Il fatto ormai dovrebbe essere noto: Bethesda ha pubblicizzato la Power Armor Edition di Fallout 76 con l'immagine di una borsa di tela che poi non ha prodotto per ridurre i costi, sostituendola con una di nylon. Si tratta sicuramente di un comportamento scorretto e di uno sgarbo verso chi ha prenotato quell'edizione del gioco, basandosi sul materiale mostrato. Si tratta anche di una questione che riguarda un ristretto numero di persone e che sicuramente sarà risolta da un tribunale, che sancirà se Bethesda ha pubblicizzato la Power Armor Edition in modo scorretto o meno e, nel caso, valuterà gli opportuni risarcimenti (immaginiamo non in atomi, la moneta di Fallout 76). Fin qui nessuno dovrebbe avere troppi dubbi su quanto accaduto e nemmeno sulla sua reale portata. Il problema è che, come spesso capita, la questione è sfuggita di mano, diventando altro.
Ci è giunta voce che dopo la notizia di ieri riguardante il bag-gate di Fallout 76, molti hanno contattato degli influencer nostrani accusandoli di aver avuto gratuitamente la borsa oggetto della discussione a discrimine dei poveri acquirenti. Ora, nella notizia è specificato chiaramente che è normalissimo che durante i press tour i publisher distribuiscano gadget. Succede così da quando esiste l'industria videoludica e lo fa praticamente ogni publisher maggiore. Oltretutto i gadget dei press-tour non sono mai quelli delle edizioni per collezionisti, che non avrebbe davvero senso usare in questo modo.
Il caso Fallout 76 non è differente: come ampiamente dimostrato, la borsa data durante il press-tour non è quella che sarebbe dovuta essere inclusa nella Power Armor Edition, che semplicemente non è stata prodotta ed è stata sostituita con quella di nylon. Insomma, Bethesda non ha tolto agli acquirenti per dare ai giornalisti / influencer come molti insinuano. Del resto il numero di persone invitate al press tour in questione era davvero esiguo e non si avvicinava minimamente a quello delle Armor Edition stampate. Ad esempio per l'Italia sono state invitate pochissime testate e nessun influencer.
Parlando della stessa questione la scorsa settimana, quando ancora non era scoppiato il bag-gate, qualcuno ci ha fatto notare che le 'shitstorm' non sono in realtà inutili, perché aiutano a modificare i comportamenti dei publisher, rendendoli più attenti alle richieste dei videogiocatori. Sinceramente ci sembra una visione un po' troppo naif di come funzionano certe dinamiche di mercato e la tesi shitstorm = cambiamento è assolutamente infondata o, quantomeno, parziale. La verità è che di quasi tutti i casi citabili di polemiche che hanno prodotto effetti positivi, bisognerebbe sempre ricordare che le stesse sono state accompagnate da vednite inferiori alle attese (es. Star Wars Battlefront 2), mentre lì dove alle polemiche non sono seguiti i fatti, ossia il videogiocatore ha comunque acquistato, i risultati ottenuti sono stati praticamente nulli. Prendiamo ad esempio le discussioni per la mancanza di una campagna single player in Call of Duty: Black Ops 4, o quelle per le microtransazioni troppo invasive di NBA 2K18 e 19. A cosa sono servite se poi le copie vendute sono state addirittura superiori alle attese? Lo stesso accadrà con Fallout 76: se posatasi la polvere i risultati del gioco saranno comunque positivi, allora tanto rumore sarà stato inutile.
Del resto le polemiche che trascendono il livello di guardia, ossia che diventano l'ossessione di folle urlanti che non saranno soddisfatte finché non vedranno il cadavere, un effetto lo producono: vanno a minare i rapporti tra utenza e sviluppatori, che si stanno facendo sempre più rarefatti. Insomma, coloro che realizzano i prodotti che diciamo di amare non possono più comunicare apertamente per paura di essere fraintesi e scatenare le orde barbare. Così la comunicazione con l'utenza diventa sempre più mediata e distante, nonché retorica e generica. Insomma, fondamentalmente viene sterilizzata a uso e consumo di un'utenza che non viene più percepita come partecipe dell'industria, ma ostile alla stessa. Un ottimo risultato, non c'è che dire.