La notizia è arrivata ieri come un fulmine a ciel sereno: The Last of Us: Parte 2 sarà nuovamente rinviato. Ma se il prossimo gioco di Naughty Dog non esce ora, con tutti a casa e con una base installata come quella di PS4 fremente di mettere le mani sulla nuova avventura di Joel ed Ellie, quando sarà il momento più opportuno?
Questa volte le motivazioni non sembrano legate ad esigenze creative di Naughty Dog: Sony e il team californiano, semplicemente, non hanno ritenuto opportuno pubblicare il gioco in piena emergenza coronavirus. The Last of Us: Parte II, infatti, dovrebbe essere quasi pronto.
Mentre noi ne stiamo (toccate pure tutto quello che dovete toccare e anche qualcosina di più) lentamente uscendo, l'epidemia da coronavirus sta colpendo con violenza gli Stati Uniti. Una nazione che è sì la più ricca ed avanzata del pianeta, ma che ha colpevolmente tenuto la testa infilata sotto terra come uno struzzo fino a pochi giorni fa e adesso ne sta subendo le terribili conseguenze. Aziende chiuse, catene produttive interrotte e una maggiore sensibilità rispetto a determinati argomenti.
Come per esempio l'epidemia di un virus che ha messo in ginocchio il mondo partendo proprio dagli USA. D'altra parte sei non fai il botto in nordamerica, difficilmente riesci a rispettare le previsioni di vendita. Ecco che quindi è emersa la necessità di rinviare The Last of Us: Parte II (vabbè, anche Iron Man VR, ma capirete se passa in terzo piano) a data da destinarsi.
Ed è proprio quel TBA a scatenare la nostra curiosità: perché non annunciare subito una nuova data? La comunicazione di Sony, sempre molto precisa e ficcante negli ultimi anni, in queste ultime settimane non sembra più così infallibile. O perlomeno questo è quello che traspare non sapendo cosa sta succedendo realmente dietro le quinte.
È semplicemente una questione logistica? I volumi di vendita previsti di The Last of Us: Parte 2 potrebbero essere tali da necessitare molto lavoro manifatturiero per produrre e distribuire le copie fisiche, assemblare le edizioni da collezionisti, ma anche stampare i libri, gli album e le statuette che Sony e Naughty Dog avevano preparato per invadere il mercato nella maniera più consona ad un progetto di questo livello. Se fosse così, però, questo rinvio potrebbe voler dire che Sony ha semplicemente bisogno -sempre incrociando le dita- di poche settimane in più per poter assemblare tutto il necessario e rifornire i vari distributori.
Square Enix e Capcom, nonostante qualche piccolo inconveniente come delle copie di Final Fantasy VII Remake sfuggite al controllo prima del tempo, non si sono fatte fermare e stanno portando i loro ultimi capolavori nelle case di mezzo mondo. Naughty Dog vorrebbe che la gente possa giocare "più o meno nello stesso momento" a TLOU2 e forse il fatto che alcuni australiani stiano giocando a Final Fantasy 7 Remake 9 giorni prima del tempo la sta frenando più del dovuto.
Più problematico sarebbe, invece, se fosse una decisione legata anche al periodo storico: non sappiamo con precisione cosa racconterà nel dettaglio la storia di The Last of Us: Parte 2, ma se in qualche modo questa potrebbe essere ritenuta sconveniente vista la recente pandemia, chissà quando saremo di nuovo pronti a porterla "affrontare" in un videogioco senza scatenare polemiche, isterie e recriminazioni che potrebbero essere molto negative in un periodo delicato come questo, nel quale Sony è già sotto la lente d'ingrandimento per l'attesissimo lancio di PlayStation 5.
Un'ultima teoria vorrebbe che questo nuovo rinvio spingerà Sony a lanciare The Last of Us: Parte 2 assieme a PS5. Pochi giochi avrebbero lo stesso potere mediatico del capolavoro di Naughty Dog, ma siamo sicuri che il colosso giapponese voglia perdersi il lancio di un gioco su una piattaforma con una base installata di 100 milioni di macchine per ribadire il tutto esaurito -che probabilmente è già scontato- di PS5?
Un gioco come The Last of Us: Parte II, con tutti a casa e col mercato di PlayStation 4 al massimo della sua redditività sarebbe in grado di incidere positivamente sulle casse di qualunque azienda. Figuriamoci di una che rischia nel giro di pochi mesi di dover combattere una durissima battaglia sui prezzi.
Quindi per noi, se non ci sono motivazioni politiche, se non sarà il 29 maggio sarà poco dopo. E speriamo vivamente di non essere smentiti.
Voi, invece, come la pensate? Parliamone!