Ok, dove eravate il 19 maggio di 10 anni fa? Sì, può sembrare una domanda da interrogatorio, è vero, e qui non siamo in una centrale di polizia, ma se ve la poniamo abbiamo le nostre buone ragioni, fidatevi. Già, perché il 19 maggio 2015, l'universo videoludico ha subìto un autentico scossone; un terremoto capace di cambiare per sempre la morfologia del mercato degli open world, sancendo di fatto un "prima" e un "dopo".
Arrivava infatti nei negozi The Witcher 3: Wild Hunt, opera magna di CD Projekt RED che, senza troppi giri di parole, ha ridefinito dalle fondamenta il concetto di avventura. Un gioco che oggi spegne ben dieci candeline. E allora siete pronti a intraprendere insieme a noi un viaggio nel passato per riscoprire cosa ha reso leggendaria l'odissea di Geralt di Rivia? Montate a cavallo, dunque, che la strada è lunga...
Una narrazione matura
Cos'è quell'elemento da cui ci lasciamo trasportare quando ci imbattiamo in un'avventura in grado di assorbirci completamente e di farci dimenticare di guardare l'orologio? Be', a coloro che hanno risposto "la narrativa" vanno senza dubbio i nostri complimenti (ma era facile, non gasatevi), e sotto questo punto di vista, The Witcher 3 non si fa mancare nulla.
Come ricorderete, infatti, gli eventi di Wild Hunt hanno luogo a sei mesi di distanza dall'epilogo del suo prequel, ovvero The Witcher 2: Assassins of Kings. Il Geralt che troviamo al centro della vicenda ha ormai recuperato la memoria perduta e parte alla ricerca di Yennefer, sebbene appaia chiaro sin dai primi battiti della storia come la vera protagonista sia in qualche modo Ciri, donna fortemente legata allo strigo, e verso la quale, però, quest'ultimo nutre dei sentimenti di natura paterna.
Ora, al di là della qualità della storyline principale, non è un azzardo affermare che la creatura di CD Projekt abbia saputo distinguersi più che altro per il suo approccio maturo alla narrazione, e questo attraverso la scelta di affrontare tematiche anche complesse, come ad esempio il razzismo, la xenofobia, la guerra, la manipolazione politica e ovviamente una vasta gamma di sfumature della moralità. I personaggi che popolano l'universo confezionato dal team polacco, infatti, non sono semplici eroi o cattivi a cui opporsi o per cui parteggiare, ma individui tratteggiati in chiaroscuro, con motivazioni spesso contrastanti, nonché un passato capace di condizionarne le azioni. Le scelte offerte al giocatore raramente, infatti, si dimostrano nette, tanto da costringerlo a considerare attentamente le conseguenze di ogni decisione presa e persino ad accettare che non sempre esiste la soluzione "giusta".
Ed è una profondità tematica che si riflette anche nelle relazioni tra i personaggi, tra le quali spicca senza dubbio il già citato legame tra Geralt e Ciri, esplorato con grande sensibilità nel suo trascendere il semplice rapporto padre-figlia; una connessione, questa, così intensa da mostrare la vulnerabilità delle due parti in causa e il loro affetto reciproco che cerca di tenere duro in un mondo ostile. Tutto questo, senza contare ovviamente le dinamiche che intercorrono tra lo stesso Geralt, Yennefer e Triss, con le loro passioni, i loro rancori e la loro storia condivisa, che aggiungono un ulteriore strato di coinvolgimento emotivo alla trama.
Un universo credibile
Bene, lo storytelling ce l'abbiamo; tuttavia, bisogna ammetterlo, una componente dal peso specifico così rilevante può sempre rischiare di perdere molto del suo smalto se non supportata da un contesto solido e convincente. A questo proposito, agli sviluppatori va riconosciuto il merito di aver utilizzato una grossa fetta della trama principale per, diciamo così, "invitare" l'utente a perlustrare il mondo di gioco; un sistema che gli permette, nel suo peregrinare tra le varie ambientazioni, di conoscere la fauna, anche umana, che popola lo scenario.
Ebbene, da questo punto di vista, uno degli elementi distintivi della produzione polacca risiede proprio nella sua straordinaria capacità di costruire un universo vivido e palpabile. Le Contrade, con la loro storia travagliata, le guerre intestine e la presenza minacciosa dell'Impero di Nilfgaard, non sono infatti un arido sfondo per le gesta di Geralt, ma un'entità viva, pulsante, credibile, con le sue dinamiche politiche, sociali ed economiche. Le differenze culturali tra le regioni, dalle tradizioni guerriere di Skellige alla sofisticata ma corrotta Novigrad, sono rese in modo sottile ma assolutamente efficace, e questo attraverso i dialoghi, gli abiti della popolazione, l'architettura e persino la flora e la fauna locali.
Stiamo parlando di una coerenza interna dettagliata e curata al millimetro, in grado di rendere l'esplorazione incredibilmente immersiva e stimolante: ogni villaggio possiede infatti la sua identità, ogni foresta i suoi pericoli specifici, e ogni castello la sua storia sommersa da raccontare. I libri e i documenti sparsi per la mappa ricamano e stratificano così una lore che fa della densità il suo indiscusso punto di forza, offrendo approfondimenti sulla storia antica, sulle creature mitologiche, sugli eventi contemporanei e addirittura sulle credenze religiose. Una ricchezza di particolari che non è quindi solo decorativa, ma che si integra alla perfezione con le missioni e con le interazioni tra i vari personaggi, rendendo così ogni scoperta degna di nota e soprattutto gratificante. Non so... vi sembra poco?
Gameplay come parte della narrazione
Le parti che compongono la struttura di The Witcher 3 non sono tuttavia semplici segmenti indipendenti, bensì degli ingredienti che si fondono in un amalgama capace di lavorare in modo efficiente su tutti i fronti. Va da sé, dunque, che tra le eccezioni non figuri il gameplay, che si pone a tutti gli effetti come una vera e propria estensione della narrazione, tanto è connesso con quest'ultima.
Ecco quindi che la caccia ai mostri non diventa solo una mera meccanica, ma un elemento basilare dell'identità di Geralt come Witcher. Si tratta infatti di un'attività che richiede preparazione, conoscenza del nemico e l'utilizzo strategico di pozioni, oli e altre diavolerie magiche; insomma, un'occupazione che getta così luce anche sull'esperienza e sulle abilità del protagonista.
La stessa esplorazione, inoltre, non è mai fine a se stessa, quanto più un modo per scoprire nuove storie, incontrare figure bizzarre e interessanti, e imbattersi in situazioni a dir poco sorprendenti, in grado da sole di sottrarre ore e ore al proseguimento della campagna principale. Impossibile infatti non ricordare i contratti da Witcher e soprattutto le cacce al tesoro: a tutti gli effetti espedienti narrativi che solleticano il giocatore a partire alla ricerca di appunti e informazioni nascoste tra rovine e grotte, al fine di ottenere schemi di crafting per l'equipaggiamento.
Libertà sconfinata
A ogni modo, se c'è un elemento che all'epoca dell'uscita del titolo ha fatto scuola, questo è senza dubbio il design dell'open world messo in piedi da CD Projekt, che ci racconta di un salto di qualità davvero significativo. Lo scenario in cui Geralt si muove, infatti, non si limita a essere semplicemente un'ampia mappa da esplorare, ma è un ambiente traboccante di contenuti preziosi e di attività entusiasmanti, tanto da far percepire a tratti il gioco addirittura come esagerato in termini di offerta.
La libertà concessa all'utente in questo senso è sconfinata, tra la possibilità di dedicarsi alla caccia ai mostri, al crafting, al Gwent o semplicemente di immergersi nell'atmosfera, magari passeggiando a cavallo per meditare sulla prossima mossa da compiere. Un'autonomia nelle scelte che permette al giocatore davvero di vivere la propria avventura personalizzata, senza vincoli dettati dalla linearità ma solo quelli scaturiti dalla sua fantasia e dalla sua voglia di fare.
Gli abitanti dei villaggi non sono comparse ma persone vere; il caldo della locanda, dopo una spedizione particolarmente impegnativa, ristora in modo autentico; e il puzzo di alcol emanato dagli ubriachi sembra davvero attraversare lo schermo per arrivare fino al nostro naso.
La cura certosina per i dettagli non trascura però nessun ambito, men che meno il sistema di combattimento, che propone nemici dal comportamento variegato e verosimile, tra creature che aggrediscono il giocatore collettivamente e avversari che invece lo costringono al pensiero laterale per avere la meglio.
Una goduria per i sensi
Cosa sarebbe, però, il prodotto che abbiamo raccontato fino a qui senza un adeguato comparto tecnico e artistico a supporto? Probabilmente un parco giochi sì stimolante e vivo, ma con poco stile, ammettiamolo.
Ebbene, su questo fronte, 10 lunghi anni non sono riusciti minimamente a cancellare (e nemmeno a far sbiadire) il ricordo di paesaggi dalla bellezza stupefacente, impreziositi da effetti atmosferici realistici, con quella pioggia, ad esempio, che sembra davvero penetrare nelle nostre ossa di videogiocatori.
Il medioevo sudicio e fangoso messo a punto dagli artisti di CD Projekt RED è ancora oggi impressionante (figuratevi per l'epoca!), e si fregia di un orizzonte visivo sterminato, da ammirare a bocca aperta mentre si attraversano campi coltivati, colline e boschi, magari poco prima che il meteo decida di cambiare le carte in tavola, modificando così non solo lo scenario ma anche il comportamento di alcuni mostri.
Insomma, l'esperienza sensoriale proposta da The Witcher 3 è magnifica, e ha dato prova di saper resistere all'usura del tempo anche per merito di una colonna sonora evocativa, che si dimostra a più riprese una vera e propria compagna di viaggio per il giocatore.
Un'eredità da raccogliere
Tirando le somme, dunque, a un decennio dalla sua uscita, l'eredità di The Witcher 3 è ancora tangibile, eccome se lo è. L'avventura dello strigo ha infatti influenzato tantissimi open world successivi, mostrando agli sviluppatori la strada maestra da seguire in nome di un maggiore focus sulla qualità della narrazione, sulla profondità dei personaggi e sulla densità dei contenuti. Ma soprattutto ha dimostrato come un gioco di ruolo complesso e maturo possa comunque raggiungere un pubblico vasto e ottenere così un successo commerciale strepitoso, grazie agli oltre 40 milioni di copie piazzate in tutto il mondo.
Wild Hunt è stato però anche il prodotto che ha consacrato una volta di più e definitivamente la figura di Geralt di Rivia nel panorama videoludico, introducendolo nel Gotha dei protagonisti più iconici e sfaccettati della storia del medium. Senza contare, ovviamente, che la popolarità del titolo ha continuato a crescere nel tempo anche per merito delle espansioni Hearts of Stone e Blood and Wine, veri e propri giochi a sé stanti dotati di una qualità e di una quantità di contenuti a dir poco rare per un DLC.
Insomma, questo decimo anniversario rappresenta dunque un'occasione per celebrare degnamente quella che è ormai considerata una pietra miliare del pianeta videogiochi; senza dubbio il miglior gioco di ruolo della scorsa generazione di console, nonché un'opera che continua ancora oggi ad affascinare e a ispirare giocatori e sviluppatori. Un'eredità che ora spetta a The Witcher IV raccogliere; avventura che ha tutta l'intenzione di lanciare un segnale forte e di imporre la propria identità, a partire dal cambio di protagonista.
Come sicuramente ormai saprete, sarà Ciri a prendersi il palcoscenico; un cambio di rotta, questo, che permetterà agli sviluppatori di raccontare la storia attraverso un nuovo punto di vista, stando alle loro dichiarazioni, ma che al contempo ha già portato con sé il consueto treno di discussioni e polemiche.
Lo strigo è infatti una figura incredibilmente carismatica, e non sarà dunque facile convincere il pubblico che lasciare la strada vecchia per la nuova è davvero cosa buona e giusta. Nel frattempo, e cogliendo l'occasione del suo decimo compleanno, abbiamo però ancora tutto il tempo per riassaporare le gesta di Geralt in The Witcher 3; magari con una nuova partita, che, chissà, potrebbe persino permetterci di scoprire qualcosa che non avevamo notato prima d'ora.
Voi che ricordo avete dell'eccezionale gioco di ruolo di CD Projekt RED a dieci anni dalla sua uscita? E qual è l'aspetto sotto il quale The Witcher 3 vi ha stupito maggiormente? I commenti qui sotto sono il posto giusto in cui raccontarci tutto, non siate timidi.