In questo preciso momento, su Nintendo eShop trovate oltre 1000 demo per Nintendo Switch e Switch 2. Sommando quelle per PS4 e PS5, su PlayStation Store potete scaricarne più di 900. Microsoft per Xbox ne propone più di 350, mentre su Steam la statistica si fa vertiginosa: parliamo di quasi 13.000 giochi affiancati da demo gratis, che coinvolgono titoli strampalati, perle emergenti e grandi nomi.
Tanti videogiocatori sono in effetti cresciuti in compagnia delle demo e le hanno sempre viste come parte integrante del mercato: erano considerate un buon modo di presentare il proprio titolo direttamente al consumatore, e spesso venivano anche allegate come bonus delle riviste cartacee di settore.
Da allora sono trascorsi oltre trent'anni, ma questi contenuti "dimostrativi", che permettono di provare un segmento di gioco senza spendere soldi, sono tornati più popolari che mai: basti pensare che, solo pochi giorni fa, Valve ha lanciato l'ennesimo Steam Next Fest, dove centinaia e centinaia di demo si contendono le attenzioni - e i futuri acquisti - dei giocatori.
A parte provare ad aiutarvi a orientarvi, segnalando quelle per noi più interessanti, vogliamo scavare più a fondo: che rapporto hanno gli sviluppatori con le demo? Sono davvero un buon veicolo per portare il proprio gioco al successo?
Demo diverse con scopi simili
L'idea di distribuire porzioni di gioco gratis con un modello "shareware", a cavallo tra gli anni '80 e '90, fu solo anticipatoria di quello che avremmo visto in seguito: i dischi demo furono una costante della seconda metà degli anni '90, con le versioni di prova dei giochi che venivano considerate un ottimo veicolo di promozione. In fin dei conti, se un utente dovesse innamorarsi della demo, perché non dovrebbe poi comprare anche il gioco completo?
La popolarità di questo modello andò incontro a delle incertezze con il cambio del millennio, per poi risalire in tempi più recenti - come abbiamo visto dai numeri: oggi le demo sono letteralmente ovunque, seguono modelli diversi e ci sono publisher che le sposano più di altri.
Square Enix, ad esempio, molto spesso lancia demo più o meno estese dei suoi giochi in arrivo, che permettono di vivere le prime ore dell'avventura e di mantenere i progressi fatti, in caso di acquisto dell'edizione completa: lo abbiamo visto con i due Octopath Traveler, o con Dragon Quest XI, o con Final Fantasy 7 Remake. Si tratta delle cosiddette "demo prologue", che danno un antipasto delle fasi iniziali di gameplay e - si spera per gli autori - si interrompono lasciando con addosso la voglia di proseguire, e quindi di comprare il gioco.
Per rimanere in casa Square Enix, ci sono anche esempi di utilizzi diversi: nel caso della demo di Triangle Strategy, la prima venne pubblicata con l'intento di captare le reazioni della community. Aveva anche un fine promozionale, certo, ma era soprattutto un modo di capire se e dove intervenire prima dell'uscita finale.
Nintendo Switch, in particolare, è sempre stata terreno fertile per le demo - forse per la volontà degli utenti di scoprire cosa aspettarsi anche sul fronte tecnico, prima di spendere per un gioco. La stessa Nintendo pubblica versioni demo di tantissime sue opere, spesso limitate nel tempo o nelle modalità (come per Donkey Kong: Bananza o per Mario Strikers: Battle League Football), seguendo l'idea dell'antipasto che dovrebbe invogliare all'acquisto.
Altri autori scelgono una via diversa: la demo è sempre orientata a convertire il giocatore in compratore, ma magari la sequenza proposta è tagliata ad arte da una parte di gioco particolarmente accattivante, o costruita appositamente. Pensate alla demo dello stravagante The Stanley Parable che, proprio come il gioco sa di essere un gioco, si comporta sapendo di essere una demo: un modo brillante di calare l'utente in ciò che lo aspetta.
Anche la data d'uscita di una demo può essere un fattore per decretarne il successo: ci sono demo che arrivano molto in anticipo rispetto al gioco completo, come quella del recente The Adventure of Elliott: The Millennium Tales su Switch 2. Altre vengono pubblicate al lancio del titolo, in modo che chi vuole provarlo possa farlo senza costi; altre ancora sono lanciate solo in un secondo momento, di solito nel tentativo di attirare visibilità e potenzialmente un nuovo pubblico.
Lo scopo, alla fine, è lo stesso - a prescindere da quando si lancia la demo e da che porzione si include: portare all'acquisto. Ma è un'idea che funziona ancora?
Che impatto hanno le demo sui videogiochi?
Stimare l'impatto delle demo sull'andamento di ciascun gioco sarebbe complesso. L'aspetto oggettivo interessante che vediamo, però, è che il loro numero è andato a crescere in modo notevole - di pari passo con quello delle uscite annuali. Secondo SteamDB, in tutto il 2024 sono usciti su Steam 2.934 giochi che proponevano anche una demo gratis, ma nel 2025 (ossia ad anno ancora in corso) siamo già a oltre 3.100. In pratica, sono sempre di più i giochi che si fanno affiancare da una versione di prova gratuita - e i numeri si fanno più vertiginosi se consideriamo anche le demo di progetti ancora in lavorazione: vi basti sapere che, solo durante lo Steam Next Fest di questo mese, ne sono state pubblicate oltre 3.200.
Steam, in effetti, è una vetrina molto ambita: che sia per idee originali che spiccano, per passaparola o perché vengono scovate da streamer che le rendono virali, le demo possono tradursi in un'ondata di popolarità insperata. Consultando le classifiche delle più giocate nel momento in cui scriviamo, figurano non a caso nomi noti, ma anche altri emergenti.
Il problema è che non sempre quei download si convertono in futuri acquisti. Qualche tempo fa, GameDiscover ha messo insieme uno studio specifico, sulla scia del successo degli Steam Next Fest: considerando che le demo "prologue" hanno una loro pagina su Steam, sono state messe a confronto le recensioni degli utenti ricevute dalle demo - e poi quelle dei giochi completi. È emerso che le demo che hanno le conversioni migliori sono quelle che scelgono oculatamente che contenuti proporre, come veri e propri "teaser", ancora più di quelle che invece offrono la parte iniziale del gioco.
È stato notato che anche la lunghezza è fondamentale: creare una demo "prologo" molto longeva, rispetto all'opera completa, potrebbe permettere agli utenti di togliersi la curiosità di capire come sarebbe stato quel gioco. Qualcuno se ne innamorerà e lo comprerà, altri magari si diranno "ok, interessante, ma mi basta così", già soddisfatti della demo e convinti che non sarebbero intrattenuti ulteriormente dall'acquisto. Personalmente, posso testimoniare che mi è successo: a volte ho giocato delle demo per pura curiosità di scoprire come fosse stata sviluppata questa o quella meccanica, ma poi non ho acquistato il gioco completo perché sentivo di aver già visto abbastanza e mi andava bene così.
Certo, è vero anche l'opposto, se la longevità lo consente: quando un titolo come Dragon Quest XI offre una demo di addirittura dieci ore, l'utente potrebbe pensare di non voler sprecare il tanto tempo già trascorso nel gioco e sentirsi magari più invogliato all'acquisto, così da poter proseguire.
Tra le rilevazioni interessanti di GameDiscover c'è anche che le demo post-lancio sono quelle che faticano di più a convertirsi in vendite: in pratica, se non stanno comprando il tuo gioco, probabilmente neanche offrire il prologo gratis potrebbe cambiare le cose. Di contro, una demo può essere di grande aiuto quando magari ottiene visibilità - o per le vetrine di Steam nelle Next Fest, o perché viene giocata da uno streamer popolare, che potrebbe incuriosire i suoi follower e portarli ad aggiungere il gioco alla lista desideri. In quel caso, certo, la differenza la farebbe soprattutto l'influencer, ma passerebbe comunque per la disponibilità di una demo.
Una mano o un danno?
Probabilmente vi ricordate di Amir Satvat: veterano dell'industria, oggi al lavoro per Tencent, venne premiato ai The Game Awards 2024 con il Game Changer per come ha aiutato tantissimi sviluppatori licenziati a ricostruirsi una carriera. Qualche tempo fa, in merito all'utilità delle demo, Satvat si è espresso sottolineando che si tratta di "una tradizione che vale la pena abbracciare".
Sul suo profilo LinkedIn, Satvat ha evidenziato soprattutto l'impatto di Steam Next Fest: i dati parlano di conversioni da lista desideri ad acquisti che salgono del 292% rispetto ai giochi che non partecipano all'evento. Non solo: in generale, alcuni giochi che fanno parte della "festa delle demo di Steam" vedono fino al 421% in più di aggiunte alla lista dei desideri. E, prendendo in analisi circa 3.000 giochi, è emerso che effettivamente c'è una correlazione positiva tra la presenza di demo gratis e il numero di utenti che comprano un gioco. A goderne di più sono soprattutto i giochi di ruolo e i giochi d'avventura, che sono particolarmente apprezzati (e poi comprati) quando pubblicano delle demo.
Alle voci entusiaste, però, si affiancano anche quelle scettiche: il professor Jesse Schell, conosciuto tra le altre cose per le sue analisi di mercato, si fece notare per un discorso al DICE Summit di qualche anno fa, quando spiegò che le demo sarebbero dannose per le vendite. Certo, il 2013 è praticamente un'altra era geologica nei videogiochi, ma le sue perplessità possono essere ancora valide: basandosi sui dati raccolti all'epoca, su Xbox 360, Schell sottolineò che ad avere successo erano i giochi bravi a costruire attesa tramite trailer, teaser e promozione "passiva", e non facendosi provare dagli utenti prima del lancio.
In quel modo, infatti, si permette troppo presto al giocatore di togliersi la curiosità di esperire un gioco, mentre "se non c'è nessuna demo, devi comprarlo per provarlo", ragionò Schell. In questo modo, a suo avviso, si risolve il problema che dicevamo: quello di chi, incuriosito dalle idee dietro un gioco, otterrà le risposte che voleva già dalla demo e quindi non comprerà più il prodotto finito.
"Intendi dire che abbiamo speso tutti questi soldi per far uscire una demo e invece ci ha dimezzato le vendite? Sì, è esattamente quello che è successo" rimarcò Schell, parlando alla platea.
Posto che non sarà mai possibile che tutti coloro che scaricano una demo comprino anche il gioco (ammetto di aver perso il conto di quante ne ho installate dopo i vari Steam Next Fest), probabilmente proprio il punto del professor Schell è quello più rilevante su cui riflettere: fattore curiosità o meno, se il tuo videogioco non vende una volta che le persone lo hanno provato, forse il problema non è la demo.
Un ponte tra sviluppatori e giocatori
L'epoca che vive l'industria è complicata: le produzioni sono sempre più costose, la libertà creativa deve andare a braccetto con la profittabilità e sono innumerevoli i casi in cui il marketing dei titoli ci ha infiocchettato anche opere del tutto dimenticabili. In questo, se ci pensiamo, le demo sono una boccata d'aria fresca. Sono e rimangono a loro volta strumenti promozionali ma, a meno di non creare un contenuto giocabile "ingannevole", non possono essere altro che sincere.
"Sono un ponte tra gli sviluppatori e i giocatori" ha dichiarato Satvat - e in effetti è una definizione molto calzante: al di là di qualsiasi cosa suggerisca la macchina dell'hype che accompagna il lancio di un gioco, permettere all'utente finale di sperimentare cosa gli sarà offerto è un segno di fiducia nella propria opera. E anche questo può tradursi in un vantaggio, data la diffidenza che (spesso giustamente) i consumatori devono tenere di fronte a quei giochi che sembrano troppo belli per essere veri.
Oltretutto, anche essere in qualche modo parte dei lavori che porteranno all'uscita di un titolo non è male: "i feedback dei giocatori a volte rafforzano la nostra fiducia in ciò che funziona, altre volte ci fanno ripensare completamente le cose", ha raccontato qualche settimana fa Fumihiko Yasuda, producer di Nioh 3 - una saga che sulle demo ha sempre fatto grande affidamento. "Credo anche che questo processo abbia contribuito ad alimentare la passione della community e a far crescere una base di giocatori attorno alla serie Nioh".
Per le vendite magari si vedrà, è vero: la certezza, però, è che in un'epoca come questa le demo accorciano le distanze tra chi crea e chi gioca, oltre a essere lontane dai metodi di marketing più aggressivi e spesso latori di delusioni.
Non è sconvolgente, allora, che siano tornate così in auge: i videogiocatori sono creature curiose per natura e, all'avvio di ogni demo, speriamo sempre di scoprire la prossima grande opera a cui consegnare un pezzetto di noi. Forse il successo delle demo, alla fine, è tutto qui: nel loro riuscire a darci ancora la possibilità di venire sorpresi e di innamorarci di un gioco mai sentito prima.