Prima di giungere al presente ci gettiamo in un breve e inadeguato riassunto, per indicare a chiunque quanto il ruolo di Furukawa, il sesto presidente Nintendo, sia gravoso.
Hiroshi Yamauchi, la cui spigolosa personalità avevamo raccontato anni fa, durante la sua trionfale carriera trasformò Nintendo, dalla grande compagnia di carte da gioco che era, nel principale colosso dell'intrattenimento elettronico degli anni '80. Divenne presidente per eredità familiare e, durante la sua amministrazione, nacquero Donkey Kong (l'arcade), i Game & Watch, ma soprattutto NES e Game Boy. Successivamente traghettò la compagnia, non senza asperità, nel mondo delle tre dimensioni, attraverso Nintendo 64 e GameCube; proseguendo, al contempo, la linea portatile con Game Boy Advance.
Hiroshi Yamauchi non era un giocatore appassionato, tuttavia possedeva un grande intuito nel prevedere le potenzialità commerciali di un prodotto, e una notevole sensibilità nel percepire il talento del personale. A livello creativo, i più grandi successi della sua presidenza ebbero due autori principali: Gunpei Yokoi prima, e Shigeru Miyamoto dopo.
Hiroshi fu il primo Yamauchi - anche a causa dell'idiosincrasia della progenie per Nintendo - a scegliere un successore al di fuori della propria famiglia. Dopo averlo avvicinato a sé, trasferendolo da HAL a The Pokémon Company, da The Pokémon Pokémon a Nintendo, e avendolo preparato al ruolo a sua insaputa, Yamauchi convocò Iwata nel suo ufficio. Quest'ultimo pensò che stesse per licenziarlo. Al contrario, gli propose di diventare presidente, per la sua grande conoscenza del mondo Nintendo.
La presidenza Iwata, innovazione e collaborazione
Yamauchi rimase fino al 2013, anno della sua morte (a ottantasei anni), nel consiglio di amministrazione Nintendo. Visse abbastanza per assistere all'ascesa di Iwata. Il quarto presidente della storia Nintendo, il primo - come detto - non appartenente alla famiglia Yamauchi, iniziò il suo lavoro a capo della società con un settore casalingo in declino, con GameCube che non riusciva a competere con PlayStation 2 (andando anche peggio di Nintendo 64), e una sezione portatile florida, grazie a Game Boy Advance, ma con l'ombra di Sony in agguato: era pronta ad allungarsi, e ricoprire anche quel territorio.
Seppur gestite da Iwata, GameCube e Game Boy Advance erano due piattaforme appartenenti all'era Yamauchi. Un'era in cui i team interni si scontravano tra loro, in una competizione virtuosa per esaltare l'azienda: un sistema che Iwata cambiò immediatamente, perché non più funzionale. EAD, il ramo di Miyamoto, si divise in sei parti; R&D1, l'ex team di Yokoi, divenne SPD. La prima si occupava principalmente del settore casalingo, la seconda di quello portatile, con alcune notevoli eccezioni; pur rimanendo le scissioni, il modus operandi interno passò dalla competizione alla collaborazione.
In questo clima, con la consapevolezza di dover essere diversi, con l'obbiettivo di non competere direttamente con le rivali, nacquero Wii e DS. Che in un certo senso diedero strutturazione (non vita, perché esisteva già) al settore casual: un settore che però sarebbe stato velocemente cannibalizzato dagli smart device, in particolare da Apple.
Nintendo si ritrovò ad affrontare un balzo generazionale tremendo, dovendo passare dal più grande successo commerciale della sua storia (250 milioni di piattaforme totali, tra Wii e DS), ai suoi incerti successori. Con un pubblico casual impossibile da fidelizzare, in larga parte già accasatosi su mobile, e quello tradizionale non più affezionato come prima. In questo periodo, Iwata diede vita anche ai Nintendo Direct, distaccandosi - profeticamente - dalle conferenze E3.
Da una parte c'era il sentore di dover abbandonare la filosofia che aveva portato alla generazione maggiormente lucrosa della storia dell'azienda; dall'altra, ovviamente, vigeva la paura di farlo. Nacquero così 3DS e Wii U, delle piattaforme che non erano né i diretti successori di Wii e DS, né qualcosa di totalmente diverso. Nintendo riuscì in qualche modo a risollevare il destino di 3DS (vendendo comunque la metà di DS), non quello di Wii U, ad oggi la piattaforma casalinga meno venduta della sua storia.
Quegli insuccessi, o quei mediocri successi, sarebbero stati fondamentali per la pianificazione dell'ultimo grande atto di Iwata.
Iwata, la Nintendo del futuro, e Kimishima
A poco più di cinquant'anni, durante la generazione Wii U/3DS e nonostante i continui controlli, a Satoru Iwata venne diagnosticato un tumore. In quel periodo il quarto presidente Nintendo preparò i piani per il futuro della società, decurtandosi (tra l'altro) drasticamente lo stipendio, visto l'andamento negativo delle piattaforme.
La collaborazione fra i team interni fu portata al massimo livello: vennero fusi quelli software e hardware (fondando EPD, da EAD più SPD), dirottandoli in un nuovo stabile a Kyoto, per generare la massima sinergia possibile, col vecchio palazzo destinato alla pura amministrazione. Venne espansa la divisione a Tokyo. Soprattutto, Iwata preparò il futuro della società: introducendola nel settore mobile, prodromico allo sviluppo delle IP al di fuori dei videogiochi, e creando un solo ecosistema, ai tempi detto NX, con un unico account, dove concentrare gli sforzi di ciascuna divisione interna, non più scissa tra console fissa e portatile. Ai tempi della presentazione non era chiaro che sarebbe nata una console ibrida: era possibile anche una riproposizione della solita accoppiata (fissa più portatile), capace però di supportare gli stessi giochi. Quest'ultimo era il vero focus della compagnia, e cioè una libreria unificata.
Sotto la presidenza Iwata, Miyamoto si allontanò gradualmente dallo sviluppo di videogiochi in senso stretto. Ancora coinvolto nella gestazione di Wii e DS nel ruolo di producer, in era Wii U espresse il desiderio di lavorare coi giovani, con piccoli team, così da formarli e crescerli: da quei "garage" nacque Splatoon. Ma questo ruolo, purtroppo, durò poco: l'11 luglio 2015 morì Satoru Iwata, e Miyamoto fu costretto a ricoprire un ruolo importante nel consiglio di amministrazione, per dare fiducia e stabilità all'ambiente. "Creative Fellow", accanto al quinto presidente Nintendo, Tatsumi Kimishima.
Kimishima, con un passato da banchiere, perpetuò i piani elaborati da Iwata, con la massima abilità e serietà possibile. Switch venne lanciato con successo e, tra il profluvio di giovani rampanti, presero le luci della ribalta i due pupilli di Miyamoto, Aonuma (producer di Breath of the Wild) e, soprattutto, Yoshiaki Koizumi: capo dell'intera area software, assieme a Shinya Takahashi, e producer di Nintendo Switch. In questo periodo venne aggiunto al consiglio di amministrazione Shuntaro Furukawa, classe 1972, che nel 2018 sarebbe succeduto a Kimishima, diventando il sesto presidente Nintendo.
Furukawa, la gestione di un successo
Furukawa non è un creativo, né uno sviluppatore di videogiochi; è il primo presidente Nintendo cresciuto con Nintendo stessa, perché parte della Famicom Generation. Ha esordito ponendosi pubblicamente due obbiettivi: mantenere intatta l'unicità dell'azienda e, al contempo, svilupparne al massimo il potenziale. Solo ora iniziamo a capire cosa intendesse, e l'ardua convivenza tra le due finalità.
Switch non è una console di Furukawa, ma di Iwata; esattamente come GameCube era una console della presidenza Yamauchi, nonostante il ciclo vitale gestito soprattutto da Iwata. In questo primo periodo di presidenza, Furukawa ha investito molto sulle strutture aziendali. Creerà un nuovo palazzo a Kyoto, e ha già fortemente ampliato quello a Tokyo. Dopo Pikmin Bloom ha sostanzialmente sospeso la produzione mobile Nintendo (iniziata anch'essa sotto Iwata, non senza contraddizioni), che, effettivamente, procedeva più a tentativi che seguendo un piano oculato a lungo termine.
Iwata non poteva preparare meglio il terreno al suo successore: nel periodo Switch, Nintendo ha superato (in borsa) le vette raggiunte da Wii, e non l'ha fatto con prodotti per giocatori occasionali, ma focalizzandosi sui propri storici punti di forza, conquistando una platea potenzialmente duratura. Il modello ibrido regala la possibilità di lavorare con calma, senza la necessità di reinventarsi ogni generazione.
I giovani dipendenti sembrano aver assimilato al meglio il DNA della compagnia, mentre Miyamoto ormai si occupa si sviluppare le IP fuori dal campo dei videogiochi, concentrando i propri sforzi sui film e sui parchi a tema. In questo clima è nato Switch 2, la prima console della presidenza Furukawa.
Furukawa e Switch 2
Impossibile non notare, subito dopo la breve presentazione, le differenze tra Switch 2 e qualsiasi, letteralmente qualsiasi, console Nintendo passata. Non c'era mai stata una piattaforma così tanto in continuità con la precedente: Nintendo ha potenzialmente trovato la sua forma definitiva (e come tale, in effetti, nel 2017 venne presentata), reiterabile nel tempo, per chissà quanti anni.
Questo non significa che Switch 2 non presenterà novità: ne abbiamo avuto un assaggio coi "Joy-Mouse", e il tasto misterioso non ha ancora svelato le sue proprietà. Nonostante questo, il "2" è lì a voler evitare gli errori del passato (con Wii U), ed è una console in totale continuità, filosofica e contenutistica, con Switch.
Non dimenticate quanto detto poco fa: "mantenere l'unicità della compagnia" e "sviluppare al massimo il suo potenziale". È difficilissimo far progredire di pari passo questi due obbiettivi. Uno dei motivi per cui Iwata aveva paura di assumere e aumentare il personale, risiedeva nel rischio di "inquinare" l'alto talento dei creativi Nintendo. Furukawa, anche per necessità (i giochi diventano sempre più esosi) ha dovuto correre questo rischio: assumendo principalmente neolaureati, quindi gente potenzialmente formabile in mentalità e capacità stile Nintendo, ma comunque aumentando notevolmente i dipendenti.
Il Direct del 2 aprile ci dirà quale, tra quei due obbiettivi, abbia la priorità. Perché una Nintendo che non osa, non è Nintendo; può essere conservativa nell'hardware, ma non nell'hardware e nel software. Le opzioni che abbiamo di fronte sono molte, e sfumate. Da un Mario 3D ambizioso e visionario, a un gioco casual (ci sarà, statene certi) sperimentale, al tasto ignoto, dalle ripercussioni imprevedibili, anche strambe (un social proprietario, come si vocifera?).
Ma c'è anche la possibilità opposta, cioè che Furukawa stia imitando le rivali non soltanto nella nomenclatura, o nel pragmatismo con cui è stato elaborato Switch 2. Un esempio? Un Mario Kart 9 cross-gen, che segnerebbe un'inversione di rotta per Nintendo enormemente più grande (e grave) di una console simile alla precedente, che metterebbe in primo piano i profitti nel breve termine per danneggiare il prestigio a lungo termine - il contrario di tutto ciò che professava Iwata. Quest'eventualità, al momento improbabile, ma certamente non impossibile, significherebbe che Nintendo è cambiata, eccome.
Switch 2 sarà anche l'ultima piattaforma che vedrà coinvolti in massa i designer che hanno scolpito l'identità Nintendo, dal NES/Famicom in poi: Miyamoto, Tezuka, Sakamoto. Koji Kondo, forse addirittura Eiji Aonuma. È fondamentale che Furukawa, nella sua campagna per confermare il successo di Switch, e tentare una reconquista dell'industria dei videogiochi stessa, ricordi il primo punto con cui si è presentato: "mantenere l'unicità dell'azienda". Che il Nintendo Museum - aperto il 2 ottobre - possa essere una fonte d'ispirazione, e non un mausoleo.