Dieci anni fa, l'ultimo Metal Gear Solid numerato: The Phantom Pain (ne abbiamo parlato in questo speciale), il testamento spirituale di Hideo Kojima in Konami, l'ultimo videogioco a rappresentare il rapporto tra l'azienda giapponese e uno degli autori di videogiochi più famosi di sempre. A meno che il futuro non ci presenti qualche incredibile sorpresa, è stata anche l'ultima volta che vedremo Hideo Kojima alle prese con la sua creazione più nota. Nei giorni scorsi, però, Konami è tornata alla ribalta con il remake del capitolo più amato della serie, ovvero Metal Gear Solid Delta: Snake Eater. C'entra sicuramente la voglia di celebrare i vent'anni di uno dei più grandi successi di pubblico e di critica che abbiano mai prodotto, ma è chiara anche un'altra volontà: riprendere in mano la saga prima che sia troppo tardi.
È successo di recente anche per un'altra serie storica firmata da Konami, ovvero Silent Hill, che ha seguito un iter molto simile: assente sul mercato da anni, il franchise è tornato con una sfida da "o la va o la spacca", riproponendo il capitolo più amato di tutti, Silent Hill 2. Un banco di prova molto importante per Konami - che dal successo o meno del remake poteva capire se la saga era ancora appetibile - e per Bloober Team: per l'azienda polacca era il videogioco della consacrazione. Il buon risultato non ha tardato a dare i suoi frutti, e Bloober è già al lavoro sul remake del primo capitolo di Silent Hill.
Non è di certo una novità nel mondo dei videogiochi: Capcom ci era arrivata qualche anno fa, con il remake di Resident Evil 2, contestualmente sperimentando nuove soluzioni con la saga principale. Insomma: bastone e carota; da una parte la fedeltà assoluta ai canoni, dall'altra le novità. È palese che Konami stia facendo lo stesso su più fronti, e ha comunicato di voler provare a farlo anche con Metal Gear. Quella di Snake, però, è una serie profondamente legata all'uomo che l'ha realizzata: Hideo Kojima. È difficile immaginare l'uno senza l'altro, e i tentativi in tal senso sono stati fallimentari, basta guardare a Metal Gear Survive. Come fare, quindi, per continuare questa serie storica senza che finisca nel dimenticatoio? Ecco qualche scenario plausibile che Konami potrebbe intraprendere.
Metal Gear Solid 6: un nuovo capitolo canonico
La sfida più grande sarebbe proprio continuare la serie canonica. Significherebbe affrontare la bestia guardandola negli occhi. È senz'altro vero che Metal Gear Solid vive delle idee del suo creatore originale, ma è anche vero che Hideo Kojima ha più volte espresso la volontà di passare il testimone, sperando che qualcuno dei suoi raccogliesse la sua eredità. Senza successo, al punto che si era sentito in gabbia all'interno di una spirale di sequel, prequel e spin-off che non trovava più molto stimolante.
La storia della paternità di Kojima e di Metal Gear è decisamente travagliata, sin dal primissimo capitolo del 1987. L'originale vide la luce su MSX2 in Giappone, e arrivò su NES in America e in Europa in una versione ritoccata da parte di un team esterno chiamato Ultra Games. Kojima non ebbe alcuna voce in capitolo sui profondi cambiamenti che interessarono il suo videogioco. Uno tra tutti? Il Metal Gear che dava il titolo all'opera non c'era, sostituito da un supercomputer malvagio che non aveva alcun senso narrativo. Eppure fu un enorme successo, al punto che a Ultra Games fu affidato il compito di realizzare un sequel intitolato Metal Gear: Snake's Revenge. Il tutto mentre Kojima lavorava al vero seguito del suo videogioco, ovvero Metal Gear 2: Solid Snake. Uscirono rispettivamente il primo in America e in Europa, e il secondo esclusivamente in Giappone.
Questo è solo l'inizio di una storia di tira e molla produttivi e autoriali che ha interessato la saga. Ed è anche per questo motivo che il terzo capitolo non si intitola Metal Gear 3, ma Metal Gear Solid. Che senso aveva uscire in tutto il mondo con un episodio numerato, quando i primi due non erano mai arrivati come li aveva concepiti l'autore? Dopo l'enorme successo del primo Metal Gear Solid e di Sons of Liberty, che nonostante lo "scherzetto" architettato da Kojima resta ancora il secondo capitolo più venduto di sempre, Kojima voleva passare la palla. Il videogioco stesso parlava dell'importanza di lasciare spazio alle generazioni successive, e lui sperava che uno degli assistenti prendesse in mano l'onere di continuare la saga con Metal Gear Solid 3. Vi abbiamo già raccontato questa storia nel lungo speciale dedicato a Snake Eater.
Fallito il tentativo di vedere Metal Gear Solid 3 nelle mani di qualcun altro, Kojima espresse di nuovo la volontà di fermarsi e di non dirigere Metal Gear Solid 4. In tutta risposta raccontò di aver ricevuto delle minacce di morte da parte dei fan, che lo costrinsero a cambiare idea. Era chiaro però che fosse ormai stanco di lavorare alla saga. Lo aveva fatto per quasi tutta la sua carriera. Ecco, con queste premesse, immaginare un Metal Gear Solid senza Hideo Kojima non sembra più così irrispettoso nei confronti del suo autore. È pur vero che, nelle sue fantasie di indipendenza, Kojima si sarebbe comunque ritagliato un ruolo come produttore e probabile supervisore (come successo per Twin Snakes), ma l'idea che la sua saga passasse alla visione di un altro autore non l'ha mai disturbato. Anzi.
Un Metal Gear con un nuovo protagonista
Come abbiamo visto, l'aggettivo Solid fu aggiunto al titolo del videogioco per più di un motivo. Il primo era non metterci un "3" e rischiare di aprire quel controverso vaso di Pandora che riguardava i primi due capitoli (con il secondo, soprattutto, che non era mai uscito dal Giappone). In secondo luogo, c'era la voglia di comunicare in modo elegante il passaggio alle tre dimensioni e a uno stile grafico più solido, più realistico. Infine, c'era la volontà di concentrarsi sul protagonista: Solid Snake. Quell'aggettivo è rimasto anche nei capitoli che non hanno riguardato David (questo è il nome del leggendario agente segreto) in prima persona. Pensiamo a tutti quelli che raccontano la storia di Naked Snake, Big Boss, Venom Snake. E Raiden.
Ecco, cambiare quella parte del titolo, in effetti, rappresenta una grande opportunità per ambientare tutto nello stesso universo, ma con un taglio differente. Non sarebbe nemmeno la prima volta: nel 2013, PlatinumGames realizzò Metal Gear Rising: Revengeance, che raccontava cos'era successo a Raiden dopo il quarto capitolo. E nel 2018 Konami tentò il colpaccio con Metal Gear Survive, ma senza esito positivo. Eppure, quello spazio vuoto dove c'è il nome in codice del protagonista offre molte possibilità.
Verrebbe da dire, infatti, che l'unico personaggio non negoziabile della saga è proprio quello che da sempre è presente nel titolo, ovvero il Metal Gear (fatta eccezione per il porting del primo capitolo su NES): simbolo dell'eccessiva militarizzazione del genere umano, metafora di un'esplosione tecnologica fuori controllo e della corsa agli armamenti che prende il sopravvento perfino sullo spirito di autoconservazione degli umani. Come ci insegna Sons of Liberty con il suo Arsenal Gear, non c'è più nemmeno il concetto di carro armato bipede da rispettare. Il Metal Gear rappresenta il rapporto controverso degli uomini di guerra con la tecnologia.
Certo, l'eroe che dovrà raccogliere l'eredità di Big Boss e di Solid Snake non ha di certo un compito facile. Dovrà vedersela con due dei personaggi più carismatici della storia dei videogiochi, ma potrebbe essere utilizzato brillantemente per raccontare una nuova generazione di videogiocatori. Un po' come Raiden incarnava la generazione degli anni 2000 e rappresentava uno specchio sgradito e sgradevole per gli otaku giapponesi e per il loro mondo a metà tra quello virtuale della rete e quello reale che abitavano sempre più malvolentieri. Un nuovo eroe di Metal Gear, oggi, avrebbe tanto da dire sul modo in cui la guerra è cambiata ai tempi di internet e dei social network.
Uno spin-off dedicato a un vecchio personaggio
Come dicevamo, Metal Gear Rising: Revengeance è una storia con Raiden come protagonista che ci racconta una parentesi quasi estranea dal resto della saga. All'inizio, però, non doveva essere così: Rising doveva essere il ponte che collegava gli eventi di Metal Gear Solid 2 e di Metal Gear Solid 4, proprio per spiegare come aveva fatto quel pivello di Raiden a diventare l'eccezionale ninja guerriero di Guns of the Patriots. L'idea era riprendere il personaggio per dettagliare meglio gli eventi che ci eravamo persi puntando l'obiettivo esclusivamente sulla lotta di Solid Snake.
Sfruttando un meccanismo narrativo simile, Konami potrebbe approfondire una parentesi narrativa che Kojima ha lasciato in sospeso nel corso dei capitoli che ha firmato. La recente uscita di Metal Gear Solid Delta: Snake Eater potrebbe essere il trampolino di lancio per un intero videogioco sulla nascita della Cobra Unit. È fuori da ogni dubbio che The Boss sia uno dei personaggi più intriganti e centrali dell'intera saga, e andare a scoprire com'è diventata la Madre delle forze speciali che, durante la Seconda Guerra Mondiale, si distinsero per le loro azioni sarebbe fantastico. Magari anche approfondire il rapporto che la lega a The Sorrow e a quello che diventerà Revolver Ocelot.
Allo stesso modo, si potrebbe realizzare un Metal Gear Liquid, andando a raccontare ciò che farebbe da collegamento tra Metal Gear Solid V: The Phantom Pain e il primo Metal Gear Solid. Ovvero ciò che ha portato il giovane Eli a diventare Liquid Snake. Quando lo conosciamo in The Phantom Pain, White Mamba è solo un ragazzino a capo di una gang di soldati bambino. Qui conosce Tretij Rebenok, ovvero colui che vestirà i panni di Psycho Mantis. Lo incontriamo solo 21 anni più tardi, ormai genio militare consumato dall'invidia per Solid Snake e per Big Boss. Nonostante Liquid sia presente solo in uno dei capitoli della saga, il suo ruolo come villain e gemello speculare di Solid è cruciale, e il vuoto narrativo è una bella opportunità per raccontare meglio anche il progetto Les Enfants Terribles.
Sulla stessa scia, si potrebbe pensare a un Metal Gear Gray Fox, il cui protagonista sarebbe Frank Jaeger prima della sua trasformazione nel ninja che abbiamo imparato a conoscere nel primo capitolo della serie su PlayStation. Darebbe modo a Konami di reinterpretare le origini della saga, dal momento che Frank è il collegamento che unisce tanti dei personaggi chiave della storia, e soprattutto i due principali: Big Boss e Solid Snake. Il primo mentore e salvatore; il secondo amico e rivale.
Un nuovo remake, sì, ma quale?
Esiste anche un'altra strada, che è sicuramente la meno coraggiosa: proporre un altro remake. Konami potrebbe farlo in parallelo, per scadenzare le nuove uscite e al contempo riproporre i classici. Si tratterebbe, in questo caso, di capitoli fedeli all'opera di Kojima, così come è stato per Delta, che punterebbero anzitutto a riproporre la storia della saga e permetterebbero ai nuovi videogiocatori che non hanno conosciuto Snake nel 1997 (e che non vogliono riviverlo attraverso le Master Collection) di entrare nell'universo di Metal Gear.
Se Konami decidesse di intraprendere questa strada, avrebbe davanti a sé due possibili scenari: il primo è quello più plausibile, ovvero ripartire da capo con Metal Gear Solid. Di nuovo, si tratterebbe della medesima strategia utilizzata per Silent Hill: bussare alla porta della nuova generazione con il capitolo storicamente più amato, e poi provare a ricostruire la saga secondo l'ordine d'uscita originale.
L'altro scenario è provare a riproporre le avventure in senso cronologico, e quindi spostare l'attenzione su Metal Gear Solid: Peace Walker. Il titolo, apparso per la prima volta nel 2010 su PSP, racconta la trasformazione di Naked Snake in Big Boss, introducendo personaggi fondamentali per la mitologia della saga come Kazuhira Miller. Un remake in tal senso potrebbe scavalcare tutti i limiti tecnologici che derivano dalla natura portatile del videogioco, e magari avvicinarlo ad alcune meccaniche che arriveranno con The Phantom Pain. Infine, un remake di Peace Walker sarebbe il ponte ideale per collegare il nuovo corso, ovvero Metal Gear Solid Delta, ai capitoli firmati da Hideo Kojima.