"Cyberpunk 2077 è il gioco dell'anno nello stesso modo in cui Hitler è stato l'uomo dell'anno del Time nel 1938, non come un premio o un riconoscimento, ma come un avvertimento e un ammonimento per il resto del mondo." Queste sono le parole scelte da Garrett Martin, editor di Paste Magazine, testata attiva (anche) in ambito videoludico.
Un paragone potente, probabilmente troppo potente e di certo fuori luogo, come possiamo notare facilmente dalle reazioni che ha generato su Twitter (un esempio in calce). Certo, Martin cerca subito di mettere le mani avanti affermando che "in alcun modo si sta cercando di paragonare un brutto videogioco al più grande mostro della storia". Peccato che è esattamente quello che ha fatto: paragonare Cyberpunk 2077 a Hitler, anche se non in modo diretto. Il punto di Martin, infatti, è di creare un'analogia tra l'eleggere Cyberpunk 2077 come GOTY e la scelta del Time di votare Hitler come "Man of the Year" (MOTY?) nel '38. Usare un "premio" non come ricompensa ma come avvertimento.
Andando al di là del titolo e dell'affermazione clickbait, di cosa parla l'articolo? Si tratta di nulla di più che di un riassunto di tutto quello che è successo attorno a Cyberpunk 2077 dallo sviluppo all'uscita: crunch, rilascio di un gioco "rotto", poca chiarezza con i rimborsi, perdita di valore delle azioni, vendite superiori a 13 milioni di unità, ovvero tutte cose che già sappiamo.
Dopodiché, Martin propone un ragionamento finale, suggerendo che Cyberpunk 2077 dovrebbe essere un segnale d'allarme per tutto ciò che non funziona nell'industria videoludica, ma che, viste le enormi vendite, è probabile che la situazione non sia destinata a cambiare rapidamente.
L'articolo, nel complesso, tratta temi importanti e propone ragionamenti condivisibili, ma temiamo che infine sarà solo ricordato per aver comparato un gioco a Hitler. Forse c'era un modo migliore per titolare l'articolo, rendendogli comunque giustizia.
Come vi abbiamo raccontato, criticare Cyberpunk 2077 va bene, distruggere no.