atlan e il drago volante, che non sembrano aggiungere grande spessore al titolo e, anzi, rischiano di allontanarlo dall'esperienza viscerale tipica del franchise. Speriamo che siano soltanto dei piccoli momenti utili a spezzare il ritmo generale.
CERTEZZE
- Quando ci si trova nel mezzo dell'azione è una grande goduria
- Lo scudo e il combattimento melee modificano positivamente il gameplay
- Esclusivamente single player
DUBBI
- Sappiamo poco o nulla della componente narrativa
- Le glory kill non scriptate perdono molto della loro spettacolarità
- Non siamo convinti dell'Atlan e delle sezioni a bordo del drago