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Come il mondo dei videogiochi partecipa all’isolamento della Russia

Il mondo dei videogiochi sta partecipando all'isolamento culturale della Russia, un po' per solidarietà verso l'Ucraina, un po' perché non può tirarsi indietro

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   10/03/2022

L'industria dei videogiochi occidentale sembra essere compatta nella condanna dell'aggressione dell'Ucraina da parte della Russia. Dallo scoppio della guerra, le iniziative in merito non sono mancate, così come le prese di posizione ufficiali, anche molto dure, con il blocco della vendita di molti prodotti videoludici e tecnologici nel territorio russo. Ma queste mosse possono davvero incidere? Siamo certi che l'isolamento culturale sia la risposta giusta in casi del genere? Perché è sempre più chiaro che per molte aziende non è possibile fare altrimenti? Cerchiamo di capirlo.

La prima schermaglia

Battlefield 2042 fu oggetto di critiche per una skin legata al conflitto russo-ucraino
Battlefield 2042 fu oggetto di critiche per una skin legata al conflitto russo-ucraino

Il mondo dei videogiochi non è stato completamente impermeabile al conflitto russo-ucraino prima del deflagrare dello stesso. Nessuna software house era intervenuta sull'argomento, ma un piccolo incidente aveva iniettato un po' di realtà in questo nostro ambiente fatto soprattutto di sogni e illusioni. A novembre 2021 era infatti scoppiata una polemica per l'inserimento di una skin dei Little Green Man in Battlefield 2042, rimossa dal gioco dopo le proteste dei giocatori ucraini. Come spiegammo all'epoca: "Little Green Man era l'appellativo usato comunemente dai media per identificare i soldati russi che erano stati inviati nel 2014 a prendere il controllo della Crimea, nell'operazione che è poi sfociata in una guerra tra Russa e Ucraina. I primi soldati inviati erano caratterizzati da una divisa verde anonima senza particolari segni distintivi e spesso con volto coperto."

Per molti ucraini era come spargere del sale su di una ferita aperta, trovandosi a combattere dei nemici reali in un mondo virtuale. DICE di suo dimostrò semplicemente una certa insensibilità storica, senza voler causare alcun danno od offendere nessuno, nell'inserire quella skin. Per gli sviluppatori era solo un contenuto in più da vendere agli appassionati. Ma in questo caso l'ignoranza non è una giustificazione. Le rimostranze degli ucraini fecero però capire che l'immaginario aveva superato il limite del consentito, andando a sovrapporsi con qualcosa che era ancora in divenire e che non era stato elaborato dai locali, storicamente parlando.

La Guerra Russo-Ucraina

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Alla fine di febbraio la guerra è scoppiata davvero. Le schermaglie isolate dei mesi precedenti si sono trasformate in un tentativo di occupazione militare, con bombardamenti e l'invio di truppe di terra. Riassumendo all'osso: la Russia ha deciso di invadere l'Ucraina per evitare un ulteriore allargamento a est della Nato. In realtà la situazione è molto più complessa di così e va a toccare i rapporti che intercorrono da sempre tra il territorio ucraino e quello russo, non riassumibili in poche righe e non riducibili a quanto vorrebbe la propaganda di parte. Se volete approfondire, vi consigliamo la lettura di "Storia dell'Ucraina. Dai tempi più antichi ad oggi" di Massimo Vassallo, o "Storia e geopolitica della crisi ucraina. Dalla Rus' di Kiev a oggi" di Giorgio Cella. Volendo è in arrivo anche un libro più centrato sul conflitto: "Ucraina. La guerra che non c'era" di Andrea Sceresini e Lorenzo Giroffi, che sarà disponibile dal 15 marzo 2022. Di quest'ultimo però, non possiamo garantire ancora la validità.

Iniziative di solidarietà

Naturalmente il conflitto ha coinvolto anche le software house presenti sul territorio, che per prime hanno fatto appello al mondo dei videogiochi per dare un segnale. GSC Game Worlds, Frogwares, Vostok Games, 4A Games e tutti gli altri sviluppatori sul territorio hanno preso posizione, annunciando tutte il rinvio o addirittura il blocco momentaneo dei loro progetti in via di sviluppo. Quindi sono iniziate le lodevoli iniziative di solidarietà, che hanno visto la partecipazione di sviluppatori, negozi digitali e stampa (tra la quale Multiplayer.it), fino al recente lancio del bundle per l'Ucraina su itch.io che ha visto il coinvolgimento di centinaia di sviluppatori e che finora è riuscito a raccogliere diversi milioni di dollari, grazie a decine di migliaia di offerte, da devolvere a enti benefici presenti sul territorio ucraino.

This War of Mine: gli sviluppatori hanno supportato attivamente la Croce Rossa ucraina
This War of Mine: gli sviluppatori hanno supportato attivamente la Croce Rossa ucraina

Per citare altre iniziative individuali in ordine sparso, pensate agli incassi delle vendite di This War of Mine devoluti alla Croce Rossa, o a quelli di alcune avventure grafiche di Amanita Design che hanno trovato la stessa destinazione, finendo per raccogliere più di 20.000 dollari. CD Projekt di suo ha donato 200.000 dollari per gli aiuti umanitari, oltre a supportare tramite GOG tutti gli studi impegnati in iniziative di beneficenza, rinunciando alla sua parte degli incassi.

Il blocco dell’immaginario

Niente più giocatori russi in FIFA 22
Niente più giocatori russi in FIFA 22

Al di là delle iniziative prese dalle piccole realtà, hanno fatto molto rumore le mosse di colossi dell'industria come Microsoft, Sony e Nintendo, che hanno di fatto chiuso i loro negozi digitali al mercato russo. Ad appellarsi ai big dell'industria è stato per primo il vice primo ministro ucraino Mykhailo Fedorov, che ha chiesto in via ufficiale, con tanto di documento bollato, a PlayStation, Xbox e tutte le compagnie che si occupano di esport e videogiochi, di bloccare le loro attività sul mercato russo, oltre al congelamento degli account degli utenti russi sulle varie piattaforme proprietarie. L'appello è stato accolto da diverse aziende, che hanno iniziato a fare terra bruciata intorno alla Russia videoludica. Ad esempio GOG ha bloccato la vendita dei giochi sul territorio russo, così come Epic Games Store che ha fatto lo stesso, pur garantendo ai russi l'accesso ai server dei vari giochi, come Fortnite. Lo stesso ha fatto Electronic Arts, che ha bloccato la vendita di giochi in Russia e Bielorussia e, in modo ancora più clamoroso, ha cancellato la Russia da FIFA, eliminando i giocatori e le squadre dal FUT.

Nintendo di suo si è trovata costretta a chiudere l'eShop, per il blocco dei metodi di pagamento utilizzati su tutto il territorio. Infine, anche Sony e Microsoft hanno iniziato a fermare la vendita dei loro prodotti. In realtà tutta l'industria tech, sia occidentale che asiatica, ha preso ad allinearsi alle sanzioni comminate da USA ed Europa alla Russia.

L'obiettivo di queste mosse è abbastanza chiaro: isolare i russi non solo economicamente, ma anche nell'immaginario. Fargli capire il punto di vista dell'occidente marginalizzandoli nelle attività ludiche e rendendogli impossibile fare ciò che fino a prima della guerra facevano tranquillamente. Se vogliamo è una forma di destabilizzazione della popolazione, che cerca di far crescere il malumore interno, in modo da aumentare la pressione sui vertici dello stato centrale. Inoltre è un modo per le grandi compagnie di allinearsi al punto di vista occidentale sul conflitto, dimostrando da che parte sono schierate, sacrificando parte dei loro ricavi. Si tratta di mosse che non hanno solo una valenza economica e politica, ma anche sociale, perché i non aderenti sarebbero messi in cattiva luce e avrebbero un grosso contraccolpo dal punto di vista dell'immagine, soprattutto tra le frange della popolazione più polarizzate nel giudizio sulla responsabilità del conflitto. Vendere prodotti ai russi di fatto sarebbe visto come una forma di supporto degli stessi, o quantomeno d'indifferenza al dramma ucraino, nonostante la popolazione russa non abbia responsabilità dirette nella vicenda.

I big dell'industria hanno preso posizione nel conflitto
I big dell'industria hanno preso posizione nel conflitto

Rimane da capire se questa forma d'isolamento culturale, che ha fomentato anche un certo desiderio di cancellazione di tutto ciò che è russo in occidente (vedere il caso Bicocca che ha finito per bloccare un convegno di Paolo Nori su Fëdor Dostoevskij), come atto tribale / simbolico, serva davvero ai russi o agli ucraini, o non rischi di produrre un'ulteriore radicalizzazione delle posizioni in campo, stimolando negli assediati, in questo caso dal punto di vista culturale, una reazione esattamente contraria a quella sperata. La storia dovrebbe averci insegnato che chi viene attaccato difficilmente porge l'altra guancia, ma tende a difendersi come può. Questo vale sia dal punto di vista militare, sia da quello economico, sia da quello culturale. Del resto anche rimanere inerti non è una soluzione. Comunque sia è davvero troppo presto per valutare le conseguenze di certi atti, che avranno sicuramente delle ripercussioni a lungo termine e altereranno i rapporti dell'occidente con la Russia, anche a livello semplicemente videoludico.

L'obiettivo dichiarato è quello di cercare di favorire la fine della guerra, moltiplicando la pressione sulla Russia di Putin, ma la propaganda potrebbe rigirare la cosa a suo vantaggio, usandola come dimostrazione della liceità del conflitto stesso. La situazione è ancora tutta in divenire.