Konrad Tomaszkiewicz è un uomo altissimo e con spalle larghissime. Anche se accasciato su un angolo del divanetto della sala privata che funge da scenario della nostra intervista, è una figura imponente che mette quasi soggezione. Parla lentamente, ma con un tono di voce sicuro e dal timbro profondo. Guarda dritto negli occhi, quasi a volersi assicurare che ogni sua parola venga compresa correttamente. Konrad, insomma, sembra proprio un vecchio lupo dell'industria, uno che di cose ne ha viste e ne ha fatte. Ma è vecchio nell'esperienza accumulata, non certo nello spirito.
Dopo anni in CD Projekt RED, dopo aver partecipato alla creazione di The Witcher e Cyberpunk 2077, nel 2022 ha fondato uno studio tutto suo. Insieme ad altri colleghi, ha dato vita a Rebel Wolves, infarcendo la nascente software house di uomini e donne di talento, alcuni dei quali pescati proprio dalla software house polacca da cui lui stesso si è allontanato.
Ormai da anni lavora con la sua squadra a The Blood of Dawnwalker, action-RPG dark fantasy di cui vi abbiamo parlato in questa anteprima e ci ha concesso del tempo per conoscerlo un po' meglio e raccontarci qualche dettaglio in più sul gioco che lui stesso definisce un sandbox narrativo.
Un vampiro come protagonista, un branco di lupi alla sua guida
Quanto coraggio c'è voluto per fondare un nuovo team in un periodo così difficile per l'industria? Cosa ti ha motivato a fondare Rebel Wolves?
Ho lavorato per quasi tutta la mia vita professionale in CD Projekt RED, diciamo circa 17 anni. All'epoca dell'apertura dello studio l'industria videoludica stava ancora crescendo senza conoscere alcun intoppo. Siamo stati davvero fortunati a dare i natali allo studio proprio in quel momento. Ricordo ancora bene il mio periodo in CD Projekt RED e di come abbiamo realizzato il primo, il secondo, il terzo The Witcher e poi Cyberpunk 2077. Proprio durante la realizzazione di Cyberpunk 2077, ho capito che non mi divertivo più nel creare videogiochi. Ero troppo lontano dallo sviluppo vero e proprio. Questo a causa delle dimensioni della squadra sotto la mia direzione e della compagnia in generale. Credo sia naturale, per aziende come CD Projekt RED e altre simili, crescere e voler fare giochi sempre più grandi, assumendo sempre più persone per realizzarli.
Ma io, prima di tutto, sono un artista e un game director e voglio avere la percezione di star creando qualcosa, di fare le cose con altre persone, di lavorare insieme. È bellissimo quando la gente apprezza ciò che sta facendo insieme. Nell'ultimo periodo con CD Projekt RED ho iniziato a non avere più questa sensazione. Allora ho pensato che avrei potuto cercarmi un'altra grande azienda per cui lavorare, ma sapevo che mi sarei trovato nella stessa situazione a gestire la burocrazia, invece che a fare arte. Oppure uno studio più contenuto, ma sapevo che lì avrei fatto solo piccoli giochi e io non sono in grado di realizzare giochi di quel tipo, dopo una vita dedicata ai tripla A.
Così è nata l'idea di aprire uno studio limitato nelle dimensioni, per tornare ai tempi di The Witcher 3, quando in media eravamo circa 160-170 persone. Conoscevo tutti, sapevo cosa facevano, lavoravo anch'io direttamente su alcune parti del gioco, stavo ogni giorno con loro. Non dovevo passare attraverso tre livelli di management solo per parlare con una persona. L'idea era di tornare a quei tempi, a quel tipo di lavoro.
Così ne ho parlato con Jakub Szamalek, attualmente il narrative director di The Blood of Dawnwalker, e ho scoperto che anche lui aveva pensieri e desideri simili. Abbiamo deciso di aprire la compagnia insieme, abbiamo iniziato a preparare il pitch per il gioco e abbiamo fondato Rebel Wolves nel 2022. All'inizio eravamo circa dieci, ma la notizia si è diffusa rapidamente e altri amici e colleghi si sono uniti a noi. È sorprendentemente filato tutto liscio come l'olio. Già al primo incontro, dopo soli pochi mesi di pre-produzione, solo con un PowerPoint avevamo raggiunto un accordo di massima con Bandai Namco per la pubblicazione del gioco. Eravamo increduli. Sembrava che l'idea che avevamo per il progetto fosse davvero buona, la adorarono, e dopo varie trattative, settimane dopo, riuscimmo a ottenere i fondi per il gioco.
Da lì abbiamo iniziato ad assumere, ma con una regola: non volevamo diventare una grande azienda. Ora siamo circa 150, ma continuo a conoscere tutti. Lavoro in un open space, gestisco la squadra, ma mi sporco anche le mani dicendo la mia sulle missioni, sulla tipologia dei nemici, sul sistema di combattimento. Conosco il motore grafico, gli strumenti che utilizziamo, le persone. Facciamo le cose fianco a fianco. E ho di nuovo ritrovato quel fuoco creativo. Sono felice di lavorare con loro.
Da quali desideri e necessità nasce l'idea del gioco? Dalla volontà e dall'idea di creare un sandbox narrativo o dall'ambientazione?
Abbiamo iniziato a parlare di ciò che amiamo nei videogiochi e di ciò che, invece, secondo noi ancora non si è mai visto, né giocato. Io ho fatto giochi di ruolo per tutta la mia vita, so che li amo davvero, in particolare quelli con ambientazione dark fantasy, con mondi aperti, con un'attenzione particolare alla narrazione. Anche Jakub la pensava allo stesso modo. Così ci siamo chiesti che cosa potessimo fare di nuovo. Perché non aveva senso creare un gioco che fosse la copia di un altro. Volevamo portare qualcosa di nuovo, di innovativo, spingere i confini del genere e trovare una strada che ci permettesse di realizzare qualcosa di fresco.
Abbiamo iniziato a discutere su cosa aggiungere. Il primo passo è stato parlare del protagonista: che tipo di eroe volevamo avere? Amiamo i vampiri, ma non volevamo fare semplicemente un gioco di vampiri. Abbiamo così cominciato a chiederci che tipo di eroe, o meglio di protagonista, non fosse stato ancora preso in considerazione in un videogioco. Ed così è nata l'idea: un personaggio che di giorno è umano, ma di notte diventa una bestia.
Abbiamo immaginato il suo passato e a ciò che lo ha reso metà uomo, metà vampiro: ha lavorato per metà della sua vita in una miniera d'argento, respirando polvere di metallo. Questa polvere è rimasta nei suoi polmoni, per questo la trasformazione non è completa. Di notte, con la luna, l'argento diventa più debole e lui può sfruttare le abilità vampiresche. Di giorno, con il sole, l'argento si rafforza nel suo corpo e lo riporta alla sua fragilità umana. Questo ci dava un eroe unico, non "onnipotente": di giorno sei vulnerabile, devi contare su altre abilità, mentre di notte puoi fare cose spettacolari come camminare sui muri e sui soffitti, teletrasportarti, usare poteri legati al sangue e molto altro.
Da qui abbiamo capito che il gioco doveva avere due cicli distinti: giorno e notte. La sfida era creare queste due esperienze senza realizzare due giochi separati, ma integrando i sistemi tipici dei giochi di ruolo in modo coerente. Abbiamo immaginato questa struttura e poi abbiamo iniziato a pensare alla storia. Poi ci siamo posti un altro quesito: qual è la motivazione più forte in un gioco? È quando qualcosa è vicino al cuore del giocatore. E non c'è niente di più vicino della famiglia. Così è stato naturale pensare che Coen dovesse salvare la sua famiglia. Ma sempre con il vincolo del giorno e della notte.
Da questo ragionamento è nata l'idea del tempo come risorsa. Cosa succede se alcuni eventi fanno avanzare il tempo, riducendo il tempo rimanente utile per trarre in salvo la propria famiglia? In questo modo il giocatore percepisce emozioni vere, sente la pressione che qualcosa di terribile possa succedere. Strato dopo strato, è così che siamo arrivati a creare The Blood of Dawnwalker.
Ci hai parlato di come sia stato ideato e modellato Coen. Ma cosa puoi dirci di Brencis, l'antagonista di The Blood of Dawnwalker? Per una buona storia, serve un buon cattivo.
Ovviamente il nostro desiderio era che anche gli antagonisti, anche i vampiri nemici di Coen avessero delle storie d'origine affascinanti. Guardando True Blood, una serie TV sui vampiri appunto, mi è venuta l'idea che il gruppo di vampiri al soldo di Brencis venissero da regioni diverse, con storie diverse, con missioni dai risvolti ovviamente diversi e specifici.
Durante i nostri brainstorming, per esempio, abbiamo discusso del periodo inerente all'Impero Romano, di un generale trasformato durante quell'epoca, con alle spalle una storia drammatica. Ma non volevamo che fosse semplicemente "il cattivo". Non ci interessava creare personaggi puramente malvagi. Non facciamo giochi così. Noi raccontiamo storie basate sulle sfumature di grigio.
Il nostro obiettivo è mostrare i vampiri come esseri che hanno idee e visioni, proprio come gli umani. Brencis, ad esempio, è un personaggio che ama l'ordine, che pensa che l'umanità stia andando nella direzione sbagliata. Ha ovviamente bisogno di sfamarsi con il sangue, certo, ma allo stesso tempo fa cose buone. Ad esempio, farà di tutto per prevenire la peste. Cerca di imporre leggi che rendano la vita delle persone migliori. Però il prezzo da pagare è il tributo di sangue che i suoi sudditi gli devono, e non tutti lo accettano.
Quindi il personaggio non è "bianco o nero", ma complesso, profondo, interessante. L'idea era proprio questa: creare figure legate a epoche affascinanti del passato, con storie drammatiche da raccontare, che al tempo stesso possano persino sembrare "positive" per l'umanità, anche se rimangono i nostri antagonisti. E Brancis, in questo senso, è davvero un personaggio intrigante.
Nell'avventura si hanno 30 giorni per completare la missione. Non pensi che questa scelta di design possa infastidire chi ama godersi un gioco senza limiti?
Non credo, perché prima di tutto il tempo va inteso come risorsa e il sistema è imbastito in modo che tu sappia sempre quanto tempo spenderai per svolgere una determinata attività. Non è come in tempo reale, dove stai esplorando e il tempo scorre senza che tu possa controllarlo fino a esaurirsi. In The Blood of Dawnwalker tu sai sempre quante ore della giornata verranno utilizzate per prendere parte ad una missione e ciò significa che utilizzare del tempo sarà sempre una tua scelta.
Negli giochi di ruolo tradizionali, tra l'altro, c'è un ramo principale, ovverosia la missione principale che può avere molte quest collegate e intrecciate, ma devi seguirlo per forza se vuoi finire il gioco. Nel nostro caso è più simile al primo e al secondo Fallout degli anni '90, dove hai l'obiettivo davanti a te, ma tutto quello che incontri nel gioco è opzionale. Sta a te scegliere come costruire, pezzo dopo pezzo, la strada per salvare la tua famiglia. Puoi decidere di farcela da solo, sviluppando il tuo personaggio attraverso attività secondarie, trovando armi, potenziamenti e attaccando il nemico per conto tuo. Oppure puoi cercare alleati che ti aiutino. Ci sono davvero tanti modi per completare il gioco.
Quando usi il tempo come risorsa, sai sempre cosa ottieni in cambio: è una tua decisione. Questo è il primo punto. Il secondo, molto importante: quando il tempo finisce non c'è automaticamente il game over. Non voglio fare spoiler, ma ci saranno specifiche conseguenze. E sarà interessante vedere cosa accade: la storia continua, si sviluppa ulteriormente.
Abbiamo usato questo sistema proprio per rendere l'avventura emozionante, per dare la sensazione che il mondo reagisca a quello che fai. Perché quando agisci nel gioco, Brencis e la sua cricca non restano seduti nel castello ad aspettare: osservano, reagiscono, fanno mosse e prendono provvedimenti che rendono la missione di Coen più difficile. Non è che il tempo passa e non succede nulla. Il tempo passa e il mondo reagisce alle tue azioni. Alcuni personaggi si arrabbieranno, altri saranno felici e vorranno aiutarti. La storia si sviluppa così, dinamicamente. Certo, c'era il rischio, e c'è ancora, che il tutto si riveli frustrante per alcuni, ma abbiamo fatto test di gioco con gruppi di giocatori diversi e, a dire la verità, proprio questa caratteristica del gioco è stata quella più apprezzata in assoluto.
Che ruolo ha la meccanica che regola la sete di sangue di Coen nella gestione del rischio e nelle scelte morali del giocatore?
Trattandosi di un gioco di ruolo, di notte interpreterai un vampiro. Puoi uccidere o nutrirti praticamente di chiunque e diventare un "cattivo". Ma se vuoi mantenere un lato più umano, puoi cibarti di ratti, oppure bere il sangue dei cervi nella foresta, o limitarti a prendere il sangue che ti serve dalle tue vittime, senza ucciderle. Ci sono tanti modi diversi per nutrirti e raggiungere i tuoi obiettivi senza dover essere crudele.
Sta a te decidere come agire. E naturalmente il modo in cui giocherai avrà conseguenze più avanti nella storia. È un gioco narrativo estremamente flessibile.
In un sandbox narrativo così flessibile, come verrà bilanciata la possibilità per i giocatori di eliminare persino gli NPC chiave senza che la trama perda consistenza?
In realtà, questo è, come dire, un sandbox irregolare. Ci aiuta perché, come ti dicevo, l'unico vero obiettivo obbligatorio è quello principale: tutto il resto è opzionale. Puoi fare a meno delle quest secondarie, puoi affrontare Brencis da solo, è tutto a tua scelta. Ma avrai sempre un modo per risolvere la quest principale.
È difficile gestire un gioco così? Da un lato sì, dall'altro no. Perché quando costruisci una storia classica, basata su una quest principale con più quest secondarie intrecciate, come abbiamo fatto in The Witcher, devi sempre sistemare tantissimi elementi: un ramo secondario, un ramo principale, un altro ramo ancora, e tutto si deve combinare. Questo richiede un'enorme quantità di lavoro.
Invece, quando fai un sistema dove la missione principale è sempre completabile e tutto il resto è opzionale, non hai bisogno di preoccuparti se un giocatore interrompe o si perde per strada qualcosa: va bene così, è la sua scelta. Secondo me la complessità sta nel gestire il ciclo giorno/notte e i diversi modi di completare le quest. Quello sì, è difficile. Ma se guardi alla struttura generale del gioco, paradossalmente il sistema nella sua globalità diventa più semplice da controllare.
Coen, tanto per cominciare, può potenziare le sue abilità e tecniche con un albero delle abilità con diversi rami. Può diventare un abile spadaccino, può migliorare le sue arti magiche, naturalmente si potranno rendere più efficienti le sue capacità vampiresche. Anche in questo caso la libertà è ampia e chiunque potrà amalgamare i talenti di Coen intorno alle proprie scelte e al proprio approccio alle varie missioni.
Anche l'inventario avrà ovviamente il suo peso. Ci sono cinque categorie di oggetti che si potranno trovare in giro per le ambientazioni o acquistare. Ogni oggetto si potrà naturalmente potenziare. Inoltre, ci sono quest che, senza fare troppi spoiler, ti permetteranno di ottenere oggetti speciali che saranno fondamentali per ottenere specifici aiuti e bonus
Quali vantaggi ha garantito l'utilizzo di Unreal Engine 5 rispetto all'utilizzo di un motore proprietario?
È stabile. È tutto stabile, sì. Sembra una cosa di poco conto, ma quando sviluppi un motore proprietario funziona così: un giorno qualcosa va, il giorno dopo non va più, il terzo giorno funziona in un altro modo, il quarto giorno funziona ancora, ma in maniera diversa. E la quantità di lavoro necessaria solo per mantenere le cose in funzione è folle.
Con un motore già esistente e stabile, invece, le cose non sono così imprevedibili. Certo, ogni tanto qualcuno modifica qualcosa o aggiunge funzionalità, ma in generale tutto continua a funzionare nello stesso modo di prima. Così puoi concentrarti di più sul migliorare la qualità del tuo gioco. Con un motore proprietario è molto più complicato.
Inoltre, con un motore proprietario devi addestrare il nuovo personale al suo utilizzo. L'Unreal Engine è più conosciuto, è più facile che anche un nuovo arrivato sappia già utilizzarlo e sfruttarlo al meglio. E anche questo è un aspetto cruciale per un team relativamente piccolo come il nostro.