Raccontare una storia sfruttando anche dei contenuti visivi è uno dei modi migliori per costruire un immaginario coinvolgente. Di questo ne sono consapevoli in casa Naughty Dog, team che negli anni ha saputo imporsi come una delle principali case di sviluppo in ambito videoludico. Con il primo The Last of Us, per esempio, ha confermato la propria eccellenza nell'applicare uno strato narrativo all'interazione tipica di un videogioco, coinvolgendo il giocatore anche quando semplicemente si muoveva tra le ambientazioni. Uno schema efficace, che a giudicare da quanto abbiamo potuto intuire attraverso i vari trailer, diari di sviluppo e il nostro recente provato, verrà probabilmente replicato in The Last of Us II.
Lo scenario come elemento del racconto
In videogiochi altamente drammatici come The Last of Us, è facile creare un legame empatico con i protagonisti, soprattutto se uno di questi è una ragazzina indifesa, per giunta sola al mondo e costretta a vivere quotidianamente nella paura, che cerca sempre di allontanare con l'ironia tipica delle ragazze della sua età. D'altronde lo scrittore indiano Tarun Tejpal dice che "due cose ci salvano nella vita: amare e ridere. Se le avete tutte e due siete invincibili". Ma la bravura di Naughty Dog è stata quella di saper ottenere un risultato analogo anche con dei personaggi di contorno, molti dei quali nemmeno vediamo sullo schermo.
Personaggi le cui storie le conosciamo solo attraverso appunti, registrazioni o semplicemente dagli effetti personali abbandonati. Perché nel gioco l'immagine muta idealmente forma e ne assume più d'una al di là di quella fisica. Ogni oggetto, edificio o elemento sullo schermo è quasi metafisico, in quanto talvolta trascende il mondo fisico, racchiudendo in sé più di un significato oltre a quello della sua natura. Esplorando le aree di gioco, infatti, la storia si dipana sotto gli occhi degli utenti più attenti in maniera graduale ma allo stesso modo più profonda di quanto possa apparire a quelli più distratti. Così, una bicicletta a faccia in su sul marciapiede non è più solo un giocattolo lasciato per terra, giusto per fare un esempio.
La sua posizione, il modo in cui sembra essere stato abbandonato in tutta fretta e i segni di trascinamento dicono che qualcosa di terribile è accaduto in quel punto preciso. Poco più avanti, un camioncino delle consegne lasciato dal suo conducente al centro della strada, una scarpa da uomo sul prato di una villetta con la porta principale sfondata, l'uscio sporco di quelle che sembrano macchie di sangue vecchio. E, ancora, entrando nell'edificio, una caffettiera adagiata sui fornelli spenti della cucina, dove probabilmente era stata posizionata un ventennio prima, una padella ammaccata corrosa dal tempo sul pavimento, non sono solo oggetti di contorno, elementi disposti qua e là per riempire la scena. Ma sono lì per raccontare qualcosa. A loro modo parlano, e lo fanno con la loro presenza per spiegare cosa è successo ai loro proprietari.
Un mosaico di mini storie
Come in un enorme puzzle, compongono la scena di eventi, nel caso specifico, un fatto doloroso capitato a una delle famiglie di quel quartiere. Così la mente del giocatore viaggia, e la scena si ricrea nel suo immaginario: a inizio pandemia qualche infetto sarà arrivato in zona sorprendendo gli abitanti dell'area. Una delle creature probabilmente ha aggredito un bambino che giocava con la bicicletta, sbalzandolo di sella o trascinandolo via. Spaventato, il corriere ha in fretta e furia mollato tutto, abbandonando consegne e veicolo mentre, forse attratti dalle urla o richiamati da qualcuno, i genitori del piccolo si sono precipitati fuori. Il papà, probabilmente il primo a uscire, è stato sorpreso dai Runner e nello scontro gli è volata via una scarpa.
La mamma, che stava preparando il caffè in cucina, a sua volta è corsa verso l'entrata appena in tempo per guardare inorridita e impotente ormai la scena, e chiudere la porta in faccia agli assalitori prima che questi riuscissero a sfondarla sopraffandola. Un modo ulteriore, quindi, per calare il giocatore in un devastato universo post-apocalittico. Ma anche quando gli oggetti che si osservano sono al loro posto e non lasciano intuire alcuna sequenza violenta, lo stesso riescono a trasmettere delle emozioni e a narrare qualcosa grazie al contrasto netto, marcato, tra passato e presente. Come uno schiaffo in piena faccia. I segni di civiltà morte, come i poster plastificati ormai sgualciti appesi lungo la via principale dei resti di una città decrepita, o le monete sparse al suolo che non hanno più alcun valore.
E ancora, un album di famiglia aperto su un tavolino, semi coperto dalla vegetazione, dentro un appartamento dove la natura si è riappropriata pian piano dei suoi spazi. Qua e là foto che raffigurano un matrimonio o una laurea di qualcuno che non esiste più e che nessuno ricorderà mai. Frammenti di vite interrotte in un lampo. The Last of Us di Naughty Dog, insomma, ha saputo stimolare la fantasia del pubblico, e spingerlo a esplorare al meglio ogni anfratto di un luogo non solo per recuperare oggetti utili, ma anche per assaporare certi dettagli. Aspetto che auspichiamo di ritrovare, come scritto a inizio articolo, anche in The Last of Us II: da questo punto di vista non resta che attendere la nostra recensione, in arrivo questo venerdì 12 giugno alle ore 9:00 di mattina, quando ogni dettaglio del gioco sarà finalmente svelato.